Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Be_Strong_ Girl    07/07/2014    8 recensioni
"Non ti importa quello che la gente possa pensare di te?" mi guardò solo per un istante, poi iniziò ad osservare le onde che si infrangevano sul mare.
"Prima mi importava." Non lo guardai, mi limitai solamente ad alzare un angolo della bocca mentre i ricordi invasero la mia mente.
"E adesso?" iniziò a giocherellare con la sabbia. Non capiva, cercava risposte ma, in effetti, non c'era nessuna risposta da trovare.
"Adesso guardo il mare" sorrisi.
"Ma come fai? uscirei pazzo." batté un pugno sulla sabbia, per una frazione di secondo mi voltai attirata dal suono, poi riposi il mio sguardo sulle onde. "E di me? Ti è mai importato cosa potessi pensare?" mi guardò, stavolta. Non distolse lo sguardo, cercava contatto visivo. Era semplicemente bellissimo.
"Tu hai stravolto tutte le mie regole." mi voltai a guardarlo, perdendomi nei suoi occhi. "Di te mi è sempre importato." gli sorrisi leggermente con un piccolo segno di amarezza sul volto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rachel Moore,  18 anni di pura pazzia e timidezza. Scontrosa, dura e coraggiosa ma anche dolce, sensibile e affettuosa. Il puro ritratto di contraddizioni, tutto il lei si dirige verso una sola parte per poi cambiare rotta senza preavviso, bruscamente. Fin da piccola ha imparato ad andare avanti solo con le proprie forze, a rialzarsi subito dopo una brutta caduta completamente da sola. Una bambina che ha visto fin troppo dalla vita, una ragazza che ha imparato a tener chiuse le orecchie per far si che la cattiveria non le distruggesse il cuore. Tutto ciò che è oggi, tutto ciò che la compone, è solo una stupidissima maschera. Cerca di non dare peso alle parole, cerca di fingere sempre un sorriso, cerca di vivere con il solo risultato di sopravvivere. Rachel non ha mai avuto molto dalla vita ma, adesso, quel poco che ha crede le basti per essere finalmente felice, inconsapevole che, sicuramente, si meriterebbe molto di più.

Capelli lunghi, mossi e di un color cioccolato acceso. Occhi color marrone da cerbiatta, quel tipo di occhi che ti fanno perdere in essi. Occhi che seppur uguali ad altri miliardi, si contraddistinguono da tutti. Labbra carnose, corpo non esile ma semplicemente nella norma. Curve al posto giusto, seno piccolo e pelle con una abbronzatura naturale. Una ragazza semplicemente normale, talmente tanto da essere perfetta. Credeva semplicemente di affondare. Era tutto nuovo, fin troppo. Aveva come la sensazione che qualcosa le stringesse sempre di più sulla vita, fino a farla scoppiare. Aveva paura. Era sempre stato così, aveva sempre avuto paura e l'autostima inesistente che sentiva per se stessa, di certo, non migliorava questo tipo di situazioni. Camminare a testa bassa era quello che cercava di ripetersi fin da quando aveva varcato la soglia di questo stupidissimo college. Fissava lo scatolone contenente la sua roba, credeva anche di essersi perfino fatta sfuggire un sorriso quando notò che, in fondo, c'era un peluche che le regalò suo fratello ai tempi dell'asilo. Lo portava sempre con se, era il suo portafortuna, il suo modo di sentire la presenza del fratello accanto alla sua. Suo fratello, poco più grande di lei, era sempre stato essenziale per Rachel, sotto ogni aspetto della sua vita. Non si abbandonavano mai, erano sempre insieme ma, purtroppo, gli anni passavano e lor furono costretti a crescere. Adesso Jack si trovava a New York, aveva scelto di lasciarsi alle spalle la vecchia vita, i vecchi posti e, così, da un giorno al altro scomparve lasciandole solo un misero fogliettino. Non l'aveva salutata, aveva solamente scritto che si sarebbero sentiti ed era vero, qualche volta le inviava messaggi o e-mail ma, Rachel d’altra parte, era troppo delusa per potergli rispondere.  Non era arrabbiata, almeno non più, era solamente delusa. Non capiva il semplice motivo del perché nasconderle tutto, era delusa, irritata e triste ma no, non arrabbiata. Decise di distrarsi dai suoi pensieri e, così, alzò lo sguardo.
Erano tutti felici, sorridevano e scherzavano tra di loro. In quel momento si sentì eternamente sola, non conosceva nessuno e voleva solo che Jack fosse lì in quel momento. Decise di riabbassare immediatamente lo sguardo, si sentiva così insignificante e iniziò a chiedersi se mai si sarebbe davvero ambientata, se avesse preso realmente la decisione giusta nel venire in questo posto. Immediatamente una profonda malinconia l'avvolse, non seppe spiegarne il motivo ma, in quel momento, voleva solamente dormire, dormire per non pensare. Il suono dei pensieri di Rachel,però, diventò più forte di qualsiasi altra cosa, come sempre.
Ripensò immediatamente alla sua infanzia, di certo non era stata la migliore di tutte e, sinceramente non ne colse il motivo, né una ragione logica del perché la sua mente le stesse giocando questi tiri bassi. Di certo, la cosa che odiava di più, era ricordare il suo passato. Voleva solamente fingere che la sua vita non aveva un passato, né un futuro, solo un presente. Ripensò immediatamente a tutti i problemi economici che facevano impazzire il padre, ripensò alle serate in cui la madre ritornava a casa ubriaca. Ripensò a tutte le volte in cui lei e Jack si chiudevano in camera a parlare o ad accendere la radio, per coprire le grida che infestavano la casa da fin troppo. Il padre e la madre non si erano mai amati veramente, era solo questione di sesso, era solo questione di sbagli. Ricordò perfettamente tutte le volte in cui si urlavano in faccia, si picchiavano. Tutto terminava con del sesso, si strusciavano tra di loro pieni di passione, passione generata dal disprezzo. Ricordò che molte volte sua madre urlava che sia lei che Jack erano stati solamente uno sbaglio, che erano al mondo per non so quale motivo. Li odiava e loro odiavano lei.
L'unica nota positiva della sua vita era sempre stata Jack, lui le raccontava storie per farla addormentare, lui la distraeva mentre suoni schifosi provenivano dalla cucina o dalla camera da letto, lui la proteggeva ogni qual volta che la madre la picchiava. Lui c'era sempre stato, in qualsiasi occasione, e Rachel gli volevo un bene dell'anima. Dovevo tutto a quel ragazzo.

