Purgatory v
Se Dio ha
potuto fare questo,
allora Hitler
fondamentalmente non si sbagliava.
...Sembra facile.
Ma seduto
così, alla scrivania, davanti allo schermo ronzante. I tasti sembrano troppo
duri da battere. Non so cosa scrivere.
Mi ha chiesto di rievocare. Mi ha detto che mi farà bene, e che la testimonianza di uno
scrittore famoso sarà interessante per il pubblico. Di solito per scrivere un
romanzo bastava partire con la prima frase, e subito dopo tutto
veniva spontaneo. Ma così non ho idea di come
cominciare.
“Adesso è tutto passato”.
Mi sono davvero lasciato alle
spalle tutto?
Come posso cominciare, con la
terra che ha iniziato a tremare? Con la gente che correva, scappando, e il mare
che si abbatteva su di loro fagocitandoli con la furia di una valanga di
pietre?
Non so quanto ci sia voluto perché il mondo intero sembrasse niente più che
una casetta in una palla di vetro. Ma anziché neve
dentro c’erano brandelli di vestiti, brandelli di pelle, brandelli di tutto,
non c’era più una sola cosa intera dopo che il mare aveva devastato ogni cosa. Dio aveva trasformato tutta quella gente in cadaveri perfettamente
anonimi, perfettamente uguali.
Forse sarebbe interessante se scrivessi
come sono sopravvissuto. La verità è che non ne ho idea. E
non riuscirò a sbattere su un tavolo la verità nuda e cruda, non adesso. Non ci
riuscirò mai più, credo.
Alla televisione dicono che l’asse terrestre si è spostato. Un telegiornale
mi era quasi sembrato degno di rispetto per aver mandato delle immagini senza
commento, almeno fin quando non ha cominciato ad insistere
sui pianti della gente. Forse non riesco a scrivere perché non me la sento di
destinare a qualcuno quello che potrebbe venir fuori. Non sono sicuro che ci
siano persone che possano meritarselo. Ed era uno strazio vedere migliaia di
candele accese sui davanzali, come durante la Santa Processione, candele di
migliaia e migliaia di ipocriti che in qualche modo
tentavano di salvare la loro coscienza sporca.
Ce li ho avuti nelle orecchie, i
pianti che loro possono soltanto immaginarsi.
Mi sembra ancora di sentirli, da
quanto ne sono stato circondato. Quelli che erano rimasti vivi correvano e si
buttavano in mare alla ricerca della gente che avevano perso. Piangevano e
gridavano e chiamavano i loro dispersi. Poi hanno cominciato a volere l’acqua.
Poi sono passati giorni e giorni e non c’erano altro
che giornalisti con le telecamere dagli elicotteri, e gente che continuava a
gridare, come una massa di dannati all’Inferno.
Non sentivo più la fame. Vedevo
tutto a rallentatore. Avevo sbattuto la testa da qualche
parte, il sangue mi bagnava la schiena.
Non posso scrivere. Non posso riscrivere tutto adesso.
Quanto
poco ci ha messo Dio per giudicarci. Quanto poco ci
ha messo per decidere che il pianeta doveva scrollarsi di dosso questi
parassiti.
Non posso non scrivere. Mi ha detto di scrivere.
Sì, dopotutto potrebbe essere
interessante. E magari porterei una testimonianza.
Magari qualcuno, leggendola...
...
Cosa?
Leggendola ...cosa?
Lo scriveranno sui libri di
storia, un giorno, se ci sarà tempo per noi per arrivare al
giorno in cui la ferità sarà tanto cicatrizzata da potersi chiamare “storia”.
Qualcuno forse si commuoverà.
Ma nessun
libro di storia e nessuna testimonianza sarà mai abbastanza precisa. Loro non
sapranno mai il dolore della gente schiacciata sotto mattoni e travi di legno,
i corpi galleggianti in acqua nudi o seminudi, la sabbia e il sale in bocca
impastati con il sangue, i pianti che vengono da lontano come uno stridore
disgustoso – ad un tratto, tutti uguali, tutti identici – tutti cani insepolti senza più un ricordo. Bruciati.
Bruciati, già. Fosse
quello il punto. Fosse quello il cambiamento. Il punto
è che erano tutti morti.
Era un regno di cadaveri.
Dio aveva
ripulito il Purgatorio come Hitler voleva ripulire il mondo.
