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Autore: Souless    09/07/2014    2 recensioni
One shot (ma non escludo un seguito in futuro) ambientata dopo il finale della seconda serie! Per rientrare nel mood prima di The Book of Circus e festeggiare la prima puntata in uscita!
Ciel e Sebastian sono alle prese con i propri pensieri dopo la trasformazione forzata del giovane Conte, entrambi consapevoli che dovranno adattarsi ad una nuova vita.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Benvenuti nella mia prima ff (o almeno la prima che decido di pubblicare)!
E’ ambientata dopo il finale della seconda serie, che nonostante non abbia particolarmente amato devo dire che può dare spazio a qualche riflessione. Nonostante sia un’amante della coppia CielxSebastian, qui non li troverete insieme in senso sentimentale, sebbene ci siano elementi che facciano pensare ad un rapporto abbastanza stretto e particolare, come è poi realmente il loro. Non escludo però di estendere la one shot ad una ed in quel caso è altamente probabile che mi soffermi sull’evoluzione del loro rapporto. Non ho segnato OOC tra gli avvertimenti perché mi sembrava eccessivo, ma ad essere onesta temo che in alcuni punti il carattere di Ciel risulti un po’ anomalo per lui, e mi scuso per questo con chi potrebbe non apprezzare ^^”
Spero di non aver lasciato errori nel ricontrollare la storia e che possiate apprezzarla, nell’attesa del 95esimo capitolo e della prima puntata di The Book of Circus!
Grazie a tutti coloro che vorranno spendere un po’ del loro tempo a leggerla e grazie infinitamente a chi mi lascerà una recensione o un segno qualsiasi del proprio apprezzamento,
Buona lettura!

Ps: dedicata alla mia migliore amica Vittoria nonché bravissima disegnatrice ahahah Vi linko il suo tumblr! http://hello-clarence.tumblr.com/
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-Un anno prima

-Che cosa hai intenzione di fare?- Ciel Phantomhive parlò senza preavviso, avvolto nella sua vestaglia di seta, tra un sorso e l’altro del suo consueto thè serale.
Poco lontano dal letto in cui sedeva il giovane Conte, Sebastian spalancò leggermente gli occhi, sorpreso, mostrando le iridi rossastre. –Mi perdoni…?- chiese mostrando il suo solito sorriso enigmatico, smettendo per un attimo di riordinare l’occorrente sul carrello da thè.

-Cosa hai intenzione di fare, dopo… Quando sarà scaduto il contratto intendo…- continuò Ciel senza alzare gli occhi dalla tazza tra le sue mani-
-Oh. Non ne ho idea. Suppongo riprenderò la vita che conducevo prima di iniziare a servirla.-
Sebastian sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e Ciel lo osservò con un sopracciglio alzato prima di continuare. –Cercherai subito un'altra preda, dopo tutto questo tempo passato a portare il collare?-. Uno dei suoi soliti sorrisi gelidi, ma gli occhi del conte, quello blu oceano e quello marchiato dal Contratto, apparivano anche più freddi e tristi del solito.
Il maggiordomo si avvicinò al letto del suo padrone per prendere la tazza vuota che gli stava porgendo senza perdere il suo sorriso. –Improbabile. Dopo un’anima come la sua saranno necessari un considerevole numero di anni prima che cominci a sentire nuovamente il morso della fame. Il mio prossimo pasto sarà quello che si dice “un investimento che dura nel tempo”.- Il maggiordomo riportò la tazza sul carrello e tornò vicino al suo padrone per rimboccargli le coperte, con un sorriso ancor più largo in volto. -E poi, come le ho già detto, da secoli sono stanco di assaggiare ogni piatto mi passi davanti…- Portò fuori dalla porta il carrello e tornò dentro per inchinarsi profondamente e congedarsi per la notte. -…Sarebbe davvero uno spreco se lasciassi che una volgare anima qualunque rovinasse subito dopo il sapore lasciatomi dalla sua, padroncino.-
E Ciel avrebbe potuto giurare di aver visto non solo un occhio rosso brillante balenare nel buio ma anche lo sbrilluccichio di un lungo canino bianco prima che si chiudesse la porta.
-…Stupido demone.-
 
