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Autore: Ladypotter97    07/07/2014    2 recensioni
Partecipante al contest: Un'offerta per gli dei (no, mi dispiace, niente pizza carbonizzata) indetto da Fantasiiana sul forum di EFP
- "Il piacere dietro il quale corriamo o non si raggiunge mai o, se si raggiunge, mostra di avere un gusto amaro"- tradusse l’uomo misterioso con voce rotta, poi nascondendosi il viso tra le mani si allontanò velocemente dalla folla.
Quella frase era stata incisa nel suo cuore, fino a diventare una ferita che se sfregata faceva ancora male, nonostante fosse stata guarita dal tempo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Apollo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il mio sole

Nome autore: LadyPotter97, Lucrezia-EFP
Titolo della storia: Il mio sole 
Genere:drammatico/romantico
Rating:verde
Coppia scelta:Apollo/Daphne
Tema: luce
Note dell'autore: Allora sarà breve che tra poco devo partire *la Sardegna mi aspetta* Fin da piccola ho sempre adorato questo mito e finalmente ho avuto la possibilità di poter entrare nella psicologia di Apollo. Naturalmente sono rimasta affascinata dalla stata di Bernini e ho voluto inserirla per far partire un flashback. Spero che vi possa piacere.

Un bacio e buona lettura!

 

 

Galleria Borghese, Roma.

Al centro di una delle innumerevoli sale del museo c’era un uomo che con aria assorta leggeva la descrizione del gruppo scultoreo che stava ammirando già da qualche tempo.

Quando si era presentato nel suo completo elegante e griffato alla cassa per ricevere il biglietto, l’impiegata l’aveva osservato con curiosità: evidentemente colpita dalla sua bellezza. Infatti il volto dell’uomo sembrava risplendere di luce propria, dagli occhi color ambra simili a due piccoli soli si sprigionava una luminosità che si trasmetteva subito all’interlocutore donandogli un senso di calore.

Inoltre, non si comportava come il resto dei visitatori: oltrepassati i tornelli, si diresse con sicurezza verso una delle stanze principali, senza curarsi del percorso, né tantomeno delle opere che lo circondavano. Nessuno dei mortali sapeva che lui ne cercava solo una, la sola in grado di illuminare il suo cuore.

Ogni volta che la trovava in mezzo a tutte le altre, niente aveva importanza, perché il suo ricordo diventava così vivo, nitido, quasi reale, da rendere il mondo solo una mera cornice del suo dolore.

Intorno a lui si muovevano tanti piccoli gruppi di turisti intenti a seguire le guide che ,meccanicamente e senza alcun enfasi, spiegavano le varie opere d’arte incontrate durante il percorso. Eppure nessuno di loro sembrava fermarsi davvero ad osservare il miracolo che aveva davanti, piuttosto preferivano scattare delle foto che sarebbero state presto dimenticate; qualcuno si limitava a fare un commento banale, altri si fingevano critici dell’arte e esprimevano il loro inutile parere, altri ancora ciondolavano in mezzo alle sale chiedendosi quando quella tortura sarebbe finita.

Tutto questo oscurava quello che gli dei hanno sempre apprezzato nell’uomo: la capacità del saper creare da nulla opere mastodontiche; l’abilità di utilizzare la fantasia e l’ingegno per raggiungere obbiettivi sempre più alti; la forza di volontà e il coraggio nel superare gli ostacoli che la vita gli poneva.

Ora, nel XXI secolo, neanche l’uomo si poteva definire tale, poiché aveva perso proprio quell’umanità che lo rendeva unico e invincibile.

-Come ho detto all’inizio- disse una guida avvicinandosi  -L' “Apollo e Daphne” è una delle più importanti opere di Gian Lorenzo Bernini. In questo gruppo scultoreo l’artista ha voluto confrontarsi con la mitologia classica e la rappresentazione della metamorfosi. Il soggetto è tratto da uno scritto di Ovidio fonte d'ispirazione per artisti e poeti che amavano rappresentare e cimentarsi nei temi delle trasformazioni.

