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Autore: Daphne09    07/07/2014    5 recensioni
Oneri e infiniti doveri sono il prezzo per essere una Fata Enchantix.
Musa, come tale, è obbligata insieme alle cinque paladine del Winx Club a difendere Alfea durante uno scontro che passerà alla storia.
Le sei Fate faranno anche l'impossibile per salvare la Dimensione Magica, ma la Guardiana di Melody darà veramente il tutto per tutto...
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Musa, Nuovo personaggio, Riven, Winx
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Brano idoneo al capitolo:
Even if I come back, even if I die
Is there some idea to replace my life?
Like a father to impress
Like a mother's mourning dress
If you ever make a mess, I'll do anything for you

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6. Salto nel vuoto

«Su cosa?» Ribatté la ex fata torturandosi nervosamente le mani.

«Non fare la finta tonta. Quella sera ho avvertito la tua traccia magica e, nonostante non ci avessi voluto credere, l'unica soluzione saresti potuta essere tu.» La disarmò Faragonda.

«Ecco, io..- Farfugliò nervosamente- Mi dispiace.» Si arrese poi.

«Come facevi a sapere del Rifugio?» Bisbigliò la donna, dimostrando preoccupazione per quel grande segreto.

«Ho avuto un sogno in cui mi sono state date le istruzioni. -Raccontò la ex fata; nessuno sapeva di Nena e non voleva gridarlo ai quattro venti, nemmeno se avesse scoperto chi fosse- Come ha fatto a rilevare la mia traccia magica? In teoria non dovrei più averne..»

«Tu sei nata fata e lo sei sempre stata; anche se ora non puoi più usufruire dei tuoi poteri rimani comunque un essere magico. Altrimenti ti spiegheresti perché la Barriera di Alfea non ti ha respinta? -Rispose l'anziana signora- Perché non mi hai detto nulla?» Le chiese con una vena di delusione nel timbro.

Quella domanda si rivelò impegnativa, tanto che per qualche secondo mise a tacere l'irrefrenabile loquacità dell'allieva.

«Perché... -Tentennò temporeggiando, cercando la sicurezza che in quel momento le mancava- Perché avevo ben intuito che fosse qualcosa di proibito. -Proseguì con voce ferma- Se le avessi dimostrato la mia conoscenza dell'esistenza del Pendantix lei avrebbe sicuramente cercato di oscurare qualsiasi informazione a riguardo e non mi avrebbe sicuramente permesso nemmeno di sfiorarlo.»

«Ma sai perché l'avrei fatto?» Esordì la donna con tono spigoloso ed ansioso.

«Lo so che si preoccupa per me, come se fossi sua figlia praticamente. -Rispose- Per questo la ringrazio perché per me è stata come la madre che per poco ho avuto.

So anche che, come un genitore, vuole il meglio per la sua creatura e, con il suo benevole istinto di protezione non avrebbe mai capito che la miglior cosa per me sarebbe stato affrontare queste tre prove. Ormai non sono più una bambina, tutte le esperienze vissute ad Alfea mi hanno fatta crescere e ho imparato a scegliere da sola.»

Alla donna, rapita dal discorso della sua apprendista, per lei ormai una fata -e donna- risoluta, si riempirono gli occhi di lacrime.

«Oh Musa! Sono così fiera di te!» Esclamò abbracciandola, riuscendo a domare la commozione. La ragazza ricambiò quella stretta, sentendo un forte tepore dentro di sé, proprio come quello durante gli scambi di affetto con suo padre.. e con Nena.

«A che punto sei arrivata con le missioni del Pendantix?» Domandò ponendosi eretta ed elegante come poco prima, la Direttrice.

«Oggi ho ottenuto la seconda pietra.» Rispose la ragazza.

«Dunque ti manca l'ultima prova.. -Mormorò fra se Faragonda, camminando irrequietamente intorno alla sua scrivania- Vediamoci qui dieci minuti prima della mezzanotte. Porta anche le Winx.» La congedò.

«Certo. -Rispose, facendo per andarsene- Preside?» La interpellò.

«Sì?»

«Ecco.. Non avrò una punizione? In fin dei conti ho effettuato l'accesso ad un'ala proib-»

«Al momento, la prova che dovrai affrontare durante la giornata di domani sarà un valido insegnamento.» Affermò con serietà.

«Grazie.» Ribatté Musa, lanciandole uno sguardo colmo di gratitudine non dovuta all'assenza di provvedimenti.

 

Sentendosi ancora più leggera, la ragazza camminava come se si trovasse su una nuvola. Certo, il fatto che la prova decisiva sarebbe stata “un'adeguata punizione” non era piacevole, ma il fatto che Faragonda le fece capire di non essere affatto sola la sollevò.

«Eccomi..» Si annunciò aprendo la porta, rilassandosi psico-fisicamente all'idea di dover affrontare una conversazione molto piacevole con Riven.

«Che cazzo è questo?!» Gridò lo Specialista sventolando un pezzo di carta in aria.

Inizialmente non capì, ma nel momento in cui, aguzzando la vista, comprese di che cosa si trattava, realizzò che tutti i nodi vennero al pettine.

«Ti posso spiegare..» Disse per evitare silenzi imbarazzanti e fermare i passi del ragazzo verso la porta.

«Tanto ho già capito! -Ringhiò- Dove diavolo te ne devi andare?»

«Per questo ti devo spiegare!» Tentò ancora di fermarlo.

«Dicono tutti così! -Urlò lui in preda a quella forte ira che gli stava annebbiando perfino la vista- Non dire più una parola!» Sbottò sbattendo la porta, andandosene con passo fermo e tutt'altro che felpato. Emanava rabbia da tutti i pori, tanto che i passanti che rischiavano di intralciare il suo cammino presero una distanza di sicurezza.

Riven, in realtà era ferito nell'animo e l'idea di essere lasciato dalla ragazza a cui più voleva bene, sarebbe stato come ricevere pubblicamente una sculacciata, squarciando il suo orgoglio in tante insignificanti frantumi e distruggendo il suo cuore in mille pezzi.

Proprio per evitare tutto ciò, durante quegli anni aveva indossato una temibile maschera di astio ed introversione.

 

Dall'altra parte della porta c'era una Musa incredula per quello che aveva sentito, ma anche comprensiva: sapeva quale fosse la sua reazione ad ogni minaccia al suo orgoglio e.. ai suoi sentimenti. Ringhiando d'esasperazione, strinse copiose ciocche di capelli fra le dita e, scivolando lungo la parete, comprese che -nel peggiore dei casi- non vi sarebbe stato modo di spiegargli la verità.

In quel momento, rimuginando sulle parole di Faragonda, sentì un forte peso sullo stomaco. Se fino a poco prima le trasmettevano leggerezza, in quel momento la fece atterrire come mai prima d'ora, capendo che non sempre a tutto c'era una soluzione.

«Sii forte..» Le bisbigliò una soave voce all'orecchio.

Quelle amorevoli parole che mai avevano assunto un volto erano un toccasana per la sua anima; la facevano sentire sempre così dannatamente bene, le davano sempre uno spiraglio di salvezza.

Forse non tutto era perduto, forse avrebbe avuto anche lei la sua seconda opportunità con la vita. Il desiderio di continuare il suo percorso la logorava, soprattutto per poter riabbracciare il ragazzo che tanto amava. Ce l'avrebbe mai fatta?

Quello poteva essere l'ultimo giorno della sua vita e, diplomaticamente, decise di non farsi influenzare dai sentimenti negativi e di andare a bussare alla porta della felicità: quella su cui erano affissi quei cinque nomi a lei così cari.

Nonostante ciò, decise di dare un ultimatum a Riven. Il cellulare squillava, eppure di lui non vi era traccia; la ex fata si limitò a lasciare un messaggio in segreteria, chiedendogli di richiamarla.

Infine, cercando di non rivolgere troppi pensieri all'accaduto, si diresse verso la stanza delle Winx.

Nell'anticamera trovò una Stella ansiosa, presa a percorrere chilometri a piedi conversando al telefono.

«No, non rispondere. -Riferì all'interlocutore, probabilmente era una delle sue amiche di Solaria dalle mille conquiste.- Ora scappo, ci vediamo.» Si congedò, accorgendosi che la sua amica era lì.

«Musa!» Esclamò andandole incontro.

«Hey! -La salutò, dandole poi un bacio sulla guancia.- Le altre?»

«Ti aspettavamo più tardi. -Disse con una vena di delusione nel timbro.- Va beh, vieni.» Le ordinò coprendole gli occhi con i palmi.

«Ma che..?!» Mormorò disorientata.

Sentì una porta aprirsi.

«Sorpresa!» Gridarono tante voci femminili; schiudendo le palpebre la ragazza realizzò che appartenevano alle Winx ed alle Pixies, intente ad arredare quella che -fino qualche giorno prima- era la sua stanza.

«Ma.. -Mugolò Musa senza parole, gli occhi lucidi e le pupille dilatate dallo stupore- È bellissima!» Esclamò correndo incontro a tutte le fate -e fatine- abbracciandole.

«Credevi che oggi me ne sarei andata via così, senza motivo?!» Intervenne Tune con voce smorzata nell'incavo del collo della ragazza.