"Scusami..." sentì leggermene una mano che si appoggiava sulla spalla e si voltò immediatamente.
"Si?" Era una ragazza, semplicemente perfetta. Sorrise educatamente.
"Sei Rachel Moore?" sorrise anche lei, se prima Rachel pensava che fosse perfetta adesso ne era assolutamente convinta.
"Si, come fai a sapere chi sono?" Disse confusa. Non era di certo un viso familiare e qui non conosceva proprio nessuno. Decise di scrutarla attentamente per avere la certezza di non conoscerla. Lunghi capelli rossi ondeggiavano liberamente sulla schiena della ragazza, creando un effetto davvero suggestivo. Occhi di un color verde smeraldo, pieni di emozioni, occhi che trasmettevano pace, che ti rendevano loro schiavi. Bocca sottile ma non troppo, il viso era contornato da piccole lentiggini che la rendevano assolutamente graziosa. Aveva un corpo esile e formoso con curve al punto giusto, il tipo di corpo da fare invidia a molte ragazze. Questa ragazza era semplicemente bellissima. Era perfetta.
"La preside mi ha fatto la tua descrizione, sai siamo insieme in camera e mi ha chiesto di starti accanto il più possibile per farti ambientare"Rachel notò che,in modo molto delicato, posò una mano sulla piccola bocca ed emise una lieve risata. Era carina, gentile ma non aveva bisogno del suo aiuto.
"Grazie mille ma, davvero, posso farcela anche da sola" sorrise cordialmente, tanto per non sembrare scontrosa e continuò per la sua strada. Credeva anche che l'avesse chiamata ma non ci fece caso, continuò a camminare.

Non aveva assolutamente bisogno di nessuno. Si era sempre sostenuta solo sulle sue gambe e aveva sempre fatto tutta da sola. La ragazza poteva anche essere gentile ma non erano più alle medie, non aveva bisogno di nessuno per ambientarsi e poteva benissimo farlo da sola, ne era sicura. Si irritò parecchio, decise comunque di stare calma, in fondo era solamente una cortesia. D'impatto notò di nuovo il peluche a forma di scoiattolo che le aveva regalato Jack e sorrise di nuovo.

