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Autore: narcissus_kiss    28/08/2008    2 recensioni
"Bellatrix Lestrange è una lurida cagna.
[...] Ma, soprattutto, Bellatrix è pazza. Matta da legare. Non ci sta con la testa, dicono. E lei ride.
[...] Ma è sempre lei a condurre il gioco. Inevitabilmente.
Ed è un gioco da malati quello che conduce Bellatrix.
Introduzione modificata. E' vietato inserire il tag br alla fine della stessa.
Nausicaa212, assistente amministratrice.
Genere: Malinconico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Cagna
Genere: malinconico, introspettivo, song-fiction
Personaggi: Bellatrix Lestrange
Rating: giallo
Avvertimenti: one shot


Disclaimer: Bellatrix non mi appartiene (e meno male… pensata che incubo averla come animaletto domestico XD), bensì è proprietà della Rowling, ed io ci ricamo solo un po’ sopra assolutamente (mi pare ovvio) non a scopo di lucro.
La canzone è Legami dei Prozac+, secondo me adattissima a Bella.



Non voglio annoiarvi quindi smetto di parlare… vi chiedo solo qualche commentuccio, che fa sempre piacere. Sia chiaro: anche negativi, ma fatemi sapere se vi piace…

Detto questo… Buona lettura!



.:Cagna:.





Dicono che sono malata
che con la testa non ci sto più
dicono che sono bugiarda
che non capirò niente mai più

Quando passo dicono che ero bella
di una bellezza che se ne e' andata dicono che son rovinata ,
di un'intelligenza sprecata

Dicono che ho esagerato
che non mi sono mai mai fermata
dicono puttana e drogata: la fine che hai voluto tu

Dicono che sono andata
lontano e che non torno più
che al posto del cervello ho un bordello
che faccio schifo sempre di più...

Legami legami
Legami legami legami
Legami...


Bellatrix Lestrange è una lurida cagna.
Questa è stata l’ultima cosa che ha sentito dire di sé. Da un mezzobabbano qualunque, in mezzo alla strada. Così. Come se qualcuno potesse farlo e rimanere impunito.
Cagna. Cinque lettere. Si può morire per cinque stupide lettere?
Bellatrix sorride, rigirandosi fra le lunghe dita la bacchetta magica e riavviandosi un ricciolo nero dietro l’orecchio. Sì. Si può morire per così poco. Si può uccidere per così poco. E Bella non è la persona più condiscendente del mondo.

Si guarda allo specchio, seduta sul pouf di velluto cremisi davanti al tavolo da toilette.
Si osserva a lungo, minuziosamente, sollevando un sopracciglio con aria critica.
Bellatrix è molto severa con sé stessa, così come lo sono gli altri. E sa bene cosa dicano di lei: una bellezza che è andata, persa, bruciata. Strappata via dagli anni passati ad Azkaban e dalla follia, strappata via da una vita vissuta nel modo meno lineare possibile. E si vede dove le sue tracce sono evidenti: nelle guance troppo incavate, nelle palpebre perennemente a mezz’asta, le lunghe ciglia a nascondere gli occhi da pazza. Si vede nelle spalle troppo magre, che danno l’idea di potersi spezzare da un momento all’altro. Ma non è così. Bellatrix è più forte di quanto possa sembrare. E più micidiale e spietata di un qualunque altro Mangiamorte.

Ma, soprattutto, Bellatrix è pazza. Matta da legare. Non ci sta con la testa, dicono. E lei ride.
Ride davanti allo specchio, se pensa che quella feccia che le ha dato oggi della cagna ha anche aggiunto, mentre – dopo essere stato opportunamente rapito – si trovava a subire le sevizie della donna, un tu sei folle.
Folle? Sì lo sono. E ride, Bellatrix.
E crede di essere normale nella sua follia. Crede di essere qualcuno. Crede di avere il mondo ai suoi piedi.
Ma mente a sé stessa, Bellatrix. Inevitabilmente.
Perfino sua sorella non la capisce a fondo. Perfino sua sorella a volta ha un po’ paura di lei. Suo marito ancora non ha imparato a gestire quel fascino così terribilmente malato. Una moglie fuori di testa, terribile e sensuale, come una maledizione sussurrata da lei in un mormorio, con voce roca. Una moglie con cui c’è poco da scherzare, anche quando si produce in libere interpretazioni dei personaggi più disparati, a volte comportandosi da bambina, a volte da regina.
Ma è sempre lei a condurre il gioco. Inevitabilmente.

