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Autore: Kikyo91    07/07/2014    0 recensioni
"Una volta qualcuno mi ha detto che se la realtà fa così male, di chiudere gli occhi. Chiuderli ed immergersi nel proprio mondo, lontani dal dolore, dalla disperazione, da tutto ciò che ci fa soffrire.
L’ho provato così tante volte, che mi sembra quasi di esserci abituato a chiudere gli occhi.
Ma ora, ora ho paura di farlo."
Inizia con queste parole, la storia di un ragazzo giovane in lotta un uno dei mali peggiori: la malattia. Con un lungo 'flashback' scopriremo chi e cosa hanno influenzato gli ultimi mesi del protagonista, dall'accettazione dell'amore fino alla lotta per la vita, con un percorso di crescita e ricco di riflessioni che coinvolge non solo sé stesso, ma anche coloro che gli stanno accanto.
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starring: Nishijima Takahiro, Urata Naoya, Uno Misako, Ito Chiaki, Atae Shinjiro and others
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17.



La mattina, Takahiro si svegliò ancora una volta non trovando Naoya al suo fianco: aprì gli occhi quando erano ormai le nove passate. Non aveva dormito praticamente mai durante la notte; dopo aver spiato Naoya era tornato di corsa in camera, per farsi trovare lì, dopodiché non era più riuscito ad addormentarsi. Inoltre, certo che anche il sensei facesse fatica a chiudere occhio, era rimasto tutto il tempo nella stessa posizione, cercando di fargli credere di non essersi svegliato, con il risultato che si ritrovò con la schiena più che indolenzita.
Sentì alcuni rumori provenire dal soggiorno e decise di alzarsi, per fare colazione.





Naoya era seduto sul divano, leggermente assonnato. Aveva appoggiato un borsone sopra il piccolo tavolino al centro della stanza e stava controllando che ci fosse tutto: quella mattina avrebbero dovuto tornare in clinica per le undici e dovevano sbrigarsi.

-b-buongiorno!- aveva esclamato qualcuno

Il sensei alzò lo sguardo. Era Takahiro, in piedi accanto alla porta, che osservava cosa stesse facendo. Sorrise e si alzò dal divano, correndo incontro al moro.
Si diedero un piccolo bacio sulle labbra.

-ciao!- disse –stavo per venire a svegliarti…come ti senti?- domandò Naoya apprensivo

Takahiro arrossì vistosamente.

Poi annuì con la testa –bene!- e aggiunse –mai stato meglio, in verità-

Il sensei lo accolse tra le braccia, in un caldo abbraccio. Sembrava particolarmente in vena di fare coccole e il giovane non poté fare a meno di ripensare a quanto era successo quella notte, quando l’aveva visto pregare davanti alla foto di sua madre.
Non era certo che Naoya fosse allo scuro del fatto di essere stato praticamente spiato, tuttavia il sensei sembrava piuttosto tranquillo e lui, in ogni caso, non aveva alcuna intenzione di dirgli che lo aveva visto. Non gli sembrava corretto.
Quindi, preferì godersi quel gesto amorevole senza farsi troppe domande.
In fondo, si erano appena ritrovati ed era stata una notte memorabile: voleva che le cose andassero bene, almeno per un po’.





**





Dopo la colazione, si vestirono e partirono, con una certa fretta.
Takahiro venne aiutato da Naoya a scendere le scale a piedi, nonostante il sensei avesse insistito per caricarselo su di sé come all’andata.
Rischiando quasi di litigare, alla fine si ritrovarono seduti in macchina, percorrendo autostrada, diretti a Yokohama.
Nessuno dei due sembrava particolarmente in vena di parlare anzi, Takahiro si sentiva anche lievemente a disagio e cercava in tutti i modi di non darlo troppo a vedere. Continuava a riflettere su quanto era accaduto, sentendosi un po’ anche colpevole: gli sembrava di aver ascoltato qualcosa di intimo e proibito, qualcosa che non avrebbe dovuto sentire. In effetti era davvero così. Ed ora che era conscio di cosa provava Naoya, non sapeva più cosa fare o come comportarsi; le sue convinzioni sembravano essersi disintegrate all’improvviso.
Arrivarono a Yokohama verso le dieci e mezza. Andarono al parcheggio e fermarono la vettura.
Sentì Naoya sospirare pesantemente.

-eccoci- disse con un mezzo sorriso –siamo arrivati pure in anticipo. Di certo non ci prenderemo le ramanzine del dottor Kazuki-

Takahiro rise lievemente alla battuta. E capì anche che Naoya, proprio come lui, non aveva affatto voglia di ritornare in quella clinica.
L’idea di rimettersi a letto, chiuso fra quelle quattro mura, lo faceva sentire male. Certo, in quei due giorni a casa non aveva fatto altro, ma era diverso: era un luogo pieno di calore, un luogo “proprio”. Le differenze tra quello ed una stanza d’ospedale erano molteplici.

-senti…- lo chiamò

-dimmi?- rispose Naoya

Il moro scrollò le spalle e fece una piccola smorfia –non è che possiamo…fare qualcos’altro prima? In fondo abbiamo mezz’ora…-

-cioè? cosa ti va di fare?- domandò il giovane, leggermente incuriosito

Takahiro alzò un braccio ed indicò un punto ben specifico, dove iniziava il viale che portava alla spiaggia privata della clinica.

-il mare…- disse –ti va di andarci?-




**




La clinica di Yokohama, oltre che essere una struttura davvero all’avanguardia, offriva anche alcuni spazi per lo “svago” dei pazienti, uno di questi era sicuramente la spiaggia privata alla quale l’intero edificio si affacciava. Nonostante avesse percorso in lungo ed in largo l’intera zona in quei mesi, Naoya non si era mai recato in quella spiaggia, per un motivo o per l’altro, quindi era molto curioso di vederla da vicino.
Visto che il viale era parecchio lungo e che faceva molto caldo, Takahiro preferì, stranamente, essere accompagnato con la sedia a rotelle. Probabilmente, anche se non lo dava a vedere doveva essere davvero molto stanco, perché ogni tanto chiudeva gli occhi, come per riposarli.
Percorsero tranquillamente il sentiero, circondato da un bel giardino con panchine all’ombra degli alberi sparse un po’dappertutto.
Una volta arrivati allo sbocco della spiaggia, notarono che il viale continuava, con loro sorpresa, anche in mezzo alla sabbia, fino ad arrivare a, circa, cinquanta metri di distanza, dove vi erano alcuni ombrelloni, probabilmente di proprietà dell’ospedale. Alcuni erano già occupati dai pazienti con le famiglie.
Takahiro fece un lungo sospiro, come per assaporare meglio l’atmosfera frizzante ed il profumo del mare, che era abbastanza tranquillo quel giorno.
Tirava una leggera brezza che fece sentire subito meglio anche Naoya.
Sempre con la carrozzina alla mano continuarono a camminare, fino ad arrivare alla fine del percorso che si districava tra gli ombrelloni, dopo il quale, iniziava ad esserci solo sabbia.
Fermarono la sedia a rotelle. Takahiro credendo di essere arrivato si mise ad osservare silenzioso il mare, un po’ rammaricato nel non poter andare oltre.
Naoya però, senza pensarci troppo, si levò le scarpe e le appoggiò di fianco alla carrozzina, incuriosendo il moro.

-che stai facendo?- domandò perplesso

-siamo al mare, mi rifiuto di stare qui! – spiegò –che ne dici? Andiamo sul pontile?-

-m-ma io…- cominciò Takahiro fissando la sedia a rotelle

Naoya si abbassò, dando le spalle al giovane, che non capì subito cosa voleva fare.

