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Autore: She loves writing    08/07/2014    7 recensioni
"Il mio sguardo è fisso su un punto vuoto della strada e le orecchie mi fischiano, ovattando tutti gli altri suoni.
Tutti tranne uno.
'Mamma!' La sua voce si ripete nella mia mente, più e più volte."
--
Vi avviso, è lunga e triste, quindi buona fortuna a chiunque decida di aprirla, lol.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Not going back.

 



"And you left it so late that my heart feels nothing at all"






Giorno 1- mercoledì.


“Mamma!” Sorrido, chiudendomi la porta alle spalle e sentendo subito un peso sulla gamba.
“Amore mio” rispondo, prendendo il braccio il bambino che da tre anni mi ha totalmente stravolto la vita. Lui mi abbraccia e sento le sue labbra poggiarsi sulla mia guancia, poi mi guarda con un sorriso che basta a cancellare tutti i problemi che ho avuto oggi all’ufficio.
“Ciao El” sento dire. Alzo lo sguardo sulla mia migliore amica.
“Megan! Com’è andata?” chiedo raggiungendola e lasciando che mio figlio ritorni con i piedi a terra. Mi tolgo il giubbino e poso la borsa sull’appendiabiti.
“Come al solito, è sempre un angioletto questo bambino” mi sorride.
“Ha fatto proprio il bravo oggi!” esclama poi, facendo in modo che lui senta e mi sorrida soddisfatto annuendo.
“Bravo tesoro, ti meriti proprio un bel regalo allora” Lui si illumina e apre le braccia. Io mi abbasso alla sua altezza e lo imito, prima che lui mi corra incontro e mi abbracci di nuovo.
“Tom perché non vai a prendere il disegno che hai fatto oggi, così lo fai vedere a mamma?” chiede Megan. Lui accetta e corre di sopra.
“Attento, non correre!” esclamo seguendolo con lo sguardo. Sento la mia amica sospirare.
“Oggi lo ha fatto di nuovo” dice. Mi volto di scatto verso di lei, forse ho sentito male.
“Cosa?”
“Lo ha rifatto. E’ scoppiato a piangere all’improvviso e continuava ad urlare ‘papà, papà!’..” Sento il fiato mancare.
“Quanto tempo?”
“Poco rispetto alle altre volte. E’ stato cinque minuti d’orologio, poi l’ho convinto a fare un disegno” Mi indica le scale con un cenno del capo ed io vedo Thomas scendere con un foglio in mano.
“Guarda mamma, guarda!” esclama entusiasta. Io sorrido, perché anche se a volte ha queste crisi, Tom è in assoluto il bambino più dolce e divertente del mondo. E’ così pieno di vita.. proprio come lui.
“Ma che bello, lo hai fatto tutto da solo?”
“Sì.” Il disegno in questione rappresenta un albero con una casetta. A sinistra ci sono tre cuori disegnati in rosso, due allineati, uno più grande, l’altro più piccolo. Il terzo è leggermente più in alto ed è più grande e rosso.
“Cosa sono questi cuori?” Lui alza le spalle.
“Questi sono il mio e il tuo” indica i due vicini. Io annuisco, ma non chiedo altro, perché lo so di chi è il terzo.
“Questo è il suo” sussurra comunque Tom, indicando l’ultimo. So quanto gli pesi l’assenza del padre, lo so, ma ogni volta che me lo ricorda fa sempre più male. In fondo, manca da morire anche a me.
“Perché è così grande?”
“Perché è lontano” dice solo. E capisco che vuole dirmi che questo significa che sta amando suo padre più di quanto dovrebbe.
“Lo appendiamo in camera?” gli chiedo. Lui annuisce ed io gli accarezzo i capelli.
“Tesoro, io vado, ti dispiace?” si intromette Megan, ricordandomi della sua presenza.
“Certo che no, Meg, figurati. Grazie di essere venuta ancora.”
“Non dirlo neanche, Ellie, è un piacere, lo sai. Ti chiamo domani, così ci organizziamo per venerdì”
“Okay, ci sentiamo” La accompagno alla porta e la saluto con un abbraccio, poi torno a Thomas.
“Allora, che vuoi mangiare?” chiedo sorridendogli.
“Gelato!” esclama lui, prendendo a saltare.
“Tom, per cena, non come dolce”
“Gelato” ripete lui.
“Il gelato dopo.”
“Allora le patatine” alzo gli occhi al cielo entrando in cucina. Un quarto d’ora dopo siamo entrambi seduti a tavola a mangiare.
“Mamma?”
“Sì, amore?”
“Ma papà ha un altro bambino?” Eh?! Ed ora perché ci sta pensando?
“No, tesoro, non che io sappia” Lui abbassa lo sguardo.
“Che c’è?” gli chiedo.
“Io credevo che se n’era andato perché voleva più bene all’altro bimbo..” Mi costringo a deglutire, trovando decisamente difficile farlo. Poi scuoto la testa.
“No, Tom. Papà se ne è andato perché era meglio così. Smettila di pensarci, ok?” Lui annuisce, anche se posso chiaramente notare la sua tristezza.
“Guardiamo i cartoni mentre mangiamo il gelato?” mi chiede poi. Sospiro, felice che abbia rinunciato così facilmente.
“Certo” sorrido, finendo la cena.


Giorno 2- giovedì.


