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Autore: Subutai Khan    06/07/2014    0 recensioni
Quando trovi un'iniziativa su una comunità di Live Journal e ti senti spinto a scrivere su uno dei videogiochi a cui hai giocato più volentieri negli ultimi anni.
Si prevede pioggia di angst e interiora, intervallata da sprazzi di ghigna incontrollate.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Di Morte, Amore e Pinzillacchere.
Personaggi: Aoi Asahina, Makoto Naegi, Junko Enoshima, Mukuro Ikusaba.
Generi: introspettivo.
Traccia: C’è sempre un grano di pazzia nell’amore, cosi come c’è sempre un grano di logica nella follia (F.W. Nietzsche, Così parlò Zarathustra), orfana. Scritta per il Limitaprompt della Piscina di Prompt, con la limitazione una storia centrata sul/sui protagonista/i (del prompt), ma scritta dal punto di vista di un personaggio secondario, anche se non necessariamente in prima persona.

Osservo Hagakure mentre si accinge a recuperare il congegno d’apertura.
È la fine di un incubo. Un incubo da cui, purtroppo, siamo usciti in pochi. Troppo pochi. E non è uscita la persona a cui tenevo, e tengo, più di tutte.
Cerco di scostare una lacrima mentre ripenso a Sakura-chan. Non vorrebbe che piangessi, non quando abbiamo finalmente trovato la luce in fondo al tunnel.
È il momento di sorridere. Dobbiamo farlo anche per loro, per quelli che non ci sono più.
Eppure...
Eppure la mia mente si ostina a sbattermi in faccia Ikusaba.
Ammetto che è strano, dovrebbe essere l’ultima persona di cui preoccuparsi. Anzi, in quanto parziale colpevole di questo crudele gioco delle uccisioni, penso avrei un sacco di buoni motivi per odiarla. Odiarla, relegarla in un angolo del mio cervello sotto la colonna Esseri la cui Esistenza mi Disgusta e dedicarmi a qualcuno di più meritevole.
Ma la storia sua e di Enoshima, così come è stata dedotta da Naegi e Kirigiri, mi lascia... perplessa? Rattristata? Dubbiosa di qualcosa che non so spiegare?
Bizzarro, me ne rendo ben conto.
Voglio dire, perché fare quello che ha fatto? Perché prestarsi a un simile teatro se, stando a quanto ci ha detto sua sorella, non ne era del tutto convinta?
L’unica spiegazione sensata che mi viene in mente è che le volesse talmente tanto bene da assecondarla in tutto e per tutto. E, sebbene la cosa mi faccia un pochino vergognare, mi posso identificare in un simile sentimento nei confronti di qualcun altro. Spero in maniera non così malata.
Accanto a me Naegi, quello che si può a tutti gli effetti definire il nostro salvatore, sembra perso nei suoi pensieri. Conoscendolo, credo stia rivedendo passargli davanti agli occhi tutti i nostri amici morti.
Tutto ciò è molto nobile da parte sua, ma penso sia più utile aiutare qualcuno che ancora respira. E in questo momento io rientro nella categoria.
“Naegi...” comincio, più timida di quanto vorrei.
“Uh? Asahina-san? C’è qualche problema?”.
“No, nessun problema. Volevo solo... farti una domanda”.
Allarga le braccia prima di esortarmi a porgliela.
“Ecco, stavo ripensando a Ikusaba ed Enoshima. Considerando che noi non ci ricordiamo nulla di quanto successo negli ultimi due anni, capisco se avrai difficoltà a rispondermi... però, ecco... uff, mi prenderai per scema...”.
Il suo sorriso è rassicurante quasi quanto quello di Sakura-chan, anche se lei lo sapeva dosare con consumata maestria per renderlo più prezioso.
“Non vedo perché dovrei fare una simile stupidaggine, Asahina-san. Abbiamo appena concluso un’avventura folle in cui una nostra compagna di classe aveva deciso che dovevamo ammazzarci a vicenda come animali per il suo trastullo personale. Tranquilla che ormai nient’altro potrebbe stupirmi, scandalizzarmi o farmi dubitare della sanità mentale di qualcuno”.
Non che abbia tutti i torti, a ben guardare.
