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Autore: Chou903    27/08/2008    4 recensioni
Un introspettivo Draco, tra fantasmi del passato e necessità di un futuro. Perché tutti abbiamo bisogno di sentirci dire "ti voglio bene", ogni tanto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi domando come stiano Potter e Weasley, anche se forse saperlo farebbe crollare definitivamente tutte le mie speranze riguardo ad una loro atroce dipartita.
Weasley non lo vedo da dieci anni, e sinceramente la cosa non mi dispiace per niente. Potter l’ho intravisto sul campo di battaglia quattro anni fa, ma non ho fatto nulla per farmi riconoscere, per due ovvi motivi: innanzi tutto, non avevo nessun interesse a parlare con quell’idiota di Harry Povero-Bimbo-Maltrattato Potter; secondo, e più importante, mi avrebbe ucciso a vista. Lo so che non aspetta altro, come minimo sognerà la mia morte tre volte a notte.
   
E come dargli torto, oltretutto.

Sono centinaia le persone che vorrebbero vedermi morto. Almeno una cinquantina, sicuramente. Basta contare tutti quelli che odiano i Malfoy per invidia, quelli che li odiano perché hanno subito qualche torto da Lucius o Narcissa, quelli che li odiano perché siamo Mangiamorte, quelli che li odiano semplicemente perché tutti gli altri li odiano, quelli che odiano i Black per gli stessi, identici motivi, e poi quelli che odiano me in particolare, come tutto l’Ordine della Fenice, tutti quelli che undici anni fa frequentavano Hogwarts, quelli che semplicemente non mi hanno mai potuto soffrire e quelli che hanno tentato di darmi fiducia e ne sono rimasti scottati.
La lista potrebbe andare avanti all’infinito. E credo che un nome degno di nota, in questa lista, sia quello di Hermione Jean Granger.
Credo che lei abbia più motivi di tutti per odiarmi.

E neppure a lei, Merlino volesse, posso dare torto.

L’ho insultata per anni, l’ho guardata schifato e l’ho umiliata, ho preso in giro lei e i suoi amici, la sua famiglia e il suo sangue. E poi, due mesi prima della fine, l’ho avuta.
L’ho baciata, l’ho stretta a me, l’ho fatta mia per un’unica, singola, indimenticabile volta.
E poi sono andato via senza dire nulla, di nascosto, consapevole che per quello mi avrebbe odiato più di prima, ma incapace di prendere altre decisioni.

Codardo.

Perché mi torna tutto alla mente solo ora? Sarà perché quelli che cercavano vendetta l’hanno finalmente trovata? Perché mi hanno preso, finalmente. O meglio, perché i miei esimi colleghi mi hanno venduto. E in cambio di un bel niente, oltretutto. Hanno soltanto decretato che non fossi più utile, che dovessi morire. Non hanno nemmeno aspettato che fosse l’Oscuro Signore a gettarmi via, mi hanno preso e venduto al nemico, ben sapendo che non c’è nulla che io possa digli che loro non sappiano già.
Mi piace credere che l’abbiano fatto perché iniziavo a contare troppo agli occhi di Voldemort, ma so benissimo che non è così. I Malfoy, ormai, valgono meno di zero, ma che nessuno lo sappia in giro.
Sono più che certo che il Signore Oscuro non mi cercherà. Non ne vale la pena. Nemmeno io mi cercherei.
Sbatto nervoso la mano sul tavolo di legno, nella semioscurità.
Ho come il sospetto di trovarmi in una casa abitata, perché quella che ho davanti sembra una dispensa: una credenza, buste di cibo, una cuccetta presumibilmente di un elfo domestico - anche se ben tenuta - e un buon odore di pane.
Pane… quanto tempo è che non ne mangio? Da quanti mesi vado avanti solo a porridge andato a male? Non lo so. Suppongo da quando Bellatrix ha deciso che non valesse più la pena nutrirmi meglio, in quella camera della sua casa dalle tende spesse e il letto morbido che altro non era se non una lussuosa prigione.