Oggi ho il giorno libero.
Come succede spesso in questi casi, finisco per accettare di portare Thomas al parco in fondo alla strada. E’ un parco normale, con l’erba e tutto, ma ha anche un angolo con delle giostre che Tom sembra amare.
Mi infilo le scarpe e vado nella camera di mio figlio per vestire anche lui.
Quando è pronto, lascio che sia lui a prendere la mia giacca ed esco.
“Mamma pesa” si lamenta, dopo che ho chiuso casa e cancello.
“Dammi” allungo una mano e lui mi dà il capo che mi affretto ad indossare. Poi mi prende per mano.
“Andiamo!” esclama, camminando più veloce. Rido.
“Andiamo, andiamo” Lo vedo saltellare, impaziente di arrivare al parco.
“Lo scivolo!” urla quando arriviamo, lasciando la mia mano e correndo verso la giostra.
“Thomas aspetta!” Gli corro dietro.
“Mi fai salire?” chiede alzando le braccia al cielo. Annuisco e lo prendo in braccio per metterlo sulla parte più alta dello scivolo.
“Guarda mamma, ora volo!” esclama, spingendosi per scivolare giù.
“Bravo amore!” lo esalto. Lui batte le mani entusiasta.
“Ancora!” E ripete il giro per quasi mezz’ora intera. Tom non si stancherebbe mai di andare sullo scivolo. Avrebbe continuato così, se un bambino non avesse lasciato l’altalena libera.
“Mi spingi?” mi chiede quando lo faccio sedere.
“Certo, ora andiamo veloce veloce!” esclamo.
“Sìì!” squittisce sorridendo.
“Mamma, ti voglio bene” mi dice infine, quando è ora di tornare a casa.
“Anche io, tesoro” lui mi sorride di nuovo ed io non posso fare a meno di pensare che amo mio figlio smisuratamente, senza limiti. Prendo le chiavi dalla borsa per aprire il cancello e quando alzo lo sguardo mi blocco. Thomas si stringe alla mia gamba, mentre un ragazzo seduto sui gradini si alza di scatto. Il mazzo di chiavi mi cade di mano e non faccio niente per raccoglierlo.
E’ la copia esatta di mio figlio, se non fosse per il colore dei capelli.
“Ellie?” mi chiama. Sento le mie mani tremare, ma il corpo continua a non rispondere ai miei comandi. E’ solo quando si avvicina che mi decido ad indietreggiare. Tom mi segue.
“Che cosa ci fai qui?” gli chiedo, sperando che la mia voce non tradisca alcuna emozione.
“Io.. stavo camminando e ho trovato questo a terra.. ho visto la foto che c’è come sfondo e.. credo.. credo sia tuo, ecco” Allunga una mano verso di me ed io riconosco il mio cellulare. Com’è possibile che ce l’abbia lui?? L’ultima volta che l’ho visto era nella tasca della mia.. giacca. Sarà caduto quando l’ha presa Tom. Dio mio, che casino.
“Non sapevo come restituirtelo e visto che era proprio qui fuori, ho pensato di aspettare e vedere se tornavi”
“Da quanto sei qui?” chiedo, abbassandomi per prendere le chiavi da terra.
“Poco” Si passa una mano dietro il collo.
“Senti, grazie per il telefono, ma ora puoi andare..” Sarò scortese, ma non ho la minima intenzione di farlo entrare in casa. Non dopo tutti questi anni.
“Sì, certo..” commenta imbarazzato. Però non si muove.
“Louis?” lo richiamo.
“Sì, ora vado. Solo.. possiamo parlare prima?”
“No” rispondo decisa.
“Ellie ti prego..”
“Mamma ho fame..” si intromette Thomas tirandomi leggermente il pantalone per farsi guardare.
“Sì, ora andiamo tesoro.” Mi costringo a rispondere. Apro il cancello, ignorando Louis. Lui mi blocca un polso prima che possa chiuderlo fuori.
“Mamma..” 
“Tom vai dentro, arrivo tra un secondo” devo dirgli. Lui annuisce ed io gli apro la porta per farlo entrare in casa.
Poi mi fermo sulla soglia per parlare con Louis.
“Che c’è?” gli chiedo non nascondendo la mia irritazione. Non può ripresentarsi dopo tutto questo tempo e pretendere di parlare.
“E’ tuo.. tuo..”
“Figlio, sì. E’ mio figlio.”
“Hai solo vent’un anni..”
“E quindi?” Lui scuote la testa.
“Niente, solo che.. quanti anni ha?”
“Non t’interessa. Dimmi che vuoi e va’ via, Louis” gli dico. Sospira.
“E’ da tanto che non ci vediamo..” commenta.
“Come se fosse colpa mia”
“Non ho detto questo”
“Certo” lui sbuffa.
“El, mi dispiace, ok? Mi pento ogni giorno di essermene andato quella volta, credimi. E ho provato a cercarti dopo, ma tu hai cambiato casa e numero di cellulare e non sapevo come fare..”
“Cosa ti aspettavi che facessi?! Che restassi lì dopo tutto.. tutto quello che c’era stato tra noi?”
“Non ti sto dando nessuna colpa, Ellie. Lo so che ho sbagliato”
“Ci mancherebbe! Ho provato a chiamarti e ho aspettato che tornassi per un intero mese, Louis. Sei sparito per un mese intero ed ho dovuto cambiare il numero per resistere alla tentazione di chiamarti di nuovo”
Sono stata con Louis per un anno e mezzo, cinque anni fa. Era un amico del ragazzo di Megan e abbiamo cominciato ad uscire insieme.
Era il ragazzo più divertente che avessi mai incontrato e aveva quegli occhi vispi e così dannatamente azzurri che non ho potuto non innamorarmi di lui.
Ci siamo messi insieme ed io ho scoperto che oltre ad essere divertente, Louis era anche dolce e geloso.
Parecchio geloso.
Ma non era un problema, amavo anche questo. Siamo stati bene per un anno e mezzo, almeno così credevo, perché così era per me.
Una settimana prima che lui se ne andasse, scoprii di essere incinta. Fu un totale disastro, ero troppo giovane e non sapevo come lui avrebbe reagito a questa cosa.
Lo dissi solo a Megan che non la prese bene come speravo.
Mi aspettavo mi supportasse, invece si allontanò da me. Non volevo che la stessa cosa accadesse con Louis, quindi non gli dissi niente, poi una mattina mi svegliai e di lui era rimasto solo un misero biglietto con qualche scusa arrancata.
Non so perché se ne è andato, ma so che mi ha distrutto.
Avevo perso la mia migliore amica ed il mio ragazzo nel giro di una settimana e l’unica cosa che mi era rimasta era il bambino che stava crescendo dentro di me e che, però, non volevo.
Avevo anche pensato di abortire, cosa che non mi perdonerò mai e che mi ha portata ad odiare me stessa al massimo, ma è stata solo un idea flash, che poi è completamente svanita quando Megan è tornata piangendo. Si è scusata e l’ho fatto anche io e da allora mi ha sempre aiutata.
Louis però non è mai tornato ed ora non sa che il bambino che ho appena fatto entrare in casa è suo figlio.
“Non ho scuse per ciò che ho fatto, Ellie, e ti giuro che mi dispiace da morire e che mi sei mancata tantissimo in questi anni” sospiro.
“Un paio di scuse e qualche parola carina non mi faranno riavere indietro la nostra storia”