«Vi voglio bene!» Reagì l'altra stringendo maggiormente le altre nell'abbraccio, finché tutte sgranarono lo sguardo basite a causa di un rumore sospetto e di una forte luce.

«Scusate.. -Ridacchiò Digit con fare colpevole- Ho voluto immortalare questo momento e, grazie al mio nuovissimo sensore ho potuto farlo in un battito d'ali!» Spiegò rimuovendo la foto da una grande macchina fotografica posizionata su un cavalletto in un angolo della stanza, camuffato grazie a dei leggii ricoperti da spartiti. Tecna, schioccando le dita fece apparire una copia della foto nelle mani delle amiche e, immediatamente Musa lo usò per colmare un portafoto che giaceva vuoto accanto ad un'immagine che ritraeva lei e Riven felici al ballo del secondo anno; non pote non sfuggirle un'occhiata malinconica verso essa.

«Ti manca, non è vero?» Intervenne Flora accarezzandole una spalla.

«Sì.. -Sospirò con aspra rassegnazione- Ma il passato è passato.» Ammise abbassando il volto sconsolata.

«Il passato può tornare.» La consolò Tecna con voce vellutata, lasciando la ex fata senza parole.

«Lo sappiamo che per te è difficile ammettere che lo ami. -Rivelò Bloom afferrandole con forza le mani- Ma tu la prossima prova la devi superare, non solo per noi, nemmeno per te, ma anche per lui, per poter porre rimedio a ciò che è successo. Ricorda: l'amore trionfa sempre.»

Musa, al suono di quelle parole rassicuranti, riconobbe che l'amica aveva non aveva tutti i torti: «Bloom, non condivido a pieno ciò che hai detto. -Le riferì risoluta- Ovviamente lotterò anche per proseguire il mio cammino con Riven, ma soprattutto per stare con voi, che mi avete sempre sostenuta e non avete mai dubitato delle mie azioni. Combatterò e, alimentata dal bene che vi voglio ne uscirò trionfante!»

Le ragazze, lusingate da ciò, si riunirono in un solido abbraccio.

Capì che quello era un momento dorato, uno di quelli che sempre ci si porta con sé. Spesso, ci si accorge della preziosità di quanto si ha troppo tardi, ma quella volta non fu così, sapevano che quegli attimi erano inestimabili, e che sarebbero potuti non riaccadere. Eppure, la ex Guardiana di Melody non si preoccupò dell'eventuale fine della sua vita e per una volta si godé il presente.

Vivi il secondo” era la frase che si ripeté più volte quei giorni.

«Io e Flora dobbiamo andare.» Annunciò Tecna con fare innaturale.

Bloom le guardò con occhi incerti, non capì al volo quello di cui dovevano occuparsi ma, grazie ad un gesto neutro della fata della tecnologia comprese, rimanendo complice di quel susseguirsi di azioni.

 

Dopo cena, le ragazze improvvisarono un Pigiama Party. Di solito le loro intime festicciole avvenivano in piena notte, ma dato che dopo le undici sarebbero state impegnate, decisero di stare tutte insieme fino alla fine, in caso quello dovesse essere veramente un addio.

«Faragonda ci vuole giù fra mezz'ora, dobbiamo prepararci.» Annunciò Bloom, alzandosi per andarsi a cambiare.

«Ma.. Anche voi sapete che lei lo sa?» Domandò Musa sorpresa.

«Affermativo.» Confermò la fata della Tecnologia, congedandosi insieme alle altre.

La ex fata si cambiò rapidamente indossando una corazza di pregiato metallo inossidabile ideata per lei da Tecna.

Seduta sul letto, si guardò intorno in religioso silenzio, riflettendo più razionalmente al suo imminente avvenire. Non aveva mai realmente concretizzato che sarebbe potuta arrivare fino a lì ed al grande rischio che stava correndo. Avrebbe veramente avuto il coraggio di affrontare la morte? Ormai da giorni aveva compiuto il grande passo di affrontare la Sorte dando il tutto per tutto, e quella sera non sarebbe dovuta essere da meno.

A dire il vero, dalla prima volta che mise piede ad Alfea la sua vita iniziò rapidamente a cambiare e lei crebbe definitivamente, accettando finalmente la morte di sua madre, imparando a legarsi ad altre persone e, soprattutto, ad amare, riconoscendolo in special modo nell'ultimo periodo.

Un paio di giorni solitamente non significano molto per una persona, son semplici tasselli dell'enorme puzzle di una vita, ma per la ragazza significarono definitive rifinizioni al suo profilo da fata.. e di persona. Anche se una parte del suo cuore quel pomeriggio uscì con passo deciso e rabbioso dalla sua stanza, senza degnarsi nemmeno di rispondere ad una semplice telefonata, imparò a cercare di superarlo, o almeno di non lasciare che quell'intensa sofferenza avvelenasse il suo cuore.

«Vuoi rimanere da sola?» Le domandò con tatto Tecna. Musa annuì silenziosamente e proseguì nell' analizzare ogni angolo dell'ambiente che la circondava, catturando ogni dettaglio, continuando a pensare e a ricordare..

 

*****

 

Era settembre, l'aria fresca portava già con sé le foglie secche degli alberi del bosco di Magix e, dopo aver combinato un guaio in cucina ed essere cacciate in camera dallo chef di Alfea, condannando le fate a pane ed insalata, le sei ragazze del Winx Club rincasarono nelle loro stanze invadendo i corridoi di spensierate risate.

«Ma succede sempre così con voi?» Domandò un'inesperta Aisha, ancora in preda alle risate.

«Nooo!» Rispose sarcasticamente Stella, aumentando la fragorosità del riso.
Era da poco che la fata dei Fluidi aveva effettuato l'accesso al Winx Club, ma già si era integrata come se fosse stata sempre una di loro e, per le altre era lo stesso.

Aisha ritenne che quelle nuove amiche erano per lei come una boccata d'aria fresca; la allontanarono finalmente da quel tormentato passato da principessina dalle ali tarpate. Sentiva che con loro non necessitava di dover essere qualcun'altra anzi, apprezzavano in tutto e per tutto la sua personalità, difetti inclusi; soprattutto Musa, con cui aveva stretto già un forte legame.

«Ragazze. -Le interruppe più sobriamente la fata dei Fluidi- Vi voglio bene.» Disse, facendo stringere il gruppo in caldo abbraccio.

«Non ci separeremo mai. -Intervenne Musa- Niente e nessuno lo permetterà.»

 

*****

 

L'affermazione della fata della Musica si sarebbe rivelata utopica in quel momento, ma in un certo senso era vero: nemmeno la morte avrebbe potuto dissolvere l'affetto che provavano l'una per l'altra; il ricordo delle persone amate è più forte.
Ciò che tiene vivo qualcuno è la memoria, l'agire come se fosse ancora lì, sfruttando ciò che si ha appreso e usandolo come appiglio nei momenti difficili. Effettivamente chi ci vuole bene serba sempre una parola di conforto per noi, affinché possa diventare un vero insegnamento di vita, una soluzione a tutti i problemi, trasformandosi in un impronta indelebile sul cuore, perché chi ci ama agisce pensando al nostro benessere.

Al solo accenno alla parola 'amore', Musa in quel momento si ricordò di tutte le volte che il suo cavaliere tenebroso l'aveva protetta. Promise a sé stessa che avrebbe usato quei ricordi nei momenti in cui avrebbe necessitato conforto il giorno venturo.

 

*****

 

L'aria era più torbida di quella di una fogna ma, date le circostanze, non se ne sorprese nessuno. Le forme fredde, scure e spigolose sovrastavano quell'ambiente da incubo, in quella situazione da incubo.

Bloom era stata stregata dall'oscuro Lord Darkar e Musa, insieme alle sue compagne, si ritrovò accasciata a terra a corto di forze; lo sapevano tutti che l'energia nera indeboliva quella delle fate.

«Dunque dunque.. -Ghignò quella temibile quanto viscida creatura- Che me ne farò di queste inutili fatine?!»

«Proprio niente!» Saltò su Musa, senza far trasparire un briciolo di buon senso.

«E tu che vorresti fare marmocchia? -La provocò lui- Un essere inerme su questo territorio è come una mucca al macello per me.» Ghignò, mostrando un luccichio di follia nel suo sguardo nero, ancora più torbido e freddo del carbone.

«Ti distruggeremo, brutta bestia!» Ringhiò la fata per difendere l'immagine appena mostrata in preda all'impulsività.

Riven, che giaceva allo stremo delle forze accanto a lei, le strinse il polso e, non appena roteò il suo sguardo verso di lui, sibilò: «Stai attenta.»

In quel momento cedette e crollò al suolo come una gelatina.

«Vedi che succede a sfidare Lord Darkar?!» Si aizzò l'altro, caricando tra i palmi un attacco talmente potente che sarebbe stato in grado di metterla a tacere per sempre.

Con un ringhio animalesco si preparò prendendo la mira e scagliando la sfera oscura senza alcuna pietà verso la fata che, in quella goffa posizione, pian piano si stava abbandonando al suo destino, lasciando che i sensi, con lentezza lancinante, le venissero a mancare. L'unica cosa che udì fu un grosso «No!» combattivo, seguito da un tonfo molto forte, quello che solo un corpo scagliato a terra con violenza fa; in quel momento realizzò ciò che era successo.