-ti porto io!- disse

-…-

Takahiro sorrise e, prima di montare sulle spalle del sensei, si tolse le scarpe, lasciandole accanto a quelle del compagno.
In altre circostanze avrebbe sicuramente preferito evitare di dover stare aggrappato alla schiena di Naoya, ma il desiderio di poter “vedere” il mare un po’ più da vicino, lo spinse a non lamentarsi; non questa volta, almeno.

Quando furono pronti, com’era già accaduto in precedenza, si sentì sollevare e ripresero il cammino, in mezzo alla sabbia, per raggiungere il puntile poco distante.
Ogni tanto, qualche buca faceva leggermente barcollare il sensei, che però non dava segni di cedimento, al contrario, sembrava piuttosto energico.
Inoltre, più si avvicinavano al mare e più il vento si faceva insistente, sbilanciando ancora di più i due ragazzi.

-…peso tanto?- domandò Takahiro, ad un certo punto

Naoya, per tutta risposta disse –niente affatto! Il mio Takahiro è così leggero…- sospirò sorridendo lievemente

Il moro fece una smorfia divertita e non disse più nulla.
Dopo qualche minuto raggiunsero il pontile e decisero di fermarsi proprio all’estremità, dove le onde s’infrangevano contro gli scogli.
Con delicatezza, il sensei fece scendere l’amico ed insieme, si sedettero per terra.
Takahiro appoggiò la testa sulla spalla di Naoya, i cui capelli erano tutti scompigliati a causa del vento che, però, sembrava non dargli affatto fastidio.
Si misero ad osservare il mare in assoluto silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Ad un certo punto si presero la mano, senza dire una parola e senza preoccuparsi di eventuali passanti che avrebbero potuto trovare “strano” quel gesto. Takahiro aveva smesso di preoccuparsi di queste cose: preferiva di gran lunga far vedere alla gente quanto era felice piuttosto che rinnegare tutto solo per cercare di sembrare uguale agli altri.
Nonostante si sentisse improvvisamente spossato, la brezza fresca e l’odore del mare erano cose alla quale non voleva assolutamente rinunciare, anche se a fatica riusciva a tenere gli occhi aperti.

-…stai bene?- domandò Naoya, un po’ preoccupato

Takahiro sembrava leggermente impallidito, nonostante sorridesse.
Lui scosse il capo.

-sono un po’ stanco, ma è tutto ok- disse

-…-

-grazie per avermi portato qui…- sospirò con un filo di voce

Naoya sorrise –ti piace il mare?-

-…io e mia madre venivamo spesso a Yokohama, in gita…- spiegò –lo facevamo anche per rifugiarci lontano dai problemi. Lei era molto felice-

-capisco…-

-il mare è un posto che mi è caro. Mi fa sentire bene…- concluse Takahiro

-ti ci porterò quante volte vorrai- esclamò il sensei –d’ora in poi faremo un sacco di cose!-

-…-

-andremo dovunque vorrai, e staremo insieme!- continuò euforico

Takahiro sapeva fin troppo bene che tutto quell’entusiasmo di Naoya non era una buona cosa. Si sentiva lusingato di ricevere tutto quell’amore da parte sua, ma era chiaro che il sensei aveva anche una sua vita. Aveva un futuro che sarebbe iniziato con la sua laurea, a breve. Non voleva rallentare il suo cammino e fare in modo che perdesse ancora tempo prezioso solo per stargli accanto.
Sentendosi sempre più stanco, chiuse gli occhi: adesso diventava davvero difficile per lui mantenere il controllo dei sensi.
Naoya, non sentendolo più parlare, ebbe un leggero tuffo al cuore e si voltò verso di lui, che, appoggiato alla sua spalla, sembrava stesse dormendo.

-e-ehi, Takahiro! – lo chiamò con il cuore in gola

-mmmh…- rispose il moro, con un mezzo sorriso

Il giovane si calmò, dopo il leggero spavento –n-no niente! È che pensavo…-

Poi, rendendosi conto di quello che stava per dire, si bloccò e sospirò pesantemente aggiungendo semplicemente un –uhm, no niente-

-non sto morendo…- disse subito Takahiro in tutta tranquillità –sarebbe troppo da film, vero?-

Naoya si limitò a sorridere nervosamente. Non sapeva come rispondere a quella sottospecie di battuta.
Fu il moro a riprendere parola, dopo aver riaperto, piano, gli occhi.

-…a dire la verità, non ho più molta voglia di morire…- disse sconsolato

Poi, cercando di sollevarsi fin quanto poteva, incontrò gli occhi del sensei, che continuavano a fissarlo dolcemente.

-e…se io…mi operassi?-

-…-

Difficile spiegare cosa provò Naoya nel preciso momento in cui Takahiro pronunciò quelle parole.
Era certo, tuttavia, di non essere pronto ad una cosa del genere, tanto quanto non lo era di aspettare che il tempo consumasse l’amico, giorno dopo giorno.
Lo fissò incredulo, ma Takahiro sembrava davvero molto serio.

-cosa…vuoi dire?- domandò incerto

Il moro distolse lo sguardo, volgendolo al mare

-ho riflettuto molto…- cominciò –quando ho saputo della mia malattia avevo deciso che non avrei fatto nulla. Ero così sicuro di morire che…non ho pensato a nessun’altra possibile eventualità …-

-…-

-poi sono successe tante cose…tu sei tornato!- disse con una smorfia buffa – il diploma, mio padre, i miei amici…non avrei mai creduto di poter essere felice, anche in questo modo –

-Takahiro…-

-non fraintendere!- lo fermò subito il ragazzo –so che la percentuale di riuscita di questa operazione è del 20%...e so anche che potrei avere danni permanenti se qualcosa va male…-

-potresti morire!- lo corresse Naoya- anzi, è quasi scontato!!-

Sembrava piuttosto sconvolto e la sua voce aveva tremato: sembrava davvero spaventato e non l’aveva mai visto così prima di quel momento

-e se invece ci riuscissi?- domandò il moro –p-potrei vivere…potremmo stare insieme…-

-e…e cosa faccio se…-

Le parole, ancora una volta non gli uscirono dalla bocca. Rimasero lì, a mezz’aria: non aveva il coraggio di pronunciare quella maledetta parola, che al contrario, Takahiro usava molto spesso, forse perché ormai era diventato inevitabile.
Appena la sera prima aveva chiesto aiuto a Kyoko san; le aveva chiesto di lasciargli Takahiro ancora un po’, di lasciarli essere felici. Ed ora, in men che non si dica, c’era la più concreta possibilità che l’amico potesse morire prima del previsto. Era tutto così tremendamente assurdo.
Non solo la sua preghiera era stata vana, ma a quanto pare forse aveva accelerato la fine di tutto.
Cercò di mantenere il controllo, se non altro per dare a Takahiro la sensazione di non essere disperato e di vedere la questione con razionalità.

-i-io voglio stare con te…- riprese il moro, visto che il sensei sembrava in difficoltà -e proprio per questo, voglio tentare-

-…-

-Ho bisogno del tuo sostegno…altrimenti non ce la faccio…-

Si guardarono intensamente per qualche istante. Poi, non riuscendo più a farcela, Naoya distolse il suo sguardo, abbassando il volto, affranto.
Rimase così per un po’, sospirando di tanto in tanto, mentre Takahiro aspettava ancora una risposta.
Forse a prima vista sembrava tranquillo, ma in realtà aveva davvero paura. Aveva paura di compiere quel passo che avrebbe anche potuto portarlo alla fine, più velocemente. E per questo sperava che Naoya gli rimanesse accanto in quella scelta.

-…ti ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta?- domandò all’improvviso il sensei, sempre con gli occhi puntati verso il basso.

