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Autore: Blueeyedgirl    09/07/2014    3 recensioni
Vi siete mai chiesti qual era la vita di Rue prima degli Hunger Games? La Collins non ne parla, addirittura non cita nemmeno il suo cognome. Beh, questa fanfiction è raccontata dal punto di vista della sua famiglia.
NdA: ho inventato sia il cognome di Rue e Thresh, sia i nomi dei loro familiari e di altre persone del Distretto 11 che nel libro non vengono nominate. A me sembra che suonino bene, spero che voi penserete la stessa cosa :)
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Do you hear the people sing? 
Singing the song of angry men,
It is the music of the people
 who will not be slaves again...


La notte è silenziosa. Non si odono voci o rumori, nel vicolo circondato sui lati da casette di legno: l'unico suono che si può sentire ora è il lieve vagito di un bambino. Proviene dalla casupola più storta e malconcia di tutte. 
"Heather!" chiama l'uomo dalla pelle scura e dai capelli ricci, rivolto a una bimbetta che sonnecchia distesa su un materasso "Vieni, vieni a vedere la tua sorellina!" La bambina si avvicina al letto più grande trotterellando dietro al padre; dentro c'è una donna dal viso lucido di sudore, ma sorridente: mostra alla bambina un fagottino scuro da cui spunta un faccino rugoso di neonata. La piccola Heather Robinflower, sette anni appena compiuti e un buco al posto degli incisivi, osserva con la fronte corrucciata la bambina: è proprio bruttina, con quella faccia rossa, gli occhi stretti e niente capelli sulla testa. Un rivolo di bava scivola giù dalla boccuccia della neonata e Heather, un po'
schifata, guarda il padre perplessa. Non si aspettava proprio che sua sorella sarebbe stata così.
"Si chiama Rue, tesoro." le dice suo padre "Tu sei la sorella maggiore: le dovrai insegnare molte cose, e soprattutto dovrai proteggerla, ok? È questo che fanno i fratelli maggiori." Le sorride e passa la bambina alla madre, la quale
inizia a canticchiare un motivetto di quattro note cullandola. E anche Heather sorride alla piccola Rue. "D'accordo, papà." dice, e lo pensa davvero. Perchè pensa solo che è talmente piccina e indifesa, quella bambina che sembra una bambola. Ha bisogno di una sorella, una sorella grande, si dice orgogliosa, che la difenda e le insegni tutto quanto. E la sorella grande che avrà Rue sarà lei, Heather.

