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Autore: I just wanna_    07/07/2014    2 recensioni
Formiche.
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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''I CORNETTI ERANO TRE!''
Glielo gridavo in faccia da almeno 15 minuti.
''Hai visto mentre li incartava?''
Ci pensai su un attimo… No.

Che avesse ragione? No. MAI. ''Ma io SO che erano tre.'' Aggiunsi dopo qualche secondo.
''Io non ne ho mangiato neanche uno.''
''Io ne ho mangiato uno solo…non può essere stato tuo marito?''
''Papà dice che non ne ha mangiati.''
''Mh.'' Restai in silenzio, dopo quel mugugno. Non POTEVA essere che i cornetti fossero solo due. Pur non avendo visto il commesso incartarne tre, avrei messo la faccia nell’acido per quant’ero sicura di avere ragione.
Perché ce l’avevo.
E SAPEVO di averne.





 
 
 


Erano passate un paio di settimane da quella discussione.
Ormai c’era un sole che spaccava i crani, e un’aria così pesante e umida che avremmo potuto rischiare di svegliarci con delle simpatiche branchie al collo.
Andavamo avanti a thè freddo e gelati. La faccenda ‘’croissant’’ era stata archiviata e infine gettata nel cesso.
 
Ero tranquillamente spaparanzata sul mio divanetto di vimini, parcheggiato sul lato destro del balcone, a leggere tranquillamente fumetti splatter, quando la sentii lamentarsi come al solito.
Porsi l’orecchio per capire con cosa si stesse arrabbiando stavolta e capii che ce l’aveva con le formiche.
Sbuffai, e tornai a leggere.
''Aah, queste schifosissime formiche. Avevo detto a tuo padre di comprare lo spray e ovviamente quello se lo dimentica ogni volta! Eh, certo. Che in questa casa le cose se non le faccio io, non le fa nessuno! E poi vi lamentate pure e'' bla, bla, bla… le solite cose. Il solito ronzio nelle orecchie al quale ormai avevo fatto il callo.
Solo che stavolta non accennava a smettere. E io volevo leggere. Volevo dannatamente leggere.
La sua abilità nel farmi saltare i nervi anche solo respirando mi fece scattare in piedi per chiederle ‘gentilmente’ se avessi potuto in qualche modo darle una mano.
Sbuffò di nuovo, dicendo che non aveva bisogno di niente se non di quello schifosissimo spray.
Mi chiesi allora quanto grave potesse essere quest’invasione di formiche.
Ne avevamo sempre avute di queste ‘’invasioni’’ che si limitavano solo all’angolo della cucina che custodiva il bidone dell’immondizia. E comunque si parlava di poche formiche.
Ma, quando abbassai lo sguardo, l’angolo dello scrigno-porta-immondizia
pullulava di formiche.
Non si riusciva a vedere nemmeno il battiscopa. Una cosa oscena.
E non erano nemmeno formiche tanto piccole, eh.
Sicuramente più grandi di formiche normali. Almeno il doppio, o il triplo.
Restai a fissare quelle formiche almeno per 5 minuti mentre osservavo, con la coda dell’occhio, mia madre armata di scopa che tentava di sbarazzarsi di loro gettandole dal balcone.
Ancora con gli occhi fissi sugli insettucoli, le chiesi i soldi e le dissi che sarei andata a comprare lo spray.
Anche più di una bomboletta.


Tornai in fretta e furia a casa, con almeno sei di quelle bombolette.
Entrai in fretta in cucina, mentre mia madre era ancora intenta nella stessa manovra di carico e scarico.
Proprio come l’avevo lasciata.
Lasciai le bombolette sul tavolo perché, se avessi dovuto essere io ad usarle, le avrei consumate tutte in preda ad una furia omicida guidata dal disgusto.
Tornai nella mia stanza e mi ci chiusi dentro.
Formiche.
Che schifo.