Tutto ciò che loro potevano
meritare, tutto ciò che quella gente poteva meritarsi, nel bene e nel male, era
cancellato da un solo e unico verdetto – la morte – e tutto ciò che loro
avevano fatto in vita non contava più niente, ora che erano tutti cadaveri che
rischiavano di trasmettere epidemie, alla stregua di ratti morti. C’erano fra
loro i vuoti di mente, gli idioti, gli imbecilli, come c’erano fra loro le
perle rare, i geni.
Cadaveri
galleggianti e fracassati, col grido della malora rimasto negli occhi ribaltati.
Al mondo fanno tutti ugualmente
compassione, non importa quello che hanno fatto, perchè la massa questo non lo
saprà mai. Non so se avrebbero pianto allo stesso modo
se avessero saputo che fra tutti quei morti c’era anche un serial killer.
E perché
no? Perché non avrebbero dovuto farlo?
Erano tutti morti. Non
raccontavano più niente, solo desolazione.
La sabbia
che gratta sotto la pelle. L’acqua salata
che affoga il cervello. La morte che si impone
su qualsiasi cosa, su una distesa di granelli di sabbia che non hanno più una
loro singolarità, che sono ormai un’unica distesa, come una spiaggia, una
spiaggia di morti.
Ed era proprio come
essere in una boccia di vetro, sì.
C’era stato un istante, prima che
sentissi schiantare grida da tutte le parti, c’era stato un istante in cui il
silenzio era stato totale. Non era possibile sentire niente. Era davvero una
bolla di vetro. C’era solo un fischio ronzante, sembravano i timpani distrutti
dal frastuono infernale che c’era stato solo un attimo prima, i timpani che
stridevano, dopo che la bocca del Cielo si era spalancata. Quando
tutto era esploso sul purgatorio.
Ebbene, questo
come posso scriverlo?
Come si può spiegare la totale assenza? Il niente? Il nulla dopo che un
cataclisma che sembrava sboccato dall’universo aveva travolto senza distinzione viventi e non viventi, bambini e vecchi,
animali e piante, maschi e femmine, puri e peccatori, case e negozi e tutto il
resto.
Il volto di Cristo su quella
croce, quel volto di bronzo appeso al muro, per un
attimo mi sembra gridare. Non so bene se è il dolore, non ne sono sicuro. Il
volto che mi è rimasto fisso in testa per tutto quel tempo, prima che mi
trovassero sotto le rovine di un bar.
Chissà se c’è mai stato un motivo per cui qualcuno è rimasto vivo mentre qualcuno è morto.
Ad un tratto non ero più un essere
umano.
Un solo pensiero, e mi sono
accorto che non avevo più rispetto per niente. Non ero sicuro che i morti
meritassero più rispetto dei vivi, o almeno più reverenza, ma non credevo
nemmeno che i vivi sofferenti valessero tutta quella compassione. Era un
pensiero inumano? Era bestiale, immorale, che cos’era?
Non provavo più niente vedendo
tutti quei morti, quei tumuli di morti, quelle cataste
di morti.
Se Dio ha
potuto fare questo, se Dio è perfetto, allora il principio di Hitler,
fondamentalmente, doveva essere giusto.
Che cosa ha
fatto, se non la pulizia? Ha tolto dal mondo quelle che lui definiva impurità,
incrostazioni, ha giudicato secondo il suo principio come Hitler giudicò secondo il proprio. E in
qualche modo c’è sempre chi non è d’accordo.
Come farà quella gente ad
accettarlo?
Non piangono per niente. Piangono
perché non doveva succedere. Perché a loro a questo punto sarebbe bastato non essere mai nati affatto, piuttosto che vedere tutto ciò.
Eppure per Dio è stata una cosa giusta. Forse c’è
qualcosa che ha mosso la sua mano che noi non possiamo capire. Qualcosa di estremamente giusto che a noi non apparirà mai lampante.
Ha piantato in vena l’ago di un
vaccino che come al solito distrugge qualche pecora
insieme con i lupi. Distrugge milioni di particelle buone di ogni
tipo allo scopo di ripulire completamente il corpo da quelle cattive.
Cosa dobbiamo
aspettarci la prossima volta, una pioggia di meteore, un terremoto che farà
sprofondare interi continenti nel magma, un’invasione delle locuste, che cosa?
Dio ci ha dato un avvertimento, o l’avvertimento è già
passato da un pezzo e sta solo organizzando la Terra per ammazzarci tutti?
A me si erano seccate tutte le
lacrime.
A me era parso che non ci fosse
niente di giusto. Non sapevo di chi era la colpa.
Avevo sangue nella bocca e non ero
più capace di ragionare come un essere umano.
Questo, come faccio a scriverlo?