«Riven!» Gridò con voce acuta quanto spaventata, cercando di strisciare verso di lui e portare il suo capo sulle proprie ginocchia.

«Stai attenta piccola mia..» Riuscì a soffiare con respiro affannato, per poi cadere in un solo profondo. L'unico dettaglio che le permise di non allarmarsi fu il fatto che ancora respirava e che, quindi, era soltanto svenuto. Non iniziò ad urlare istericamente solo per favorire la tranquillità del corpo che giaceva sopra di lei, garantendogli un futuro risveglio molto meno tormentato.

Non riusciva praticamente a muoversi, nemmeno a strisciare in cerca di aiuto, quindi rimase semi seduta sotto di lui ad accarezzargli la fronte madida di sudore e a stringergli la mano ruvida e impolverata di terra.

«Andrà tutto bene.» Disse continuando a passare delicatamente le sue dita fra i fini capelli viola del ragazzo.

Era riuscita a sfuggire ad uno svenimento solo per quel profondo istinto che la legava a lui, quella volta sarebbe stata lei a dover essere forte, forte per tutti e due.

 

*****

 

Nonostante tutto, quello fu uno dei momenti dorati a cui fece riferimento prima. L'intensità dei suoi occhi mentre la guardavano rapiti era pari a quella del metallo fuso; brillavano di adorazione, ma anche di risentimento per non averla protetta come si meritava, benché fece l'impossibile per salvarle la vita.

Quello fu un momento di estrema intimità; nonostante fossero circondati dalle altre Winx e dagli Specialisti nella loro stessa condizione, era come se fossero da soli. L'amore che l'uno provava per l'altra li chiudeva in una bolla di cristallo: preziosa quanto fragile.

Ormai non era più tempo di rimuginare, era giunta l'ora di andare, di raggiungere il suo futuro, ammesso che fosse destinata ad averne uno.

«Ciao piccola mia.» Bisbigliò dando un'ultima occhiata alla stanza che la ospitò per tre bellissimi anni. Il tonfo che emise la porta quando si chiuse equivalse a quello che ebbe il suo cuore nel serrarsi il passato alle spalle.

In quell'umile abitacolo aveva riso, pianto, studiato, suonato, fatto l'amore; lì vi era un indissolubile pezzo del suo cuore. Avrebbe portato con sé tutti i momenti passati, non importava dove sarebbe andata a finire, dato che non lo sapeva nemmeno. L'unica cosa di cui era certa fu che, anche dopo una sua eventuale morte, le sue care amiche sarebbero tornate a sorridere con più forza di prima, anche se in quel momento l'unica cosa che sarebbero riuscite a fare sarebbe stato piangere, perché è difficile dire addio, troppo.

«Andiamo, le altre ci stanno aspettando.» Bisbigliò Tecna, prendendola sottobraccio.

Guardandosi intorno, assaporò ogni frammento delle immagini che la circondavano, quella potrebbe essere stata l'ultima volta che avrebbe potuto vederle.

 

«Eccovi.» Le accolse Faragonda.

«Preside. -La salutò Bloom- Come mai ci ha riunite tutte qui?»

«Allo scoccare della mezzanotte dovremo realizzare la profezia, senza alcuna perdita di tempo.» Affermò la Direttrice unendo le mani dietro la schiena.

«Oddio.. -Mormorò Musa impaurita- Di che cosa si tratta?»

«Mi è proibito dirlo.» Rispose la Professoressa.

«Posso farle una domanda?» Chiese la ragazza.

«Certo.»

«Ma lei come fa a sapere del Pendantix? Ne ha già fatto uso o qualcuno ha chiesto il suo intervento a riguardo?» Domandò curiosa la ex fata.

«Ecco.. -Bofonchiò la signora- Anni fa, durante la battaglia decisiva contro le tre antenate, decisi di offrire i miei poteri in cambio della pace.

Eravamo io, Griffin, la cui magia le si era torta contro e Saladin che giaceva svenuto ai piedi di un freddo antro, mentre gli altri membri della Compagnia della Luce erano presi ad allontanare le orde di mostri che miravano a noi.

Essendo l'unica cosciente, ma altrettanto debole, decisi di dare il tutto per tutto.

Saladin si ribellò, ma la necessità era altissima. Così decisi di prendere il suo scettro, solo che per utilizzare un oggetto leggendario ci vogliono anni di allenamento. Eppure, era l'unica probabile via d'uscita da quella situazione.

Avevo paura, ma avrei temuto ancora di più le tenebre eterne. Afferrandolo, enunciai l'incantesimo più potente che udii durante i suoi combattimenti, permettendo alle Tre Streghe di teletrasportarsi nella Dimensione Omega e, impiegando ogni briciolo della mia energia magica, le misi a nudo, privandole di forza, ma lo stesso accadde anche con me.» L'anziana donna parve rabbrividire a quel ricordo ancora fresco come una ferita aperta.

«Come scoprì del Pendantix?» Domandò Musa, dopo qualche secondo di silenzio simbolico.

«La mia defunta sorella, anche lei una guerriera della Luce, mi apparve in sogno e mi aiutò per la riconquista dei miei poteri. Lei era una donna potente, conosceva tutti i segreti della Dimensione magica; tanto è vero che sarebbe dovuta diventare lei la Preside di Alfea dopo la Guerra, durante la quale morì la mia predecessora.» Spiegò la donna. Anche se era passato tanto tempo si poteva percepire la sofferenza che provò dalla vacuità del suo sguardo.

Quel raccoglimento venne messo in sospeso da un'invasione di luce bianca proveniente dal ciondolo al collo della ragazza. Non appena lo posizionò orizzontalmente sui suoi palmi, sopra di esso apparve la Ninfa dalla tunica arancione, come se proiettata dallo stesso Pendantix.

«Ciao giovane Fata.»

«Salve.» Ricambiò la ragazza.

«Ora ha inizio la terza ed ultima prova. Non sarà per niente facile e, proprio per questo, durante quest'ardua missione potrai portare con te tre doni forniti da persone che ti amano veramente. -Le spiegò- Ricordati che una Fata deve saper apprezzare il sorriso delle proprie amiche, desiderare il bacio del proprio amore, ma anche essere una donna coraggiosa.
Una Fata è una forza della natura e, da tale deve saperla sfidare, dominandola.

Avrai tempo fino alla prossima mezzanotte. Quando sarai pronta dovrai pronunciare le parole Hic tibi. Che la sorte possa essere sempre a tuo favore.» Enunciò per poi scomparire.

«Grazie.» Ribatté Musa, capendo con terrore che l'avrebbero trasportata in una realtà parallela, senza poter usufruire della tutela dei suoi cari.

«È giunta l'ora mia cara. -Sospirò la Preside con fare materno- Ti consiglio di andare il prima possibile, perché ci vorrà tempo.»

«Musa.. -La richiamò Bloom- Questo è per te, a nome delle Winx.» Disse porgendole uno zainetto. Sbirciandoci dentro, vide un'enorme quantità di ampolle coperte da etichette sistemate in un preciso ordine.

«Grazie ragazze!» Esclamò abbracciandole forte, come se volesse portarsele con sé senza lasciarle più andare.

«Musa. -La richiamò Faragonda- Questo è per te.» Disse tendendo i palmi, inondandola di luce verde.

«Mi sento così.. forte..» Affermò quasi incredula la ragazza.

«Ti ho donato la magia per poter fare un solo incantesimo. Mi raccomando, usalo con astuzia.» Le raccomandò accarezzandole una spalla con calore materno.

«Grazie, significa molto per me.» Ricambiò.

Poi, prendendo un profondo sospiro si decise a recitare quelle due parole decisive, aveva quasi paura di farlo perché, nonostante tutto, si era affezionata a quella realtà e non avrebbe voluto dire addio alle sue care amiche e alla Professoressa che più stimava.

«Arrivederci.» Sospirò alle amiche sorridendo ottimista, gonfiando i polmoni d'aria per poter enunciare quell'incantesimo, ma un forte grido fermò la procedura.

«Aspetta!» Disse una voce proveniente dalla porta della presidenza che improvvisamente si aprì, mostrando un corpo robusto avviarsi con decisione verso l'interno della stanza. Quella voce roca salì subito all'orecchio fine della ragazza, quel timbro così profondo non poteva che appartenere ad una persona.

«Riven!» Mugolò la ex fata, con il cuore che le batteva all'impazzata e gli occhi lucidi come quelli di una sedicenne alla sua prima cotta.

«So tutto.» Non esitò a dirle stringendola fra le braccia.

«Scusami se non te l'ho spiegato prima.» Si colpevolizzò stringendolo di ricambio.

«Non dirlo. -Ribatté lui accarezzandole la chioma color oceano- Ho una cosa per te.» Aggiunse slegandosi dolorosamente da quell'abbraccio; in quel momento la ragazza realizzò che qualcuno lo aveva informato rigorosamente di tutto.. Ma certo! Era Stella!

«Non risponderle. Ci vediamo.»

«Questa è per te.» Disse lo Specialista sfilandosi la sciabola e porgendogliela.