"Nate Attento!" una risata attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo e non fece in tempo ad accorgersi cosa stesse succedendo che già si ritrovò col sedere a terra intenta a massaggiarselo, mentre lo scatolone era rovesciato a terra e la sua roba sparsa vicino a quest'ultimo.
"Porca..." esclamò irritata, razza di trogloditi del cazzo pensò. Sicuramente si trattava di una fottutissima palla, Rachel ne era sicura.
"Come scusa?" Rachel alzò di poco lo sguardo e notò un volto maschile. Gli stronzi stavano ridendo fino ad esaurire le lacrime. Compreso quello che l'aveva travolta.
"Ma ti sembra una cosa normale andare a finire contro le persone?" irritata si alzò cercando di pulire i suoi pantaloni. "guarda dove metti i piedi la prossima volta”. Decise di cercare con lo sguardo lo scatolone, inutile dire che in poco tempo lo trovò e si diresse a raccogliere le sue cose.
"Senti non ti riscaldare tanto, non hai mai preso una botta in tutta la tua vita?" immediatamente gli altri alle sue spalle scoppiarono in una risata.Rachel lo fulminò immediatamente con lo sguardo mentre un cenno di risata si fece spazio anche nel volto del ragazzo, voleva ucciderlo.
"Rachel!" non ebbe tempo di rispondere al ragazzo che,immediatamente, Rachel si voltò di scatto sentendosi chiamare, era la ragazza di prima. "Aspetta!" disse con il fiatone.
"Ehi Nate, uno scoiattolo di peluche!" Un ragazzo lanciò il peluche di Rachel al suo amico, non ché l'assalitore. Inutile dire che, appena visto il peluche, un'altra risata si fece spazio tra il gruppetto. Rachel Moore credeva che anche la ragazza accennò ad un sorriso. Immediatamente gli strappò il peluche dalle mani, raccolse la roba restante e la mise dentro lo scatolone.
"Ascolta, dimmi solamente dov'è la nostra stanza." stanca si rivolse alla ragazza rossa, voleva solamente riposare.
"qui vicino, vai dritto. Stanza numero 315. Sicura di non volere un m...." Moore non fece neanche continuare la rossa che subito la interruppe.
"No. Grazie." diede un'ultima occhiata al gruppetto e iniziò a camminare.

Mentre cercava il dormitorio non fece molto caso a ciò che le stava intorno, era concentrata sulla traiettoria e, sinceramente, non le andava proprio di estendere lo sguardo per ritrovarsi davanti coppie felici o amici da una vita. Voleva solamente andare in stanza, sistemarsi e riposare. Avrebbe iniziato il giorno seguente ad ambientarsi, avrebbe anche iniziato a seguire i corsi molto probabilmente. Vagò per un'altra mezza ora buona e, finalmente, riuscì a trovare la sua stanza. Numero 315. Rachel osservò curiosa quel numero stampato sulla porta, lo scrutava e, immediatamente, una risatina si fece spazio sul suo dolce viso. Era carino il numero, pensò. Da oggi sarebbe stata la ragazza della 315 o, semplicemente, Trecento quindici. Le piaceva, aveva sempre trovato carino chiamare le persone con un numero. Più che altro le era sempre sembrato divertente quasi quanto strano. Rivolse un'ultima occhiata al numeretto e, con un sorriso, posò la mano sul pomello, girò ed entrò nella sua nuova casa-dormitorio.La stanza era carina. Pochi mobili, però spaziosa. Moore si soffermò a guardarla per circa 5 minuti, poi notò che c’erano 3 letti.