I capelli arruffati gli ricadevano in avanti, non lasciando capire che espressione avesse.
Takahiro annuì, sorridendo lievemente al ricordo.

-si…- disse –io ero arrivato in ritardo…-

-mi avevi dato subito l’impressione di dover essere aiutato –spiegò –i tuoi occhi erano sempre spaesati, ma cercavi sempre di fare tutto da solo…-

-…-

Naoya sospirò pesantemente.

-mi rendo conto…che sei cresciuto davvero, Takahiro- ammise infine

Dapprima il moro lo fissò perplesso, aspettando di incrociare il suo sguardo. Ma il sensei continuava a tenere il volto basso, seminascosto dai capelli che sembravano quasi agevolare la sua voglia di non far trasparire nessuna emozione. Di sparire, letteralmente.
Sapendo che per Naoya era molto più difficile che per lui, sapendo anche che non era affatto preparato al dovergli dire addio prima del previsto, Takahiro si limitò a sorridere lievemente appoggiando la testa sulla spalla del sensei che non si mosse ed accolse il gesto in silenzio, lasciando che fosse il mare a parlare per lui.
Il mare, che in quel preciso momento con irruenza s’infrangeva sugli scogli, sembrando quasi gridare parole a primo impatto comprensibili solo da lui.





**





-ammetto che la cosa mi lascia…di stucco!-

Dopo la sosta alla spiaggia i due ragazzi erano tornati in clinica. Poco dopo che si furono sistemati in stanza erano arrivati gli infermieri, pronti per tutti gli esami della giornata ed a seguire, era entrato anche il dottor Kazuki, per salutare.
Fu proprio in quel momento, dopo molteplici convenevoli, che Takahiro disse chiaro e tondo “voglio operarmi”, così, come se niente fosse.
L’uomo, dopo quelle parole, squadrò dal basso verso l’alto il giovane, seduto a gambe incrociate sul letto, con il volto tremendamente serio. Al suo fianco, Naoya continuava a guardare il pavimento un po’ affranto.

-voglio operarmi- ripeté il moro con voga – sempre…se è ancora possibile- aggiunse poi

Il medico, che non capiva fino a che punto il giovane fosse convinto di quello che diceva, rimase leggermente spazzato e sulle prime esitò a rispondere.

-…b-beh…gli esami della scorsa settimana erano ancora buoni- spiegò poi, colto alla sprovvista –ma dovremo verificare che il tuo corpo riesca a resistere all’intervento…te l’ho spiegato, no?-

Takahiro annuì –certo. 20% di possibilità, possibili danni permanenti; morte in caso di fallimento…conosco ciò che mi aspetta-

-…-

In tutto questo, Njaoya sembrava stesse cercando di evitare l’ascolto il più possibile, fingendosi interessato a ciò che stavano facendo alla televisione, accesa ma con il volume appena percettibile.
Kazuki, un po’ apprensivo, si avvicinò al ragazzo.

-ne sei davvero sicuro? So bene che non eri affatto convinto di farlo- chiese –forse dovresti pensarci ancora un po’…-

-ci ho pensato!- lo interruppe il moro –inoltre, più aspetto e meno possibilità avrò di farcela, non è così?-

-…-

-dottore, sono certo di quello che voglio fare. So esattamente come la pensavo- riprese –ma ho deciso di fare un tentativo! Non ho nulla da perdere in fondo…-

Non era nemmeno del tutto convinto di quanto stesse dicendo in quel momento, ma le parole gli uscivano praticamente da sole, come se avessero sempre voluto farlo, nonostante il suo categorico rifiuto di anche solo prendere in considerazione quell’ipotesi.
Kazuki lanciò uno sguardo verso Naoya, aspettandosi qualche commento, ma lui continuava a fingersi disinteressato e capì che dovevano averne sicuramente parlato a sufficienza da soli.

Sospirando pesantemente disse –ho capito. Provvederemo subito a fare gli esami che occorrono-

-va bene!- annuì il diretto interessato

-ti avverto però, che l’intervento verrà eseguito il prima possibile. Non appena ci sarà l’ok – spiegò il dottore

Naoya in quel momento aveva alzato lo sguardo.

-quando pensa che potrò farlo?-

Il dottor Kazuki sembrò incerto se rispondere o meno. Non tanto perché si sentisse a disagio nel comunicarlo in quel modo a Takahiro, ma era molto più preoccupato della reazione di Naoya, che si era momentaneamente ridestato per ascoltarlo.

-prima è, meglio sarà –disse –diciamo, al massimo entro tre settimane, non una di più. Ma ti saprò dire meglio, Takahiro kun-

Il moro ebbe un leggero tuffo al cuore ed istintivamente strinse le coperte con i pugni, gesto che però non fu colto da nessuno dei presenti.
Lo sapeva, se l’era immaginato, ma l’idea di dover operarsi entro così poco tempo, era comunque molto difficile da accettare.
Sospirò pesantemente ed annuì senza però dire nulla. Si voltò verso Naoya, che fino a quel momento era rimasto in silenzio: dopo le parole del dottore, sembrava essere sbiancato all’improvviso.
Lo vedeva chiaramente mentre cercava di controllare le proprie emozioni come faceva sempre, ma questa volta chiunque avrebbe potuto capire cosa provava in quel momento.
Infatti, dopo pochi istanti, sembrò non farcela più.

-s-scusate- esclamò con un filo di voce –dovrei andare in bagno. Continuate pure senza di me…-

Era una frase stupida e senza senso; una di quelle che si dicono quando vuoi a tutti i costi liberarti dalla presenza di qualcuno che ti sta antipatico e che non sopporti. Eppure non gli importava nulla di quello che avrebbe potuto pensare il dottor Kazuki; al contrario, sentiva solo l’immediato bisogno di uscire da quella stanza.
Senza aggiungere altro, a sguardo basso, sgattaiolò fuori dalla camera, sotto lo sguardo triste di Takahiro, che rinunciò al desiderio di fermarlo e lo osservò finché non fu scomparso.
Kazuki era rimasto a fissare dapprima la porta da dove era uscito Naoya e poi il moro, come per chiedergli se ne sapesse qualcosa.
Takahiro non sembrava particolarmente sorpreso.

-..non l’ha presa troppo bene, pare- sospirò il medico

-no…- rispose il ragazzo, afflitto

-la cosa non ti ha sorpreso- osservò Kazuki

-…-

Sapeva che per Naoya era stato un duro colpo. Aveva passato mesi e mesi a prendersi cura di lui, a contare i giorni che mancavano alla sua dipartita con l’angoscia che aveva sempre cercato di nascondere. Col passare del tempo si era rassegnato a quello che era il destino, ma adesso, in meno di ventiquattruore, si era ritrovato a chiedere un miracolo a Kyoko san, per poi scoprire che probabilmente Takahiro sarebbe morto anche prima del previsto.
Aveva accettato di stargli accanto in quella scelta, ma non poteva assolutamente chiedergli di esserne felice. Gli sembrava ancora più egoista.
Per questo, forse, il vederlo uscire in quel modo senza nemmeno rivolgerli la parola non lo aveva disturbato più di tanto.
Perché sapeva cosa provava.

