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Autore: Lurilala    08/07/2014    5 recensioni
[1280 parole] [One-shot] [Saru centric]
[Con la gentile partecipazione di un padre totalmente inventato da me //]
[Ringrazio MarinaDust 99, che mi ha gentilmente fatto da beta]
**
Il bambino li guardò intensamente, incuriosito, poi rise gorgogliando e una sottile luce viola gli illuminò lo sguardo, mentre gli occhialoni si sollevavano appena sul petto dell'uomo, circondati da un'aura scura.
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-T-Tu... N-Non hai paura d-di me, v-vero?- singhiozzò Saru, abbandonandosi fra le braccia dell'uomo.
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Riuscì solo a pensare, guardando il cielo nero, che ora non c'erano più occhi identici ai propri. Ora era davvero solo.
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-Diamo fuoco a tutto.- esclamò Saru, mentre il suo sorriso acquistava sfumature di vendetta.
Tutto bruciò e non rimase che polvere.
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E Saru sa che in fondo è tutta questione di sguardi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gillis, Nuovo personaggio, Saryuu Evan - Saru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questione di Occhi ~ Occhi che si eclissano e Occhi che continuano a brillare

Una risata. Due manine che si tendono. Occhi che brillano.
L'uomo sorrise, osservando il piccolo a terra.
Saru, che ancora non aveva imparato a reggersi sulle gambette goffe, gattonava ai suoi piedi, ridendo con un gorgoglio infantile.
Il padre si chinò e prese in braccio il bimbo.
Il piccoletto lo guardò con quei grandi occhioni indaco, che brillavano curiosi, e tese le manine verso il viso dell'uomo.
Rise, l'adulto, accarezzandogli i capelli biondo chiaro, mentre il bambino afferrava deciso gli occhiali da aviatore allacciati al collo dell'uomo.
-Ah, Saru, ti piacciono questi?- il padre si sfilò gli occhiali e li mise al piccolo; però erano troppo grandi e gli scivolarono sul nasino, mentre il bambino rideva gioioso.
-Quando sarai grande saranno tuoi.- disse l'uomo, dando un buffetto sulla guancia di Saru e allacciandosi gli occhiali al collo.
Il bambino li guardò intensamente, incuriosito, poi rise gorgogliando e una sottile luce viola gli illuminò lo sguardo, mentre gli occhialoni si sollevavano appena sul petto dell'uomo, circondati da un'aura scura.

Tramonto. Piedi che calciano un pallone. Occhi bassi. Occhi cupi.
L'uomo prese il pallone da calcio fra le mani e lanciò uno sguardo al ragazzo.
Aveva compiuto otto anni da poco, ma i suoi occhi, al contrario di quelli dei suoi coetanei, non brillavano.
Saru teneva lo sguardo basso, torvo, dannatamente cupo.
-Facciamo altri due tiri?- domandò l'adulto, allungando il pallone verso il figlio, che gli indirizzò uno sguardo furioso.
-Adesso basta! Smettila di fare così!- sbottò infatti, quasi urlando, e il padre riconobbe l'ombra del pianto nel suo tono. Decise di fingere di non averlo notato.
-Così come?- domandò infatti, abbozzando un sorriso, forse tentando di far calmare il ragazzo.
-Io non ti sopporto! Continui a far finta di niente, e io ti detesto per questo! So che mi disprezzi come tutti gli altri, almeno dimmelo, perchè io non ce la faccio più!- gridò, un rabbia furente che ribolliva nelle sue parole, gli occhi oscurati da una tempesta di risentimento.
Il sorriso dell'adulto si spense. -Io non ti disprezzo affatto.-
-Invece sì! Hai paura di ammetterlo, eh?! Tu hai paura di me!- urlò ancora, lo sguardo eclissato dalle lacrime, mentre intorno a lui cresceva un'aura oscura.
Il padre inarcò un sopracciglio a quella vista, ma poi sospirò, quasi arreso.
-Calmati. Non c'è alcun bisogno di urlare.- disse con tono piatto, poi si avvicinò e abbracciò il ragazzo, che scoppiò a piangere.
-Ssshh... Va tutto bene. Va tutto bene, Saru.- lo strinse forte, per fargli capire che lui c'era e ci sarebbe sempre stato.
-T-Tu... N-Non hai paura d-di me, v-vero?- singhiozzò Saru, abbandonandosi fra le braccia dell'uomo.
-No... Io non potrei mai avere paura di te. Sei mio figlio, non mi vuoi fare del male. Solo che non riesci a controllarti.- gli accarezzò il viso, togliendo le lacrime con le dita.
-La mamma ha paura.- mormorò il ragazzo con un fil di voce, abbassando lo sguardo. -Io ho paura.-
-Perchè hai paura, Saru?-
Lui alzò lo sguardo, improvvisamente ferito e il padre li vide. Quegli squarci in fondo ai suoi occhi. Quel terribile senso di colpa.
-Sono sbagliato.- il ragazzo abbassò gli occhi, senza avere il coraggio di alzare la voce.
-Ehi, e questo chi te l'ha detto? Tu non sei sbagliato. Saru, abbiamo gli stessi occhi. Non c'è nulla da temere, perchè io sono qui. Puoi sempre contare su di me, okay? E quando ti sentirai giù, ricordati che io ci sono. Ricordati che puoi sempre contare sui miei occhi.- l'uomo aveva una voce calda e un sorriso rassicurante, una luce speciale in fondo a quelle iridi identiche a quelle del figlio.
E Saru sapeva che lui non stava mentendo. Per uno stupido attimo, credette davvero di non essere sbagliato.