Ed è un gioco da malati quello che conduce Bellatrix. E il gioco di una mente che è andata perduta per sempre. Lasciata fra le buie mura di una cella e, prima ancora, donata in pegno d’amore all’unico che possa essere il giusto leader della sua follia. Giurando la sua fedeltà a Voldemort, Bellatrix gli ha donato anche la testa. E quel poco di lucidità che poteva esserle rimasta ci hanno pensato i Dissennatori a strappargliela via.

E pensare che un tempo era brillante. Si raccoglie i capelli in alto, scoprendo il viso triangolare, aguzzo, e li appunta con uno spillone. Le labbra rosse e lucide spariscono per un attimo sotto i denti, che le mordicchiano con forza eccessiva. Sì, pensare che un tempo era fra le studentesse più brillanti. Un’intelligenza del tutto sprecata. Buttata via in nome di ideali malati. Abbandonata passo passo, ad ogni maledizione pronunciata dalle sue labbra, ad ogni fattura scagliata dalla sua bacchetta.
Rovinata.
Bellatrix Lestrange è rovinata. Per sempre. E si alza, fino ad arrivare allo specchio grande, quello a figura intera, dove si osserva, aprendo la vestaglia. Troppo magra e troppi muscoli nervosi, pronti a scattare, sotto la pelle. Bellatrix è un fascio di nervi ed ossa. Eppure il suo seno ancora ricorda lo splendore che era un tempo il suo corpo.
Richiude la vestaglia lentamente. A lei non dispiace quello spettacolo. Lei si trova bellissima. Lei è bellissima nella sua mente. Deviata.
Sa di portare addosso uno ad uno tutti i segni della propria autodistruzione. E si avvicina al comodino, e vi tira fuori una scatoletta smaltata. Bellatrix Lestrange non è capace di stare bene senza. La apre, e la polvere rosata sembra cipria. Forse suo marito ancora finge di credere sia cipria. Una cipria speciale, procuratale da un rivenditore di fiducia a Nocturn Alley. Una cipria che può dare la felicità. Ne prende un pizzico, lo accosta alle narici, butta indietro la testa ed inspira con forza.
Per il momento è sufficiente.

Solo Lucius conosce questa sua passione segreta. Per caso, dopo averla spiata. O forse l’ha capito perché ne fa uso anche lui. Una volta le ha dato della puttana drogata, e ha sputato ai suoi piedi. Terribilmente ipocrita, eppure da una parte ha inevitabilmente ragione.

Ma in questo momento poco le importa. Il suo cervello sta schizzando in alto ed il suo corpo si sta rianimando, con una morsa allo stomaco. Un altro pizzico che tira su con un entusiasmo rabbioso, le narici frementi.
Esagera sempre, Bellatrix. In qualunque cosa faccia. Esagera nel voler vivere al massimo una vita che la vede prigioniera e senza più vie d’uscita. Esagera nell’odiare. Esagera nell’uccidere. Ogni cosa per lei è come una coppa di vino elfico da cui bere. Non si limita ad assaggiarlo però, no. Lei lo trangugia, lo beve a grandi sorsi, rischiando di strozzarsi. Assapora, anche, ma con la furia di un assetato. Ed è un sapore d’insoddisfazione che le rimane, tanto da dover attingere subito al prossimo calice.
Si è sempre spinta troppo oltre.
Ha superato quello che si dice il punto di non ritorno. Non può semplicemente fare retromarcia. Si è creata un personaggio da cui non può più sottrarsi, e che negli anni le si è attaccato addosso, facendo di una maschera il suo vero volto.

Avrebbe bisogno di un punto fermo, Bellatrix. Ma non lo avrà mai. Si è spinta troppo in là. E avrebbe bisogno di qualcuno che la afferrasse e legasse, e trattenesse. Avrebbe bisogno di qualcuno che possa salvarla.
Ma a nessuno interessa salvare Bellatrix.
Neanche a sé stessa.





  
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