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Autore: CrucifyMe    09/07/2014    1 recensioni
Ludovica è una ragazza del distretto 5 che un giorno si avventura nel bosco al confine con il distretto. Là accadrà un incidente, grazie al quale conosce Alex, un ragazzo che vive dall'altra parte della barriera che separa i due distretti. I due passeranno molto tempo insieme, fino a provare amore l'uno per l'altro, ma date le circostanze sono costretti a dirsi addio. Le loro storie si riuniranno, ma saranno cambiate molte cose.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se dopo la morte c’è una vita e ci reincarniamo io sarò una lucciola. Amo la luce che brilla nel buio, è la manifestazione della speranza, è qualcosa a cui aggrapparsi quando non hai niente. Vivo nel distretto numero 5 e qui viene prodotta tutta l’elettricità che alimenta Capitol City e gli altri distretti. Da questo punto di vista sono fortunata, vivo  in un distretto abbastanza agiato e non soffriamo la fame come in altri. La sera vado sempre alla centrale nucleare a guadare Panem, la gente mi prende per pazza, ma qua c’è la vista migliore,da cui si può ammirare tutta la lucentezza del mio distretto. Un giorno verrò a lavorare qui e sarò il direttore, renderò il distretto ancora più luminoso e riusciremo a produrre così tanta elettricità che ne avremo abbastanza anche per noi, così non saremo costretti a cederne così tanta a Capitol City da dover essere costretti a staccarla a mezzanotte.
Mezzanotte, mi ero completamente dimenticata di controllare l’ora. Tiro fuori dalla mia vecchia borsa di finta pelle l’orologio che mi ha lasciato in eredità nonno. Mezzanotte meno un quarto, non sarei mai tornata in tempo a casa. La notte è pericoloso girovagare per le strade, le guardie che ci dovrebbero proteggere, appena cala il buio, mettono da parte la divisa e non si fanno scrupoli ad abusare di una ragazza. Non ho alternative o rischio la sorte e corro il più veloce possibile a casa o mi rifugio nel bosco. Mi scappa una risata per la situazione, possibile che dormire da sola e indifesa in un bosco sia meno pericoloso di tornare a casa propria? Eppure è così.. non è la prima volta che dormo in quel bosco e ho una torcia con me, posso farlo. Il problema sono i miei genitori, domani mi faranno una bella ramanzina, non c’è dubbio, tuttavia, tra una sgridata e un corpo pieno di lividi,preferisco la prima.
Mi avventuro nel bosco e riesco ad orientarmi abbastanza facilmente. Da piccola ci andavo spesso con papà ci andavo spesso per vedere la recinzione che ci separa dal distretto 7, quello del legno. Ci divertivamo a lanciarci contro tutto quello che ci capitava e vederlo esplodere. La verità, però, è che davanti a quel recinto ci ho passato ogni pomeriggio della mia vita per sei mesi interi.
Era una giornata di ottobre e mi era venuta la pazza idea di imparare a cacciare, così mi ero avventurata nel bosco per cercare selvaggina. Era una giornata stupenda e l’ideale per la caccia. Peccato che nonostante stessi lì da più di tre ore, non c’era segno nemmeno di un leprotto. Alla fine mi ero arresa e girovagavo senza meta, fino a che non arrivai alla recinzione. Starci seduti vicini è un’azione suicida, ma in quel momento non pensavo potesse capitarmi qualcosa di pericoloso. Fu questione di secondi, da dietro di me sentii il rumore di foglie secche calpestate da un passo leggero e veloce. Era un enorme cervo e si stava dirigendo verso di me. Dovevo allontanarmi, ma era troppo lenta e non feci in tempo a spostarmi . L’animale si schiantò contro la rete e, data la sua immensa stazza e la velocità con cui correva, l’impatto fu violentissimo, tanto che il suo corpo scoppiò in mille pezzi, come se fosse stata una bomba e io ero esattamente lì accanto. Fui scaraventata a tre metri da lì e le fiamme mi erano arrivate alle braccia, che avevo usato per coprirmi il viso, ma il punto peggiore era la gamba, era completamente ustionata. Non feci in tempo a chiedermi che ci facesse quel cervo lì e perché si fosse schiantato contro la rete, che vidi arrivare un sagoma umana. Non riuscivo a vederlo, perché avevo colpito la testa quando ero ricaduta e avevo la vista annebbiata. 
– Sei viva?-  Fu l’unica cose che riuscì a sentire prima che persi i sensi. Non so per quanto tempo rimasi lì, ma quando mi svegliai il ragazzo non c’era più. Pensai che fu allucinazione e provai ad alzarmi, ma la ferita alla gamba era più grave di quanto immaginassi e ad ogni singolo movimento era come se mi stessero strappando via le pelle. Ero completamente bloccata, non potevo muovermi. Non era la fine però, i miei sapevano dov’ero, forse già mi stavano già cercando. Il problema era la gamba, andava disinfettata il prima possibile, peggiorava ogni minuto di più.