-non lo biasimo…- si limitò a dire infine, con un lungo sospiro






**





Una volta uscito, Naoya non aveva pensato nemmeno per un secondo di andare davvero al bagno anzi, a dirla tutta non aveva la minima idea di dove rifugiarsi in quel momento.
L’unica cosa di cui era assolutamente certo era quella di allontanarsi il più possibile dalla stanza di Takahiro e non sentire più una parola riguardo la futura operazione.
si rese conto che quel comportamento era equivalente a quello di un bambino capriccioso: l’amico aveva decisamente molto più coraggio di lui, nonostante fosse compito suo stargli accanto. Benché sapesse questo, aveva deciso ugualmente di scappare ed ora si trovava lì, appoggiato al muro del corridoio, a sguardo basso.
Si chiese di cosa stessero parlando in quel momento il dottor Kazuki e Takahiro ma non aveva alcuna intenzione di tornare per scoprirlo; non ce la faceva.
Non sapeva nemmeno lui perché la cosa lo sconvolgesse così tanto. Avrebbe dovuto esserne felice, in fin dei conti: c’era una possibilità che l’amico potesse vivere.
Ma il solo pensiero di poterlo perdere, questa volta per sempre, anche prima del previsto, aveva cancellato ogni possibilità che l’operazione potesse funzionare.
Aveva detto di si a Takahiro per farlo stare meglio e per incoraggiarlo, ma proprio in quell’istante comprese che, da perfetto egoista, lui non voleva che l’amico si operasse.
Che, piuttosto, avrebbe preferito che morisse qualche mese più tardi.
Era davvero un mostro.



-ci hai messo un po’ ad andare al bagno-

Una voce, leggermente autoritaria, lo fece ridestare dai propri pensieri e, spaventato, alzò lo sguardo in direzione di colui che aveva parlato.
Il dottor Kazuki, dopo essere uscito dalla camera dell’amico ed aver fatto qualche metro, lo trovò lì immobile e gli si era avvicinato, un po’ in apprensione. Non sembrava arrabbiato, al contrario il suo volto era rilassato e tranquillo.
Non si era accorto che tra il dire ed il fare erano passati una decina di minuti.

-non ci sono andato- si limitò a dire Naoya distogliendo nuovamente lo sguardo

-lo sospettavo!- sorrise Kazuki

Attese che il ragazzo dicesse qualcosa, ma visto che sembrava intento a rimanere in silenzio, decise di riprendere.

-ho finito di parlare con Takahiro kun. Ha dato un paio di disposizioni!- spiegò

-…disposizioni?- domandò Naoya, interessato

-riguardo la riuscita o meno dell’intervento…-

-…-

-ha chiesto di essere lasciato andare, se le cose dovessero mettersi male- concluse con un filo di voce

Naoya provò un dolore lancinante al petto e per qualche attimo gli parve che le gambe avessero magicamente smesso di sorreggerlo; si accorse però, che era solo la sua immaginazione.

-non vuole passare il resto della sua vita con un handicap. Quindi, se l’intervento dovesse andare male, non attueremo nessun trattamento speciale. Morirà sul tavolo operatorio-

-…-

-ho preferito dirtelo prima io, così non sarà traumatico quanto te lo sentirai dire da lui –

Il ragazzo fece una smorfia quasi di disgusto, che il medico colse al volo, anche se si trattò di un attimo. Sospirò pesantemente e, lentamente gli posò una mano sulla spalla.

-non devi vederla in questo modo!- gli disse, quasi come fosse stato un ordine

-…cosa? –domandò Naoya perplesso

-non devi vedere questo intervento come un qualcosa di male!- ripeté con altre parole –adesso puoi avere la speranza alla quale aggrapparti-

-speranza?!- sbottò l’altro –…questo è un suicidio!! Che speranze ci possono essere?!-

-…-

-è tutto così…-

“assurdo”, stava per dire. Ma in quel momento, il dottor Kazuki parlò, lasciandolo interdetto.

-dov’è finito tutto il tuo ottimismo?- si limitò a dire

-…-

L’uomo, senza saperlo, aveva colto il punto.
Naoya guardo dapprima il medico, per poi posare gli occhi anche su se stesso. Era la stessa identica domanda che si era posto in quelle ore: che fine avesse fatto il Naoya sempre positivo e speranzoso. Sembrava sparito all’improvviso.

-È che…- provò a rispondere, infine –in questi ultimi due giorni sono successe tante, troppe cose-

-…-

-avevo addirittura chiesto a…-

Ma si bloccò, pensando che in fondo, era meglio se quella preghiera che aveva
Chiesto a Kyoko san rimanesse solo per sé, quasi per non intaccarne la possibile riuscita. Sospirò pesantemente, con le parole ancora tra le labbra.

-niente…- concluse, con un lieve sorriso –le chiedo scusa, mi sto comportando proprio come un bambino-

-…Naoya kun…-

Cercando di darsi un po’ di contegno, decise di rimettersi in ‘piedi’, staccando la schiena dal muro e stiracchiandosi leggermente. Il dottor Kazuki lo fissò leggermente perplesso.

-vorrei solo chiederle una cosa- esclamò poi il giovane

-certo, dimmi!- rispose Kazuki

-…vorrei essere io a contattare il signor Miura. Gli avevo promesso che lo avrei fatto, per qualsiasi cosa riguardasse Takahiro-

Un’espressione di meravigliata sorpresa si disegnò sul volto del medico. Sulle prime sembrò voler dire qualcosa, magari per ribattere alla volontà di Naoya, ma poi parve rinunciarci all’improvviso e fece una buffa smorfia di consenso.

-…mi sembra giusto!- rispose

Naoya annuì.
Decise poi, che era arrivato il momento di tornare in camera; non voleva far preoccupare troppo Takahiro. Sapeva quello che doveva fare.
Fece per andarsene, quando il dottor Kazuki, non appena ebbe fatto qualche passo, lo fermò.

-Naoya kun!- lo chiamò

-dica?- rispose lui, voltandosi

-…quello che volevo dirti –cominciò –è che non devi sentirti in colpa. Hai fatto tantissimo per Takahiro kun-

-…-

-In qualunque modo andrà a finire, hai fatto tutto quello che potevi. Ti prometto che farò del mio meglio anche io-

Naoya fissò l’uomo dritto negli occhi.
I loro sguardi complici si incrociarono per qualche istante e poi, con l’ombra di un sorriso ancora impressa nel volto, il dottor Kazuki sospirò e riprese a camminare lungo il corridoio, accennando ad un gesto di saluto con la mano.





**





I giorni che seguirono furono caratterizzati da molteplici faccende da sbrigare, sia per Takahiro, che doveva sottoporsi a continui esami, sia per Naoya che quel martedì aveva portato la sua tesi in Università giusto in tempo per permettergli di laurearsi in quella sessione.
I due avevano chiarito ogni dubbio circa l’operazione imminente ed il sensei, dopo averne parlato a lungo, aveva cominciato ad essere leggermente più sereno: Takahiro era felice di quella scelta ed aveva fiducia. Di conseguenza doveva averne anche lui, assolutamente.
Il moro aveva anche contattato le amiche al telefono. Per prima aveva chiamato Chiaki, che era ancora piuttosto arrabbiata. Avevano chiacchierato a lungo, soffermandosi prima sui problemi sentimentali della ragazza, che non aveva la minima idea di come comportarsi.

-fai un po’ di chiarezza “dentro”- le spiegò Takahiro –Shin è un bravo ragazzo, ma devi capire se ti piace o meno-

-Shin mi piace!- aveva obbiettato la ragazza –il punto è che è solo uno stupido!! Una dichiarazione nel bel mezzo di una discussione?! È uno stupido, ecco!-

Erano andati avanti così per almeno una buona mezz’ora, scandita di tanto intanto da qualche battuta di spirito o cambi di discorso.