“Lo so” Non rispondo. Lui riporta l’argomento su Thomas e “è davvero molto bello” mi dice, indicando la porta dietro la quale c’è mio figlio.
“Grazie” dico, non sapendo cos’altro rispondere. Lui sorride.
“Ti somiglia, sai?” chiede poi. Davvero? A me è sempre sembrato fin troppo uguale a lui.
“Non troppo” lo contraddico.
“Sì, invece. Ha il tuo colore di capelli e il tuo stesso naso”
“Non sono caratteristiche troppo rilevanti, ha preso molto di più dal padre” ammetto.
“Vivete insieme a lui?”
“No”
“Come mai? Se posso chiedere..” Sbuffo.
“Lui non lo voleva” dico, pensandolo davvero. So che se avessi detto a Louis di aspettare un bambino quando stavamo insieme, le cose non sarebbero cambiate. Me lo sono chiesta, più volte, cosa sarebbe successo se lui avesse saputo e sono sempre arrivata alla conclusione che avrei avuto solo altri problemi e altri motivi per cui odiarmi.
“Ah” è il suo unico commento.
“Già..”
“Mi dispiace davvero, Ellie”
“Anche a me” dichiaro. Ed è vero. Io volevo solo essere felice e mi dispiace che non sia andata così.
“Posso sapere quanti anni ha?” chiede Louis.
“Tre” sono costretta a dire.
“Tre…” ripete lui. Posso sentire le rotelle del suo cervello girare.
“Non pensarci troppo” provo a distrarlo.
“Prima o dopo che io..” comincia a chiedere.
“Non dirlo neanche per scherzo” lo interrompo.
“Non pensare che abbia fatto una cosa del genere, perché sai meglio di me quanto ti amavo. Non ti avrei mai tradito, neanche se tu l’avessi fatto.”
“Non l’ho fatto” Io alzo le spalle.
“Non sapevo più cosa pensare..” ammetto. Perché sì, ero convinta mi avesse lasciato per un’altra.
“No, no, no, Ellie, non sono stato con nessun’altra, lo giuro. Non avrei potuto neanche volendolo, perché..” si blocca.
“Cosa?” chiedo, anche se non so se voglio saperlo davvero oppure no.
“Perché le altre non erano te” dice ed io sento il mio cuore battere più forte.
“Sei fidanzato ora?” gli domando. Lui scuote la testa.
“Sono uscito con qualcuna l’anno scorso, ma nulla di serio..” Annuisco.
“Tu?”
“No.. Tom mi tiene impegnata e comunque non sono molti i ragazzi che vogliono prendersi questa responsabilità..” ammetto. Lui rimane in silenzio. Un urlo dall’interno mi fa sobbalzare. In un secondo sono dentro casa, Louis dietro di me e Tom che continua a piangere.
“Papà, papà!” urla e si agita, tenendosi le mani sulla testa.
“Amore, ci sono io, va tutto bene, ehi..” Mi inginocchio al suo fianco e gli prendo una mano, prima di abbracciarlo.
“Shh, va tutto bene” ripeto, accarezzandogli ripetutamente i capelli. Lui comincia a singhiozzare, ma le urla sono cessate abbastanza in fretta.
“Ci sono io” gli sussurro. Lui si stringe a me.
Tom ha spesso questi attacchi e la cosa mi preoccupa, dovrò portarlo da qualche specialista o cose del genere e ho una terribile paura.
“Va tutto bene?” La voce di Louis mi arriva piccola e distante, anche se so che è a pochi passi da me. Annuisco. Thomas si affaccia sulla mia spalla per vedere chi ha appena parlato.
“Tu chi sei?” chiede. Il ragazzo che ora mi sta di fronte mi guarda, poi si abbassa e sorride.
“Louis, piacere di conoscerti” dice, allungando una mano. Tom lo guarda in modo strano, poi gonfia il petto e gli stringe la mano. Il mio cuore fa centomila capriole.
“Io sono Thomas” dichiara.
“E quanti anni hai, Thomas?” Mio figlio mette su il numero tre con le dita, orgoglioso.
“Tre? Sei un vero ometto allora!” esclama Louis. Tom sorride e annuisce. Ha smesso del tutto di piangere e la parte più nascosta di me sa anche il perché.
“Sei un amico della mamma?” chiede il bambino. Lui mi guarda.
“Diciamo di sì” dice poi. Dovrei intromettermi e mandare Louis via? O dovrei chiedergli di restare? E’ Tom a togliermi i dubbi.
“Mangi con noi stasera?” lo prega. Sospiro.
“Tesoro non credo che..”
“Tu vuoi che rimanga?” chiede Louis. Ha una ruga accentuata sulla fronte e le sopracciglia corrugate. Posso dire di conoscerlo abbastanza da sapere che sta pensando a qualcosa. Ma poi penso che non è vero che lo conosco. Non so ancora perché mi ha lasciata così.
Thomas annuisce e Louis lo imita.
“Allora resto” sentenzia. Spalanco gli occhi. Non credo di essere pronta a questo. Tom esulta.
“Aspetta, devi vedere questo!” esclama e corre di sopra. Io lo guardo allontanarsi, chiedendomi cosa volesse mostrare e a chi, soprattutto. Il silenzio tra me e Louis dura due secondi, è lui stesso a romperlo.
“Chi è il padre?” mi chiede diretto. La schiettezza lo ha sempre caratterizzato, tranne quella volta in cui mi ha lasciato ovviamente, per cui non mi sorprendo quando aggiunge: “Sono io?”
Non mi sorprendo, ma vado in ansia. Abbasso lo sguardo e mi porto un dito alla bocca, mordicchiando un’unghia.
“Chi è, Ellie?” insiste.
“Hai detto che somigliava a suo padre e guardandolo meglio è identico a me..” nota.
“Sono io?” chiede di nuovo. Ed io non posso fare altro che prendermi qualche secondo e annuire. Sento gli occhi bagnarsi, ma cerco di non farci caso.
Louis rimane immobile. Lo sento irrigidirsi e il suo respiro diventa più corto.
Lui allunga una mano e si appoggia al muro.
“Perché non me lo hai detto?” sussurra. Io lo guardo.
“Perché cazzo non me lo hai mai detto, dannazione!” urla poi. Cerco di rimanere calma, anche se comincia a farmi paura.
“Ho un figlio da tre fottutissimi anni e non ne sapevo niente! Ti rendi conto, Ellie!?” esclama.
“Non urlare” riesco solo a dire. Lui si volta verso di me e mi guarda.
“Non urlare? Come credi che mi senta a scoprire una cosa del genere dopo soli tre anni?!” sospiro.
“Te ne sei andato, senza mai darmi una spiegazione. E ho provato a chiamarti, ma non mi hai mai risposto. Non cercare di dare la colpa a me, Louis, perché qua se c’è qualcuno da incolpare, quello sei tu” sentenzio. La voce mi trema leggermente, ma appare comunque calma. Lui respira pesantemente, poi sposta lo sguardo sulle scale e posso giurare che tra un minuto scoppia a piangere.
“Guarda!” esclama Thomas scendendo. Louis si inginocchia di nuovo e osserva il disegno che mi aveva fatto vedere ieri e che non abbiamo ancora appeso.
“Questo è per il mio papà” spiega e le mie gambe non reggono. Mi siedo sul pavimento, portandomi la testa tra le mani. Louis non risponde.
“Mamma è pronto da mangiare?” chiede Tom. Io prendo un ultimo respiro.
“Ora vado amore” dico, prima di rialzarmi ed entrare in cucina.
Mi asciugo in fretta una lacrima, poi prendo una padella.
Questa serata sarà un disastro.