«Ma ne sei sicuro? È l'oggetto a te più caro.. E se non dovessi riaverla?» Domandò lei preoccupata. Lui, istintivamente la prese per un polso e la tirò a sé, stringendola con intensità, come se con quell'abbraccio passionale avesse potuto riparare a tutti i suoi passati inadempimenti.

«Voglio sentire che tornerai, che tornerai da me. Lo so che spesso mi sono comportato male con te, ma avevo paura di perderti. Ormai mi sono accorto che è troppo tardi, da tempo lo è. Ormai sei l'unica padrona del mio cuore. -Sospirò- Ti amo.» Concluse con voce ferma e schiarita, lasciando che una lacrima gli rigasse il volto scavato. I suoi occhi gridavano in un prolungato messaggio le parole che aveva appena detto. Quel viola sempre freddo ed inespressivo si sciolse, assumendo l'intensità del metallo fuso, incastonandosi in quello color zaffiro che ogni volta ce lo avvistava si scioglieva. La forte stretta del ragazzo la fece sentire protetta, esorcizzò tutte le paure che la rendevano così irrequieta prima di allora; con la sua spada avrebbe spezzato tutte le barriere che li dividevano, era una promessa.

«Tornerò. -Affermò risoluta- Tornerò anche per te amore mio.» Soffiò passandogli i palmi sul volto, per percepire il suo calore e rimuovere quella lacrima amara che lo stava trafiggendo. Rimasero così per qualche secondo, esonerandosi dal resto del mondo. Musa continuava ad accarezzargli il volto con le sue vellutate dita affusolate, come se avesse potuto catturare ogni millimetro dello Specialista per poi portarselo con sé, anche se sapevano tutti ormai che di lui aveva già un'enorme foto impressa nel cuore.

«Ti amo.» Disse baciandogli le labbra, per poi dirigersi all'interno del portale che poco prima invocò.

«Addio.» Soffiò malinconicamente prima di sparire dentro quel vortice. L'atmosfera attorno a lei era di infiniti colori; tipico di quando si viaggia tramite portali magici di cotanta particolarità e rarità.

 

Atterrò bruscamente su un suolo che, a dispetto delle sue aspettative non era duro, ma ricoperto di sabbia.

Era su una spiaggia, ma l'aria era sinistra, non prometteva nulla di buono. Il cielo era coperto da una massa uniforme di nuvole che, tanto erano scure, parevano essere verde grigiastre, proprio come quelle che avvolgevano Andros durante gli attacchi di Valtor. Regnava un innaturale maltempo, proprio pari a quelli provocati da magia nera.

Il mare era infatti di un malsano verde fogna, coperto di schiuma e mucillagine; tutto ciò avrebbe schifato chiunque.
Alla ragazza salì un coniato di vomito non appena realizzò che quell'acqua stava per bagnarle un piede, dandole l'occasione di percepirne l'odore rancido. In quella grande distesa idrica non vi era anima viva, era talmente inquinata e tossica che nessuna forma di esistenza sarebbe stata possibile; avrebbe giurato che se una goccia di quella sporcizia le fosse saltata sulla pelle, le si sarebbe letteralmente corrosa.

Un potente tuono diede inizio ad un fitto temporale. L'acqua era puzzolente, sapeva di morte; sì, proprio di cadavere.
L'odore continuava a darle alla testa talmente era fastidioso ed i coniati si facevano sempre più forti. Una forte scossa di vomito la rese definitivamente impotente, permettendole solo di accasciarsi su sé stessa, affiancata dallo zaino e dalla spada. Percepì la marea alzarsi, diminuendo la distanza che la separava dalla riva, e sentì lo scrosciare delle onde farsi ancor più violento e, roteando lo sguardo, notò che il mare era notevolmente burrascoso.

Percependo una forte fatica nel girarsi, rimase seduta in posizione fetale dando le spalle a quella strana ed immensa pozza d'acqua. Tutto ciò che i suoi occhi potevano catturare era un'enorme distesa di sabbia dall'aria malsana, terminando da qualche parte in quello strano panorama parvente spaventosamente infinito.

In pochi secondi una forte paura l'assalì, udì l'innalzarsi di un'onda che pensò rimescolarsi nell'immensa massa idrica dietro di sé, realizzando troppo tardi che quella forte mandata d'acqua era per lei.

Il suo corpo venne ricoperto dall'ondata d'acqua tossica, il cui odore, penetrandole le narici, le causò una forte sensazione di schifo, che le fece addirittura salire un rigurgito acido in gola, crescendo poi in una forte necessità di vomitare.

Si lasciò andare, tirandosi indietro i capelli per poi coprire la pozza emessa con della sabbia, evitando che anche quella puzza potesse dilagare insieme a tutti gli altri odori che stagnavano nell'aria pesantemente umida.

Tentando di allontanarsi dalla riva, proseguì carponi verso una zona asciutta e sicura, con lo zaino su una spalla e la spada impugnata nell'altro palmo. Cercò di reggersi sulle proprie braccia che, tremando affaticate, cedettero facendole sbattere il mento sulla spiaggia... non formata più da sabbia, o almeno non più granelli verdastri. Tutto aveva cambiato parvenza e colore: la spiaggia era rosa pastello e il cielo si fece finalmente celeste e sereno, tanto che non vi erano più gocce di pioggia, ma farfalle.

Tutto ciò le provocò un sorriso di sollievo, pensando che il peggio fosse già passato. Voltandosi verso la spada si accorse che anch'essa aveva cambiato consistenza; la lama era di un luccicante color metallo e pareva non essere più a laser, ma di ferro ed il manico era in pietra rivestito da un paio di fili di un'edera verde smeraldo, assumendo un'aria più antica e leggendaria. Con del sospetto scattò verso lo zaino e, come previsto, anch'esso non era più in cuoio, ma di un materiale che pareva maggiormente pelliccia candida di unicorno. Ad un certo punto, ammirando quell'assurdo e piacevole panorama, alla ragazza sorse un dubbio: se le Ninfe avessero voluto modificare l'ambiente, certamente ci sarebbero riuscite, ma come avrebbero fatto a modificare in chiave fiabesca anche i suoi oggetti? Non avevano il controllo su di essi, perché non gli appartenevano. Giunse alla conclusione che qualcosa era in grado di causarle delle forti allucinazioni.

Non riusciva ad alzarsi, tutto quel rimettere le aveva estirpato le poche forze che aveva acquisito mangiando quei quattro bocconi negli ultimi giorni.
Proprio in quel momento si ricordò del regalo delle Winx; diete un'occhiata all'interno della sacca, sapendo che all'interno vi era del succo di eucalipto, efficace contro ogni tipo di sortilegio e malasanità, una sorta di polvere di fata dei 'senza-poteri'; spesso la vide usare da Riven per le ferite procuratesi durante i combattimenti.

Aprendo lo zaino, si accorse che le ampolle avevano preso forme stravaganti ai suoi occhi; si ricordò però che i derivati delle erbe, affinché mantenessero il loro aroma, erano contenuti in boccette di legno e, dato che gli allucinogeni avrebbero dovuto ingannare soltanto la sua vista, si affidò completamente a sé stessa e nel suo senso del tatto.

Prese nei palmi tutte le ampolle e, chiudendo gli occhi, si concentrò, ponendo il suo destino letteralmente nelle sue mani. Individuò con piacere soltanto due contenitori legnosi e, aprendoli tentò di comprendere quale fosse quello giusto.

«Mmh.. -Mugolò tentando di sezionare gli odori dei composti, intesi come una ventata d'aria fresca in quell'ambiente torbido- Liquirizia, alcool e menta.» Capì che quello non poteva essere il liquido adatto, essendo la pozione contro la mutazione d'aspetto; ne preparò numerose nel corso degli anni.. trovandosi spesso a dover studiare metamorfologia con Stella. Sorrise al ricordo degli incidenti e delle risate passate insieme, tornando però improvvisamente seria al pensiero di quello che in quell'istante si confermò il suo patibolo.

Togliendo il tappo, le narici della ragazza vennero invase da un odore finalmente piacevole: cannella con un tocco di vaniglia; eppure di eucalipto parve non esserci traccia. Nonostante ciò, riconobbe che gli altri ingredienti erano coincidenti alla formula che stava cercando. Riconoscendo che non vi era tempo per i rimorsi o per i rimpianti, ingurgitò l'antidoto tutto di un sorso, sentendo poi leggermente il sapore della pianta necessitata.

Secondo le sue conoscenze il vegetale miracoloso era presente in quantità scarsa, troppo scarsa per soddisfare i suoi fini immediati.

Passarono i minuti, forse una buona mezz'ora era addirittura già volata, ma dell'effetto non vi era ombra. Era praticamente sicura che la pioggia fosse un elemento gravante per le sue allucinazioni ma, non trovando alcun riparo, tentò di pensare ad una soluzione alternativa.

«Ci deve essere un modo per farcela. -Mormorò fra sé- Se esiste tutto questo affinché lo sconfigga, c'è sicuramente una via d'uscita.»

Dopodiché iniziò a strisciare su quel suolo che, al suo tatto era composto da sabbia umida ed appiccicosa, e non dai puliti granelli rosei che vedeva. La copiosa massa di farfalle fastidiosamente colorate continuava a cadere dal cielo come la manna nella Terra Promessa, offuscandole la vista sempre di più.