Sebastian se ne stava sdraiato sul letto della sua stanza privata assegnatagli dal Conte il giorno in cui arrivarono alla magione. Il frac con le lunghe code era appeso vicino alla scrivania, la residenza brillava, così come il giardino, in cucina la colazione era pronta e attendeva solo di essere servita e mancavano ancora un paio d’ore prima dell’ora della sveglia del padroncino. Tutto era perfetto ed in anticipo, ed anche il maggiordomo dei Phantomhive poteva concedersi il lusso di giacere un po’ sul proprio letto ad occhi chiusi senza fare nulla prima di iniziare una nuova giornata.
Sebastian non potè fare a meno di pensare che era passato fin troppo tempo dall’ultima volta in cui aveva dormito. Come demone non ne aveva bisogno, ma quello del sonno era un lusso che gli era sempre piaciuto concedersi ogni tanto. Ma anche così tutto sommato non era male per rilassarsi… Eppure, per qualche motivo non poteva fare a meno di tornare con la mente all’ultima conversazione avuta col suo padrone.

Cosa ho intenzione di fare dopo?, si chiese, questa volta seriamente. Aveva accettato il contratto tentato dall’anima del giovane Conte, così avvolta dall’oscurità eppure così candida nel suo insieme, nonostante tutto, e sapeva che sarebbe stato un compito particolarmente lungo. Mai nella sua vita di demone aveva lasciato un contratto protrarsi per così tanto tempo. Ad un certo punto si stancava sempre dell’umano di turno e finiva il lavoro per cui era stato ingaggiato in fretta, così da potersi gustare la ricompensa. Ma il piccolo Conte… E’ solo un passatempo, si disse.
Era vero, era un buon passatempo. Più movimentato del solito, aveva anche avuto l’occasione di imparare qualcosa di nuovo. Più pericoloso del solito. Sì, quante volte aveva rischiato la vita, la sua stessa, preziosa esistenza, per portare a termine i desideri del padroncino? Molte di più di quante sia mai stato disposto a fare con i suoi ex padroni.

La verità, è che gli piaceva. Questa nuova vita, la sua nuova missione, gli piaceva. Quello che era nato come un passatempo interessante si era trasformato in una routine quasi confortante, e a malapena lui se n’era accorto. E lui, un essere delle tenebre abituato alla solitudine ed amante di essa, si era addirittura ritrovato a non essere infastidito da alcuni esseri umani e dalla loro compagnia, fino ad apprezzarla.
Pensò tra sé e sé che gli sarebbe anche potuta mancare, talvolta, questa compagnia alla fine del contratto, quando sarebbe tornato per chissà quanti altri secoli alla sua solitudine. Già, solo... Nulla di strano per lui. Solo… di nuovo… Si sarebbe soltanto dovuto riabituare, nulla di più. E poi che sciocchezza pensare ora al futuro!
Si alzò dal letto ed infilò il frac con un solo, fluido movimento. In fondo, chissà quanto ancora sarebbe passato prima della fine del contratto. Si diresse fuori dalla stanza passandosi le dita tra i capelli arruffati dal cuscino per andarsi a preparare per la giornata.
C’è tempo.
 