Prima di entrare nel dettaglio è interessante notare l’incisione scritta in latino da Maffeo Barberini sul basamento: "Quisquis amans sequitur fugitivae gaudia formae fronde manus implet baccas seu carpit amaras". Ovvero …-

- "Il piacere dietro il quale corriamo o non si raggiunge mai o, se si raggiunge, mostra di avere un gusto amaro"- tradusse l’uomo misterioso con voce rotta, poi nascondendosi il viso tra le mani si allontanò velocemente dalla folla.

Quella frase era stata incisa nel suo cuore, fino a diventare una ferita che se sfregata faceva ancora male, nonostante fosse stata guarita dal tempo.

Possibile che, dopo tutti quei secoli, il dolore per la sua perdita potesse essere ancora così intenso? Il senso di colpa l’avrebbe tormentato per l’eternità?

I ricordi iniziarono a riaffiorare nella sua mente come trasportati da un fiume in piena, riusciva ancora a vederla danzare tra il bosco in tutta la sua delicata bellezza. Era sicuro che niente al mondo avrebbe potuto fargli dimenticare il suo viso candido, le labbra piene e rosa, i capelli biondi di un colore così splendente da far invidia al sole stesso, il corpo snello, la pelle pallida e gli occhi fatti di pura luce solare. Daphne, stella tra le ninfe, non poteva essere dimenticata.

Il sottile filo che aveva unito le loro vite era stato tessuto dalla gelosia di Cupido, infatti non ci sarebbe stata più pace per le loro anime ormai dannate: uno era condannato all’amore, l’altra a respingerlo. Non c’era modo di spezzare il sortilegio, neanche la volontà del dio poté porvi rimedio.

Le frecce scoccate erano entrate troppo in profondità, si erano radicate nel suo cuore annebbiando la ragione e qualsiasi altro sentimento: il grande dio Apollo era schiavo dell’amore più cieco. La luminosità che aveva sempre caratterizzato i suoi occhi ambrati, ormai era rivolta a lei: l’unica fonte di luce, il suo nuovo sole.

Più e più volte aveva cercato di conquistare la ninfa, ma il cuore di lei era stato sostituito con il ghiaccio, Daphne non lo avrebbe mai potuto amare. Eppure tutte le volte che Apollo veniva scacciato, il suo amore diventava più grande e profondo, tanto da lasciarlo senza fiato.

Come un leone si aggirava per il bosco in cerca dell’amata, che sentendolo arrivare, cercava di sfuggirgli, nascondendosi dietro ai rami frondosi degli alberi, nonostante questo, nessun luogo era sicuro.

Apollo non aveva pace, solo lei poteva placare la sua fame, sarebbe bastato il suo sguardo per renderlo felice, la sua voce era miele e il suo tocco una benedizione. Eppure lei, quando lo vedeva, sembrava appassire per la tristezza, cercava inutilmente di scostarlo, supplicandogli di lasciarla in pace.

Ma un giorno, stanca di dover scappare come un animale braccato, la ninfa decise di affrontarlo e facendo appello a tutte le sue forze, disse –Devi lasciarmi in pace-

-Come potrei vivere senza di te? Giuro sull’Olimpo che io potrei morirne- rispose Apollo avvicinandosi lentamente.

-Perché devi amarmi?- gli chiedeva la ninfa in tono sommesso, mentre con le mani tremanti cercava di scostarsi dal dio che tendeva la mano per poter sfiorare la guancia bagnata da lacrime di rugiada.

-Perché invece tu non vuoi accettare il mio cuore?- replicava egli con voce implorante –Ti prego amami, dammi tutto l’amore che puoi. Devi salvarmi da questa malattia!-

-Lasciami andare!- urlò Daphne indietreggiando –Se mi ami … lasciami andare- ripeté con fermezza, i suoi grandi occhi guardavano Apollo intensamente,ma la luce che prima li illuminava era spenta, tanto da renderli scuri come un cielo senza stelle.

Apollo nell’udire quelle parole cariche d’odio si sentì sprofondare nel più totale dolore, si mise la mano al petto cercando di alleviare la sofferenza, ma il suo cuore era stato deturpato: l’amore cedette il posto alla rabbia.