Proseguì camminando carponi verso la parte opposta della spiaggia, nella speranza di trovare un riparo, ma ormai si rassegnò. D'altronde, che avrebbe fatto una volta che la sua cute non sarebbe stata finalmente più a contatto con quell'acqua tossica e dalla nauseante fragranza di cadavere?

«Musa.. -La chiamo una Voce, la solita voce. La ragazza però si astenne dal rispondere- Pensa a ciò che sai fare!» La incitò. Nena era come un raggio di Sole nel buio. Non tanto per gli utili consigli, ma per la presenza che le conferiva sempre un'ondata di speranza, per la considerazione che aveva nei confronti della ex fata, per tutte le volte in cui- durante quei giorni- le fece capire che non era sola.

«Grazie.» Si limitò a risponderle. Anche se non si sforzò di dimostrarlo, aveva il cuore in mano. Nonostante il fatto che scoprì della sua esistenza quatto giorni prima, le pareva di conoscerla da tutta la vita. Il suo fare protettivo le ricordava quello di una madre, ma la giovane e melodiosa voce le faceva pensare a lei come una sorella maggiore. Spesso si chiedeva chi potesse essere o perché voleva aiutare proprio lei e, il non poter vederla in volto la logorava.

Quello, ad ogni modo, non era il momento di porsi certe domande, doveva ragionare su cosa poter inventarsi per salvarsi la pelle.

«Pensa a ciò che sai fare..» Mormorò fra sé ripetendo le parole della sua aiutante.

«Le tue capacità, Musa!» Esclamò incitandola.

«Il fatto che non sia più una fata è ovvio. -Pensò- Io so solo cantare e ballare.»

«Trovato!» Saltò su in preda all'ispirazione. Finalmente sicura di sé si alzò in piedi e prese ad ancheggiare e ad agitare le braccia in aria, come se stesse invocando qualcosa direttamente dal cielo, piantando saldamente i piedi al suolo. Continuando a muoversi sempre più energicamente, iniziò a notare un flusso inferiore di farfalle nell'aria.

Ad un certo punto notò che il cielo ritornò ad essere verde muffa sbiadito, proprio come se lo ricordava all'inizio della missione. L'unica differenza era che le nuvole erano scomparse ed un insieme di raggi colpì il suolo, permettendo al mare di evaporare con velocità innaturale, bonificando improvvisamente quell'area malsana.

La luce si fece improvvisamente più forte, quasi accecante, facendo da mantello alla stessa Ninfa che incontrò a mezzanotte.

«Complimenti Musa.. -La salutò, ascendendo dal cielo- La danza del Sole devo ammettere che è stata un'idea proprio originale. Grazie alla tua tenacia ed astuzia hai superato la prova Alfa. Per premiare le tue capacità ora ti sarà concesso un attacco d'acqua. Potrai enunciare il più semplice o il più potente, ma ricordati che ne avrai a disposizione solo uno; ragiona con premura.» Disse tendendo le braccia verso la superstite, indirizzando un fascio di luce azzurra nel suo cuore. Fu tutto così rapido, e Musa si sentì immediatamente più forte, più potente, più viva.

«Grazie.» Rispose poi, unendo i palmi e chinando il viso in segno di rispetto e gratitudine.

«Abbi cura di te, ragazza. Rimangono altre diciannove ore al termine della giornata.» Si congedò.

In quel momento Musa realizzò ironicamente che quella quantità di tempo per le sue amiche che l'aspettavano ad Alfea poteva parere infinito, mentre a lei sembravano volare come se si trattasse di pochi minuti. In quel momento un pensiero malinconico fu indirizzato proprio alle Winx, conoscendo già la loro angoscia.

«Forza e coraggio.» Bisbigliò fra sé in maniera volenterosa, nel momento in cui una scossa di terremoto la fece tremare. Improvvisamente sorse della fanghiglia che, in un battito di ciglia si modello da sola, tramutandosi in un grande uomo interamente di terra.
Proprio quando la ragazza pensò che la metamorfosi fu terminata, notò che come per magia si definirono dettagli come occhi, narici, nocchie sulle mani e una grande bocca dalla quale iniziarono immediatamente ad uscire grotteschi grugniti.

Una scossa le percorse improvvisamente la schiena.

“E adesso?” Pensò. Non riusciva a concentrarsi per trovare un'immediata soluzione.

Tra molesti ruggiti e movimenti sgraziati che parvero violentare l'aria, quella creatura mostrava la sua sovrastante potenza e la voglia di distruggere tutto ciò che si trovava intorno, inclusa la ex fata.

«E adesso?!» Pensò lei rimanendo quasi paralizzata di fronte a cotanta maestosità.

«Mmh, pensa..» Mugolò a sé stessa schivando rapidamente un grezzo attacco da parte del mostro. Per accertarsi che non la colpisse, scattò sul suolo, appoggiandosi sui palmi come un militare intento a schivare l'esplosione di una granata.

La creatura fiutò straordinariamente l'odore di insicurezza e paura della ragazza che, per lui sovrastava quel forte odore di fango e muffa da esso emanato.

Tirò uno strattone verso il suolo fangoso e, rotolando lontano da lui, il corpo di Musa si cosparse di terriccio umido, che le schizzò sul viso perleo, rendendolo quasi irriconoscibile.

Si accorse che continuando così, per quanto imperfetti potessero essere i movimenti della fiera, l'avrebbe sicuramente fatta secca.

Alla luce del Sole, notò che quel fango si seccò con rapidità prodigiosa e che però il suolo, assai umido, rendeva la creatura sempre più potente. A tal proposito le venne naturale un'ipotesi: se l'avesse portato su un suolo più secco si sarebbe disidratato per poi non essere altro che un inerme pezzo di terra solida.

«Ehi.. -Lo provocò Musa- Sono qui! Non mi segui?» Continuò a stuzzicarlo correndo verso la radura che era dinnanzi a lei.

Quell'essere la seguì dimenandosi, ignaro del suo destino. Una delle prime cose che Faragonda insegnò alle giovani fate fu proprio che le creature di forza bruta erano dotate di un minuscolo cervello che permetteva loro solo di individuare ed attaccare il nemico e, al limite, di difendersi, confermando il detto popolare: tutto muscoli e niente testa.

Facendosi affannosamente spazio fra gli alberi di quella pacifica -ma comunque sinistra- foresta, la ragazza sparì dalla vista del suo inseguitore come uno scoiattolo scattante fra i cespugli, per poi nascondersi dietro ad un grande tronco ed aspettare che la natura facesse il suo corso.

 

Gli occhi della ragazza si aprirono in maniera incerta ed impacciata. Aveva sognato, e non di certo vide una scena ambientata in quel lugubre luogo.

Un brivido le percorse la schiena fino ad arrivare al cuore e farlo fermare per qualche secondo: se la Ninfa non era apparsa, svegliandola con la sua luce per comunicarle che la creatura era stata fermata, allora ciò significava che era letteralmente fregata.

Non aveva nemmeno un orologio per constatare per quanto tempo avesse dormito. Continuava a torturarsi psicologicamente, condannandosi per aver ceduto a cotanta debolezza. In quel momento, vagando per quell'enorme distesa verde, la ragazza si preoccupò del fatto che quel mostro potesse essere chissà dove.

Montando su un albero, vagò saltando fra i rami, tentando di setacciare l'intera radura. Fortunatamente trovò un ruscelletto mediante il quale poté dissetarsi, ma la cosa che la solleticò maggiormente fu l'udire un suono che prima trovava fastidioso: il grugnito primitivo di quell'ammasso di fango; indubbiamente si trovava in quella zona umida per risanarsi.

Dopo essersi rapidamente sciacquata il viso, corse rapidamente seguendo il suo fine udito, senza potersi permettere di porsi delle domande, ascoltando -più profondamente- il suo cuore, raggiungendo una connessione fra esso e l'ambiente che la circondava. Puntò tutto sull'istinto.

Corse come se non ci fosse stato un domani, perché forse veramente rischiava di non vedere l'alba del giorno seguente. Si sentiva affannata, i polmoni pompavano a fatica l'aria per sorreggere quel fitto ritmo che le sue gambe stavano intraprendendo; eppure si sentiva così dannatamente viva, viva per tutte le persone che amava.

«Eccoti.» Sussurrò con voce ancora gutturale per la dormita, sfilandosi la spada dalla vita e sfiorando la pietra color magenta col pollice, permettendo alla lama laser di apparire sotto i suoi occhi. L'adrenalina che aveva in circolo le permise di reggere la pesante arma fra i palmi senza incontrare difficoltà.

Quella volta il suo sguardo sprizzava combattività, determinazione, ostinazione a vincere e, percependo cotanta sicurezza, il mostro di terra accolse la sfida che astrattamente la ex fata gli lanciò.

Maneggiando abilmente quella imponente arma cercò di metterlo in guarda, ma questi, senza perdersi d'animo, la minacciò passando già all'attacco, tentando di annientarla con un freddo e secco colpo del possente braccio.

La ragazza, anteponendo al suo corpo la scimitarra, passò dalla difesa all'attacco. La lama magenta trafisse impassibilmente l' apparentemente invincibile arto della brutale creatura che cadde a terra, seccandosi prodigiosamente. Da lì capì: non era il calore a farlo morire, ma l'assenza di comunicazione fra le parti del suo brutale corpo e l'anima magica che possedeva.