Giorno 7- martedì.


E’ quasi una settimana che Louis si è praticamente trasferito a casa nostra.
Non ho potuto negarglielo, forse non lo volevo neanche.
Thomas ride tantissimo quando c’è lui e non sta più avendo attacchi come quello di giovedì scorso. Ieri sera prima che si addormentasse mi ha chiesto se Louis fosse suo padre. Gli ho detto che ne avremmo riparlato oggi e lui ha sorriso, prima di chiudere gli occhi.
E’ ovvio che lo ha già capito.
Finisco di bere il mio caffè, poi sento qualcuno entrare in cucina.
“Ehi..” sussurra Louis.
“Giorno” rispondo.
“Tom si è già svegliato” dice. Poso la tazza nel lavandino e cammino verso la porta.
“Stavo pensando che magari.. ecco, se vuoi posso accompagnarti a lavoro..” mi blocca.
E’ vero che in questa settimana gli ho parlato più di quanto mi fossi aspettata, ma io e Louis non abbiamo ancora chiarito un bel niente.
Abbiamo parecchie cose in sospeso e nonostante sia qui, a me manca ancora da morire.
“Non preoccuparti, posso andarci da sola” rispondo.
“Non è un problema per me, volevo comunque portare Tom in giro..”
“Dove?” Lui alza le spalle.
“In giro” ripete. Annuisco.
“Va bene, vado a vestirmi”
“Certo” Esco dalla cucina e salgo le scale due gradini alla volta.
“Mamma!” esclama Thomas in corridoio.
“Tesoro, buongiorno!” lo saluto. Lui allunga le braccia ed io lo alzo per dargli un bacio.
“Dormito bene?” Lui annuisce.
“Louis?” chiede.
“E’ in cucina”
“Posso andare da lui?” mi domanda. Io mi limito a riportarlo a terra e vederlo correre al piano di sotto.
“Campione!” sento esclamare. Cerco di calmare il mio cuore e vado nella mia camera per vestirmi.
Quando torno al piano di sotto, sono entrambi già pronti.
Durante il tragitto in macchina si sentono solo la voce di Tom e le nostre risate alle sue battute strane. Amo quel bambino e non perché è mio figlio. E’ parecchio buffone, ma è adorabile.
“Mamma guarda! C’è Mike!” Volto lo sguardo fuori dal finestrino, verso il punto che mi sta indicando e vedo un bambino di tre anni che riconosco.
E’ un amico di Tom, spesso giocano insieme al parco.
“Sta andando a giocare?” chiede.
“Non lo so” ammetto.
“Posso restare con lui?”
“No, tesoro, magari lo incontri dopo”
“Ah.. okay” sussurra, abbassando lo sguardo. Io nascondo un sorriso divertito.
“Beh, magari..” comincia Louis.
“No, lascialo stare. Fa sempre così” lo avviso.
“Sì, ma guardalo..” cede. Tom accentua la sua faccina triste ed io rido.
“E’ identico a te” mi lascio sfuggire. Mi porto una mano alla bocca subito dopo. Louis si morde il labbro e guarda mio figlio dallo specchietto. La macchina si ferma ed io apro lo sportello.
“Aspetta” mi segue Louis. Scende dopo di me, Tom rimane in macchina.
“El senti.. mi dispiace sul serio. Lo so che non posso tornare qui e fingere che niente sia accaduto dopo tutto questo tempo e non ne ho intenzione, infatti. Però mi manchi. Mi manchi davvero, mi sei mancata tutto il tempo e continui a farlo ora e non so più cosa fare, sto impazzendo.. Tutto questo starti vicino senza poterti avere non mi fa bene e non sai quanto mi odio per averti lasciata così.. Ho solo un gran bisogno di ricominciare, di sentirti vicina perché è ridicolo da dire, ma non ce la faccio senza di te, io..”
“Mi hai fatto male, Louis..” lo interrompo. Lui abbassa lo sguardo, io sento i miei occhi lucidi.
“Tanto, troppo, non avevo più nessuno quando te ne sei andato e non so ancora perché lo hai fatto.. e mi chiedo, se non avessi perso il telefono la settimana scorsa, ti avrei mai rivisto?” sospiro.
“Io non credo e questo mi fa pensare. Tu non saresti tornato ed io avrei continuato ad aspettarti come un’idiota” dico ancora. Lui scuote la testa.
“Me ne sono andato perché mi sentivo un cretino ad amarti così tanto, contenta? Tutti i miei, i nostri amici si divertivano, cambiavano ragazza ogni settimana, massimo mese e lo facevano per divertimento, per gioco. Ed io invece ti amavo così tanto e stavamo insieme da più di un anno ormai e mi sentivo quello sbagliato. Volevo dimostrare a tutti che riuscivo a stare senza di te, ma non ci sono riuscito e poi me ne sono semplicemente fregato, perché l’importante eravamo noi due. Solo che era troppo tardi e tu te n’eri già andata. Non mi sto giustificando, lo so da solo quanto sono stato stupido e ammetto che fossi in te non so se mi perdonerei. Ma ti stavo cercando Ellie. Perché credi mi sia fermato quando ho visto la foto del blocco schermo? C’eri tu con un bambino che ero convinto fosse un tuo cugino o qualcosa del genere, ma c’eri tu! E quando ti ho vista tornare non potevo credere di averti trovata davvero. Non ti avevo lasciata andare del tutto, ti stavo cercando, Ellie” rivela. Sono senza fiato. Non mi sarei aspettata che fosse finito tutto per.. questo.
“Sì, ma Louis, non abbiamo più diciotto anni. Tutto questo non è più un gioco e tra l’altro, non si tratta più solo di me e te ora. C’è anche Thomas e l’ultima cosa che voglio è che lui soffra perché noi litighiamo o perché tu te ne vai ancora. Non lo sopporterei” ammetto.
“Non voglio andarmene, El. Sono stato già abbastanza idiota da farlo una volta, non ripeterò lo stesso errore.”
“Mi hai fatto male..” ripeto.
“Lo so, scusami”
“Lou, sarò una stupida, ma.. credo che Tom abbia bisogno di questo e comunque.. beh, mi sei mancato da morire” Vedo un sorriso nascere sul suo volto.
“Non ti sto dicendo di sì, subito” preciso.
“Tutto quello di cui abbiamo bisogno è.. tempo, immagino” lui annuisce.
“Me ne rendo conto” concorda.
“Però, Ellie? Lascia comunque che rimanga con te” mi chiede.
“Va bene, ma questo lo faccio solo per Thomas” accetto. Lui sorride, poi inaspettatamente, mi abbraccia. Resto un secondo sorpresa, poi cerco di ricambiare.
“Mi sei mancata tantissimo” sussurra.
Anche tu, Lou. Anche tu.
Mi sorride un’ultima volta, prima di allontanarsi. Saluto Tom che è ancora in auto, poi entro nel mio ufficio e cerco di concentrarmi. Magari oggi riesco a lavorare.