Un telefono. Una porta che sbatte. Schiaffi. Lacrime.
Saru all'inizio non comprese.
Suo padre era andato a lavorare in fabbrica, quel giorno come sempre.
Ormai era notte inoltrata, ma lui non era ritornato a casa; sua madre era rimasta attaccata al telefono tutta la sera, preoccupata, fino all'arrivo di quella telefonata.
Era esploso un impianto e c'erano stati dei feriti, molti dei quali gravi. Solo due uomini erano morti. E uno di loro era Toji Evan.
Il ragazzo si chiuse in camera, dopo aver origliato quella telefonata, ma subito la porta si riaprì e sbattè con un tonfo.
Uno, due, tre schiaffi. Saru rimase immobile, senza quasi sentire dolore.
La donna piangeva e urlava, sconvolta dalla notizia ricevuta.
Saru cercava solo di capire perchè la madre lo stesse incolpando della morte del marito. Perchè lo stesse picchiando. Non aveva senso. Dopotutto, lui non aveva fatto niente.
Non reagì a quei colpi, aspettò semplicemente che la furia della donna scemasse.
Poi, quando vide che le tremavano troppo le mani e che gli schiaffi diminuivano di intensità, la prese per i polsi e la accompagnò in camera; la mise a letto e le rimboccò le coperte, poi si alzò e uscì di casa.
Riuscì solo a pensare, guardando il cielo nero, che ora non c'erano più occhi identici ai propri. Ora era davvero solo.

Sera. Polvere da sparo. Fumo. Morte. Una casa che crolla.
Saru alzò lo sguardo su quel palazzo, una metà fatta saltare in aria e l'altra metà traballava appena.
Sospirò ed entrò, entrò in quell'appartamento che conosceva troppo bene. Aveva passato dodici anni della sua vita lì dentro, otto con suo padre e quattro senza.
Non aveva più intenzione di tornare là. Ma doveva ancora prendere una cosa che gli spettava di diritto.
Attraversò il corridoio e passò oltre senza troppo interesse.
Tutti i soprammobili erano a terra in frantumi e gran parte dei mobili erano rotti; tutte le finestre spaccate e frammenti di tende che svolazzavano insieme alla cenere.
Avrebbe dato fuoco a quell'appartamento appena uscito da lì. Però c'era qualcosa che non doveva essere divorato dalle fiamme.
Entrò nella camera dei propri genitori. Individuò fra le coperte del letto disfatto il corpo morto e insanguinato di sua madre. Lo fissò qualche secondo, ma poi distolse lo sguardo.
Camminò diritto verso il comodino di fianco al letto. Secondo cassetto, quello che la donna gli aveva sempre vietato di aprire.
Dentro c'erano solo pochi affetti personali. Un paio di lettere, una rosa esiccata, qualche collana. Quando vide quello che stava cercando, i suoi occhi brillarono.
Raccolse dal cassetto un paio di occhialoni da aviatore. Erano gli occhiali di suo padre, quelli che lui gli aveva destinato.
"Quando sarai grande saranno tuoi", c'era scritto su un piccolo foglietto attaccatto alla lente.
-Che ne dici papà, sono grande abbastanza?- domandò al vento, ridendo un po', strappando via la dedica e mettendoseli sulla fronte.
Frugò fra gli altri oggetti fino a trovare un paio di guanti bianchi, quelli che l'uomo indossava alle cerimonie.
Li infilò e sorrise.
Non ha senso restare in un casa vuota. Una porta che non si apre. Un telefono che non squilla. Un posto dove non c'è nessuno.
Senza che se ne accorgesse, iniziò a correre, il cuore in gola, come se fosse inseguito da qualcosa, o qualcuno.
Quando fu fuori, andò incontro a Gillis, che lo osservò scettico, stupito da quel sorriso gioioso che campeggiava sulle labbra dell'imperatore.
-Diamo fuoco a tutto.- esclamò Saru, mentre il suo sorriso acquistava sfumature di vendetta.
Tutto bruciò e non rimase che polvere.

Ma Saru sa come fare.
Basta guardarsi allo specchio e scoprire nei propri occhi quelli del padre.
Perchè può sempre contare su quegli occhi, è stato l'uomo a insegnarglielo.
E ora l'unico a possedere quelle iridi è l'imperatore della Feida, colui che sarà il leader del mondo.
E Saru sa che in fondo è tutta questione di sguardi.
Sa che in fondo può contare solo su se stesso.













Ehi MondoH <3
Eccomi qui con una bella shot su Saru **
Vi ero mancata, neh? Ammettetelo XD
Sappiate che sarò sul fandom molto random, quindi non aspettatevi di vedermi molto spesso uu
E poi con l'estate l'ispirazione parte in vacanza, quindi... -.-
Ma basta essere depressi! Parliamo della shot :3
Allora, il personaggio di Toji Evan è totalmente inventato da me, perchè sì uu
Ho pensato che Saru doveva avere un buon rapporto con il padre, anche perchè a me Saru sembra geloso di Fei e Asurei X°D
Non sono normale, giàààà XD
E poi, non trovate che Saru sia tenerissimo da piccino? **
Okay, ora la smetto. ;)
Ringrazio MarinaDust 99, che mi ha sopportato per tutti questi giorni <3<3
Ora vi saluto sul serio **
Ciau ^^/
Lucchan
  
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