Melita Lovett è una donna dai ricci verde foresta ornati di frutta finta. Ogni anno Heather, guardandola, non può fare
a meno di pensare che le gemme del suo vestito basterebbero a sfamare per tre mesi un'intera famiglia del Distretto 11. 
"Felici Hunger Games!" trilla con voce squillante e un bel sorriso, rivolta a tutta la folla davanti a lei, una folla di miserabili dalla pelle scura e dagli abiti rattoppati "E possa la fortuna essere sempre a vostro favore!" 
Heather ha diciannove anni e non può più essere estratta. Ha avuto fortuna, ma adesso ha paura comunque. È la
paura che blocca i cuori di tutti i padri e tutte le madri accanto a lei, i quali osservano impotenti, pregando
silenziosamente che sia qualcun altro, che tocchi a qualcun altro quest'anno. Cerca con gli occhi Rue tra la folla di bambine e ragazze del Distretto 11. Eccola lì, in ultima fila, tra i dodicenni, i più piccoli. Ha i capelli ricci raccolti in una coda e un vecchio vestito della sorella maggiore addosso. Non può vederle il viso, ma se la conosce bene, sa che è seria, in silenzio, e che sta stringendo la mano alla sua amica Rosie. Vorrebbe dirle ancora di stare tranquilla, che non può essere estratta, che c'è una sola striscia di carta con il suo nome sopra in quella boccia di vetro.  
Si sente tirare per un lembo della camicia. La sua sorellina più piccola, Dafne, la sta guardando timidamente dal
basso: "Non chiameranno Rue, vero Heather?" Tutti e quattro i fratelli di Heather hanno lo sguardo fisso su di lei,
con gli occhi castani pieni d'ansia. Lei vorrebbe rassicurarli, dire loro che presto torneranno a casa tutti insieme, che stasera mangeranno qualcosa e poi andranno dalla signora Jenkins, la vicina, a guardare gli Hunger Games, come hanno sempre fatto, e quando andranno a dormire avranno il cuore più leggero, perchè per un anno saranno salvi. Vorrebbe dire loro tutto questo, ma non può farlo. Ciononostante sorride, anche se le sembra che le mascelle le siano diventate di piombo, e arruffa i capelli -già arruffati- di Dafne: "Non credo, Dafne. State tranquilli, ok? Rue ha la collana di mamma che le porta fortuna. Con me ha sempre funzionato. E perchè non dovrebbe funzionare anche
con Rue?"
I bambini, rincuorati, riprendono ad osservare il palco. Il filmato con la storia di Panem è ormai finito e Melita Lovett si è avvicinata alle sfere di vetro. "Prima le signore!" sussurra tra sè e sè Heather, in contemporanea con la voce argentina della donna. Mentre il guanto verde di Melita sceglie quale ragazzina mandare a morire quell'anno, Rue si volta verso di lei. Heather annuisce e le strizza l'occhio. Melita, sul palco, solleva il rettangolo di carta e si schiarisce la voce: "Il tributo femmina del Distretto 11 è..." Poi sembra che tutto accada in pochissimi secondi. Heather si
ritrova a pregare mentalmente gli spiriti di suo padre e di sua madre, afferrando la mano di Roman alla sua destra e quella di Mimosa alla sua sinistra, proprio mentre Melita Lovett, con quel suo esilarante accento di Capitol City,
pronuncia forte e chiaro il nome di Rue. 
Il mondo sembra avvolto in una bolla. Heather non riesce ad agire, non riesce a pensare assolutamente a nulla.
L'unica cosa che può fare è osservare impotente la folla che si apre intorno a Rue. Lei sembra addirittura più
piccola dell'età che ha realmente, così infagottata nel vestito smesso della sorella maggiore. Muove qualche passo verso il palco, come una condannata a morte. Melita le sorride con falsità e la aiuta a salire i gradini, poi si dirige
verso la sfera di vetro contenente i nomi dei ragazzi. Viene estratto il nome di Thresh Kenningham, un ragazzo
robusto, che vive a poca distanza da loro, ma a Heather non importa più niente, ormai. Riesce solo a guardare
incredula sua sorella, senza poter credere a quello che ha sentito. 
Ma poi, come accade sempre, si riscuote. Nessuno può restare in una bolla per sempre, soprattutto se ha tre
fratellini a cui deve spiegare il perchè Rue non potrà tornare a casa. E quando nemmeno tu sai il perchè, non è affatto facile. 
La forza la trova da qualche parte tra i polmoni e i frammenti di un cuore. Prende per mano Dafne: "Venite.
Dobbiamo salutarla."
Roman si sta tirando dei pizzicotti sulle guance paffute, dall'altro lato rispetto a lei, ma poi alza gli occhi su di lei e sono pieni di delusione, come non dovrebbero essere quelli di un bambino, ed Heather capisce che non sta
funzionando. Non è un incubo, non riusciranno a svegliarsi, nessuno potrà iniziare a canticchiare per sciogliere quel
grumo di sgomento che si è fermato in gola, come un pezzo di pane di segale troppo duro per essere mandato giù.
Qualcuno si avvicina correndo a loro: è la vedova Applepan, una donna bassa e rotondetta che, da quando Manlius e Annie Robinflower sono morti in un incidente con la stufa, ha preso a benvolere Heather e i suoi
fratelli. La vedova Applepan non è abituata a effusioni e lacrime, ha un'intelligenza pratica e pragmatica sviluppata
crescendo cinque figli senza il marito. Prende in braccio Mimosa, le asciuga le lacrime dal viso lentigginoso e dice,
senza il solito tono incalzante, ma con una nota di dolcezza nella voce: "Andiamo."