 
 
Passarono altre due settimane.
Ormai mia madre faceva la spesa anche per le formiche, e io pensavo che se avessimo iniziato a chiedere loro l’affitto saremmo diventati i nuovi Kardashian.
Ma non era una possibilità da tenere in considerazione, purtroppo.
L’aria era sempre più pesante, stavolta per le nubi di DDT scaricate dappertutto in casa.
Andavamo in giro per le stanze con le mascherine.
Mancava poco che iniziassi a salutare i miei genitori con espressioni quali Ohayoo e Konbanha.
Mia madre stava letteralmente impazzendo.
Era già sull’orlo dell’esaurimento normalmente, perché mandarle anche una delle piaghe d’Egitto per peggiorare la situazione?
Non  lo so.
So solo che più avevo intorno quelle formiche, più avevo l’impressione di vederle crescere.


 
 
 
 
Un mese.
Un mese di assedio.
Agosto.
Un sole così forte che speravo le bruciasse, quelle maledette.
Le nuvole di DDT rischiavano di condensarsi e di far piovere acido sui mobili.
Magari si sarebbero sciolte anche le schifose.
Andavo in giro armata di bombolette.
A breve avremmo avuto bisogno di un prestito per potercele permettere.
Mamma aveva pensato solo ora a rivolgersi a qualche impresa di disinfestazione, ma io ero convinta che non se ne sarebbero andate.
Ero convinta che ci fosse qualcosa sotto.



Mamma e papà erano usciti.
Una cena o che so io.
Non avevano ancora chiamato i tizi della disinfestazione.
''Ci pensiamo la settimana entrante.'' Aveva detto lei.
A me andava bene.
Mi bastava quella sera libera.


Presi il trapano di mio padre e, dopo aver indossato i guanti ed essermi armata di scopa per spostare quello schifo ambulante, attaccai la spina.
Mentre spostavo le formiche mi ero accorta che erano cresciute davvero.
Se l’occhio non mi ingannava (o forse stavo esaurendo come mia madre. Genetica, no?) adesso erano di circa 3 cm  per 1,5 cm.
In poche parole erano enormi.
Ed enormemente disgustose.
Un altro mese e sarebbero diventate grosse come gatti.
Azionai il trapano.
Bucai una parte del battiscopa più vicina all’angolo dell’immondizia e mi accorsi che dietro mancava una parte di muro.
Feci altri due buchi, a qualche centimetro di distanza da quello iniziale, per farmi un’idea di quanto fosse largo questo buco.
Quello a destra, distante circa 10-15 centimetri da quello iniziale aveva sotto ancora il muro mentre quello a sinistra, più vicino al bidone, presentava una piccola intercapedine cava.
Proprio come il primo.
Scostai il bidone per dare un’occhiata al battiscopa retrostante. C’era una fessura, che ormai andava ad allargarsi e che doveva essere l’accesso al ‘’formicaio’’ all’interno del muro.
Pensai di rimuovere la parte di battiscopa forata dalle formiche ma rinunciai, visto che probabilmente l’unico risultato sarebbe stato l’inondare il pavimento della cucina di altre formiche.
Rimisi il bidone al suo posto e andai in tutta fretta a  rimettere il trapano al suo posto.




Passò un’altra settimana.
Mia madre ovviamente non aveva ancora chiamato gli amici della disinfestazione.
Questo non era un problema, anzi, mi spingeva ancora di più a voler risolvere la situazione per i fatti miei.
 
 
 
Il mercoledì seguente chiamai mia madre e le dissi di raggiungermi in cucina.
Avevo fatto scorta di DDT e lacca. E avevo pronto nella tasca posteriore dei miei jeans il mio fido compagno accendigas.
Mia madre era abbastanza perplessa e al solito non si fidava di me.
Le davo ragione.
La lasciai in cucina, mentre andavo a prendere la cassetta degli attrezzi di mio padre.
Ne estrassi alcuni cacciavite e un martello.
Tornai in cucina.
Mi inginocchiai di fronte al bidone, scostai le formiche, ed iniziai a colpire la parte di battiscopa bucata ( e il buco si era fatto più largo) finché non si staccò.
Sul pavimento si riversò un gran numero di formiche. Tante formiche. TROPPE FORMICHE.
Mia madre si ritrasse schifata. Io mi alzai in piedi cercando di togliermele di dosso.
Le dissi di passarmi il DDT e di prenderne una bomboletta.
 