Così, scattando come uno scoiattolo, si arrampicò rapidamente su un albero accanto a lei, particolarmente alto ed imponente. La sua setosa coda di cavallo fluiva seguendo i movimenti del capo, per poi sparire tra il fruscio del fitto fogliame che, agitato da una lieve brezza, creava un'armonia a sé.

Quell'arbusto era probabilmente l'albero maestro, quello più imponente, tanto che la sua altezza superava notevolmente quella della creatura e di tutto il resto della flora di quella radura.

Da lì poté avere un occhio supremo sul mostro, capendo di potergli fare un agguato, sperando che fosse quello decisivo.

In seguito ad una breve sfuriata, la creatura si calmò guardandosi intorno, nella speranza di trovare quella che doveva essere la sua vittima; ma lei, flebile quanto astuta, stava architettando una trappola a lui fatale, proprio a sua insaputa.

La tensione era tangibile, la si poteva praticamente tagliare col coltello.. o con una spada.

La ragazza era seduta sui talloni sopra un ramo robusto, con la scimitarra in una mano e l'altro palmo che afferrava il piano precario sul quale poggiava. Era in bilico fra l'amore e il vuoto, la gioia ed il dolore, la vita e la morte; c'era così tanto in gioco che non si sarebbe potuta permettere di perdere.

Molleggiando decisivamente sulle ginocchia si diede slancio, gettandosi bellicosamente sulla bestia e, tenendo salda la presa sulla sciabola, tirò un violento urlo di guerra, per poi affettare il capo della creatura, facendola crollare a terra. Tendendo un braccio senza più grugnire, il mostro si immobilizzò come se si fosse definitivamente pietrificato e, sbilanciandosi, fece un tonfo in avanti talmente aggressivo da scuotere l'intero suolo di quella strana Dimensione. A causa dell'impatto, sia il capo che il corpo si distrussero in migliaia di frammenti ormai privi di vita.

Quei miseri rimasugli di terra si divisero artificialmente in briciole di grandezza ulteriormente inferiore, che vennero spazzate via dal vento come insignificanti granelli di sabbia sull'asfalto.

Un forte fascio di luce prese il posto di quel fluttuante cumulo di polveri. Improvvisamente apparve -come previsto dalla ex fata- la Ninfa del color del Sole, probabilmente incaricata di seguirla per tutto il suo percorso odierno.

«Salve Musa. -La salutò- Congratulazioni, hai passato questa difficile missione, dimostrando innate qualità di forza e tenacia. Nelle dieci ore rimaste dovrai dimostrare tutte le tue doti nelle ultime due sfide e, per farlo avrai anche l'aiuto della Natura. Te la sei guadagnata in questa ampia porzione di tempo. -Profetizzò- Presta attenzione!» Si raccomandò per poi scomparire.

«Dieci ore..» Mormorò Musa pensosa. Aveva speso molto tempo per annientare quella creatura e le ultime due sfide sarebbero state molto più difficili, ci avrebbe giurato.

Improvvisamente gli arbusti si innalzarono ulteriormente, fino a dare l'impressione di tagliare lo Spazio ed una luce forte e calorosa iniziò a splendere nel cielo sereno. Forse brillava anche troppo, dato che una minuscola foglia secca sul suolo iniziò ad ardere; tentò di calpestarla, affinché l'incendio non dilagasse causando un danno irreparabile. Senza nemmeno avere il tempo di ragionarci sopra, il fuoco divampò, ardendo una grande massa di arbusti, distruggendo ciò che fino a quel momento la ex fata aveva addirittura tentato di tutelare. La connessione con la natura le sarebbe servita a poco ora, dato che tutto quello che era vivo -o le pareva esserlo- stava ardendo con velocità spaventosa ed innaturale.

Per evitare di finire arrostita, la ragazza iniziò istintivamente a correre, ma quella copiosa massa focosa continuò a seguirla e più fuggiva, più le fiamme parevano trovare una ragione per perseguitarla.

Una fitta radice intralciò il suo passaggio e, poggiando istintivamente il piede sul suolo, riuscì a salvarsi da una pericolosa caduta. Con forte affanno proseguì, ma l'andatura non fu scattante come quella riusciva a sostenere qualche secondo prima; l'impatto veemente con il terreno le fece dolere la pianta.

Di scatto si fermò: dinnanzi a lei si innalzò un fitto muro di fiamme; era spacciata.

«Ma questo è uno scherzo!» Ghignò fra sé con mesto sarcasmo, mentre l'anello di fiamme lentamente si stava stringendo, fino a sfiorarla; fortunatamente la corazza termica la proteggeva anche dal calore. Ad un certo punto sentì la voce di una Donna a lei lietamente familiare:

«Non ti preoccupare. -La rassicurò- A destra!» Ordinò facendola spostare in un punto meno pericoloso degli altri e, immediatamente la ragazza vide un arbusto in fiamme -ancora vagamente integro- crollare nella direzione in cui era intenzionata a dirigersi e, senza farsi imporre ulteriori direttive, montò sopra quel fusto e prese a correre come una lince spaventata verso un posto più sicuro. Continuò a sentire del calore accanto al collo, dal lato sinistro, percependolo poi salire verso la sua guancia, iniziando a provocarle un dolore lancinante come se stesse.. bruciando! Scattando soppresse quelle fiamme coi palmi coperti dal metallo anti-termico che costituiva tutta l'armatura; Faragonda e le ragazze del Winx Club dimostrarono di averci visto lungo pensando proprio a tutto. Percepì il malsano odore di qualcosa che si era appena carbonizzato e, sapendo che si stava trattando della sua bellissima e lunghissima chioma color oceano, un brivido di sconforto le corse lungo la schiena.

«I miei capelli!» Mugolò malinconicamente toccandosi le ciocche terminanti in punte irregolari e sfibrate.

La sua attenzione si spostò improvvisamente sulla guancia che le doleva talmente tanto da offuscarle lievemente la vista, sentiva che stava per svenire.

Crollò al suolo, reggendosi sui palmi e le braccia tremolanti con incertezza, cercando di riacquistare lucidità e sfuggire a quel mancamento che poteva risultarle fatale.

«Tieni duro, piccola.» Le fece forza una Voce, quella Voce.

L'altra gemette di sofferenza, incapace di risponderle.

«Cosa vuoi fare?! -Intervenne Nena poi con veemenza- Vuoi continuare a perdere tempo?! Vuoi morire?! Vuoi deluderci?! -La provocò amareggiata- Brava, continua a prendere in giro chi crede in te!»

«I-Io.. -Soffiò l'altra sofferente- Io non sono una perdente!» Ringhiò cercando di reggersi sulle ginocchia.

Si ricordò del regalo delle sue amiche e, sfilandosi lo zaino in cuoio dalle spalle tentò di perlustrarlo alla ricerca di un intruglio curativo.

Si passò per le mani numerose ampolle, ma nessuno conteneva un olio medico; sfortunatamente le Winx non ci avevano pensato.

«Dannazione!» Grugnì stringendo i pugni dalla rabbia e digrignando i denti dal dolore.

«Pensa, pensa piccola mia..» La incoraggiò quella Voce che fu sempre d'aiuto.

“Se continua ad intervenire in questo modo significa che una soluzione c'è.” Pensò la ragazza, riflettendo sul fatto che ogni intervento di quel fantasma fosse sempre azzeccato e dotato di solide quanto ingegnose fondamenta.

«Ragiona su ciò che hai a disposizione.» Le diede come indizio Nena.

La ex fata, cercando di non farsi distrarre dal dolore ragionò e, ricordandosi delle ore di pozionologia, cercò di comprendere il collegamento fra il consiglio del fantasma e ciò che poteva usare.

 

*****

 

«Ragazze, per favore! -Richiamò le sue alunne Palladium- Dunque, se vi doveste sentire male in posti sprovvisti di risorse farmaceutiche, potrete preparare un unguento che in poco tempo vi potrà curare tagli, abrasioni, bruciature e quant'altro.

Vi serviranno: acqua di rose, mirtillo e..» Il suo discorso venne interrotto dal suono della campanella che provocò un innalzamento generale di tutte le studentesse.

«Ragazze, non ho finito!» Continuava ad urlare il folletto.

 

*****

 

«Dunque.. -Mormorò cercando nello zaino- Acqua di rose.. C'è! Ed ecco il succo di mirtillo.» Esclamò posando il tutto accanto a lei sul suolo semi-umido.

«E ora?! -Domandò a sé stessa- Che diavolo mi serve?!»

Frugò smaniosamente nello zaino alla ricerca di quell'ingrediente misterioso.

Alla lettura di ogni singola etichetta alla ex fata non venne in mente nulla e, tempo e risorse non le avrebbero permesso più di un singolo tentativo.

«Accidenti!» Ringhiò in preda all'astio e al dolore, tirando un pugno carico di rancore e rabbia sul suolo.

«Ci mancava..» Grugnì poi irritata, sollevando con fatica la mano ricoperta di fanghiglia, che rese maggiormente impacciato il movimento.

