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Autore: persephone_    07/07/2014    1 recensioni
Regio Manicomio regionale di Praga.
Un dottore va' a visitare una strana paziente che afferma di sentire "voci", ma non appena apre la porta gli si dipana davanti una camera totalmente vuota, se non per vari fogli sparsi per terra.
Genere: Dark, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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⊰Schizofrenie.⊱


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« ℳi guardano.
Ecco cosa fanno le persone, mi guardano.
Freddi occhi puntati addosso la maggior parte del tempo, dita sottili come rami di ciliegio che mi indicano, sorrisetti malevoli rivolti alla mia "pazzia".
Quale pazzia, poi? Non sono mai stata pazza, non sono pazza, non è vero, io non-sono-pazza. 
È così da quando sono piccola, da quando correvo per i prati boemi, ho sempre saputo di non essere sola: c'era qualcuno con me, lo sentivo. Sentivo il suo fiato sul collo (nonostante la differenza d'altezza), sentivo i suoi passi sul prato, le suole che schiacciavano le radici dei fiori, il respiro affannato come dopo una salita in bicicletta. 
Lo sentivo, mi parlava, mi diceva che un giorno potremo anche vederci, poi mi mentiva, mi ammaliava, mi spingeva a fare cose che non volevo. 
Ero diventata dipendentente da quella voce.
Ed era solo la prima, la mia prima amica.
Resterà sempre la mia preferita. »



--------------------------➌--------------------------
« Vorrei precisare che non sono pazza. Non lo sono, davvero.
Siete voi gli strani.
Voi non sentite quella voce, una coperta calda e profumata nella quale avvolgersi, come quella della signora che siede sempre al mio fianco mentre dormo.
Non la posso vedere, ma so' che è lì. Sento la stoffa della sua gonna stringersi quando accavalla le gambe, le sue unghie ticchettare sul legno della sedia a dondolo; sono sicura che tutti hanno una persona del genere affianco, ma non possono sentirla, mentre io sì.
Ma non sono pazza! Dovrebbe essere una dote, non un difetto, no?! E invece no, vi limitate a guardarmi male e dirmi che sono pazza.
Mi fate solo ridere.
Tutti.
Mi guardate in modo ancora più sprezzante quando rido, pensate io sia "andata di testa", ma non sapete che rido perché vi ho maledetti.
Sì, posso maledire, me l'ha insegnato un'altra voce.
Un'altra mia amica. »



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« Stringete la manina del vostro figliolo, mie care signore false anche più del vostro corpo, stringetela finché potete.
Voi non sapete del mio dono, e io non ve lo dirò, perché poi penserete -ancora- che io sia pazza.
Ma io non sono pazza, non lo sono.
Impazzirete voi, quando svegliandovi nella notte sentirete una voce che vi chiama dalla finestra, quella che da' sulla vanesia luna, una voce senz'ombra né volto, una voce che di umano ha solo il sorriso. 
O almeno penso, visto che non l'ho mai visto, il mio terzo amico.
Ma sono sicura che è un bell'uomo, che siede tutte le sere alla mia finestra, lui mi insegna a fare magie: lui mi ha insegnato a maledire.
E quindi sì, abbiate paura, perché anche se non lo sapete, qualcosa vi accadrà.
Me l'ha detto un'altra voce.
La mia.
Perché io non sono pazza, voi lo siete. »

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Il giorno dopo, nulla vi è nella camera se non strane lettere, fogli sparsi sul pavimento, in quel posto dove la ceca risiedeva.
Ognuno di essi è numerato, un po' come se fossero gli stadi di una malattia, la ragazza alternava momenti di lucidità a quelli di pazzia, sapeva fin quanto sarebbe durata in quella cella.
Aveva ucciso tre persone: un perverso ciclista di quasi due metri, una elegante chiaroveggente ed un modello con la mania del folklore. 
Da quando si macchiò del loro sangue due anni prima, e venne chiusa in quel manicomio, lei era perseguitata dalle loro voci: le aveva inserite in ogni lato della sua vita, da quando era piccola. Ne aveva parlato su quelle carte numerate, sporche, dalla scrittura traballante.

L'ultimo di quei fogli, il sette, sembra bagnato. 
La frase è quasi sciolta, ma leggibile da dietro le rotonde lenti del medico personale della ragazza:
"Non posso vivere in questo mondo di pazzi, mi getterò dalla finestra."

Silenzio, il dottore che sbianca, tutti che si voltano verso quella camera.



« Dottore, ma... questa stanza è senza finestre. »
« ...lo so'. »
  
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