“Quindi stai serena, poni la tua richiesta e se posso cercherò di aiutarti”.
Non è facile. Mi sento stranamente contrita, per non so quale cavolo di ragione.
Il suo sguardo interrogativo mi chiede silenziosamente di esprimermi che non mi mangia. No, non lo farebbe mai. Non lui.
“Scusa, non so perché faccio fatica. In fondo è una stupida curiosità che mi frulla in testa”.
“E allora parla in santa pace, non ti giudicherò se è questo che temi”.
“Va... va bene. Io mi stavo chiedendo... perché secondo te Mukuro Ikusaba si è comportata come si è comportata. Quel che intendo è... Enoshima ha detto che questa tremenda idea era tutta merito suo e che sua sorella si era solo prestata come una brava aiutante ubbidiente. Non ho potuto fare a meno di domandarmi a cosa fosse dovuto. Fanatismo? Un distorto senso del dovere? Troppo affetto?”.
A giudicare dalla sua espressione il mio dubbio era infondato: mi può prendere per tante cose, una che si fa troppi problemi in primis, ma per scema non credo mi ci prenderà. Perché dà la sensazione di dedicarsi con tutta la propria concentrazione e materia grigia alla questione, dandole quindi una certa importanza. La mano sul mento la dice lunga.
Poi il suo sguardo enigmatico si scioglie, si volta leggermente nella mia direzione e comincia: “Asahina-san, ricordo che una volta ho letto da qualche parte di un eminente filosofo europeo del 1800 che diceva qualcosa tipo c’è sempre un po’ di pazzia nell’amore, come c’è sempre un po’ di logica nella follia. Ho la sensazione che questa frase sia il riassunto ideale del loro rapporto, e anche dello stato psicologico di Enoshima. Perché immagino che, dal suo punto di vista, tutto questo delirio avesse un senso...”.
“Si sta riferendo a Nietzsche e la citazione è sbagliata” giunge dalle nostre spalle la voce di Togami, a cui entrambi rispondiamo con uno sbuffo e una non formulata richiesta di farsi gli affari suoi.
“Quindi stai dicendo che pensi Ikusaba si fosse... diciamo piegata alla sorella perché... la amava al punto di diventare un po’ pazza?”.
“Sostanzialmente sì, anche se pazza è una parola forte che non userei per Ikusaba-san. Pur riconoscendo la sua fetta di responsabilità per l’incubo che abbiamo vissuto, personalmente la considero una vittima tanto quanto noi. Anche se posso capire chi non è d’accordo con me. Per quanto riguarda Enoshima-san, invece... ovviamente per lei il discorso è diverso. E nonostante questo la frase mi sembra comunque azzeccata, perché come ti ho già detto temo che lei trovasse tutto ciò sensato, persin giusto. Rabbrividisco alla prospettiva di scavare e capire il funzionamento di quella mente, sempre che sia possibile”.
“Sì, in effetti ho passatempi più sfiziosi”.
“Però continuo a credere che, in una maniera tutta sua, ci fosse uno scopo. O almeno una parvenza”.
“Cosa te lo fa pensare?”.
“Niente in particolare. È un’impressione a pelle, senza base. Ma sento che era così”.
“Non c’è scopo nella schizofrenia” si intromette ancora Togami. Da quand’è che è diventato così chiacchierone se non interpellato direttamente?
Lo ignoriamo. Dev’essere uno stimolo nuovo per lui.
Discutiamo ancora un po’, con Naegi che continua a sostenere il suo punto di vista senza fondamento. Non sarò io a dirgli che sbaglia, d’altronde il debito di gratitudine che tutti noi abbiamo nei suoi confronti gli lascia margine per dire quello che gli pare. E comunque non sono neanche così sicura che non possa aver ragione, quindi...
Poi Hagakure, dopo quella che è sembrata un’eternità, torna col telecomando e lo consegna a Kirigiri, la quale si avvia verso l’ingresso senza dire una parola.
Qui qualcuno ha una voglia matta di mettere il naso fuori da questa prigione. Sarebbe stupido pensare che sia l’unica.
Ma sì, basta parlare di quella squilibrata di Enoshima. Siamo liberi.
Pian piano cominciamo a seguirla, in silenzio.
   
 
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