Giorno 12- domenica.


Mi ero ripromessa di non cedere e di farlo sforzare un po’, ma alla fine non ce l’ho fatta.
Io e Louis abbiamo ricominciato ad uscire insieme.
Certo, il fatto che lui ora praticamente viva da noi e che sia il padre di mio figlio ha accelerato parecchio i tempi, per non parlare del suo comportamento quando Tom lo ha chiamato d'istinto "papá" e da allora continua a chiamarlo cosí.. ma mi sento comunque una ragazza troppo facile.
L’ho perdonato, ma quello che mi ha fatto porta ancora i suoi segni.
Oggi abbiamo deciso di fare un pic-nic al parco.
Lui ha buttato lì la proposta, come se non ci pensasse davvero, ma poi Tom ha ingigantito tutto ed era così entusiasta di pranzare lì e di rivedere Mike che non abbiamo potuto dirgli di no.
D’altronde, a me non dispiace affatto.
Il problema è che l’orologio segna già l’una e noi siamo ancora a casa.
“Oh andiamo, siete pronti?!” esclamo, girando per casa per trovare quei due che sembrano spariti.
Che siano usciti senza avvisarmi?
“Un attimo!” l’urlo di Louis mi toglie i dubbi su quell’opzione.
“Che state facendo?” chiedo entrando nella camera di Thomas. Sono entrambi seduti a terra, uno di fronte all’altro e al centro c’è uno zaino rosso che stanno riempiendo di roba.
“Prepariamo la borsa!” esclama Tom battendo le mani.
“Volete portare tutte quelle cose?” Louis sorride ed alza le spalle.
“Non si sa mai” risponde. Io mi sbatto una mano in fronte.
“Dobbiamo stare lì solo qualche ora, che bisogno c’è? Neanche foste due ragazze, andiamo!” li riprendo, parlando però principalmente con il più grande.
“Ehi, anche i maschi hanno le loro esigenze. Giusto, campione?” Tom annuisce e continua a riempire lo zaino di giocattoli.
“Ma non li userà mai tutti quei pupazzi..”
“Oh dai, lascialo fare!”
“E’ già l’una, Louis”
“E allora? Non andiamo di fretta” Io sbuffo, poi mi appoggio alla porta per aspettare che finiscano. Louis sorride divertito.
“Io direi che basta così” lo sento sussurrare.
Thomas lo guarda. Prende un altro giocattolo e lo infila dentro lo zaino, poi si alza.
“Ora sì” Louis ride.
“Bene” chiude la zip e si mette la tracolla sulla spalla.
“Andiamo allora”
“Finalmente!” esclamo. Tom allunga una mano verso di me ed io la prendo per scendere le scale.
“Aspettate!” urla, tornando in camera.
“Che c’è ancora?” chiedo esasperata. Torna poco dopo con in mano il pupazzo dal quale non si separa praticamente mai, da quando Louis glielo ha comprato.
“Vuoi darlo a me, così lo metto nello zaino?” domanda il padre. Lui scuote la testa.
“No, lo porto io” dichiara.
“Ok, ora andiamo” sbuffo. Louis ride e mi circonda le spalle con un braccio.
“Hai fame, per caso?” chiede.
“No, per niente” mento.
“Certo, ci credo” ridacchia ancora.
Chiudo la porta di casa quando siamo tutti fuori e camminiamo verso il parco. Stringo la mano di mio figlio quando attraversiamo e accelero il passo.
Sento i battiti del mio cuore aumentare smisuratamente, mentre la presa si fa sempre più leggera.
“Mamma!” esclama. Mi fermo alla fine del marciapiede e lo guardo.
“Aspetta, l’ho perso!” urla lui. Lotta per liberarsi dalla mia presa e quando ci riesce corre indietro, verso la strada. Lo seguo, ma è stato più veloce di me.
Prende il suo pupazzo e si gira per tornare da noi.
“Corri!” lo esorto, mentre mi avvicino sempre di più. Lui mette un piede davanti all’altro e poi accade tutto in un secondo.
Una macchina sfreccia verso di noi, non l’ho neanche sentita arrivare.
Tutto ciò che riesco a fare è urlare il nome di mio figlio e immobilizzarmi, mentre l’auto lo colpisce inevitabilmente.
Guardo quella scena come se accadesse a rallentatore, sono terrificata, il mio cuore non smette di pulsare un solo istante.
I miei occhi si sbarrano a dismisura, ma il mio corpo continua a rimanere immobile.
Non sento, né vedo più niente. Né la macchina che continua la sua corsa come se niente fosse successo, né Louis che corre sulla strada, né la sua voce che parla con qualcuno al telefono.
Il mio sguardo è fisso su un punto vuoto della strada e le orecchie mi fischiano, ovattando tutti gli altri suoni.
Tutti tranne uno.
Mamma! La sua voce si ripete nella mia mente, più e più volte.
“Signorina? Signorina la prego, mi guardi!” qualcuno mi tocca la spalla, ma è un tocco lontano. Non lo sento davvero.
Solo quando cominciano a scuotermi, sposto gli occhi sulla figura di un signore anziano che mi sta davanti.
“Sta bene?” mi chiede. Apro la bocca per urlargli che no, è ovvio che non stia bene! Però non esce nessun suono. Niente di niente.
Sento qualcosa di salato toccarmi le labbra. Mi accorgo solo in questo momento di stare piangendo.
Sento una sirena avvicinarsi, il suono è ancora ovattato.
Conto tre secondi, poi vedo tutto nero e il mio corpo si accascia a terra.
Non è possibile.