“Ciao...” Rachel si voltò immediatamente, non aveva visto assolutamente nessuno. “No-non volevo spaventarti” la ragazza abbassò immediatamente la testa. Notò quasi subito che doveva essere ancora più timida di lei. Le sorrise.
“Ciao, non preoccuparti, non ti avevo vista.”  Si avvicinò di poco poi notando che aveva ancora in mano il suo scatolone lo posò su l’unico letto libero, vicino alla finestra. Si rivolse di nuovo alla ragazza. “Piacere, Rachel Moore” le sorrise porgendole la mano. Notò che era ancora sporca con un po’ di terra e, ripensando alla caduta, fece una smorfia d'irritazione. Asciugò la mano sui pantaloni e gliela porse di nuovo. “Scusami, ero caduta e…” decise di specificare, non voleva apparire come una superficiale.
“Non preoccuparti. Io sono Emily Stewart.” La ragazza le sorrise stringendole la mano. Sembrò dubbiosa per i primi trenta secondi e, in quel momento, Rachel si chiese veramente a cosa stesse pensando, poi finalmente parlò. “Come sei caduta?” arricciò il naso. Era così carina.
“Veramente mi hanno fatto cadere. Poi ero anche distratta e…insomma, storia lunga.” Rise leggermente ripensando a tutto l’avvenuto ma si irritò di nuovo e un’altra smorfia si presentò sul suo viso. Odiava essere toccata, quello lì l'aveva addirittura travolta.
“Dalla tua faccia non sembrerebbe una storia divertente” rise lievemente la ragazza. Solo in quel momento Rachel si resi conto che non aveva ancora notato bene i suoi tratti, sembrava così delicata. Aveva lunghi capelli biondi che le arrivavano a metà spalla, era strano il suo colore. Non erano chiari, non erano scuri, erano di un biondo acceso e spento allo stesso tempo. Sembravano tanti fili dorati uniti insieme, erano meravigliosi. Gli occhi erano grandi e di un vispo color grigio, contornati da bellissime sfumature azzurre all'interno, erano immensi, erano dolci. Il naso all'insù contornava benissimo la piccola bocca carnosa rosea e i lineamenti morbidi la facevano apparire ancora più dolce e delicata. Aveva un corpo esile, non molto formosa ma con curve al posto giusto. Era piccola e impacciata ma unicamente stupenda pensò.
“Direi proprio di no, non per me almeno” Si fece contagiare dalla sua risatina. Era molto simpatica, ma forse era il suo aspetto grazioso a farglielo pensare. “Anche tu sei nuova?”
“Si, ma conosco un po’ tutti. Sai l’anno scorso venivo a visitare mio fratello di tanto in tanto.” Era impressionante la semplicità di questa ragazza, ne rimaneva sempre più stupita. Ogni cosa in lei sembrava venire in modo così naturale e spontanea, metteva una dolcezza unica in ogni gesto e in ogni parola ed era sorprendente, Rachel lo apprezzò molto.
“Capisco. Tuo fratello frequenta ancora?” immerse le mani nelle tasche. Non voleva risultare troppo invadente, voleva evitare domande che avrebbero causato disagio. Rachel,così, distolse per un attimo lo sguardo da lei e lo spostò su una buffa lampada adagiata su un comodino, era davvero buffa.  Credeva che l’animale raffigurato fosse una scimmia, ma non ne era del tutto sicura.
“No.” Il suono della sua voce le fece ricadere lo sguardo su di lei. Aveva risposto in maniera secca, aveva toccato un tasto dolente, meglio evitare. Le rivolse immediatamente un sorriso e fece qualche passo avanti, si soffermò precisamente a pochi centimetri dalla lampada, si accovacciò e piegò un po’ la testa per osservarla meglio. Era una scimmia.
“Di chi è?” la curiosità stava divorando Rachel, era una stupidissima lampada in fondo. Passò leggermente il dito su di essa, percorse un breve tratto e poi si fissò il dito, era piena di polvere. Moore su pulì il dito con il polpastrello dell’indice e si rialzò per guardare Emily.
“Mia. Un regalo di mia madre, la tengo lì per sentire di meno la mancanza di casa” Sorrise dolcemente e Rachel si fece trascinare. In fondo Emily non era tanto diversa da lei. “A te manca la tua famiglia?” si irrigidì immediatamente. NO, glielo voleva urlare in faccia ma, in fondo, che mai poteva saperne Emily? Era stata solamente una domanda, una delle tipiche.
“Mi manca mio fratello.” Cercò di essere diretta, rigida e inespressiva ma, sinceramente, l’odio l'aveva battuta sul tempo. Risultò problematica e risentita, ma almeno aveva fatto capire che l’argomento famiglia era completamente da evitare.

Il resto del pomeriggio Rachel Moore lo passò a sistemare le sue cose e a scherzare con Emily. L’unico letto disponibile era quello sotto la finestra quindi, del resto, non ebbe molta scelta anche se, in fondo, sapeva perfettamente che in qualsiasi caso avrebbe scelto proprio quello. La camera era carina, niente di speciale ma accogliente. Ad un certo punto in stanza entrò la ragazza rossa della mattina, la guardò, sorrise, prese un qualcosa dalla sua scrivania e sparì. Non la videro più per il resto della notte. Quando il sonno si fece sentire Rachel decisi che era meglio andare a dormire così, senza preoccuparsi dello sguardo di Emi, prese lo scoiattolo del fratello e lo adagiò sul letto insieme a lei, aveva bisogno di sentirlo vicino. Pian piano le palpebre cedettero e sprofondò in un sonno profondo. L’ultima cosa a cui pensò Rachel prima di dormire fu la domanda che le fece Emily.

A te manca la tua famiglia?” …avrebbe voluto tanto che le mancasse.

-------------
Salve ragazze!
Allora che ne pensate?
Beh che dire..all'inizio possiamo dire che ho introdotto un piccolo prologo, tanto per farvi capire la nostra protagonista :)
Aspetto con anzia le vostre recensioni, alla prossima :)

 
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Be_Strong_ Girl