Il giudizio di un uomo di chiesa
Don’t feel, conceal. It’s
the way to be a good king
Peter
Simon era il maggiore dei tredici principi fratelli delle
Isole del Sud ed era il sovrano. Aveva quarantasette anni,
inesorabilmente i
segni della vecchiaia e di una vita particolarmente dura gli avevano
segnato
gli angoli degli occhi verde prato e ingrigito, quasi per
metà lunghezza i
capelli castani scuri, leggermente ricci. A completare quel ritratto di
re
vissuto, un’appariscente cicatrice gli attraversava la
guancia sinistra. I
vecchi servitori del castello commentavano spesso la somiglianza
straordinaria
di Peter con il defunto padre rispetto agli altri principi: Peter aveva
lo
stesso naso aquilino del precedente sovrano e la forma sottile degli
occhi gli
dava un’espressione fredda e autorevole.
Non era l’unico confronto che il re era ormai
abituato a sentire, Peter
era diventato un re molto amato dal popolo ma odiato e temuto dalla
corte
perché aveva spezzato l’antica tradizione di
guerra, che aveva devastato per
quasi mezzo secolo le isole del sud per arricchire le solite famiglie
nobiliari, quel periodo era stato chiamato il Periodo Carminio.
Il re ricordava ancora quando a ventidue
anni prima aveva preso
tremando la sua corona e, insieme ai primi
quattro principi, aveva cercato furiosamente di creare un periodo di
pace
duraturo di cui avessero potuto godere le ricchezze e la
serenità gli altri
giovanissimi fratelli. Nonostante avesse ottenuto quello che voleva, il
re non
aveva mai smesso di preoccuparsi, né del suo regno
né di sua figlia Caterina,
una giovane quattordicenne cresciuta in modo molto peculiare,
né per i suoi
fratelli: continuava a preoccuparsi intensamente di loro. Spesso gli
era stato
detto che la sua preoccupazione l’avrebbe portato alla tomba
e che si doveva
calmare ma lui era così, aveva gli occhi freddi e criptici
ma dentro di sé
c’era sempre un turbine di emozioni che controllava per
continuare a cercare di
prendere le decisioni più giuste per il regno e per i suoi
fratelli.
C’era un problema, se come
sovrano riusciva a rimanere
distaccato quando doveva prendere una decisione come fratello maggiore
aveva
delle difficoltà: si sentiva costantemente diviso fra i suoi
doveri di Re e di
fratello maggiore, questi spesso non concordavano tra loro. I suoi
fratelli
negli anni avevano preso decisioni che l’avevano portato
sull’orlo di un
esaurimento nervoso, come quella volta che suo fratello Filip (il
Ministro
dell’Economia) era tornato dal lontano Oriente con un
contratto d’alleanza
commerciale di ferro e con due mogli: quell’episodio era
costato quasi una
scomunica a tutta la famiglia reale e una guerra con il regno di Offin.
Peter
ne aveva viste di tutti i colori, però non si sarebbe mai
immaginato che il più
giovane dei suoi fratelli, il principe Hans, tornasse imprigionato
nella sua
stessa nave accompagnato da una gelida e solenne lettera della giovane
regina
di Arendelle in cui era scritto che Hans aveva cercato di assassinarla
e
tentato di impadronirsi del suo regno.
Il re aveva dovuto affrontare la
situazione e la sua prima
azione era stata avvertire tutti gli altri fratelli, molti dei quali in
giro
per l’Europa e uno di loro particolarmente irraggiungibile
per posta, le
risposte che erano arrivate, erano state delle più svariate
e contrapposte. Peter
non aveva ancora preso una decisione su come gestire la situazione, nel
frattempo aveva fatto imprigionare in gran segreto il giovane principe
e,
purtroppo, per quanto a malincuore dovesse ammetterlo, il re non aveva
ancora
visto l’ombra di rimorso nel volto di Hans. La situazione
logorava re Peter, la
soluzione più semplice sarebbe stata esiliare Hans in
qualche colonia sperduta
del regno e dimenticarsi di lui, ma era suo fratello! Diviso ancora una
volta
tra i doveri di un sovrano e i sentimenti di un familiare aveva deciso
di
riscrivere nuovamente ai suoi fratelli, per chiedere aiuto a scegliere
una
punizione per Hans, come aveva suggerito la giovanissima regina nella
sua
lettera.