Giorno 14- martedì.


Quando mi sveglio, la prima cosa che vedo è una porta bianca e grigia.
Ieri sera- anzi, stamattina- mi sono addormentata qui, dopo aver evitato di parlare con chiunque per tutto il giorno.
Mi metto diritta sulla sedia, ho la schiena a pezzi. Mi guardo intorno e vedo solo Louis accanto a me e qualche medico che corre avanti e indietro.
Mi alzo e mi avvicino al vetro della stanza.
Tom è ancora lì dentro. In ospedale.
I medici hanno detto che oggi potevamo portarlo a casa, per organizzare tutto meglio, ma io non voglio.
Voglio che rimanga lì finché non si sveglia, perché lui deve svegliarsi.
Poggio una mano sul vetro, seguita dalla mia fronte.
Il mio bambino..
E’ stato dentro di me per nove mesi, l’ho visto nascere, gattonare, camminare, ridere, dire la prima parola.. l’ho visto crescere così in fretta ed essere così allegro..
Pieno di vita, come dicevo sempre, e vederlo così fa più male di quanto chiunque possa immaginare.
Persino quando dormiva sembrava sempre così felice, divertito quasi..
Mi sto sforzando di pensare che stia solo dormendo, ma è la sua espressione a parlare per lui.
Il volto è pieno di graffi che si possono vedere anche da qui fuori ed ha un’enorme benda bianca in testa.
E’ chiaro che non sta dormendo. Inoltre, non sembra sereno. E’ solo.. vuoto.
Come me in questo momento, tra l’altro.
“Ti prego, ti prego, ti prego” comincio a sussurrare.
“Ti prego amore mio, svegliati” La mano che era poggiata sul vetro si stringe in un pugno e sento le lacrime bagnarmi le guance.
“Ti scongiuro” singhiozzo. Sono sfinita. Completamente distrutta, ho solo la forza di piangere.
Per la seguente mezz’ora nessuno mi disturba ed io continuo a pregare e piangere. Un medico entra nella stanza ed io provo a seguirlo.
“Mi scusi, non può ancora entrare” mi dice.
“Perché?”
“Dobbiamo fare gli ultimi controlli. Mi dispiace” spiega.
“La prego, solo qualche secondo. Sono due giorni che lo vedo solo da un vetro, la prego” Lui scuote la testa.
“Può entrare tra qualche ora, non si preoccupi” dice.
“Almeno fatelo svegliare” gli chiedo. Lui tentenna. Mi guarda e accenna un sorriso triste.
“Ci proverò ancora” mi assicura. Io mi passo una mano sugli occhi, mentre lui si chiude la porta alle spalle.
Mi siedo a terra accanto alla porta e appoggio la testa alle ginocchia.
Ho solo vent’un anni, non posso sopportare tutto questo.
Non so per quanto tempo rimango ferma in questa posizione, ma so che è passato abbastanza, perché Louis si è svegliato ed ora mi sta parlando.
“Ehi, come stai?” mi chiede. Io alzo lo sguardo su di lui e noto che è distrutto quanto me. Strano.
“Male, come vuoi che stia” ammetto. Lui mi abbraccia ed io non faccio niente per fermarlo. Ne ho bisogno.
“Andrà tutto bene, vedrai” prova a consolarmi. Ma lo so che non è così. Dentro di me, per quanto male faccia, so che non si aggiusterà niente.
Nonostante questo, le sue parole mi calmano un po’. Il medico di prima esce dalla stanza e noi scattiamo in piedi.
“Allora?” chiedo.
“Mi dispiace” è tutto ciò che dice.
“Potete entrare, se volete” aggiunge.
“Sì, ma come sta?” chiede Louis mentre io cerco di sbirciare dentro.
“La polizia sta cercando di rintracciare l’auto. Lo troveranno, alcuni passanti hanno letto la targa” svia il discorso. Perché?
“Dottore.. come sta mio figlio?” domando, cercando di mantenere la calma. Lui abbassa lo sguardo.
“Abbiamo fatto tutto il possibile” dice. Io non rispondo.
“Mi dispiace” ripete.
“Non ce l’ha fatta” conclude. Sento le gambe cedere, il mondo girare e la testa appesantirsi. Non ce l’ha fatta.
Mi faccio forza, solo per voltarmi ed entrare nella stanza. Chiudo la porta dietro di me, perché non ho bisogno di nessuno, devo restare sola con lui.
Mi avvicino al letto e sposto di poco il lenzuolo, solo per vedere il suo volto e prendergli la mano.
E’ così piccola e fredda..
Sento le lacrime scendere inevitabilmente. Sembra che non finiscano mai, piango continuamente da due giorni..
“Piccolo mio” sussurro.
Lo immagino mentre sorride, con gli occhi illuminati e lo sguardo felice, mentre mi chiama e allunga le braccia per farsi abbracciare.
Sorrido per un istante, poi guardo la realtà.
Lui è fermo lì. Non si muove, non respira, il suo cuore non batte più.
Non tornerà.
Mi manca l’aria, i miei singhiozzi sono l’unico suono che riempie la stanza e non so davvero come affrontare tutto questo.
Aveva solo tre anni, cazzo.
Perché?! Perché me lo hanno portato via?
Ridatemi il mio bambino, vi prego.
Stringo la sua mano ancora più forte, come avrei dovuto fare domenica.
E’ tutta colpa mia.
Mi dispiace così tanto, amore..
Poggio la testa sul letto, accanto al suo braccio e continuo a singhiozzare.
Non riesco a smettere.
Mi manca così tanto..
Tutto questo è assurdo. Me lo hanno portato via troppo presto, non è giusto, è assolutamente sbagliato e..
Ed io non sono tanto forte quanto sembra.
Un genitore non dovrebbe mai vedere il proprio figlio morire.
Non così, né in nessun altro modo.
Non dopo soli tre anni, non per una sciocchezza del genere!
Torno a guardare Thomas.
E’ troppo fermo, troppo calmo. Sono abituata a quel bambino che non si stanca un secondo, che sta sempre in movimento, che si sposta in continuazione.
Non ce la faccio a vederlo così.
“Ti amo, amore mio” è l’ultima cosa che gli dico, prima di baciarlo sulla fronte e lasciare che le mie lacrime gli bagnino il viso.
Poi mi alzo ed esco, perché non sopporto più di stare lì dentro.
Louis scatta verso di me, appena mi vede.
Non parla, sento solo le sue braccia che mi avvolgono ed io lascio che la mia disperazione venga fuori.
“Non è giusto, io non..” provo a dire. Lui mi stringe più forte ed io non trovo le parole.
Perché mi sta aiutando, certo, ma non è questo l’abbraccio di cui ho bisogno ora.
Quello non potrò averlo mai più.