Sebastian se ne stava sdraiato sull’erba fresca sotto il cielo notturno. Gli occhi rossi da rettile brillavano nella notte cercando costellazioni i cui nomi originali erano ormai dimenticati dagli esseri umani e soffermandosi con un velo di malinconia laddove migliaia di anni prima se ne trovavano altre, ormai sparite. Il demone chiuse gli occhi e sospirò profondamente, allargando un po’ di più le braccia scoperte fino ai gomiti, dove aveva arrotolato le maniche della camicia. Il frac con le lunghe code giaceva piegato un po’ più in là, l’orologio d’ argento e i guanti appoggiati sopra.  
Era raro vedere il maggiordomo così, a rilassarsi tra l’erba alta di quella magione abbandonata che aveva ristrutturato quando lui e il suo padroncino si erano trasferiti. Al giardino non aveva ancora pensato, si era limitato ad eliminare gli arbusti troppo alti e vicini ad ingressi e finestre; in realtà non gli importava granchè, e sembrava che anche il Conte la pensasse allo stesso modo, dal momento in cui non aveva dato ordini a riguardo. Sebastian era certo che se fossero stati ancora alla magione non avrebbe tollerato una singola foglia di troppo.
Pensò che, in realtà, ultimamente al padroncino non importava molto di nulla in generale. Se ne stava tutto il giorno nella sua stanza e non lo vedeva quasi mai, neanche per i pasti ormai, dato che non ne aveva più bisogno. E così lui aveva passato le ultime due settimane praticamente senza parlare, senza ordini particolari da eseguire né le solite mansioni da svolgere o missioni da portare a termine. Non poté fare a meno di chiedersi quando quel ragazzino si sarebbe deciso ad uscire da quella vecchia villa e prendere in mano quella sua nuova vita. O aveva forse intenzione di spendere così il resto dell’eternità, uscendo solo una volta ogni tanto per cacciare quando non ne potrà fare più a meno? Il pensiero del giovane Conte alle prese in una caccia, benché ora in quanto demone avesse capacità che neanche aveva ancora realizzato di avere, gli fece sfuggire una breve risata divertita. Solo un attimo, prima di tornare alla sua espressione indecifrabile. Chiuse nuovamente gli occhi, mentre il vento gli scompigliava i capelli lisci sul viso.
Oh. Questo è inaspettato.
Avvertì la sua presenza molto prima che fosse a diversi metri da lui.
Non c’era da stupirsi che fosse sveglio a notte fonda, persino quando era umano e aveva la necessità di dormire soffriva spesso di insonnia. Ora che il sonno era diventato per lui un mero lusso, un’abitudine, sarebbe stato sorprendente se al contrario fosse riuscito a dormire per notti intere.
Ma ancora più singolare era il fatto che fosse lì fuori e stesse andando da lui. Se avesse avuto un ordine da impartirgli sarebbe bastato chiamare il suo nome, senza dover lasciare i suoi appartamenti.
Sebastian rimase immobile ad occhi chiusi sull’erba anche quando sentì lo spostamento d’aria creato dall’avvicinarsi del suo signore, aspettando un rimprovero per il suo stato disordinato e per non averlo accolto con un consueto sorriso ed un profondo inchino. Che non arrivò.
Ciel Phantomhive si sedette semplicemente anche lui sull’erba, poco più in là.
Vagamente confuso dalla mancanza di severità del suo padrone, Sebastian sentì lo sguardo del neonato demone su di lui, ma ancora non si mosse.
Ed era vero, Ciel stava osservando il viso del suo maggiordomo. Le labbra sottili erano socchiuse, i capelli neri sparsi sul viso dal vento e respirava di rado, beandosi della non necessità d’aria ma facendolo comunque per abitudine presa negli anni. Sembrava davvero rilassato, e se non avesse conosciuto così bene quei tratti avrebbe anche potuto pensare che stesse dormendo.
Sebastian decise di smettere di ignorare quello sguardo e aprì gli occhi, girando la testa verso il suo padrone. Gli occhi rossi e fiammeggianti incontrarono quelli blu di Ciel. Anzi, quello. Non portava la benda, così come Sebastian era senza guanti, ed il simbolo che li legava ormai per l’eternità era ben visibile sui loro corpi.

-Padroncino? Non riesce a dormire?-
Ciel scrollò leggermente le spalle. Silenzio.
Sebastian continuò a fissare il Conte negli occhi finché quest’ultimo non abbassò lo sguardo.
Le sue dita dalle unghie ormai naturalmente nere si intrecciavano distrattamente ai fiori ed ai fili d’erba del prato, strappandone qualcuno ogni tanto. Continuò per un lasso di tempo che parve infinito, finché non decise di parlare.
-Sebastian?-
-Padroncino.-
-A cosa stavi pensando?-

Un sorriso curvò le labbra del demone. –A nulla di importante, mio signore. Riflettevo.-
Ciel alzò un sopracciglio e osservò il suo maggiordomo con sguardo interrogativo.
-E a che conclusioni ti hanno portato queste riflessioni?-
-Non ne sono ancora certo, ad essere sincero. Ma se me lo ordina gliene parlerò comunque, padroncino.-

