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Autore: Dark_Nora    08/07/2014    0 recensioni
"Il rumore più spaventoso che esista è il silenzio. E' profondo. Non sai mai cosa ne segue. L'ansia dell'attesa ti uccide". Il cuore delle persone prive di speranze e desideri. Vuoto. Oscuro. Silenzioso. Questa è la storia di una ragazza che cercava la felicità e trovò la follia.
Genere: Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 4                 Pain


Alzai il telo delicatamente... con mia grande sorpresa, sotto di esso c'era una strana bambola a grandezza naturale piena di sangue. Era svestita, aveva i capelli spettinati e incurati. Graziosa, ma inquietante.

Tirai un sospiro di sollievo nel vedere che quello sotto al telo non era un cadavere. 

Sul suo corpo era incisa una parola: Pain.
Dolore.
Teneva tra le mani un foglio arrotolato, chiuso con un nastro rosso. Rimasi perplessa notando che nonostante il luogo in cui mi trovavo fosse rozzo e incurato, quel foglio era pulito, ben fatto, scritto con una calligrafia curata e elegante. Mi parve quasi di riconoscerla.


 Ciao Nancy. Per il momento non ti rivelerò la mia identità. Voglio solo spiegarti tutto ciò che dovrai fare: forse sarà doloroso e duro, ma alla fine ne trarrai qualcosa di positivo.
Una persona a te cara  in questo momento non è al sicuro. Se vuoi salvarla rimanendo in vita, tieni a mente che l'unica via di uscita è la gabbia. Forse penserai che dare retta a un messaggio trovato in un luogo inospitale e sporco non abbia senso, ma in fondo hai altre possibilità? 



Inizialmente, non riuscii a comprendere la situazione in cui mi trovavo. Ero molto preoccupata perchè la persona a me cara di cui parlava il messaggio era sicuramente Jenny, oppure Annie. In effetti, anche lei era sparita ora. 

Rimasi per un po' senza parole, riflettendo sulle parole che avevo appena letto.

Poi, mi alzai. 

Mi trovavo in una strana sala, simile a una prigione, attrezzata di strumenti di tortura. Era piccola, tuttavia potevo perfettamente vedere la piccola gabbia davanti a me. 
Incerta, ci entrai. La piccola porta arrugginita si chiuse automaticamente. 

A quel punto, sentii una mano fredda toccarmi la spalla e mi girai di scatto.
Dietro di me, due individui simili a dei medici mi fissavano. Avevano il volto coperto da una mascherina bianca.

Uno dei due si affrettò a montare una barella e  mi ci legò senza troppa fatica, mentre io provavo ad opporre resistenza.
I due cominciarono a prendere degli spaventosi attrezzi, pronti a utilizzarli. Erano appuntiti e affilati, la maggior parte arrugginiti e sporchi di sangue.
Entrambi presero dei piccoli coltelli, e me li puntarono addosso.
Spaventata, provai ad allontanarmi da loro, con scarsi risultati.
Cominciarono a fare dei tagli sul mio corpo e io, terrorizzata, mi girai dall'altra parte per non vedere ciò che mi stavano facendo. Sentivo la mia pelle che veniva lacerata e non riuscivo neppure a urlare. La paura e il dolore mi impedivano di emettere suoni.

 Il tempo mi pareva interminabile. 

Pain... dolore... era questo che intendeva? Ma per quale motivo?

Non riuscii a rispondere alla mia domanda.
Quando fui certa che i due avessero smesso, riaprii gli occhi. I due medici pazzi erano spariti, tuttavia ciò che vidi fu disgustoso.

" Ormai è finita per me" pensai.
Avevo tagli ovunque, potevo perfino intravedere le ossa fuoriuscire dalle ferite.
Il mio addome era completamente aperto, lasciando scoperti i miei organi interni. 
Non riuscivo a respirare per via della paura e dell'agitazione, e smisi di agitarmi nel tentativo di liberarmi dalle corde.
                         
                                                                               *                           *                           *

Mi svegliai di soprassalto, sudavo freddo. Ero appoggiata al muro della piccola prigione. 
Non era possibile ma, non c'era nessuna gabbia. Non avevo alcuna ferita addosso.

Tuttavia, ora c'era un'altra porta di legno oltre quella che conduceva alla sala rossa. Prima, questa non c'era.
Confusa, la aprii.

Forse, sarà meglio che mi abitui alle stranezze di questa casa.

  
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