Non ho mai avuto un buon rapporto con il sangue e vedermi la pelle del polpaccio e una parte della coscia strappate non era proprio l’ideale. Stavo già pensando al peggio quando sentii una voce dall’altra parte della rete.
- Sta ferma lì!- il mio sarcasmo non mi aveva abbandonata, nonostante l’unica cosa a cui pensassi in quel momento era “non vomitare e non svenire”  -la vedo difficile che riesca a muovermi- 
Era il ragazzo che avevo visto dopo l’esplosione probabilmente. – Prendila – mi lanciò una scatoletta di ferro e al suo interno c’era una pomata. – è per l’ustione, mettila subito- non me lo feci ripetere due volte e me la misi. Perché quel ragazzo mi stava aiutando? – Mi dispiace per quello che è successo, non pensavo ci fosse qualcuno. Di solito spingo sempre i cervi contro la rete per stenderli, dio mi dispiace un sacco- ecco il motivo.
Volevo prenderlo a schiaffi, ma, primo c’era la rete che ci separava, secondo non mi potevo muovere e terzo aveva quell’espressione innocente sul viso che mi fece cambiare idea. In generale era un bel ragazzo, occhi azzurri, capelli biondo cenere, certo era un po’ basso, sarà stato alto solo due o tre centimetri più di me, però non era niente male.
- Mi chiamo Alex, te sei..? – Ludovica. Risposi  secca, okay che mi aveva portata la pomata, ma era comunque colpa sua se ero ridotta così. Probabilmente aveva capito dal mio tono di voce che non l’avevo perdonato per l’accaduto e schiarendosi la voce disse – Ci vorrà un’oretta prima che guarisca la ferita, non devi assolutamente muoverti e io rimarrò qui a controllare-
- anche lo facessi non potresti fermarmi, non puoi attraversare la rete.
- Giornataccia, eh?- Lo fulminai con lo sguardo e così smise di parlare.
Erano passati una ventina di minuti e la rabbia stava passando, così decisi di fare la gentile – grazie per la pomata- gli si illuminarono gli occhi quando lo dissi e l’unica cosa che disse fu – Non c’è di che. E così ricadde il silenzio fra di noi, ma quella volta a spezzarlo fu lui – Quanti anni hai?
- sedici, tu? – Anche io. Allora vivi nel distretto 5, com’è avere l’elettricità sempre a portata di mano?- mi misi a sogghignare e dissi – Non l’abbiamo sempre, come a voi, anche a noi dopo mezzanotte fino alle sette del mattino la staccano, tranne quelle della centrale. Non si spegne mai, perché deve fornire energia a Capitol City, non sia mai che la capitale rimanga al buio.
Parlammo per più di un’ora, anche più del tempo necessario per far guarire la ferita. Stavo semplicemente bene con lui, mi sembrava di conoscerlo da sempre e la cosa era reciproca.
Ci eravamo dati appuntamento per il giorno dopo alla stessa ora e quello dopo ancora e via dicendo. Mi affezionavo ogni giorno di più a lui e a volte pensavo che non poteva essere reale una persona così stupenda e questa sensazione era ancora più incrementata dal fatto che, a causa della rete, non ci era acconsentito toccarci. Non avrei mai potuto abbracciarlo, non c’era futuro per noi. Nonostante questo andammo avanti, sopravvivendo di illusioni e di sogni irrealizzabili. Non c’era dubbio che mi ero innamorata e, purtroppo, anche dentro casa se ne erano accorti che c’era qualcosa di diverso in me. A rigor di logica i miei erano assolutamente contrari ed ero costretta a scappare di casa di nascosto per poterlo incontrare. Era dura, troppo dura, e io non riuscivo più a reggere la situazione. Nell’ultimo mese ogni giorno gli scoppiavo a piangere e più andavamo avanti e più era difficile smettere.
Così prese la decisione più dura per entrambi, mi ricordo ancora le sue parole.
- Lu, sei la persona a cui tengo più al mondo, sei più che una sorella per me, sei tutto, ma non possiamo andare avanti così. Vorrei stare con te, ma lo sai che non possiamo e vedo che questa cosa ti sta distruggendo e non ti posso fare più questo. Vivi la tua vita, trova un bel elettricista o qualsiasi cosa fanno da te i ragazzi e sii felice. Non c’è futuro per noi. È un addio, ma ricorda che sarai sempre parte di me, non ti dimenticherò mai.
Non dissi nulla, l’unica cosa che feci fu annuire e cercare, inutilmente, di trattenere le lacrime.
Da allora non ci siamo più visti , ho fatto quello che mi ha detto, ho trovato un ragazzo e sono felice con lui, lo amo e desidero stare per sempre con lui, ma non so se sarà possibile, perché domani c’è la mietitura.
  
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