Ciel abbassò di nuovo lo sguardo, vagamente infastidito. –Non era un ordine. Era solo curiosità, non sei tenuto a rispondere per forza.-
-In tal caso, la ringrazio.-


Sebastian si girò su un lato, continuando ad osservare il proprio padrone giocherellare con l’erba, con un braccio piegato sotto il capo. E sempre più sorpreso per la mancanza di un qualche rimprovero per il suo stato di disordine.
Ciel interruppe di nuovo il silenzio, sempre senza staccare gli occhi da terra.
-E’ un po’ che non parliamo, in effetti.-
-Quasi due settimane. Il signorino è stato piuttosto difficile da approcciare di recente.-
rispose il maggiordomo, con la sua voce più calma.
Questa volta la voce di Ciel uscì quasi in un sussurro impercettibile, e se l’udito di Sebastian fosse stato umano sicuramente non lo avrebbe sentito.
-Mi dispiace.-
Sebastian non poté fare a meno di spalancare gli occhi, stupito. Un secondo soltanto, per poi tornare alla solita aria cordiale ed enigmatica, prima che Ciel, troppo preso a tenere lo sguardo basso, potesse notare il cambio di espressione.
-Oh, davvero…- Sebastian scosse la testa sorridendo ad occhi chiusi. –Un nobile come lei scusarsi con un mero servo, e per qualcosa come questo poi. Che cosa le è successo, padroncino? E comunque, non ha niente per cui chiedere scusa.-
-Non è per questo che mi dispiace, idiota.-
La voce di Ciel restava bassissima, ma ora il demone poteva chiaramente sentirci una nota di rabbia.
-E’ per questo.- Il  giovane Conte si era portato una mano a coprire l’occhio destro.
Ora Sebastian era sinceramente sconcertato. –Padroncino, mi perdoni, non credo di capire.-
-E’ PER QUESTO!!-
Ciel ora stava urlando, fissandolo con entrambi gli occhi, le pupille dilatate e lo sguardo furioso… Ferito?
-Padroncino…?-
Anche Sebastian aveva sbarrato gli occhi, ma i suoi mostravano solo una confusione che era molto difficile da scorgere. Quasi mai il demone si lasciava cogliere del tutto impreparato.

Ciel Phantomhive, il giovane, promettente e forte conte, che si era sempre rialzato dopo ogni caduta, lottando per il suo onore e i suoi desideri senza scrupoli con una determinazione tanto forte da aver attirato un demone a se e diventato ora a sua volta tale, sedeva sull’erba, in una posa quasi abbandonata ed una tempesta di emozioni nello sguardo.
-Tutto questo è tremendamente sbagliato. Io non l’ho mai chiesto. Io volevo morire. Dovevo morire. Ciò che sono diventato… Non mi appartiene. Non lo desidero.-
Sebastian iniziava a capire. Dopotutto, diventare demone contro la propria volontà e senza preavviso, dopo aver avuto una vita umana, doveva essere difficile. Erano rari i casi come quello del suo padrone. Demoni si nasce, o si diventa dopo aver abbandonato la via della Luce. Ma diventare un essere delle Tenebre da semplice umano quale si era, questo sì che era davvero strano e di difficile comprensione. Ad essere onesto, Sebastian non era neanche certo che ce ne fossero altri al mondo come Ciel Phantomhive. Il pensiero lo fece sorridere lievemente.
-Che hai da ridere, demone?- Ora la voce di Ciel ora non riusciva più a nascondere quanto ferito nel profondo fosse. Tanto che Sebastian cambiò immediatamente espressione.
-Nulla, padroncino, non era mia intenzio- -
-Sì che lo era. Credi che non l’abbia notato? Come mi guardi da quando sono… questo mostro? In te c’è solo odio, disprezzo. Rabbia per non poterti sbarazzare di me. Non credevo nemmeno potessi odiarmi così tanto, forse perché almeno per te ero cibo. E sai cosa? Hai ragione. Hai perfettamente ragione ad odiarmi così.-