Ad ogni modo, il moro riuscì a parlare anche della propria operazione: le due amiche, fin da quando gli aveva parlato del suo tumore al cervello, erano sempre state favorevoli a quell’intervento e glielo avevano detto chiaro e tondo. La loro e quella di Naoya erano state reazioni piuttosto differenti.
Proprio per questo motivo, quando raccontò a Chiaki ogni dettaglio sulla faccenda, lei non disse altro che un “finalmente ti sei deciso”.
Pronunciò quella frase quasi sussurrandola: che non fosse al settimo cielo lo si percepiva benissimo, ma lei, così come Misako, era dell’idea che se ci fosse stata anche una sola possibilità alla quale aggrapparsi, l’avrebbe accolta senza esitazione. Quello era l ‘atteggiamento tipico della maggior parte dei Giapponesi, che non credevano in Dio ne a tutte le concezioni sulla morte tipiche delle religioni monoteiste. A quanto sembrava, invece, Naoya credeva. Non gli aveva mia chiesto nulla sul suo orientamento religioso, ma forse era proprio perché credeva in Dio, qualunque esso fosse, che non riusciva ad accettare serenamente il fatto che Takahiro potesse morire. Lui, dal canto suo, non ne aveva mai avuto paura, ma l’amore, la voglia di vivere, in quei mesi avevano preso il sopravvento ed aveva deciso di provarci.

Dopo aver salutato Chiaki, tentando anche di convincerla a parlare con Shinjiro, mise giù il telefono e per qualche istante fissò l’apparecchio, leggermente perplesso. Aveva la netta sensazione di dover fare qualcosa, ma non riusciva a ricordare che cosa.
Poi, proprio mentre cercava di fare mente locale ignaro che in quell’istante la malattia aveva dato segno di essere ancora lì, annidata in lui, arrivò Naoya e, con un sorriso, appoggiò il cellulare sul comodino.





**





Anche se con un po’ di fatica, dopo una settimana piuttosto intensa, arrivò venerdì e con esso, il dottor Kazuki aveva anche annunciato che Takahiro avrebbe smesso di fare la chemio terapia, perché il proprio fisico potesse riprendersi un po’ in vista dell’intervento.
Il ragazzo apprese la notizia con un sorriso smagliante, felice al solo pensiero che presto avrebbe potuto togliersi il fazzoletto che portava sulla nuca ormai da mesi: aveva sempre preferito nascondere la perdita dei capelli e, incapace di guardarsi in quello stato, aveva fatto eliminare ogni specchio, sia in ospedale che a casa.
In vero, solo gli altri potevano guardarlo e vedere come fosse. Lui non aveva mai avuto il coraggio di osservare se stesso, più per paura di vedere come si era ridotto.
Ma presto, pensava, le cose sarebbero cambiate. I capelli sarebbero ricresciuti ed anche lui, pian piano sarebbe tornato se stesso.
Naoya era colpito nel vedere Takahiro così pieno di energie in quella situazione. Non accennava mai al fatto di avere davvero poche speranze di sopravvivere, era sempre positivo e felice, tant’è che quel suo atteggiamento faceva stare bene anche lui; e poi, come aveva detto il dottor Kazuki, adesso c’era la speranza alla quale potersi aggrappare, anche se lieve.
Quel pomeriggio l’afa era davvero insopportabile, tanto che le finestre aperte da sole non bastavano a far circolare l’aria.
Takahiro soffriva parecchio il caldo, alternando momenti in cui invece sentiva addirittura freddo.
Naoya non capiva cosa doveva fare per farlo sentire bene e così, nel tentativo di distrarlo, cercava sempre di parlare del più e del meno.


-wow, davvero?!- aveva esclamato Takahiro, al settimo cielo

Naoya annuì con un leggero sorriso –la tesi va bene! Mi devono confermare la data della laurea!- spiegò

-È stupendo! sono felice!- disse il moro – e la festa?-

-più o meno dovrebbe essere fra due settimane!-

-woow…magari potessi venire a vederti…- sospirò Takahiro

-oh, non penso di andare alla cerimonia, in ogni caso…- spiegò Naoya

-…cosa?! Scherzi?!-

Il sensei, assumendo uno sguardo un po’ rassegnato, come se non avesse davvero voluto arrivare a doverne parlare per forza, si appoggiò con la schiena al davanzale della finestra. Prima si limitò a guardare il pavimento e poi, alzò lo sguardo verso l’amico.

-voglio assicurarmi di essere qui quando ti operi!- disse

Takahiro però non sembrava affatto contento –sei impazzito?! La cerimonia di laurea è una cosa importantissima!-

-…è solo una cerimonia!- ribatté Naoya

-è quello per cui ti sei impegnato fino ad oggi! – obiettò Takahiro

-…-

-Sono certo che i tuoi genitori ci tengono molto! E ci tieni pure tu, anche se fai finta che non sia così-

-tengo molto di più a te!- disse il sensei un po’ esasperato –preferisco stare con te. In fondo si tratta solo di uno stupido pezzo di carta! Non occorre che ci sia. Andrò a ritirare l’attestato in un’altra occasione-

-...Naoya…-



-T A K A H I RO –

Le lettere del suo nome vennero scandite una dopo l’altra, ognuna con una certa enfasi.
Il diretto interessato, quasi spaventato dall’improvviso richiamo, si voltò in direzione dell’ingresso della stanza, e Naoya fece altrettanto, leggermente perplesso.
In pochissimi istanti apparve, quasi dal nulla, la figura esile e minuta di Misako: aveva l’aria molto arrabbiata e sembrava in procinto di fulminare chiunque con lo sguardo. Dapprima guardò il sensei, accennando ad un saluto e poi si fiondò su Takahiro, che non sapeva se essere felice o meno di vedere l ‘amica, in quel momento.

-M-Misako chan!- balbettò Naoya, sorpreso

-Misako!- sorrise il moro, non sapendo bene come comportarsi

-ma quale “Misako”?!- sbottò la ragazza

-che…che succede?- domandò Takahiro un po’ spaventato

-sono venuta qui, mi sono fatta mille ore di treno, ti ho portato pure qualche dolce- esclamò indicando la borsa che teneva in mano- e vengo a sapere dal signor Kazuki che ti operi?!-

-…cosa?!-

Takahiro sembrava un po’ confuso. Naoya fissava la scena, indeciso se intervenire o meno.

-non fare quella faccia da pesce lesso!- continuò Misako –quando avevi intenzione di dirmelo?!-

-…-

Il sensei, velocemente, si alzò di scatto dal davanzale, puntando il suo sguardo sul moro, che continuava a non capire nulla di tutta quella situazione.

-..guarda che te l’ho detto!- obiettò Takahiro

-…stai scherzando?!- sbottò la ragazza perplessa

-ti ho telefonato, l’altro giorno!- spiegò il ragazzo

-…e-eh?!-

-…Misako…- intervenne Naoya, visto che la situazione stava un po’ degenerando

Inoltre, Takahiro stava cominciando ad agitarsi leggermente.

-guarda che non mi hai mai chiamata!!- continuava la ragazza, imperterrita

-…-

-MISAKO!-

Questa volta, Naoya alzò la voce e finalmente, la ragazza si bloccò, voltandosi verso di lui. Il sensei era parecchio serio in volto, tant’è che la giovane decise di non ribattere al richiamo.

-scusa, puoi venire un momento di là?- domandò poi, gentilmente, cercando di non far preoccupare Takahiro –devo dirti una cosa!-

-…-



Misako, senza dire una parola in più, annuì e seguì Naoya fuori dalla stanza, lasciando il moro da solo, ancora leggermente confuso per l’accaduto.
Quando furono in corridoio, la ragazza cominciò a fare mille domande e Naoya dovette aspettare qualche momento per calmarla.