Una porta si apre lentamente. Sono commosso, finalmente qualcuno che si ricorda di me? Sono solo due ore che sto chiuso in questa specie di topaia senza aria e senza luce, infondo.
Ma quello che mi appare non è né un membro dell’Ordine, né tantomeno un Auror.
È una ragazzina.
Una bambina. Nella luce che entra dalla porta aperta alle sue spalle, vedo dei capelli chiari, lisci e legati sulla testa, e un corpo magro, quasi fragile.
«Sei tu il signore che ha portato lo zio?» chiede esitante.
Non so bene cosa rispondere. Sinceramente sono ancora abbastanza confuso.
«Lo zio?» ripeto.
«Sì, lo zio Harry» spiega la ragazzina «la mamma ha detto che non dovevo venire qui, perché c’era un signore con cui poteva parlare solo lo zio. Però ho visto che non c’era nessuno fuori, e quindi sono entrata».
Con un mezzo sorrisetto, mi viene in mente che era così che avevo conosciuto la maggior parte dei Mangiamorte, a Malfoy Manior, quando avevo appena nove anni. Quella bambina non doveva averne molti di più.
«Come ti chiami?» mi chiede, inclinando leggermente la testa di lato.
«Non… Draco» rispondo, con un sospiro. Tanto non finirò nei guai per aver rivelato il mio nome ad una bambina. Non più di quanto non lo sia già, comunque.
«Che bello!» esclama quella, battendo le mani «è il nome di una costellazione, vero?».
Stavolta sono colpito. Come accidenti fa a saperlo? Non avrà più di dieci anni, ai bambini di solito non interessano queste cose…
«Sì, infatti. E tu come lo sai?».
Entra nella stanza, e si socchiude attentamente la porta alle spalle, stando attenta a non far rumore. Ha uno strano vestito, sembra babbano.
«Lo so» risponde orgogliosa «perché anch’io ho il nome di una costellazione, anche se è solo il mio secondo nome».
«Ah sì? E qual è?».
«CATHLEEN!» urla qualcuno, spalancando la porta.
Mi ci vogliono tre secondi buoni per rendermi conto che io quella voce la conosco. E forse mi ci vuole ancora di più per comprendere che mi è mancata davvero, nonostante il più delle volte urlasse contro di me… Anche se, in effetti, c’è stato un periodo in cui non urlava, lo stesso periodo in cui lei di nascosto mi abbracciava, nonostante continuasse a ripetermi che mi odiava, un periodo in cui mi baciava, nonostante continuasse a dire che non me lo meritavo.
Hermione Granger fa il suo ingresso a passo svelto nella stanza, e senza degnarmi di uno sguardo prende per il braccio la bambina, strattonandola verso la porta.
Mi ignora, se ne andrà, e non la rivedrò mai più.
Credo sia a causa di questo pensiero che, prima ancora che lei possa riaprire la porta, chiedo atono: «Non mi saluti neppure, Granger?».
Lei si volta con lo sguardo che rivolgerebbe ad una Caccabomba esplosa, e sibila «Non mi pare che salutare sia una tua abitudine, Malfoy».
Ma che divertente.

Non è stato facile nemmeno per me, Granger.

«D’accordo, non salutarmi se non vuoi. Ma almeno dimmi per quanto tempo volete farmi marcire in questa topaia».
Mi guarda stizzita, la mia bella Mezzosangue. Sì, mi è mancato anche il tuo sguardo arrabbiato…
«Finché Harry non deciderà che è il momento giusto per venire» risponde, facendo per uscire.
Ma quella che evidentemente deve chiamarsi Cathleen punta i piedi ed esclama: «Mamma, aspetta!».

Shock.

Mamma?
Ha una figlia?
È sposata?
Qualcuno che non sono io l’ha avuta?
Oh, lo so, non potevo sperare che restasse a struggersi di dolore per un bastardo che non ha mai smesso di insultarla neppure mentre la baciava. Ma non posso credere che mi abbia dimenticato, che si sia sposata con un altro senza ricordarsi di me in ogni singolo istante della giornata… questo no.