Sebastian fissava quel ragazzino così minuto, demone anomalo e da poco, andargli contro con la forza di un leone sputandogli addosso tutta la sua rabbia, e celata da essa la sua disperazione; ed era semplicemente gelato. Davvero il padroncino credeva che pensasse questo di lui? Che fosse arrabbiato con lui per essere diventato un demone, che addirittura lo odiasse per questo. Che sciocchezza. Come se un demone potesse scomodarsi a provare odio per una cosa del genere. Aveva sempre agito facendo del suo meglio per il padroncino… no, per la sua anima. Ed era esattamente questo il punto; non c’era più nessuna anima, e lui non aveva potuto farci niente. Se l’era fatta rubare da sotto il naso due volte, e stavolta era per sempre. E non c’era niente di personale nei confronti del Conte in questo. Odiava ammetterlo, ma erano suoi errori. Era furioso per essersi lasciato ingannare, ma la sua rabbia non aveva a che fare con Ciel, il quale, questa volta, non ci aveva potuto fare niente.
Il ragazzo continuò, stavolta tremando leggermente. Notandolo, Sebastian non poté fare a meno di pensare che forse quel bambino era più umano da demone di quanto non lo fosse mai stato prima.

-Hai perfettamente ragione perché io e te avevamo un patto. Ti avevo promesso la mia anima insieme alla restituzione della tua libertà al termine del contratto. Tu hai fatto la tua parte, e ora cosa ti ritrovi? Un contratto senza fine, nessuna ricompensa a placare la tua fame ed un guinzaglio eterno. Ed io non lo voglio.-
La tristezza negli occhi del giovane Conte lasciò Sebastian sconcertato. Si avvicinò lentamente al suo signore finché Ciel, con la testa bassa, sentii il respiro del suo maggiordomo sopra di lui.
-Non lo voglio tenere io questo guinzaglio, Sebastian. Io mi sento in colpa. Sai quanto odio essere in debito con qualcuno, e questo è uno di quelli che non potrò mai estinguere. Mi dispiace così tanto.-

Per la prima volta da quando lo aveva tirato fuori da quella gabbia, Sebastian se ne stava in ginocchio a guardare il suo padroncino senza avere la più pallida idea di come sentirsi. Le mani sottili di Ciel afferrarono la sua camicia.
-Cosa devo fare, Sebastian?- Gli occhi azzurri si specchiarono in quelli rossi scuri, il Contratto che brillava nella notte e si rifletteva nelle pupille, tornate tonde, di Sebastian. E il maggiordomo lesse in quello sguardo una insicurezza ed un bisogno di aiuto che aveva visto prima una sola volta, tra le sbarre insanguinate della gabbia dalla quale lo aveva tirato fuori più di cinque anni prima.

E poi Sebastian fece qualcosa che non era solito fare, se non in rare occasioni. Semplicemente, abbracciò il suo padrone, una mano ad accarezzargli i capelli, e parlò sorridendo serafico. –Padroncino.- Ciel rimase immobile contro il suo petto.
-Padroncino, da dove viene tutto questo senso della giustizia verso gli altri?- Rise brevemente. –Lei ha vinto. Ha avuto la sua vendetta, e alla fine ha avuto anche la sua vita, una vita eterna. Ed il suo servitore per tutta la durata di essa. Ha giocato la sua partita, e l’ha fatto bene. Poi a sua insaputa ha trovato degli alleati, ottenendo oltre alla vittoria anche un extra. Non è felice? Dovrebbe esserlo. Non si starà davvero dispiacendo per la sorte di un servo?-
La voce di Ciel arrivò debole e soffocata dalla camicia del maggiordomo. –Lo sai che non sei un semplice servo. Avevamo un patto… E’ una questione di onore.-
-Onore, uhm? Ah, padroncino. Dov’è finita la spavalderia di due settimane fa? Eppure allora mi sembrava felice di questa conclusione.-
Nessuna risposta.