La prima lettera arrivò
tramite un messaggero in una mattina
particolarmente grigia, che minacciava tempesta, il re
respirò forte l’aria dal
balcone delle sue camere e intuì che ci sarebbe stato un
temporale durante la
notte: Peter era un uomo di mare e, come tutti in famiglia, era
addestrato a
comprendere i segni dell’acqua e dell’aria.
Mandò a chiamare alcuni suoi
servitori e gli ordinò di non tentare di raccogliere
l’acqua durante la
tempesta, che sarebbe avvenuta nella nottata, perché con i
fulmini sarebbe
stato pericoloso. L’acqua era un problema serio per le Isole
del Sud: non ce ne
era mai abbastanza perché i pochi corsi d’acqua
potabili presenti nelle venti
isole erano piccoli e poco capienti. Per questo motivo erano costretti
a
distillare sia l’acqua di mare sia quella piovana per
coltivare e per dare
l’acqua sufficiente ai propri cittadini, esisteva
però una riserva: nell’isola
più a settentrionale del regno vi era un altissimo vulcano
perennamene innevato
che possedeva in ghiaccio una riserva di acqua pura, utilizzata solo
per le
emergenze. La lettera proveniva appunto da quell’isola e il
re riconobbe
immediatamente la calligrafia e, una volta rimasto solo,
aprì la busta con
impazienza che poco si addiceva a un reale, iniziò a leggere.
Mi angusto per la tua preoccupazione nei
confronti di Hans. Sono ancora sconvolto della situazione, vorrei
poterti dire
che prego ogni giorno per te e Hans perché troviate un
po’ di pace, ma non
basterebbe. Non mi hai chiesto una preghiera ma un consiglio.
[…]In
fin dei conti un po’ glie lo devo,
nel momento in cui Hans avevo bisogno di me, ho lasciato tutto e tutti:
sai
bene che cosa ha significato per lui la morte di nostra madre e tutte
le
conseguenze.
-Non
solo per lui ma anche per te, mio carissimo Andreas- pensò
il re cupo, avrebbe scritto quel pensiero nella sua risposta.
[…]
Forse se avessi accettato di rimanere quando
me lo chiese, le cose sarebbero andate diversamente ma entrambi
sappiamo che il
passato non si può cambiare e soltanto accettando le
conseguenze delle nostre
azioni possiamo redimerci. Ti offro ancora una volta il mio amore e
prego per
te.
Tuo
Andreas
P. S: Sicuramente non l’avrai notato ma nella
busta c’è un piccolo trifoglio rosso, potresti
darlo a Hans?
Il
re controllò la busta e trovò un trifoglio rosso
essiccato,
che effettivamente non aveva notato prima, lo girò tra le
mani e lo udì
scricchiolare tra le mani perché era secco, lo
portò al naso e sentì che c’era
ancora qualche traccia del vecchio profumo quando quelle foglie erano
state
vive. Un profondo sospirò di rammarico uscì dalla
bocca del re, in quel
momento, nonostante la lettera di Andreas, si sentì solo.
Con aria circospetta,
poggiando prima la busta con il trifoglio sulla scrivania, il re
aprì uno dei suoi
cassetti, di cui solo lui aveva la piccola chiave color ruggine appesa
al collo.
Nel cassetto non vi erano i segreti del suo regno, per quelli aveva dei
posti
migliori, ma c’erano i suoi tesori personali che Peter amava
tenere vicino a sé
mentre lavorava. In un appropriato ordine disorganizzato si notava
subito un
piccolo ritratto di appena dieci centimetri, il re lo prese e lo
osservò,
rivedendo il volto della sua amatissima e defunta moglie Ada.
-Chissà che cosa mi avresti consigliato?- domandò
il re triste
guardando il ritratto e passando un dito sui capelli castano chiaro
della
moglie, nel ritratto la donna aveva un’espressione seria ma
felice, i suoi
occhi castani scuri erano dolcissimi.
-Hans ti adorava e tu lo amavi- continuò il re ripensando a
quegli
anni che sua moglie aveva cercato di prendersi cura di Hans, quando era
troppo
piccolo per difendersi da cose che non avrebbe mai potuto capire a
quell’età. Dolcemente
fece scorrere il ritratto tra le mani e rimase in silenzio per
districare la
matassa dei suoi pensieri: Peter era un uomo riflessivo e non gli era
mai
dispiaciuto il silenzio. Riprese il trifoglio e lo nascose in una sua
tasca,
decise che sarebbe andato a consegnare a Hans il suo regalo quella
sera.