Diversi minuti dopo ci ritrovammo senza nemmeno una bomboletta di DDT e circondate dal triplo delle formiche iniziali.
Non avevo voglia di usare la mia ‘’arma segreta’’ perciò aspettai ancora.
Cercai invece di uccidere le formiche calpestandole e dopo una quindicina di minuti di ballo da vendemmia e svariati strati di insetti sotto la suola delle scarpe, decisi di dare un’occhiata all’interno dell’intercapedine nel muro.
 
Mi chinai e mi sporsi cercando di vedere all’interno.
Non riuscivo a vedere nulla se non uno strano bagliore verdognolo che veniva dal fondo del buco.
Quando cercai di entrare una mano per raggiungere la fonte di quella luce, una nuova fiumara di formiche irruppe fuori.
Queste erano molto più grosse delle precedenti.
Grosse come grossi scarafaggi.
Mi alzai in piedi ancora più in fretta di prima e dovetti prenderle a pugni per staccarmele dalle gambe e dalle braccia.
''PRENDI LA LACCA E L’ACCENDIGAS!'' Gridai a mia madre.
Lei afferrò la lacca dal ripiano di fianco al frigo.
''Dov’è l’accendigas?'' Mi chiese.
''NELLA TASCA DI DIETRO DEI PANTALONI!'' Mi scuotevo come un’anguilla per togliermi quelle bestie dai capelli.
Mi facevano schifo, ma non era solo quello.
Sembrava che volessero farmi del male.
Avevo paura.
''Nella tasca non c’è niente. DOVE L’HAI MESSO?'' Mi gridò mia madre, che stava iniziando a scuotersi di dosso le formiche.
''COME? COSA?!'' Caddi nel panico.
Viaggiai con lo sguardo per la cucina, cercando qualcosa di utilizzabile.
Per un attimo pensai ai fornelli, ma accantonai l’idea.
Poi a terra scorsi l’accendigas.
''MAMMA È A TERRA. DI FIANCO A TE. PRENDILO!''
Lei si chinò, con la solita agilità.
Avrei fatto prima a chiedere alle formiche di porgermelo, praticamente.
''MUOVITI!'' Le gridai.
Me lo passò. Afferrai una bomboletta di lacca e feci partire il getto, azionando l’accendigas.
 
Inutile dire che mi sentii fighissima in quei quattro o cinque secondi che precedettero il prendere fuoco delle tende in cucina.
Ma non me ne preoccupai più di tanto: ero troppo impegnata a dare fuoco a quelle bestie.
Mentre bruciavano facevano lo stesso suono dei popcorn. Ovviamente non ne ho più toccati.
Mia madre restò a fissarmi shockata per quasi un minuto, poi prese anche lei un accendino dal cassetto della cucina e della lacca.
Quella cucina sembrava un live dei Rammstein.
 
 
 
 
Finimmo anche le bombolette di lacca, ma il peggio ormai era passato.
Riuscimmo ad eliminare le poche formiche rimaste calpestandole. Alla vecchia maniera.
Le tende bruciavano ancora.
Nessuno se n’era ancora accorto.
Forse i vicini.
Mentre mia madre spazzava via le carcasse io mi chinai di nuovo di fronte al buco.
La sentivo parlare. Si stava riprendendo, aiuto.
''Secondo te come hanno fatto a diventare così grosse? Non ho mai visto formiche così grosse e io stavo in campagna...'' Blaterava, non l’ascoltavo nemmeno. Continuavo a cercare di raggiungere quella cosa verde che luccicava.
''Che cazzo hanno mangiato per diventare così?'' Questa domanda retorica la fece ridere, io intanto ero riuscita ad afferrare l’oggetto misterioso.
Lo trascinai fuori mentre mi sedevo accanto al muro.
Lo osservai confusa, mentre quella strana kriptonite risplendeva tra le mie dita guantate.
Quando capii cos’era, mi girai e lo lanciai in faccia a mia madre.
 
TE L’AVEVO DETTO CHE I CORNETTI ERANO TRE! STRONZA!
 







E niente. Il nosense puro.
Anche se io sono ancora convinta che i cornetti fossero tre, ma mia madre non mi dà retta.
  
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