Non ci crederò mai, mia piccola Mezzosangue, mai. Potrai fingere, ma io lo so che infondo mi pensi sempre. Non mi dimenticherai mai Mezzosangue, io sono troppo importante per te.

Sembra si sia accorta del mio turbamento, perché mi rivolge un’occhiata sospetta. Poi torna a chinare la testa verso la bambina e domanda: «Aspettare cosa, Cat?».
«Il signore mi ha fatto una domanda. Tu mi hai detto che devo sempre rispondere alle domande, se ne conosco la risposta e dirla non mi costa nulla!».
Sorrido. Tipico della Granger.
Lei sbuffa e dice: «Okay Cat, su. Ma sbrigati, che zio Ron ti sta aspettando».
Oh bene, questo mi solleva non poco. Se non altro non è stato quell’ebete di Weasley ad averla avuta.
«Draco» spiega la bambina, tornando ad avvicinarsi a me «mi ha chiesto come mi chiamo».
Vedo una strana luce negli occhi della Granger. Sembra quasi felice che io abbia fatto quella domanda.
«Ebbene, diglielo».
Cathleen sembra sul punto di iniziare un discorso importante, di quelli che si tengono al leggio con tanto di Sonorus e uditorio. Sorride e dice in fretta, come una tiritera imparata a memoria: «Io mi chiamo Cathleen Lyra Granger, la mamma dice che il mio cognome poteva essere un altro, se mio padre non se ne fosse andato via all’improvviso».
Solo un pensiero, fugace e lampante: oh cazzo.
Rivolgo un’occhiata alla Granger, che mi guarda come a chiedere “soddisfatto?”. Poi torno a guardare Cathleen, che sorride.
E noto qualcosa nei suoi occhi: sono grigi, freddi eppure allegri, taglienti eppure felici.
Se non fosse stato per l’allegria e la felicità, avrei detto che fossero i miei occhi. E quei capelli biondi…
«E qual è questo cognome, Cathleen?» chiedo esitante.
Non aspettava altra domanda, evidentemente, perché sorride e risponde in fretta: «Malfoy».
Il mio cuore si deve essere fermato. Chissà se respiro ancora.
Quella ragazzina… è mia figlia?
Merlino no, non è possibile.
Figlia mia e della Granger. No…
«Cat, amore, vai dallo zio» dice gentilmente Hermione «e se incontri lo zio Harry digli che ora con Draco ci sta parlando la mamma, okay?».
La bambina annuisce vigorosamente e scappa fuori, non prima di avermi salutato con la mano.
Non riesco a parlare. Probabilmente non riesco neppure a respirare.
«Non… ».
«Sì» mi anticipa Hermione «sì, è possibile. È reale, Malfoy. Lo è da dieci anni».
«Ma… solo una volta… ».
«Una volta basta, non te l’ha spiegato papà?» ribatte acida lei, incrociando le braccia al petto e guardando il soffitto.

Devo riacquistare padronanza di me, maledizione.

Faccio un respiro profondo, senza saper bene cosa dire. O meglio, cosa dire lo so, ma non so come dirlo.
Quindi, inizio dalla prima domanda che mi balza in testa:
«Perché non me l’hai detto?».
Ride senza divertimento.
«Dirtelo? Venire da te e dirti “Sai Malfoy, sono rimasta incinta, e il padre sei tu”, quando ti davi alla pazza gioia con i tuoi amici Mangiamorte, uccidendo la gente e massacrando i bambini come lei? Sì, difficile capire perché non te l’ho detto».
Sbuffo.
«Andiamo Granger, lo sai benissimo che non avrei mai fatto del male a mia figlia!».
«No che non lo so!» esclama lei, quasi urlando «avrei dovuto portarla da te, per vederla crescere nello stesso modo in cui sei venuto su tu, per vederla diventare una Mangiamorte!? Sei pazzo Malfoy, pazzo!».
«Sarei morto pur di non farla diventare Mangiamorte, stupida!» esclamo, senza riuscire a trattenermi. Balzo in piedi, e con due veloci falcate sono accanto a lei, che non si scansa minimamente. Anzi, mi fissa imperterrita, la mia coraggiosa Grifondoro.
«Non avrei mai dato a lei il mio stesso destino!» continuo «ti sei già scordata di quello che ti ho detto quella sera di Natale, Granger? Dieci anni fa, ti sei scordata di quello che ti ho detto!?».
«E come avrei potuto?».
Però stavolta non ha più lo sguardo fiero. Sembra vagamente colpevole.
«Come avrei potuto dimenticarmelo, l’unica volta che mi hai parlato a cuore aperto. Ma il fatto che tu mi abbia detto che non volevi diventare Mangiamorte, ma che non avevi scelta, non mi consola. Per quel che ne so, magari anche lei, alla lunga, sarebbe stata costretta a diventarlo, nonostante il tuo e il suo volere».