Ora Heather è in piedi su un palco. Ha alle spalle il viso di Rue proiettato su un megaschermo, come se Capitol City volesse ricordare a tutti che aspetto aveva quella sua particolare vittima. Heather, a differenza degli altri fratelli -i
quali continuano a voltarsi e a fissarla negli occhi- non l'ha quasi guardato. Le basta vederlo ogni notte nei suoi incubi, guardare sua sorella abbassare lo sguardo verso la lancia che le trapassa il petto e urlare, urlare senza
riuscire a fare altro proprio come quella notte. Non crede che riuscirà mai a dimenticare quella notte. Aveva visto
la coraggiosa ragazza del Distretto 12 prendersi cura della sua sorellina, cercare di proteggerla e infine circondarla di fiori ormai morta. Katniss Everdeen ha vinto, alla fine, lei e il suo fidanzato sono sopravvissuti entrambi, e Heather non le aveva fatto una colpa perchè lei era viva e Rue Robinflower era morta. Anzi, dopo, quando il dolore si era placato un poco, anche se non del tutto, l'aveva ringraziata mille volte nella sua testa, per quei fiori che
avevano incorniciato il volto di Rue, per quelle tre dita alzate alle telecamere e per quel motivetto fischiettato.
Perchè con quei gesti aveva sbattuto in faccia a Capitol City proprio quello che loro non volevano vedere: l'assassinio, il sangue che era stato versato per colpa loro, un'anima innocente che era stata brutalmente strappata via. 
Ricorda le rivolte, la notte della morte di Rue. Il Distretto 11 si era sollevato, perchè tutti conoscevano Rue e le
volevano bene, e nessuno aveva più intenzione di abbassare lo sguardo come avevano sempre fatto tutti quanti.
Erano usciti per le strade, avevano tirato sassi e alzato le tre dita, sempre fischiando il motivetto di Rue. Lei no, naturalmente, lei era ancora in ginocchio sul pavimento di casa sua, con le lacrime che le rigavano il viso e i singhiozzi della sua famiglia intorno. Ma la vedova Applepan le aveva raccontato tutto nei giorni successivi. I Pacificatori avevano fermato tutto, e i turni nelle piantagioni erano diventati doppi, con il divieto assoluto di parlare
per chiunque. 
Sul palco davanti a lei, intanto, sono saliti il sindaco del Distretto 11 e i vincitori, Katniss Everdeen e Peeta Mellark. La ragazza rimane in silenzio mentre Peeta parla, rivolgendo parole di ringraziamento e conforto alle famiglie dei
tributi e addirittura offrendo parte del loro denaro ricevuto da Capitol City. Heather pensa che i soldi non possono riportarle sua sorella Rue, soprattutto visto che provengono da chi l'ha condannata a morte. Poi, inaspettatamente,
Katniss prende la parola. Mentre parla, fissa Heather e i suoi fratelli con degli occhi pieni di dolore e di colpa.
"Ho conosciuto Rue. Non è stata solo un'alleata per me, è stata mia amica. Era troppo giovane. Troppo dolce." Heather pensa, con gli occhi che le si riempiono di lacrime, a quanto siano vere quelle parole. Annuisce lentamente mentre lei e Katniss si guardano. Hanno centinaia di persone fra loro, ma in quel momento pare che ci siano
soltanto loro due. Un intero dialogo passa silenziosamente dagli occhi di Katniss agli occhi di Heather.
"Non sono riuscita a salvarla. Vi chiedo scusa."
Non è colpa tua, vorrebbe dirle Heather. Poi qualcuno si muove, giù, in mezzo alla folla. Qualcuno fischia il motivo che Heather aveva udito così tante volte, ogni giorno, trasportato dalle ghiandaie chiacchierone attraverso i frutteti, e mentre tutte le teste nella piazza si voltano verso Samsonite Johnson, un ricordo affiora nella mente di Heather.

"Io so perchè tutti canticchiano la canzoncina di Rue." aveva detto una volta Mimosa, con aria di sfida, incrociando le braccine sulla tela del vestito.
"Davvero? E perchè?" aveva risposto Heather distrattamente. Non aveva tempo per stare ad ascoltare i suoi fratelli, doveva stendere le tute da lavoro pulite al più presto, o non si sarebbero asciugate per il turno di lavoro successivo.
"Perchè quando arriva non si lavora più."