-si può sapere che sta succedendo?! Cos’è questa storia?!- domandò un po’ agitata

-si dimentica le cose ultimamente!- spiegò Naoya –è peggiorato nell’ultimo periodo!-

-…cosa?!-

-devi cercare di assecondarlo, capito?- disse –altrimenti si agita ed è peggio…-

-…-

Fu in quel momento che Misako smise di agitarsi. Era da molto che non vedeva l’amico e, stupidamente, non aveva mai chiesto nulla a Naoya su quali fossero le sue condizioni attuali. Si sentì improvvisamente in colpa, non solo per essere stata praticamente assente per tutto quel periodo, ma anche per il comportamento di poco prima. Ad ogni modo, colse nelle parole di Naoya, una triste e pacata rassegnazione, come se parlare dell’operazione fosse stata una cosa da evitare, se possibile.

-s-scusa senpai –disse infine, mortificata- …tu stai bene?- domandò

Naoya non capì al volo il senso della domanda, ma poi, quando Misako accennò alla stanza del moro, tutto fu chiaro e sorrise lievemente.

-sto sicuramente meglio di Takahiro…- sospirò con tristezza

-…-

Poi, in quell’istante il cellulare di Naoya vibrò nelle tasche dei pantaloni. Il ragazzo si sbrigò a prendere l’apparecchio e controllò chi fosse: era il numero dell’università di Tokyo.
A bassa voce disse “è una telefonata importante, va pure da Takahiro!”.
Misako, annuì in silenzio, intimandogli di andare e lui, con un cenno di ringraziamento, si allontanò rispondendo al telefono.



Rimasta sola in corridoio, Misako si decise a rientrare dall’amico, cercando di trovare qualche buona scusa per l’escandescenza precedente.
Con una smorfia un po’ forzata, decise di fare finta di niente e non appena fu di nuovo davanti a Takahiro, gli mostrò semplicemente uno dei suoi soliti sorrisi.

-oh, Misako! - esclamò Takahiro quando lei fu tornata- Naoya?-

-aveva una telefonata!- rispose lei, insicura

Si fissarono per qualche istante. Misako non sapeva cosa dire, e Takahiro, dal canto suo, sembrava piuttosto tranquillo, quasi non fosse successo niente. Che avesse già dimenticato tutto?.
Il solo pensiero di quell’eventualità la fece trasalire e senza volerlo, si apprestò a scusarsi.

-n-non ricordavo della tua chiamata! Scusami –spiegò con il cuore in gola

Takahiro scosse la testa- no, so che hai tante cose alle quali pensare, non preoccuparti!-

Il tentativo di tirarle su il morale però, sembrò non dare i frutti sperati. Tuttavia Misako continuò a sorridere, mantenendo il controllo delle proprie emozioni.
Si avvicinò al tavolo della scrivania ed appoggiò la borsa che conteneva dei dolcetti presi in una pasticceria, a Yokohama.

-ti…ti ho portato un po’ di mochi!- disse allegramente

-grazie! Li adoro!-

-eheh, lo so bene!-

Di nuovo cadde il silenzio. Misako si sentiva leggermente a disagio e non riusciva a capire perché. Diede uno sguardo a Takahiro, che sembrava sempre sé stesso, eppure in lui percepiva che qualcosa era cambiato.
Non sapeva come spiegarlo, ma ora che lo vedeva, non riusciva più a riconoscere il suo migliore amico. Era come se fosse un’altra persona, persino nel suo modo di sorridere era diverso; ne aveva quasi paura.
Dato che la situazione sembrava prendere una piega strana, decise nuovamente di rompere il silenzio ostentato.

-ah, la sai l’ultima?-

-mh?-

-Chiaki e Shinjiro hanno fatto pace!- sorrise -a quanto pare la nostra strigliata è servita!-

-meno male!- rispose Takahiro, contento- speravo davvero che le cose si sistemassero…-

-eeeh, chi l’avrebbe mai detto? Chiaki è diventata davvero forte!- disse Misako sorridendo tra sé

-secondo me…siamo cambiati tutti! –

-…tu dici?- sospirò la ragazza

Il commento del moro parve incupirla tutto d’un tratto, tant’è che smise di sistemare i mochi in un piatto di plastica che aveva portato insieme ai dolci.
Sospirò pesantemente. Takahiro aveva ragione, erano cambiati tanto in quel periodo. Ma questo, secondo lei, non valeva per sé. Misako non si sentiva affatto più “adulta”; al contrario, aveva potuto osservare la timida Chiaki farsi improvvisamente forte e volenterosa, aveva visto Shinjiro trovare finalmente il coraggio di confessarsi. Aveva anche visto Takahiro lottare per la vita con grande determinazione e coraggio. Lei invece era rimasta lì, ai giorni ormai passati del Liceo di Hibiya.

-beh, Chiaki è riuscita a trovarsi un fidanzato! – spiegò Takahiro –sinceramente sono sollevato che si tratti di un amico!-

-ma dai?- rise lievemente Misako– sembri un fratello geloso!-

-ehi, io sono il vostro fratellone, ricordalo!- sbottò Takahiro facendo finta di essersi offeso- è compito mio assicurarmi che siate in buone mani!- sorrise

-…scemo!-

-Perciò!- continuò il moro –quando troverai qualcuno, dovrai prima presentarlo al sottoscritto, intesi?!

-…-

Misako spalancò violentemente gli occhi dopo quelle parole.
Rimase immobile a fissare fuori dalla finestra in panorama; si poteva vedere anche il mare da quell’altezza, non l’aveva mai notato. Di nuovo, con una velocità quasi impressionante, la sue espressione mutò, divenendo triste. Strinse forte i pugni sul tavolo, facendo il possibile per mantenere il controllo.

-sarà difficile…- si limitò a dire con una smorfia

-beh, non è che sono un mastino!- riprese Takahiro, ridendo –anche se consiglierei al tuo futuro fidanzato di stare attento!-

-…non penso che potrò presentarti la persona che mi piace!- sbottò Misako, leggermente esasperata

Si voltò verso l’amico, che in quell’istante, quando la ragazza aveva alzato la voce, si era zittito all’improvviso, colpito da quell’improvvisa enfasi.
Takahiro squadrò Misako e vide che i suoi occhi sembravano essersi fatti lucidi all’improvviso. Ma non stava piangendo, sembrava però sul punto di esplodere.
Forse, pensò, aveva esagerato con gli scherzi.

-s-scusami, stavo scherzando…- disse per consolarla

Ma la giovane scosse il capo -non è per quello!!- sbottò

-…-

-…tu non ti sei mai accorto di nulla, eh?- domandò Misako -non ti sei mai domandato niente?-

Takahiro cominciò ad essere davvero confuso. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo all’amica.
La vide accennare ad una smorfia sfacciata, che pensò di non aver mai visto disegnata in lei.

-beh, in fondo ho fatto tutto il possibile perché non te ne rendessi conto, sono stata brava…-

-…Misako, che stai dicendo?!-

-…-

Non sapeva perché, ma era come se la bocca si muovesse da sola, indipendentemente dalla sua volontà. Si era tenuta dentro ogni emozione per così tanto tempo, che all’improvviso non ce l’aveva più fatta. Con la malattia di Takahiro erano cambiate tante, troppe cose, e ne era consapevole. Sapeva di essere nel torto, che doveva assolutamente fermarsi prima di commettere un ennesimo errore, eppure il pensiero di dover continuare a nascondere ogni cosa, anche in funzione del fatto che Takahiro forse sarebbe morto anche prima del previsto, glielo rese impossibile.

-c’è…c’è sempre stata una persona che mi piace- spiegò tristemente –una persona che a conti fatti, non mi ricambierà mai…-

-…-

-Takahiro – esclamò con decisione

Non riusciva a spiegarlo, ma in quel momento, il moro aveva il cuore in gola.