-Padroncino, si ricorda la domanda che mi ha fatto più o meno un anno fa? Mi chiese cosa avrei fatto dopo la fine del contratto. Se lo ricorda?-
Ciel ci pensò su qualche secondo e poi annuì debolmente. –Tu risposi che non lo sapevi.-
-Corretto. Anzi, risposi che non ne avevo idea. Se mi avesse fatto la stessa domanda un minuto prima di venire trasformato, le avrei risposto esattamente la stessa cosa. E lo sa perché tutto questo è successo, perché mi sono fatto rubare la sua anima ben due volte? Perché ho temporeggiato. Ho temporeggiato la prima volta, dopo aver compiuto la sua vendetta, e ho temporeggiato la seconda, con la scusa che il sapore della sua anima non sarebbe stato ottimale se non avesse ricordato di aver raggiunto il suo obiettivo.-

Ciel allentò i pugni, per rendersi conto di aver lasciato dei buchi sulla camicia di Sebastian. Decisamente ancora non sapeva dosare la sua forza.
- E’ imbarazzante ammetterlo per un demone come me, ma sono sempre stato solo, come era ovvio che fosse. Prima di stipulare il contratto con lei non avevo mai avuto nessuna forma di compagnia, né delle attività da svolgere. E’ bello vivere così, per un po’. Poi subentra la noia. Avrà modo di verificare sulla sua pelle che la vita di un demone è molto lunga. Ho iniziato a considerare la mia vita con lei e gli altri servitori come una parentesi oserei dire piacevole, e l’idea di abbandonarla, lo ammetto, mi dava malinconia. Ma come demone, tutto ciò che potevo fare era svolgere il mio ruolo, ed infine prendermi la mia ricompensa. E poi, un’anima come la sua… La desideravo ardentemente.-

Ciel ascoltava immobile, senza respirare, mentre la mano di Sebastian giocava coi  suoi capelli. Lentamente parlò anche lui. –Ma io non ho più niente che tu possa desiderare.-
Sentii il soffio della breve risata di Sebastian sulla testa. –Non ha più un’anima, è vero. Non ha nulla per un demone affamato. E al tempo stesso, quali altri luoghi avrebbero qualcosa per me? Quanto dovrei viaggiare prima di trovare ancora qualcosa che mi vada di fare, un posto in cui voglia restare?-
Ciel riprese a respirare con un sibilo ed alzò la testa per guardare in viso il suo maggiordomo. –Mi stai dicendo che vuoi restare?-
-Devo restare, padroncino. Il contratto, ricorda?-

Ciel abbassò nuovamente lo sguardo. –Non voglio che tu resti per forza. Non ti ordinerò di farlo. Puoi avere la tua libertà, puoi mangiare quante anime vorrai e non dovrai più rispondere a nessuno dei miei richiami. Sono un demone ora, posso… Devo cavarmela da solo. Per quanto mi riguarda, il contratto è annullato.-
-Ah, che padroncino coraggioso. Vorrebbe annullare ciò che neanche l’Onnipotente in persona potrebbe. Non si sopravvaluti, mio signore. E’ un demone, ma è nato umano. Non sa combattere, né cacciare. Mi chiedo quanto sarebbe in grado di sopravvivere da solo, anche così.-
Sebastian sorrise divertito sui capelli di Ciel.
-Lei non ha neanche idea delle sue capacità attuali, né tantomeno sa come utilizzarle. La mia povera camicia ne è una prova. Ha bisogno di qualcuno che gli insegni e la guidi.-

Ciel sbarrò gli occhi e tornò a guardare in faccia Sebastian. –Tu…?- Non riuscì a formulare una vera domanda.
-Ho giurato che sarei stato un perfetto diavolo di maggiordomo fino alla fine, ricorda? Almeno fino a quando non sarò assolutamente certo che lei sia in grado di provvedere a se stesso in totale autonomia. E considerando i suoi tempi di apprendimento, beh…- Una nuova breve risata bassa lasciò le labbra del demone.
Ciel si liberò dall’abbraccio per guardare meglio il suo maggiordomo negli occhi, che alla luce dei primi raggi del tramonto sembravano due fiamme cremisi ancor più vive, e sorrise, finalmente di nuovo con quella sua tipica aria determinata.
-Allora è deciso, Sebastian. Sarai il maggiordomo fino a quando lo riterrai necessario. Il mio addestramento inizierà oggi stesso. Ma prima…- il giovane Conte Phantomhive si sdraiò sull’erba. –Godiamoci quest’alba.-
Sebastian sorrise e si sdraiò nuovamente sul prato fresco, accanto a Ciel.
-Yes, my Lord.-

 
  
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