«Mh, fango?! -Mormorò come se ne avesse appena scoperto l'esistenza- Fango!» Esclamò più nitidamente, come se stesse rispondendo alla domanda che precedentemente si pose.

“Come ho fatto a non pensarci prima?!” Si disse nella mente, ricordandosi delle proprietà benefiche del terriccio umido.

Portandolo all'interno dell'ampolla contenente il succo di mirtillo -nonché quella più grande-, aggiunse qualche goccia di acqua di rose, per poi tappare il contenitore ed agitarlo per una manciata di minuti.

Dopodiché riiniziò a percepire la reale intensità del dolore, in quanto i suoi pensieri non erano più focalizzati sulla soluzione al problema.

Quando l'intruglio prese colore e consistenza omogenea, aprì il tappo, che sprigionò un'intensa fragranza fruttata unita ad un tocco aromatico naturale conferitogli dal terriccio.

Dopo aver tirato un profondo sospiro, pose parte del contenuto dell'ampolla su indice e medio, che poi poggiò con delicatezza sulla mascella ferita.

«Ah!» Gridò a gran voce nel momento in cui vi fu l'impatto con la carne fresca.

Stringendo i denti, si ricordò le parole provocatorie di Nena che, da quel momento diventarono il suo talismano contro la codardia.

Inspirando profondamente una grande quantità d'aria, Musa portò un'altra porzione di preparato sulla parte dolente e, sibilando di dolore, proseguì nel tamponamento. La macchia di carne scoperta era talmente ampia che dovette darci tre passate di rimedio.

“Fra solo trenta minuti starò meglio.” Pensò per incoraggiarsi.

Anziché attendere l'esito della cura senza fare nulla, iniziò a ragione su un metodo per sconfiggere quelle fiamme.

Non si trattava di un semplice incendio, ma di una vera e propria catastrofe. Per porre fine a tutto ciò non poteva sfruttare nemmeno una delle sue pozioni, da quanto erano limitate sarebbero state sprecate invano. Necessitava di un incantesimo vero e proprio: magia contro magia. Eppure, il suo potere era quello della musica e non sarebbe riuscita a permettere a quelle fiamme di cessare, solo se fosse stata la Guardiana di Andros avrebbe potuto avere qualche possibilità.

«Combatti il fuoco col fuoco..» Le consigliò quella saggia voce che dava sempre l'impressione di essere alle sue spalle.

«Ma che vuol dire?!» Saltò su dubbiosa lei. Ovviamente, l'interlocutrice non rispose.

Ragionò su un tipo di incantesimo agli antipodi con l'elemento da lei preso in considerazione, cosa che risultava assai più facile a scuola, dato che le facevano esercitare con fuochi appiccati naturalmente.

All'improvviso si ricordò dell'ultimo dono ricevuto: il contatto con la natura.

Chiudendo gli occhi, si concentrò sull'ambiente che la circondava, tentando di instaurare una comunicazione con essa.. Senza successo.

«Accidenti! Questo stramaledetto posto è una fandonia! Non è naturale! -Ringhiò arrabbiata potendo contrarre in meglio il viso, grazie al rimedio improvvisato- ..Non è naturale!» Esclamò poi schioccando le dita, come se avesse trovato la soluzione.

«Combatti il fuoco col fuoco..» Ripeté fra sé come se fosse un mantra.

“L'attacco con il quale mi hanno omaggiata per la riuscita della prova Alfa è ancora a mia disposizione. Se ne recito uno che mi permetterà di avere in mio potere la stessa acqua innaturale che mi ha attaccata durante quella stessa prova allora, potrò combattere l'innaturale con l'innaturale.. Ma certo!”

«Devo solo trovare un incantesimo efficace..» Mugolò poi.

«Non c'è tempo!» L'allarmò la solita Voce dall'alto.

«Quanto manca?» Domandò allarmata la ex fata.

«Non posso dirtelo. Fai in fretta!» La donna fantasma pareva essere più nervosa della ragazza.

Ella, iniziando a correre verso il posto da cui era venuta si accorse che, infatti, sul terreno umido di quell'aria bonificata, le fiamme non avevano ancora aderito; se non si fosse data una mossa, però, presto quell'enorme e catastrofico pericolo l'avrebbe nuovamente incontrata, ardendo completamente quello strano pianeta.

Nel momento in cui percepì l'intenso odore di bruciato infatti, si affrettò ad allungare lo sguardo verso l'orizzonte, potendo notare una copiosa e densa massa incandescente: il luogo dove si sarebbero svolte le vicende decisive per determinare la possibilità di poter sfidare la sorte in un'altra missione o avrebbe dovuto dare un definitivo bacio d'addio a quello che ne sarebbe dovuto essere del suo domani.

Con passi decisi si diresse verso la sua meta: non ci avrebbe messo molto ad arrivare, ma l'attesa -nonostante l'andatura abbastanza rapida- pareva eterna.

Più si avvicinava all'obiettivo, più esso pareva muoversi verso di lei e, in minor tempo rispetto alle proprie aspettative, Musa si ritrovò faccia a faccia con quella sorta di nemico. Nonostante non vi fosse più nulla da ardere, il fuoco bruciava famelico, sempre più affamato di carneficina.

Era giunto il momento, quello che stava per fare non l'aveva né visto né sentito da nessuna parte, stava improvvisando.

«Acque contenute in questa sovrannaturale natura e piogge acide di tutti gli Universi, venite a me! -Enunciò a gran voce ponendo i palmi verso il cielo, che rapidamente si ingrigì a causa di numerosi fitti nuvoloni- In nome del potere conferitomi vi ordino di unirvi a mio favore, in un diluvio talmente potente da spegnere codeste infami fiamme!» Gridò poi, muovendo le mani in avanti, verso la causa del suo astio e del suo disagio.

Quella folta massa di nuvole si inscurì ulteriormente, dando al cielo un'aria più mesta e realistica, nascondendo finalmente quel verde raccapricciante che, da almeno quindici ore stava facendo da sfondo all'ex fata e alle sue imprese.

Una fitta Pioggia cristallina iniziò a cadere, spegnendo rapidamente quelle inquietanti fiamme che la perseguitavano da tempo, ormai. Nel momento in cui più nulla arse, il cielo grigio si illuminò per la terza volta di una potente luce e, la Ninfa che aveva precedentemente incontrato si ripresentò.

«Nobile ragazza. -La salutò- Ora è giunto per te il momento dell'ultimo sforzo: la Prova Beta.

Attenzione: non sarà come tutte le altre, dovrai sfruttare ancor di più la tua scaltrezza e la tua astuzia e, per farlo, riceverai la terza ed ultima ricompensa: la Fiamma della Vita. Non confonderla con il potere del Drago: il dono a te concesso incentiverà soltanto la tua forza d'animo, la tua tenacia ed il tuo buon cuore, essenziali per il superamento della prossima d ultima sfida.

In queste ultime cinque ore dovrai dimostrare il meglio di te stessa per avere tutto.

Che la Buona Sorte ti accompagni, giovane donna.» Si congedò, ascendendo e scomparendo dietro le nuvole.

Guardandosi intorno, notò che non vi era nulla, solo una grande distesa paludosa da un lato e una piana di ceneri dall'altra.

Lo stomaco le brontolava, non aveva mangiato nulla all'infuori di quell'antidoto anti-allucinogeno, conferente una forte energia, che con tutto quel movimento fisico e quegli sforzi stava giungendo al termine.

Iniziò a camminare verso la distesa paludosa, cercando di tornare verso la spiaggia alla ricerca di qualcosa da mettere nello stomaco.

Sotto le piante dei piedi della ex fata, alla parte dell'armatura che ne costituiva le calzature, aderì la sabbia a causa dell'umidità della fanghiglia, sulla quale precedentemente marciò.

Si sentiva stremata e preoccupata: il nulla che regnava in quel posto desolato, quella completa tabula rasa la stava spaventando più di qualsiasi altro mostro; sapeva benissimo che si trattava soltanto della quiete prima della tempesta.

«Basta! -Gridò a pieni polmoni, come se stesse implorando qualcuno, quando cadde a terra dallo stremo- Dove diavolo si trova del cibo in questo schifo di posto?!»

Si sentiva affranta, la fame stava per prendere il sopravvento sulle sue emozioni: più lo stomaco si svuotava, più la rabbia saliva.

«Vi odio, cazzo! Vi odio!» Gridò battendo violentemente i pugni per terra. Forse si riferì alle Ninfe o forse a tutto e a tutti. In quel momento la stanchezza e la sofferenza le stavano facendo rasentare la follia. Due pesanti occhiaie le contornavano gli occhi rossi di stanchezza e il suo viso, ormai ingrigito e macchiato di fango, era contornato da rimasugli bruciacchiati di capelli.

«Piccola, tieni duro. -La invitò con fare dolce e materno quella Voce che si faceva sentire ogni volta che ne aveva bisogno- Prosegui, fidati di me.»

Musa sapeva che in lei poteva confidare ciecamente, aveva capito alla perfezione che ogni sua parola non era detta a sproposito.

Reggendosi a fatica sulle sue stesse gambe proseguì lentamente, ricordandosi del suo vero obiettivo: dopo la morte lei non avrebbe più patito nulla, certo, ma i suoi amici e Riven sarebbero stati male e lei non voleva la sofferenza delle persone a cui voleva bene, men che meno quello del suo amato. Sapeva che, anche se mai lo voleva dare a vedere, lui era più fragile di chiunque altro e la sua morte lo avrebbe portato ad un'autodistruzione certa.