Giorno 24- venerdì.


Louis si è comportato in modo esemplare in questi giorni.
Io sono rimasta chiusa in casa, sono uscita solo per il funerale e due giorni dopo, perché dovevo prendere aria.
Quel giorno stesso ho incontrato Mike, il bambino. Era con sua madre e stavano passeggiando.
Mi hanno visto e si sono fermati a parlare. Nonostante sua madre sapesse cos’era successo, Mike era ancora all’oscuro di tutto e non me la sono sentita di dirgli la verità.
Sono tornata di corsa a casa e da lì non sono più uscita.
Louis entra in camera mia, con un vassoio in cui ha poggiato un piatto ed un bicchiere.
“Ellie? Sei sveglia?” mi chiede. Io annuisco, anche se so che non può vedermi. La stanza è in completa oscurità.
Quando accende la luce mi lamento, ma non dico una parola.
Lui viene a sedersi accanto a me.
“Ehi..” sussurra,
“Ti va di mangiare?” mi chiede. Io scuoto la testa. Ho lo stomaco chiuso, non mangio da più di una settimana.
“Non ho fame” dico, sperando che ceda e mi lasci in pace.
A volte sono felice di averlo qui, in fondo ora è l’unica cosa che mi è rimasta..
Il fatto è che penso troppo spesso che per riaverlo ho dovuto perdere Tom e allora mi viene da urlare, perché se è questo il prezzo che dovevo pagare per avere Louis al mio fianco, non lo voglio più. E cavolo, lo so che non è una cosa bella- né normale- da pensare.
Farei di tutto per riavere mio figlio.
“El, devi mangiare, non puoi continuare così..” comincia.
 “Ehi, dai..” insiste. Mossa sbagliata. Non ho parlato per così tanto, ora le parole mi escono di bocca senza che neanche mi sforzi di pensarle prima.
“Ma tu cosa ne sai, eh?! cosa ne sai come ci si sente a vivere con lui per tre anni e vederlo sparire così?? A sentire la sua risata ogni giorno e le sue urla di gioia quando torni e poi aprire la porta di casa e trovare solo silenzio? Ad incontrare i suoi amichetti per strada che ti chiedono dove sia Tom e non sapere cosa rispondergli?! Cosa ne sai tu di cosa si prova a dover disdire l’appuntamento dal barbiere perché lui i capelli non li taglierà mai più? Tu non ne hai la più pallida idea, Louis, perché tu non ci sei stato e non capisci che non ho bisogno di mangiare! Vorrei solo che quel fottuto giorno non fosse mai arrivato e questo non è possibile, quindi no, non voglio mangiare, né dormire, né niente!” sbotto con la voce spezzata. Mi passo una mano tra i capelli mentre il mio viso è ormai inondato di lacrime.
Sento il respiro mancarmi quasi quanto mio figlio.
La consapevolezza che lui non tornerà indietro mi colpisce diritta al petto.
“Ellie, io non..” comincia Louis. Ma non riesco a sentire nient’altro, perché dopo un secondo svengo.
Questa cosa non la supererò mai.


Un anno dopo.