Peter andò nelle segrete del
castello accompagnato soltanto da
se stesso, era quasi iniziata la notte e aveva terminato i suoi doveri
e la
cena, a quell’ora solitamente lui si preparava a coricarsi ma
oggi sarebbe
stato diverso. Non c’era nessuno in quel luogo di fredde
pareti di pietra, se
non ad eccezione di una delle guardie vestita con una divisa scura che
faceva
da secondino al principe Hans, alle guardie era stato ordinato la
più grande
segretezza e il divieto assoluto di parlare con il prigioniero
perché il re
sapeva bene quanto potesse essere suadente con le parole il fratello.
Il
giovane principe era a conoscenza di quei divieti e come
intrattenimento
cercava di irritare la guardia di turno con comportamenti noiosi e
irritanti. Il
quel momento, per esempio, si ostinava a canticchiare un motivetto
senza senso
con una voce graffiante e nevrotica, ben lontana da quella che Peter
conosceva
bene. Quando il re entrò nelle segrete, la guardia lo vide e
si apprestò a
salutarlo con il saluto militare e quel gesto repentino mise in allarme
il
principe Hans che smise di cantare. I passi di Peter furono
l’unica cosa che si
sentirono in quel momento, la guardia silenziosamente aprì
la cella del
prigioniero e non ci furono nessune annunciazioni, Hans sapeva
benissimo che
era il fratello … aveva imparato a riconoscere il
passo e l’ombra.
Peter entrò nella cella in
tutta la sua modestia, indossava un
semplice vestito scuro e come ornamento, la corona delle Isole del Sud:
era
molto semplice in oro rosso con una grossa pietra al centro di
ossidiana nera,
che assomigliava a quella di un conte piuttosto a quella di un re. Hans
guardò
distrattamente il fratello come se non esistesse e si mise a sedere
sulla
brandina della cella, iniziò nuovamente a cantare ma questa
volta con la sua
voce limpida. Il re lo scrutò a lungo sulla soglia della
porta, Hans era
pallido e aveva lasciato crescere deliberatamente i capelli e la barba
rossi,
nonostante avesse potuto richiedere il servizio di barbiere: il
principe era
l’unico a possedere quel colore di capelli mentre la maggior
parte dei fratelli
aveva una capigliatura castana. Il re ignorava se era un gesto per
qualche
piano di fuga di Hans oppure se il giovane principe si fosse lasciato
andare
allo sconforto, avrebbe ordinato a breve di raderlo per essere sicuro
di non
favoreggiare una sua fuga. Peter sapeva che Hans avrebbe continuato a
ignorarlo
ma l’avrebbe osservato sott’occhio per cui doveva
essere cauto, il re depositò
il trifoglio su un lato libero della brandina.
-È da parte di Andreas- annunciò con voce forte e
chiara il re,
Hans reagì facendo finta che non gliene importasse
però guardava con
la coda dell’occhio il trifoglio.
Quando si comporta così, come
un ragazzino ribelle, a Peter
veniva voglia seriamente di schiaffeggiarlo ma sapeva che era inutile,
l’aveva
fatto quando era tornato da Arendelle: era stata una delle poche volte
che il
re Peter era stato accecato dall’ira e aveva picchiato un suo
fratello, un
gesto che gli ricordava troppo il loro sanguinario padre e che lui si
era
promesso di non farlo mai. Il Principe Hans l’aveva spiazzato
quando si era
pulito l’angolo della bocca con il dorso della mano e si era
inchinato verso il
re guardandolo con dileggio. Peter si ricordava che l’aveva
guardato sconvolto,
chi era quell’uomo? Non era il giovane fratello che aveva
cercato di prendersi
cura.
-Hans-, parlò calmo ancora una volta Peter, per poi
continuare
con un tono duro da sovrano- Guardami- gli ordinò. Hans si
voltò a guardare il
fratello, i suoi occhi erano due fessure chiuse in
un’espressione di duro
disprezzo.
-Hai riflettuto sugli avvenimenti di Arendelle?- domandò il
re
ancora con tono duro e rimanendo fermo al suo posto.
-Sì, mio re- quella parola fu pronunciata stranamente senza
nessuna ombra di scherno.