Merlino Granger, non sai quello che mi stai facendo… non ho mai preteso la tua fiducia, ma ho sempre desiderato che mi stimassi più di quanto facessi con mio padre. E invece, per te, siamo sullo stesso livello… 

«Sarebbe stato tutto così diverso…» mi sfugge. Non avrei dovuto dirlo, ma non posso farne a meno. Mi appoggio al muro con la fronte, cercando di placare la rabbia che ho dentro.
Non voglio urlarle contro, e non perché io sia così nobile da non urlare contro una donna. È solo per puro e semplice egoismo: se ne andrebbe, e io voglio tenerla qui con me, ancora un po’.
Sembra perplessa, ora.
«Cosa sarebbe stato diverso, Malfoy?» chiede, in un tono che non sembra più arrabbiato, ma interessato.
Sorrido mesto, e rispondo piatto: «Avere lei. E avere te. Merlino solo lo sa quanto sarebbe stato diverso».
«Non capisco cosa…».
«Solo» la interrompo «non sarei più stato solo».
Lei scuote la testa, con uno sguardo esasperato.
«No Malfoy, questo non dirlo! Quando io volevo starti accanto, quando volevo che non stessi solo, tu mi hai allontanata in tutti i modi!».
«Credi davvero che avrei potuto SPIEGARTI perché me ne andavo!? Avrei potuto dirti che progettavamo un attentato alla vita del tuo caro Potter, senza che tu scappassi da me terrorizzata, o che mi cacciassi via?».
«Ma tanto è finita lo stesso, no? Non c’è nulla di diverso da… ».
«Se ti avessi rivelato tutto quello che avevano in serbo per me, non mi avresti fatto neppure parlare con Cathleen».
Mi volto a guardarla, ha un’espressione strana. Sembra triste, ma determinata.
È un istante, e sorrido. Tra tutti i pensieri, uno mi balza alla mente.
«Perché Lyra? Perché il nome di una costellazione?».

Se non volevi fosse mia figlia, perché hai seguito la tradizione dei Black?