E’ già passato un anno.
Oggi è lunedì. L’anno scorso a quest’ora lo stavo guardando mentre preparava lo zaino, tutto soddisfatto.
Ora sono seduta al cimitero, davanti ad una pietra con il suo nome inciso sopra.
Fa male. Tanto.
Megan e Louis sono venuti con me. Louis sta cercando parcheggio, Meg è al mio fianco.
“Non posso ancora crederci” dice. Si porta una mano sulla bocca e trattiene un singhiozzo.
Io sono stanca di piangere.
“Piccolo mio.. dicevo sempre a tutti che eri un angioletto ma non pensavo lo saresti diventato così presto..” dice, facendomi irrigidire.
Faccio del mio meglio per non far scendere neanche una lacrima. Megan mi ha visto troppe volte distrutta, non voglio cedere un’altra volta.
Anche se è dannatamente difficile.
“Mi manca così tanto” continua la mia migliore amica, poggiando una rosa bianca sotto l’incisione.
Louis ci raggiunge poco dopo. Si inginocchia accanto a me e fissa la lapide. O forse la foto che c’è attaccata sopra.
“Avrei voluto incontrarti prima” mi sorprende dicendo. So a chi si sta rivolgendo. E so anche che in qualunque posto sia, quella persona lo sta ascoltando ora.
“Ho passato così poco tempo con te, amore mio.. Eppure in quelle due settimane mi sono affezionato così tanto a te.. mi manchi tantissimo” E’ un singhiozzo di Megan ad interromperlo.
“Scusa” sussurra quando Louis la guarda. Il suo sguardo si sposta su di me.
So che ha troppe cose da dire.
E so anche che è troppo orgoglioso per dirle davanti a noi.
“Meg, andiamo a farci un giro” lo aiuto. La mia amica per fortuna capisce e si asciuga le lacrime prima di alzarsi.
Giriamo per il cimitero, non che sia una piacevole passeggiata, ma devo farlo. Perché se fossi in Louis- così come se fossi in me, d’altronde- vorrei restare sola in questo momento.
Mi fermo solo ogni tanto per leggere qualche nome e qualche data. La maggior parte sono anziani. Chissà che vita avevano queste persone..
Lasciamo a Louis quindici minuti di tempo, poi torniamo da lui. Quando ci vede, si passa velocemente una mano sulle guance ed io mi ritrovo incredibilmente vogliosa di sapere cosa gli ha detto.
Ci scambiamo solo un paio di sguardi ed un sorriso.
“Ti aspettiamo in macchina” dice poi.
“Meg, ma tu..” comincio. Lei è stata pochissimo e conosco la mia migliore amica. So che voleva restare ancora.
“Non preoccuparti El, io ci torno dopo” mi sorride incoraggiante.
“Ow” borbotto.
“Okay, arrivo tra poco allora” dico infine. Loro annuiscono e Megan mi abbraccia prima di allontanarsi.
Mi siedo a terra con le gambe incrociate e provo a sorridere.
“Ehi piccolo, come va?” Alzo gli occhi verso il cielo, forse mi aspetto che risponda.
“Immagino bene.. mi manchi, sai?” chiedo.
“E’ già un anno che vivo senza di te ed è così difficile.. Ancora mi aspetto di sentirti urlare quando torno a casa. La tua stanza è ancora lì, nessuno ci entra da tempo, io non ho il coraggio di cambiare arredamento. Nessuno lo sa, ma spesso quando Louis non c’è a casa io mi chiudo lì dentro.. E ti sento, sai? Anche se non ti vedo, sento la tua presenza lì con me. Ci ho anche dormito un paio di volte. Le coperte portano ancora il tuo profumo. Anche dopo un anno. Mi manchi da morire piccolo. Non potevi stare un po’ più attento, eh? Ma non fa niente, alla fine non è colpa tua. La verità è che sono stata un’idiota, scusami amore. Avrei dovuto venire da te subito. Prenderlo io quel maledetto pupazzo. Tu saresti ancora qui ora ed io non mi ritroverei a chiedermi perché sia dovuto accadere tutto questo disastro. Non puoi proprio tornare?” Mi mordo il labbro inferiore.
“Magari chiedi a qualcuno lassù, magari ti lasciano tornare qui.. anche solo per poco” Sento gli occhi lucidi.
“Mi basta un abbraccio tesoro. Uno di quelli che mi davi tu, con la presa forte forte e il bacio. Darei di tutto per poterti abbracciare di nuovo. Che devo fare, Tom? Lo so che è strano che te lo chieda io a te, eri sempre tu quello che faceva mille domande al secondo perché era curioso.. ma io non sono curiosa. Ho bisogno di saperlo. Come faccio? E’ passato un anno e non so come, è troppo difficile andare avanti senza di te che giri per casa. Sul muro ci sono ancora le tue foto e i tuoi disegni, non posso semplicemente staccarli. Sono così belli tesoro, eri proprio bravo! Amavo i tuoi disegni, anche solo perché eri tu a farli e sapere che ora non ne riceverò più.. Non puoi neanche capire quanto male mi hai fatto andando via. Ah, una cosa buona è successa in quest’anno. Anzi, due. Vuoi saperle?” tiro su col naso, immaginandomelo mentre annuisce e batte le mani. Sorrido.
“La prima è che io e tuo padre abbiamo fatto pace. Davvero, stavolta” annuncio.
“La seconda.. sai che hanno trovato il mostro che ti ha portato via? Lo hanno preso amore. Ora è chiuso in carcere e non ci uscirà per un bel po’. Era un pazzo ubriaco.. non ho nemmeno avuto il coraggio di guardarlo in faccia. Lo so che questo non ha cambiato niente, certo tu non sei tornato da me, ma sai, anche la tua mamma è un po’ vendicativa. Ho solo avuto giustizia. Mi ha fatto sentire un po’ meglio questa cosa, ma solo per poco. Perché tu continui a mancarmi come l’aria e non so davvero come fare senza di te” Maledette lacrime che non sono riuscita a trattenere. Mi strofino gli occhi, deglutendo per sciogliere il nodo che mi si è formato alla gola.
“Ora devo andare tesoro, la zia e papà mi aspettano” dico, rimanendo però seduta.
“Ci vediamo al tuo compleanno” sussurro. Mi sporgo leggermente, per baciare la sua fotografia, poi mi alzo.
Una farfalla mi vola attorno e si ferma davanti a me. Poi si poggia sulla mia spalla.
“Ehi” sussurro voltandomi leggermente per guardarla. Lei non vola via, rimane immobile. Io guardo il cielo. E’ una stronzata, ma voglio crederci.
“Ciao Tom” sorrido. La farfalla si alza in volo e mi gira di nuovo attorno. Io la seguo con lo sguardo.
“Ciao amore mio” ripeto, mentre la guardo allontanarsi.
Scuoto la testa quando scompare dalla mia visuale, come per riprendermi. Poi cammino verso l’uscita e raggiungo la macchina di Louis.
“Ehi, tutto bene?” mi chiede lui appena entro.
“Sì, certo” mi limito a dire, accompagnando le mie parole con un cenno affermativo del capo. Louis mi sorride debolmente, poi si allunga verso di me per baciarmi. Ed io lo assecondo.
Senza curarmi di Megan che è seduta dietro di noi, senza preoccuparmi del fatto che siamo appena usciti da un cimitero, senza pensare che oggi è un anno che nostro figlio non c’è più.
Perché, certo, Louis non riempirà quel vuoto che Thomas mi ha lasciato dentro, ma a distrarmi dal pensarci ci riesce sempre.
“Grazie” sussurro sulle sue labbra.
“Ti amo” mi risponde lui. Ed io sorrido e lo bacio ancora, perché lo amo anche io, fin troppo.
“Ehi, qui ci sono anche io eh!” ci riprende Megan. E ridiamo, separandoci.
Sarà difficile andare avanti, ma ho ancora un ragazzo e la mia migliore amica e forse anche questo è un segno che Tom voleva mandarmi.
Gli ho chiesto come fare a vivere senza di lui e lui mi ha mostrato quanto bene mi facciano queste due persone.
Grazie tesoro. Ti amo da morire, non dimenticarlo.
Perché io non lo farò.








Premessa: siete libere di uccidermi per qualunque motivo vogliate farlo :')
Ahahah ciao!
Sono tornata, ennesima os, arancione, tanto per cambiare ahaha
E sì, il nome di Ellie mi piace troppo, ormai è la protagonista di quasi tutte le mie storie!
Sto sviando il discorso lo so.
Volevo dirvi che credo questa sia la prima ed ultima os drammatica che scriverò.
Primo perchè rileggendola, mi sembra ridicola ahaha
E poi perchè sono un'idiota e ho pianto troppo per scriverla.
Del tipo che ad ogni frase piangevo e no, non si può proprio fare.
L'ho scritta solo perchè avevo fatto un sogno e non potevo non metterlo nero su bianco, ma
dopo questa esperienza (fallita, tra l'altro) non credo mi cimenterò più in cose che
non mi appartengono per niente ahaha.
Mi dispiace che abbiate dovuto leggere tutto questo papiro, ma vi ringrazio di cuore se siete
arrivate fino a qui. Anche se già so che potrei contarvi sulle dita di una mano
e avanzerebbero pure ahaahahha
Ok, ora vi lascio.
Baci! <3 C.
  
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