-Avrei dovuto essere meno incauto e più paziente, a
quest’ora
avrei avuto un regno-dopo quelle parole Hans abbozzò un
sorriso malizioso e
fissò negli occhi, del suo stesso colore, il re sperando di
poter vedere un
minimo di reazione ma Hans sapeva che Peter era un uomo indecifrabile
e, dopo
tutta quell’avventura che aveva passato, non si sarebbe
stupito minimamente a
scoprire se anche il fratello fosseuno stregone sputa ghiaccio. Il re
non reagì
e non rispose, spostò il suo sguardo da Hans al resto della
cella, dove a terra
c’erano dei libri aperti.
-Caterina è stata qui?- gli domandò placido
attendendo la
risposta del principe che non arrivò, ma i suoi occhi lo
tradirono.
-Le hai fatto un gran torto-
Hans ridacchiò- Sono sicuro che la principessa Caterina
troverà
un altrettantovalido compagno di giochi-, rispose caustico il giovane
principe.
-Sì ma ha perduto il suo zio prediletto, è un
ruolo non
facilmente sostituibile-
-Va bene. Caterina è stata qui. Evidentemente è
stata addestrata
bene a evadere dalla sorveglianza della sua guardia del corpo- il
principe
pronunciò l’ultima frase con una
puntad’orgoglio, senza neanche premurarsi di
nasconderla. C’era anche una punta di amore quando
pronunciava il nome
Caterina, perché Dio sapeva quanto Hans amasse la nipote,
forse erastato solo
l’affetto per lei a dissuaderlo da tentare un colpo di Stato
nelle stesse
isole. Il re pensò a malincuore chenonostante
l’amore per Caterina, Hans non si
era fermato a compiere quel gesto assurdo.
-Hai perso delle cose vere, per l’utopia di avere un tuo
regno-
mormorò freddamente il re fissando nuovamente negli occhi il
fratello, il
prigioniero sembrò leggermente a disagio a quelle parole ma
non abbassò lo
sguardo. Rimassero in silenzio a sfidarsi con gli occhi e poi, il re
disse
secco -Buona notte, Hans. Spero che un’altra notte in una
fredda cella, ti
aiuti a capire a cosa hai rinunciato-, continuò secco il re,
ben determinato di
lasciare il principe a ragionare in solitudine. Hans aprì la
bocca per
rispondere ma Peter risoluto uscì dalla cella,
ricordò alla guardia il suo
divieto assoluto di parlare con il prigioniero e uscì dalle
segrete con passo
deciso verso le stanze, il cuore del re era stanco e gli occhi verdi
pieni di
rabbia.
-Forse l’ennesima notte passata in bianco porterà
a quello
scellerato consiglio- furono le ultime parole che pronunciò
a se stesso il re
prima di addormentarsi ma non ci credeva.
NOTE
DELL’AUTRICE
Ci
sono tanti motivi perché ho deciso di
parlare dei fratelli di Hans non come semplici cattivi.
Il
primo motivo:
se ci sarà mai un
continuo di Frozen, dubito che la Disney farà tredici
principi villani
(affermiamo la verità, Hans non è proprio il loro
capolavoro di cattivo ma
trovo comunque positivo, che la Disney abbia cercato di rompere certe
regole
del cinema classico a cui era troppo legata). Il secondo
motivo: è la
canzone eliminata Life’s too short, soprattutto la sua
ripresa che trovo
magnifica. Vorrei che la Disney la utilizzasse eventualmente per un
duetto tra
Hans e uno dei suoi fratelli con cui, negli anni ha perso, il rapporto.
Farei
proprio il re e se
utilizzassero la voce
di Josh Groban morirei felice. Anche perché la canzone
Life’s too short trovo
che sia poco adatta al rapporto mostrato
del film delle due principesse. Il terzo motivo
come spettatore troverei
molto più drammatico che i fratelli di Hans non siano
cattivi ma, che negli
anni hanno fatto una serie di errori che li ha portati ad allontanarsi
fra
loro. Ovviamente i fratelli che l’hanno ignorato per due anni
rimangono e
saranno spiegati (erano piccoli e idioti^^). Un’altra nota,
il Regno delle
Isole del Sud sto cercando di renderlo un regno spartano, per questo la
loro
corona assomiglia di più
quella di un
conte che di un re, volevo rendere anche il loro modo di vestire
più semplice e
austero.
Spero che la storia vi abbia interessati un
minimo!
Sokew86