«È pur sempre figlia tua, che io lo voglia o meno» ammette «è… difficile da spiegare. Sentivo di doverle lasciare una traccia di suo padre».
Vorrei dirle tante cose, ora. Vorrei urlare, gridare, e arrabbiarmi, e allo stesso tempo vorrei mormorarle che la amo, vorrei abbracciarla e accarezzarle il viso.
Vorrei anche chiederglielo, chiederle se ho una possibilità, una speranza, un’occasione per riscattarmi. Ma so che non ce l’ho. Non me la darà, non mi permetterà di ferirla di nuovo.
Sembra leggermi nella mente, la mia Mezzosangue, perché guardandomi fissa scuote la testa.
«No Malfoy» dichiara decisa «non cambierà nulla, nemmeno ora che lo sai. Il ministero ti condannerà a qualcosa e, qualunque pena essa sia, tu la sconterai».
«Lo so» commento, con un sogghigno «non mi aspettavo mica che l’inflessibile ex Caposcuola Grifondoro Granger facesse un’eccezione. Solo… voglio chiederti una cosa».
Non so se me lo concederà. Effettivamente, non so nemmeno perché glielo sto chiedendo.
So solo che non posso morire senza averlo fatto, non ora che so.
«Parla, su» dice lei cupa.
Faccio per parlare, ma poi esito. Sto ripensando alla mia richiesta.
«Diciamo che sarebbero due le cose che vorrei tu facessi per me. Poi non ti chiederò più nient’altro, lo giuro. Gli ultimi desideri di un condannato a morte, non puoi negarmeli».
Sembra scocciata, ma vagamente colpita da quell’esitazione che vede sul mio viso per la prima volta.
«Parla ti ho detto, Malfoy».
«La prima, e mi stupisco che tu non ci sia arrivata, è un bacio».
Sbuffa sbalordita.
«Ma lo sai che sei incredibile? Stai per morire, potresti chiedermi di fare per te qualunque cosa e mi chiedi solo un misero… ».
«Bacio, sì» concludo io, chinando la testa cupo «quello che aspetto da dieci anni, Granger. Direi che me lo devi».
«Sei sempre così prepotente. Non cambi mai» mi dice, avvicinandosi di mezzo passo.
«Lo so».
«Ma non posso negartelo, infondo».
Sono sempre stato più alto di lei. Si alza sulle punte dei piedi, e poggia le mani sulle mie spalle. Io abbasso leggermente la testa, andandole incontro, per una volta.
Mi sfiora le labbra, dolcemente. È una strana sensazione, quel brivido che mi sale lungo la schiena, mi ricorda che, volente o dolente, sono ancora vivo.
Ma non mi accontento di una carezza tra labbra, Mezzosangue, dovresti saperlo. Non mi è mai bastata una sola carezza, non mi può bastare. Specie da te.
Il bacio fa il suo corso: da casto diviene passionale, poi infuocato. Ci accarezziamo con le mani, cerchi le mie labbra e poi sfuggi da loro, chiudi gli occhi ma non vuoi lasciarti andare.
Forse trenta secondi, ma a me sono sembrati un’ora. Troppo poco.
Mi lasci, ti allontani da me, le labbra rosse e le guance accese.

Sei bellissima, Mezzosangue. La mia droga: mi fai male, ma ti bramo.

Deglutisce, e si ricompone in fretta dicendo: «La seconda cosa che volevi?».
« …Voglio abbracciare mia figlia. Una… una volta sola, prima di… di quello che deve succedere».
Non credevo di poter provare una cosa simile, una tristezza e un’amarezza tali da farmi impigliare le parole in gola.
E nemmeno lei credeva che potessi provarle, glielo leggo negli occhi.
Non mi risponde, si limita ad aprire la porta e a chiamare Cathleen a gran voce.
Nemmeno un minuto dopo, la bambina arriva di corsa.
«Mamma?» chiede, allegra.
«Tesoro… D-Draco vuole… chiederti una cosa».
Sbaglio o le trema la voce? Mi inganno, o ha gli occhi lucidi?

Mi illudo, Mezzosangue, o stai soffrendo per me?

Bene, ne sono felice. Ora, almeno, sai quello che ho provato per dieci anni io.
Cathleen si avvicina, guardandomi curiosa. Prima che chieda alcunché, sono in ginocchio a terra, davanti a lei, e la sto abbracciando stretta, con gli occhi chiusi.

Sei il mio legame con Hermione, il prolungamento della mia vita, l’unica parte di me che resterà per sempre con lei…

Non so bene cos’abbia capito lei, ma resto stupefatto sentendo le sue braccia attorno al collo.
«Cathleen» dico, senza lasciarla, con una voce incerta «posso chiederti una cosa?».
«Sì, certo…».
«Potresti… per favore…» e qui, va detto, vedo Hermione sgranare gli occhi dallo stupore «cambiare il tuo cognome… da Granger… in Malfoy?».
Non ha reazioni. Continua semplicemente ad abbracciarmi, e io continuo a stringere lei.
«Certamente, papà».
Sobbalzo, allontanandomi da lei e guardandola stupito. Papà? Ha capito tutto? Oh, non mi interessa come ha fatto, se abbia origliato o se l’abbia semplicemente capito. So solo che papà… sì, è una bellissima parola, papà.
Vedo Hermione che si porta una mano alla bocca, e voltandosi di scatto esce.