-…io ti ho sempre amato- concluse la ragazza

Questa volta, fu il turno dell’amico ad assumere uno sguardo vuoto, quasi perso nel nulla.
In un decimo di secondo tutte le sue convinzioni, ogni cosa, si sgretolarono lì, in un istante. Misako tremava dal nervosismo, immobile; e lui non poteva davvero credere a ciò che aveva appena sentito.

-M-Misako, non scherzare dai!- esclamò incerto

-sono seria –rispose –io…io ti amo, Takahiro-

-…-

-d-da sempre…probabilmente- spiegò –mi ero ripromessa di dirtelo prima o dopo. Volevo capire se avrei potuto avere qualche speranza…-

-…Misako…- provò ad intervenire il moro

Ma venne interrotto, dal singhiozzo della sua migliore amica

–p-poi però è arrivato Naoya senpai. Ed ho capito che per te, io sarò sempre e solo una “sorellina”-

-…-

-all’inizio mi sono chiesta se fosse stata colpa mia, se il tuo attaccamento a lui fosse scattato dopo che io mi sono messa in mezzo. Ho pensato “se non l’avessi fatto, lui sarebbe potuto diventare mio?”-

La ragazza fissò Takahiro, incapace di dire anche solo una parola, fermo su quel letto, senza possibilità di poter fare niente, come in trappola, costretto a dover ascoltare quella confessione.

Tra le lacrime, Misako sorrise amaramente –perdonami! –disse –so di essere un’egoista! Avrei dovuto tenere tutto per me-

-m-Misako io…-

Takahiro voleva davvero, davvero fare qualcosa in quel momento. ma il suo corpo era pesante, come accadeva fin troppo spesso, e le sue gambe sembravano quasi paralizzate.

-o-ora scusami. Devo andare…- sospirò la ragazza, non facendocela più

-Misako!- la chiamò il moro

-…-

La giovane fece qualche passo verso la porta, rimasta spalancata, dopo che Takahiro ebbe pronunciato il suo nome.
Lui sembrava parecchio affaticato.

-t-ti prego, non andare via!- la supplicò

Ma quella richiesta, come se fosse stata una preghiera, fu davvero troppo per Misako. Senza dire una parola, se non un semplice “perdonami”, non si voltò nemneo a guardare l’amico e corse fuori dalla stanza, senza indugio.

-M-Misako!!! –disse nuovamente Takahiro -Misako!!-

-…-




Decisa più che mai a non rimanere lì un minuto di più, uscendo dalla stanza urtò quello che si rivelò essere Naoya,
il sensei sembrava sorpreso di trovarsela davanti così all’improvviso, ed aveva un’aria leggermente sconvolta nonostante, dopo aver visto Misako, avesse cercato di nasconderlo.
Lei capì tutto al volo.

-…hai sentito tutto, immagino…- sospirò con amarezza

Naoya si sentì mortificato ed abbassò lo sguardo, colpevole.

-scusami ma…la porta era aperta, non ho potuto farne a meno…-

Misako sorrise lievemente, asciugandosi le lacrime

-meglio così, non serve che mi inventi nessuna scusa- sbottò -…a presto, senpai-

Fece per andarsene, ma Naoya la bloccò –Misako chan!- esclamò

Lei, questa volta, forse perché consapevole che non si trattava di Takahiro, si fermò, ma non guardò il sensei. Rimase con le spalle voltate, accennando solo un sospiro.

-perdonami… -disse –probabilmente in parte è colpa mia, non avevo capito…-

-…-

Quando aveva saputo della storia tra Takahiro e Naoya, Misako aveva provato a cercare una qualsiasi ragione per poter odiare il sensei che le aveva rubato ciò che li era più caro. Ma alla fine si era dovuta arrendere all’evidenza: Naoya era una persona buona ,gentile, leale…era impossibile provare odio nei suoi confronti. Ed anche in quel momento, non sentiva altro che una profonda gratitudine verso di lui, per aver sempre protetto il ‘suo’ Takahiro, anche quando lei non c’era stata.
Ed era proprio questo che le faceva venire ancora più rabbia. Probabilmente sarebbe stata meglio se fosse riuscita ad odiare.
Fece una smorfia di disgusto che però, ovviamente, Naoya non poté vedere.

-tutti che mi chiedete perdono- sospirò -…quando l’egoista che pensa solo a sé stessa…sono io-

-cosa stai dicendo…?- rispose Naoya, cercando di farla ragionare

-…ciao senpai…-

Senza aggiungere altro, la ragazza riprese a correre lungo il corridoio, per poi scomparire dalle scale che portavano ai piani inferiori.




**





Quando Naoya era tornato, aveva trovato Takahiro per terra, di fianco al letto. Preoccupato l’aveva subito aiutato a rialzarsi, e capì che probabilmente il ragazzo aveva voluto provare a seguire Misako. Tuttavia, il suo fisico, le sue gambe, come ogni cosa ormai, erano diventati quasi dei macigni da sopportare, più che un aiuto per poter fare ciò che voleva.
Per molte ore era rimasto in silenzio, senza dire una parola. Ogni tanto distoglieva lo sguardo dalla televisione e si metteva a fissare il piatto pieno di mochi, ancora mezzi incartati.
Le uniche parole che il sensei riuscì a strappargli, furono a cena.
Sospirando sconsolato, Takahiro aveva esclamato, tra i denti “ho sempre cercato di rendere felici le mie amiche. Ma riguardo Misako, non avevo capito di essere proprio io a renderla infelice”.
Naoya non aveva risposto a quella specie di confessione, al contrario era rimasto zitto, senza sapere cosa fare per consolare l’amico. Quella era davvero una situazione complicata e a dirla tutta, in quel momento particolare, non ci voleva proprio altro stress per Takahiro.
D’altronde però non ce la si poteva prendere con Misako; anche lei aveva sofferto tanto, forse più di quando avessero immaginato. La sua era stata una scelta quasi forzata.



Il giorno dopo,fu nuovamente la volta di tornare a Tokyo.
Il moro non era di umore particolarmente brillante, ma quando gli fu chiesto se avesse preferito rimanere in ospedale, aveva scosso la testa, con decisione.
Naoya quindi, con infinita pazienza, si era messo di buon ora a sistemare i bagagli dell’amico. Poi gli disse che sarebbe andato fuori in parcheggio a caricare la macchina.
Takahiro, rimasto solo, ripensava a quanto successo il giorno prima, a come non riuscisse a credere che Misako gli avesse davvero detto quelle parole. Che lo amava.
Aveva provato a riflettere bene, ricordando alcuni comportamenti piuttosto strani dell’amica, specialmente dopo aver saputo di lui e Naoya. E solo ora che le cose gli erano chiare, riusciva a comprendere in pieno cosa dovesse aver provato Misako. E nonostante tutto aveva fatto finta di nulla, supportandolo e mettendo da parte i suoi sentimenti.
Dal canto suo, l’aveva sempre vista come una sorellina da proteggere, di cui prendersi cura. Non aveva mai pensato a Misako come una “ragazza da poter amare”.
Però adesso che le carte erano scoperte, rimembrando la figura esile dell’amica, mentre scartava i mochi con un sorriso triste, riuscì, per la prima volta, a pensare a lei come una “donna”: senza la divisa scolastica, con un vestito leggero, i capelli lunghi che le ricadevano dolcemente sulle spalle, il trucco un po’ più pensante rispetto al passato ma assolutamente naturale…era cresciuta sotto i suoi occhi, ancora fermi all’immagine di lei che gli passava i compiti di matematica sottobanco, durante gli anni di liceo.