Camminò per un'ulteriore distanza inquantificabile, finché non raggiunse un'area in cui vi era una distesa di prosperose palme; le parve più che strano il fatto che dopo quella disastrosa tempesta di fuoco potesse esserci ancora qualche forma di vita oltre a lei, anche se -ironicamente- in quel momento si stava ritenendo con un piede nella fossa.

Aggrappandosi su un tronco, spinta dalla fame accecante, allungò la robusta spada del suo fidanzato verso i rami, riuscendo a far cadere al suolo una noce di cocco. Con rapidità la pulì dalla robusta buccia pelosa e fu in grado addirittura di squarciarla. Ne bevve il contenuto con foga, era talmente disidratata che le sue labbra erano secche come il più arido dei deserti.

A copiosi bocconi mangiò rapidamente quel frutto la cui provenienza le era completamente ignota ma, col senno di poi, si augurò vivamente fosse seriamente commestibile.

Con lo stomaco pieno, iniziò ad incamminarsi per quel palmeto alla ricerca di un indizio sulla prova da superare. Rabbrividì quando, ad un certo punto del suo cammino, si trovò al principio di una distesa di terriccio fertile che, tramite una spaccatura del suolo, si accorse che era diviso scambievolmente in due parti. Come se non fosse abbastanza, ciò che la terrorizzava sopraggiunse al suo sguardo quando focalizzò le sue attenzioni verso l'alto.

«Papà!» Gridò spaventata. Ebbene sì, suo padre era imprigionato a mezz'aria in quella che non pareva altro che una gabbia di fulmini.

«Tesoro!» Ricambiò l'uomo cercando di non far trasparire un minimo di spavento, evitando di contagiare la figlia.

«Cosa ti hanno fatto?!» Si preoccupò lei, volgendogli il più languido dei suoi sguardi.

«Non lo so! -Esclamò lui confuso- Stavo cenando e credo di essere svenuto. Dopo non so quanto tempo mi sono risvegliato qua dentro! -Spiegò indignato- Sai cos'è successo?»

«Sì. -Rispose lei rammaricata. Sapeva di esserne la unica causa- È colpa mia; ma ora non ho il tempo per spiegare. Ho davvero poche ore, se non minuti, a mia disposizione.» Si giustificò, cercando di reprimere quel crescente senso di colpa che, come acido muriatico le stava logorando l'animo.

«Non ti preoccupare, piccola. -La tranquillizzò- Ho già intuito cosa stai facendo. È proprio per questo che non volevo tornassi ad Alfea, avevo già capito le tue intenzioni.»

«Come fai a sapere dell'esistenza del Pendantix e di tutto questo universo parallelo?!» Domandò lei, con l'impressione che fosse stata l'unica a non sapere nulla del ciondolo fino a qualche giorno prima.

«Non c'è tempo! -Ribadì d'impulso il genitore- Ora prenditi cura di te stessa!»

«Troverò un modo per liberarti! Lo giuro!» Gridò la giovane donna con ostinata mordacia.

In quel momento prese a camminare lungo la massiccia spaccatura del terreno, cercandone la fine e, alla riunione dei due suoli trovò un due ripidi strapiombi che delineavano la larghezza di quell'area, come se fosse costretta a seguire esclusivamente quella strada. Non di sicuro poteva aspettarsi due folletti sorridenti ed una pentola d'oro durante l'ultima di quelle difficili prove.

Quello che stava in quella porzione di territorio, ormai lo sapeva, non era nulla di utile; l'unico dono che l'avrebbe aiutata sarebbe stata la scimitarra di Riven ma, essendo composta soltanto di laser e ferro, avrebbe funto da conduttore e l'avrebbe fulminata a seduta stante se solo avesse provato a liberare il padre.

Si fermò in sovrappensiero, guardando l'orizzonte composto da greppi e terra secca, coperti da un cielo azzurro-grigiastro che, a dispetto dell'apparenza, dava sfondo ad un ambiente tiepido, nonostante la totale assenza del Sole o di un astro equivalente; in quel luogo albergava una luce uniforme ed omogenea che dava a quell'area un aspetto senza tempo.

Quando la persistente preoccupazione per quanto riguardava la perdita di minuti preziosi continuava a salire, collegandosi al rimorso di aver trascinato l'unico membro della sua famiglia a fondo insieme a lei, decise di tornare indietro per prendersi cura di lui ma, a darle un'ulteriore spinta fu un vento che sorse proprio dal vertiginoso strapiombo alla sua destra, che non le diede nemmeno il tempo di pensare su dove fuggire.

Iniziò a correre in direzione opposta al turbine che, si accorse con quasi-sollievo, la stava indirizzando proprio nel posto in cui era diretta fino a poco prima.

Cercava disperatamente di riflettere e di trovare una scappatoia, ma su due piedi sapeva che non avrebbe potuto elaborare qualcosa di astuto. Nel dubbio continuava a correre, cercando di raggiungere suo padre e di trovare un modo per metterlo in salvo.. a costo della vita.

Giunta dinnanzi a quella -apparentemente- infinita foiba, cercò di studiare la situazione: percepì un'energia potente che intuì essere quella dei fulmini, che permetteva alla gabbia e a Ho-Boe di fluttuare; azzardò che quella forza elettromagnetica si esercitasse nel raggio di un metro e che, quindi, infrangendola con la spada, suo padre sarebbe riuscito a fluttuare fino all'aldilà della spaccatura, riuscendo a salvarsi.

Si sarebbe trattata di una scelta astuta e nobile o di una semplice follia? I pro ed i contro stavano lottando nella mente della ragazza, rendendola sempre più indecisa. Nel momento in cui si voltò rabbrividì: quella tempesta d'aria stava incombendo e, come se non bastasse, con maggior veemenza e fame di distruzione.

«Non agire d'impulso, piccola mia!» Le impose con preoccupazione allarmante il padre.

«Non c'è tempo!» Lo zittì la figlia, elevandosi in aria con la spada tesa fra le mani. Il freddo vento le pungeva il viso pallido e faceva fluire nell'aria la sua corta chioma di un blu ormai spento. I suoi occhi, a dispetto del suo fisico apparentemente moribondo, sprizzavano vita. In quel momento era motivata, doveva salvare l'uomo che più stimava al mondo, a cui doveva tutto.. Perfino la vita.

Nel momento in cui la robusta lama di laser colpì con impressionante veemenza i fulmini, che permettevano l'esistenza di quel fitto campo magnetico che circondava lei e Ho-Boe, Musa percepì una forte scossa sul corpo, che la fece gridare di dolore e mollare definitivamente la presa sulla scimitarra.

Nel momento in cui vide suo padre atterrare sano e salvo sul suolo, la figlia non poté non tentare di sorridere, con ormai tutti i muscoli indolenziti. Eppure, sobbalzò quando uscì dal campo energetico che le permetteva di fluttuare, facendole salire il cuore in gola.

Un grido spezzante in dissolvenza verso la profonda foiba fu tutto ciò che Ho-Boe riuscì ad udire nel momento in cui il corpo composto dal sangue del suo sangue scomparì fra due imponenti masse di terra. A seguito di quell'espressione straziante di dolore e spavento percepì un forte tonfo, soltanto quello che un corpo abbattuto al suolo emette.. e poi ci fu il silenzio.


Spazio autrice:
Cari lettori,
a dispetto del mio capitolo sarò breve, perché di cose che potrei commentare ce ne sarebbero tantissime.
Ci tengo solo a precisare che la scena di Musa e Riven nel covo di Darkar è stata lievemente modificata per favorire la trama e rendere il tutto più poetico.
Dunque, cambiando leggermente discorso, siamo giunti a questo capitolo "di punta" della fanfiction nonché, devo ammettere, il mio preferito; scriverlo mi ha emozionata sul serio, spero che anche per voi sia lo stesso. L'unica cosa che mi rende piuttosto scettica su di esso è la lungezza, forse è eccessiva, ma sin dal principio non l'avrei mai visto ulteriormente frammentato. Spero che anche voi apprezziate questa mia divisione della storia.
Volevo dedicare questo aggiornamento della storia a Goran the Ancient, a cui piacciono gli intrighi, l'azione ed il fantasy.
Ci tengo inoltre a fare un grande saluto a Tressa e a Sabriel_Little_Storm che non sento da tanto tempo.
In più, un altro grosso saluto va a GiuliaAvril -ultima ma non meno importante- che mi segue perennemente, a costo di doversi buttare in un fosso.
Ringrazio tutti gli altri lettori silenziosi e quelli appena arrivati, è grazie a tutti voi se in certi casi trovo ancora una ragione per scrivere.
Detto ciò vi do appuntamento a lunedì 11 agosto con un altro imperdibile appuntamento, vorrei prima farvi smaltire questo mattone di capitolo per poter affrontare il prossimo e, diciamocela tutta, devo ancora terminare di scriverlo in maniera decente e devo idealizzare un disegno guardabile. A proposito: spero che quello di questo capitolo sia di vostro gradimento.
Un abbraccio,
Daphne09

  
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