Va a nascondere le tue lacrime, Mezzosangue, so che a me non le mostreresti mai.

«Devi andare via di nuovo, papà?» mi chiede, vagamente delusa «non resterai con me e la mamma?».
«No…» rispondo, a voce fioca «non posso… fermarmi, Cathleen».
«Ma… tornerai ancora?».
Scuoto la testa. Ci sono talmente tante possibilità che io non torni che non so come dirglielo. Com’è difficile…
«Non lo so. Se non tornerò, per favore… sta attenta alla mamma, d’accordo?».
«Però tu torna, cerca di tornare» insiste lei.

Se potessi, non me ne andrei nemmeno ora, Cat.

«Mi impegnerò, promesso».
Sorride. Ha il sorriso uguale a quello della madre, così raro ma così bello.
«Anche perché l’anno prossimo devo andare ad Hogwarts, sai? Quindi devi accompagnarmi insieme alla mamma!».
Sorrido esitante anch’io.
«Ci proverò».
«Bene! E poi volevo dirti che anche se tu non ci sei stato mai…» china la testa, sembra imbarazzata. La rialza decisa, con lo stesso sguardo fiero che ho visto per anni negli occhi di Hermione, lo stesso sguardo che incontravo tutte le mattine guardandomi allo specchio «… che anche se non ci sei stato mai, io ti voglio comunque bene. E quindi devi tornare».
«Cathleen…». Hermione ci interrompe prima ancora che io possa immagazzinare quella frase «Cathleen amore, dobbiamo andare, è arrivato lo zio Harry».
«Posso salutare papà?».
Hermione mi guarda esitante. Mi ha già dato più di quanto volesse, lo so. Eppure, credo che ora stia cambiando idea. La vedo sorridere, mentre annuisce.

Sei arrivata a capirmi, Mezzosangue? Ti sei resa conto di quanto sia importante per me sentirmi dire “ti voglio bene”? Hai capito, Mezzosangue, che se non me l’avessi nascosta sarebbe stato tutto diverso?

Non so se l’ha capito. Ma vedo le sue lacrime, mentre Cathleen mi abbraccia e mi da un leggero bacio sulla guancia.
La mia bambina. L’unica persona che mi abbia mai detto “ti voglio bene”.
«Ricordati che me l’hai promesso, papà» sussurra, prima di voltarsi e andarsene.
Hermione la guarda uscire, poi si volta verso me e, cercando di ricacciare indietro le lacrime, mi fissa intensamente.
Chi lo sa a cosa sta pensando. Io so solo che sto ancora in ginocchio, paralizzato, e che mi sento male per averle perse di nuovo. Perché le ho perse, senza dubbio.
«Cosa… le hai promesso?» chiede incerta.
«Che mi impegnerò per tornare da lei. Sta tranquilla Granger, ci sono talmente poche possibilità che torni davvero che non devi preocc…».
«Promettilo anche a me» mormora, stringendosi le mani e mordendosi un labbro.
«Che… cosa?».
Ho capito bene? Vuole… vuole che torni da lei?
«Promettimi che cercherai di tornare da lei, da me. Anche se non sarà possibile… promettimi che il tuo primo obiettivo, in qualunque circostanza, sarà tornare da noi. Per favore, Draco…».
Quando un minuto dopo Potter entrò, trovò me e Hermione abbracciati, lei che piangeva singhiozzando sulla mia spalla, e io che, sconcertato e tristemente felice, non riuscivo a far altro se non a mormorare di continuo: «Te lo prometto… te lo prometto, Hermione…».

Fine prima parte
Note dell'autrice: Complimenti per essere arrivati fin qui! So che è una storia lunga, ma abbiate pazienza... manca solo l'ultima parte. Per tutti quelli che hanno anche solo tentato di leggerla... se mi lasciate una recensioncina - positiva o meno - mi farete felice! ^^
  
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