La malattia, e probabilmente anche la sua ingenuità, non gli avevano fatto aprire gli occhi fino alla fine. Misako era una donna ormai, e come tale non aveva esitato a confessarsi. Lui invece era rimasto, a conti fatti, uno studente del terzo anno, ignaro di quanto il mondo avesse in riservo per sé. E un ulteriore prova di ciò era che pensava a Naoya ancora come un “sensei”.
Non era cresciuto, era lui il “fratellino”, adesso.

Il rumore di una porta che si apriva lentamente e cigolando, lo distolse dai suoi pensieri e, con un po’ di nonchalance, fece finta di guardare la televisione.
Dall’ingresso vide comparire il dottor Kazuki, che salutò con un cenno di mano. L’uomo contraccambio con un lieve sorriso; tra le mani aveva alcuni fogli di carta.

-come ti senti oggi?- domandò

-bene! Grazie…- rispose Takahiro

Il dottore, che sapeva quando il ragazzo mentiva spudoratamente, sospirò e si guardò intorno -...Naoya kun dov’è?- aggiunse

-è andato a sistemare la macchina! –

-oh...-

-…ha novità riguardo il mio intervento?- azzardò il moro

Kazuki si stupì, ancora una volta, di quanto Takahiro poteva essere acuto, specialmente riguardo certe cose. Non poté trattenere un piccolo risolino, anche per sdrammatizzare un po’ la situazione. Fece sventolare il foglio che aveva in mano.

-abbiamo una data!- disse

Takahiro sembrò trasalire un po’, ma fu appena percettibile. Cercò di mantenere una certa calma e, tra i denti, chiese -…e sarebbe?-

-l’intervento sarà il ventinove!- rispose Kazuki senza esitare- abbiamo già prenotato la sala!-

-…due settimane, quindi- sospirò Takahiro

-…-

Fino a qualche giorno prima avrebbe sicuramente gioito. Si era esaltato molto all’idea di operarsi, ma soprattutto all’idea che potesse riuscire a sopravvivere al suo destino. Eppure ora che glielo avevano detto, non sentiva nient’altro che un magone allo stomaco. Ma non era la paura.
Il medico, a seguito di quella reazione, si avvicinò ai piedi del letto.

-lo sai, siamo ancora in tempo per fermare tutto…- gli ricordò

-…non ho paura!- sorrise il ragazzo –e non ho più nulla da perdere-

-…capisco!- esclamò l’uomo -…andrò a dirlo anche a Naoya kun!-

-no! –lo bloccò Takahiro –lasci che sia io a dirglielo!-

Kazuki fissò il moro con stupore; non si era aspettato una risposta del genere.

-vorrei…essere io a farlo- ripeté

-…molto bene, dunque!- annuì il dottore –ora devo andare, ho il giro di pazienti da visitare-

Takahiro annuì

-grazie!- disse sorridendo





**





Naoya tornò circa cinque minuti dopo che il dottor Kazuki se ne era andato. Era rientrato con molto più entusiasmo di prima, che venne colto quasi subito da Takahiro.
Il sensei, dopo aver preso la sua ventiquattrore, si voltò verso il moro, sorridendo ampliamente.

-mi fai senso, lasciatelo dire!- sbottò il ragazzo perplesso

-scusami, ma non posso farne a meno!- esclamò Naoya

-è successo qualcosa?- domandò Takahiro, incuriositosi

-in realtà…si!- spiegò –ti dovrei parlare!-

-oh, anche io in effetti avrei una cosa da dirti…- azzardò il giovane, visto che l’altro era di buon umore

Naoya si avvicinò a Takahiro e si mise di fianco a lui, nell’altra metà del letto.

-come facciamo? Chi inizia?- sorrise

-sei di buon umore…inizia tu!-

–mi ha appena chiamato l’università! Proprio poco fa! Hanno una data, finalmente!-

Takahiro, non aspettandosi di certo una cosa del genere, saltò quasi su dal proprio letto.

-davvero?! Fantastico!!- disse allegro –quando?-

-il ventinove agosto! Tra due settimane!!-

-…-

Era curioso.
Quando voleva, il destino sapeva davvero essere imprevedibile e crudele. In quel preciso istante, Takahiro si domandò perché, proprio fra tutti i giorni a disposizione, qualcuno aveva fatto in modo di combinare le gli eventi in modo così…preciso, perché potessero entrare in conflitto.
Il ragazzo, smise di sorridere e deglutì amaramente, stringendo forte il lenzuolo, per il nervoso. Naoya era talmente felice che non accorse di nulla, al contrario, era tutto euforico.

-sono felice…- sospirò il sensei –anche se non potrò andare alla cerimonia, finalmente mi laureo…-

Lo disse in un modo talmente dolce e speranzoso, che Takahiro si sentì improvvisamente in colpa. Era consapevole che Naoya voleva andare a quella cerimonia estremamente importante, ma non lo faceva per causa sua. Perché voleva stargli accanto. Aveva sperato fino all’ultimo di potersi operare dopo la laurea dell’amico, ma adesso, che tutte le sue speranze erano sfumate, non sapeva davvero cosa fare.

-beh, questo…è perfetto direi!- esclamò Takahiro fingendosi felice

-cioè? Che vuoi dire?-

Naoya era sempre stato con lui, tutti quei lunghi mesi erano stati meno insopportabili solo grazie al sensei. Aveva perso tutto il suo tempo accudendolo e facendo il possibile per farlo sentire ancora “vivo”. Di questo gliene era profondamente grato, ma sapeva anche che non poteva assolutamente permettere che questa storia andasse avanti. Non questa volta, almeno.

-ho saputo…io giorno della mia operazione!- disse con un filo di voce

Com’era prevedibile, Naoya aveva assunto uno sguardo a metà tra il triste e il sorpreso. Aveva smesso di agitarsi e lo fissò per un istante negli occhi, per poi distogliere lo sguardo quasi subito. Takahiro allungò la mano verso quella dell’altro e gliela strinse dolcemente.
Era compito suo, impedire che Naoya perdesse altri ricordi che sarebbero diventati preziosi in futuro.

-avverrà il trentuno!- mentì

-…-

In quel momento pregò con tutto se stesso che l’amico non capisse dai suoi occhi che stava mentendo spudoratamente. Lo vide rattristarsi leggermente e proprio per questo, capì di aver fatto la scelta giusta.

-quindi promettimi una cosa, per favore!- continuò il moro

-…c-certo!- rispose Naoya , cercando di essere positivo

-tu andrai a quella cerimonia!- ordinò

-…ma, Takahiro io…-

-so che ci vuoi andare! E so anche che lo stai facendo per me!- spiegò –ma dato che mi opererò dopo quella data…non c’è nulla che ti impedisca di andarci –

Se solo Naoya fosse stato consapevole dell’enormità della menzogna che si stava improvvisamente costruendo tra loro, probabilmente si sarebbe infuriato tantissimo e lo avrebbe odiato nuovamente. Ne era consapevole.
Però questa volta, a costo di essere di nuovo un egoista, era disposto a tutto per regalare a Naoya una giornata che fosse interamente sua.
Era l’ultima cosa che avrebbe potuto fare per lui

Il sensei, inizialmente perplesso, mostrò poi uno dei suoi soliti caldi sorrisi e disse –sembra proprio che ogni cosa abbia deciso di combaciare, eh?-

Takahiro fece una smorfia.

-…a quanto pare!-

Era vero. Tutto combaciava perfettamente.
Era tutto come doveva essere.








NOTE:

MOCHI: è un dolce tradizionale nipponico costituito da riso glutinoso tritato e pestato ad ottenere una pasta bianca, morbida ed appiccicosa che viene poi foggiata in una tipica forma tondeggiante.
  
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