-Tu verrai con me all’Olimpo e sarai mia sposa- disse minacciosamente –Questa è la volontà di un dio che te lo impone!-

Daphne terrorizzata al pensiero di passare con il lui l’eternità, incatenata nell’Olimpo, cercò di scappare rifugiandosi nel bosco.

Così ebbe inizio l’ennesimo inseguimento, ma nessuno dei due poteva immaginare ciò che il Fato aveva riservato per loro.

La ninfa correva più veloce che poteva, gli alberi le sfrecciavano accanto fino a confondersi l’uno l’altro, nessun uccello cinguettava, era come se la foresta percepisse la disgrazia imminente. Quando ormai sentì le gambe cedere, Daphne capì che ovunque fosse fuggita, il dio l’avrebbe perseguitata.

Era giunto il momento di porre fine alla sua sofferenza.

-Padre vi prego- iniziò a sussurrare –Uccidetemi-

Ma prima che potesse finire la sua preghiera, Apollo era già arrivato e quando la vide, il sole brillò con più intensità, come se fosse congiunto al cuore del dio.

Daphne cercò di schermarsi gli occhi con le mani e rimase sbalordita quando, al posto delle dita, trovò dei piccoli ramoscelli che crescevano rapidamente.

-Daphne …- mormorò il dio –Che sta succedendo?- si avvicinò per portarla via da quel luogo maledetto ,ma la ninfa non poteva più muoversi: i suoi piedi si erano già tramutati in spesse radici, mentre il petto era circondato dalla corteccia, in testa le erano cresciute fronde e rami sulle braccia. I capelli avevano ceduto il posto a piccole foglioline dalle diverse sfumature di verde, mentre gli occhi presi da un insolito tepore, si stavano chiudendo per sempre.

Apollo era rimasto sbalordito nel vedere la metamorfosi, posta la testa sul tronco, riuscì a sentire palpitare quel cuore che non sarebbe mai potuto essere suo. Accarezzò i bellissimi rami e non curandosi delle lacrime, che gli bagnavano le guance, abbracciò l’albero e baciò il legno.

Daphne era ancora bellissima e lui l’amava ancora.

-Amore mio- la voce gli tremava –Ti prego di perdonarmi- continuava ad accarezzare la corteccia liscia –Anche ora il mio amore per te non è mutato. Sei sempre stata la mia luce, l’unica speranza di salvezza. Ora tutto intorno a me è buio, non riconosco più la retta via. Sono perso-

Apollo si accosciò a terra, baciò di nuovo la ninfa e le sue labbra lasciarono sul legno un lieve calore. Posò la testa sul tronco e chiuse gli occhi, mentre il vento scuoteva i nuovi rami e i primi uccellini vi si posavano sopra per riposare.

-Il tuo ricordo sarà sempre con me. Non ti lascerò mai sola, la mia musica sarà tua compagna. Le tue foglie cingeranno il capo degli eroi, mentre la tua bellezza sarà cantata dagli aedi- le promise il dio baciandola nuovamente.

L’albero si mosse, per ringraziarlo i rami accarezzarono il viso del dio asciugandogli le lacrime e sembrava che agitasse la fronda come se fosse una testa.

Apollo ricordandosi il delicato tocco delle foglie, sussultò destandosi dalla nube dei suoi pensieri e rientrando nella realtà.

Il museo era quasi vuoto e davanti al gruppo scultoreo non c’era più nessuno, così il dio gli si avvicinò per ammirare ancora una volta il viso della donna tanto amata. Sfiorò il marmo gelido e un brivido gli percorse la schiena: il senso di colpa ancora lo tormentava.

Eppure ,per quello che poté sembrare un istante, gli occhi di Daphne ripresero la luminosità di un tempo, la luce che l’aveva accompagnata per tutta la sua vita, non l’avrebbe mai abbandonata.

Apollo sorrise a quegli occhi che lo guardavano con amore.

-Sarai sempre il mio sole- sussurrò baciando le labbra di marmo.

   
 
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