Soltanto ora Heather, finalmente, capisce. Mimosa aveva ragione: nella sua mente semplice e chiara da bambina 
di cinque anni, aveva colto esattamente il significato della canzone. Perchè sì, è un motivetto di quattro note, ma in quelle quattro note c'è racchiusa la libertà. 
Perchè il motivetto di Rue è la musica del popolo che non sarà più schiavo*.

Samsonite Johnson è un uomo strano e taciturno. È molto anziano, e anni prima sua moglie era morta di polmonite. Da allora non parla quasi mai, caccia con il bastone i bambini che vengono a giocare nei pressi della sua casupola di legno, e bofonchia bestemmie ogni volta che vede un Pacificatore. La gente dice che i nomi non mentono mai, e
infatti Samsonite Johnson porta il nome di una pietra, cosa bizzarra nel distretto 11, in cui la maggior parte della gente possiede nomi di piante, fiori o funghi. Una pietra non fa alcun rumore quando il vento le passa accanto. Accanto a una pietra c'è pochissima vita. E una pietra non si piega come le erbe del prato, ma si erge a intralciare il cammino del viandante. Per una volta, Heather pensa che il destino esiste davvero.
È Samsonite Johnson a iniziare tutto. Basta che sia lui ad alzare le tre dita fischiettando, e dopo poco anche il più
innocente bimbo del Distretto 11 ha la mano alzata verso il palco. 
È stata quella la scintilla che ha dato il via all'incendio.

Un anno dopo

La casa dei Robinflower bruciava insieme a quelle dell'intero quartiere. Il fumo acre e denso fa lacrimare gli occhi di Heather, impedendole di vedere i suoi fratelli. Grida e li chiama, tossendo per il fumo, ma non sente alcuna risposta.
Si dirige a tentoni verso la parte opposta della strada. Attorno a lei la gente corre, chiama, piange, ma lei non ha la
forza di fare nulla. Inciampa nel corpo di qualcuno, e quando abbassa lo sguardo incontra il viso ustionato della vedova Applepan. Cercando di ricacciare indietro le lacrime, si rimette in piedi e corre verso l'imboccatura del quartiere vicino, che è ancora in salvo dalle bombe incendiarie di Capitol City. Evita un mucchio di macerie e una trave di legno carbonizzata, ma sa che continuando a respirare il gas nocivo con cui Capitol City ha già avvelenato mezza Panem, non riuscirà a camminare ancora per molto. Tossisce di nuovo, e vede che davanti a lei si staglia
una figura scura. 
"Aiutami!" grida. Spera che sia uno di loro. L'uomo si limita a sogghignare e a puntare la sua arma.
"Siete dei miserabili!" esclama all'indirizzo Heather, sovrastando le urla e il rumore "E brucerete come topi!"
Prima di sentire lo sparo, Heather fa in tempo a rispondere. "Non siamo noi...i miserabili." balbetta, cercando di non vomitare per il fumo "E se noi bruciamo...voi bruciate con noi."
Mentre tutto diventa buio e rosso -ammesso che il buio possa essere rosso- le pare di sentire in lontananza le quattro note della canzone di un popolo non più schiavo, simbolo tardivo di una libertà finalmente conquistata.
Do you hear the people sing?
Lost in the valley of the night...
It is the music of a people
Who are climbing to the light!

For the wretched of the earth
There is a flame that never dies
Even the darkest night will end
And the sun will rise!


Blue's Corner

Il titolo e le strofe all'inizio e alla fine della one shot sono un riferimento al musical Les Miserables e al meraviglioso libro di Victor Hugo da cui é tratto. Per la precisione, la canzone é "Do you hear the people sing", che mi ha ispirato a scrivere questa storia.
Niente, la dedico a L., preziosissima betatrice/rimedio contro l'autocommiserazione <3
E ricordate che una recensione non vi uccide! 


 
  
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