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Autore: MyIdolsAreStupid    09/07/2014    2 recensioni
Dal testo: 'Quel ragazzo urla ‘sono gay’ da tutti i pori. Lo è sicuramente, la sua voce così acuta e i suoi modi di fare così effemminati. O è transessuale o è gay.'
Non è una storia da descrivere ma da leggere.
Genere: Comico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Louis e Harry erano nella macchina del secondo, lui stava accompagnando Louis in un paesino dove si teneva un corso d’arte da una signora che ci sapeva fare con l’arte, Lou la conosce perché spesso passa per il suo studio, e lui, amante di tutto quello che si definisce arte, non poteva non andarci.
Conoscevano quel paesino di collina solo per nome, non erano mai stati li, e lasciare la movimentata città per scontrarsi la quiete paesana fu come, per chi mangia solo ketchup da anni, assaggiare la maionese.
Insomma, era strano per loro.
Arrivarono nella piazza centrale, quella che tutti chiamavano “fuori porta”, ma per loro era una semplice piazza con una fontana al centro e una su una parete, sopra c’era una lastra con impresso “ai caduti”.
Tutto era in peperino, le panchine, le abitazioni, la pavimentazione, le due fontane e le mura e la torre che viste da fuori sembrava abbracciassero tutto il cosiddetto centro storico.
Tutto era così grigio, eppure risultava felice.
L’arco, rigorosamente in peperino, che dava l’accesso al centro storico, dava su una via in discesa, con negozi e case qua e là, la via che Rose, la signora dello studio, aveva descritto a Louis per arrivare al luogo dove si teneva il corso.
-“Vietato l’accesso a non residenti e non autorizzati”- lesse Harry il cartello grande quanto una casa che si trovava alla destra dell’arco -Mi dispiace LouLou, ma devi continuare da solo-
-Ci vediamo tra due ore, Harreh- detto questo, Louis da un’abbraccio a Harry e scende dalla macchina, salutandolo con la mano.
Si avviò e notò la fila di persone davanti a quella che sembrava una gelateria, proprio a destra della via.
Girò leggermente la testa a sinistra e notò un gruppo di bambini che giocavano a rincorrersi.
Alla fine della via che sembrò infinita arrivò davanti a un portone marrone rettangolare semi-aperto.
Sopra il portone campeggiava la scritta “Palazzo comunale”, era quello il posto.
Louis entrò e iniziò a salire le scale.
Dopo aver salito quelle che a lui sembravano centinaia di gradini, finalmente arrivò davanti a una porta di vetro, anche quella semi-aperta.
Spalancò la porta ed entrò in una specie di stanza-soffitta, colma di bambini e pochi ragazzi.
Rose sentì il rumore della porta spalancarsi e si girò di scatto verso Louis.
-Louis!- lo salutò con un gesto della mano.
La sua voce era squillante, come sempre.
-Ciao Rose- ricambiò lui il gesto -dove posso sedermi?- sorrise.
Una ragazza, proprio in fondo alla stanza, seduta ad un tavolo da sola, lo stava fissando.
Era mora, con gli occhi dello stesso colore, a prima impressione le avresti sicuramente dato una ventina di anni, come Louis, se non di più, ma in realtà ne aveva 17.
-C’è un posto libero laggiù, vicino a Avery- quasi esclamò Rose.
Louis si girò e noto che la ragazza lo stava fissando, ma appena si accorse che si era girato, lei distolse lo sguardo.
Quel ragazzo urla ‘sono gay’ da tutti i pori. Lo è sicuramente, la sua voce così acuta e i suoi modi di fare così effemminati. O è transessuale o è gay. Pensò Avery.
Louis camminò veloce fino al tavolo e si sedette sulla sedia libera.
-Louis Tomlinson- tese la mano lui.
-Avery Jennings...- rispose lei senza stringergli la mano.
Sì, mio caro, tu urli gay da tutti i pori. Riesco a sentire da qui l’odore di omosessualità. Confermò mentalmente la sua teoria, Avery.
-Louis e Avery, dato che voi siete i più grandi del corso, e sicuramente i più bravi, a voi farò fare cose più complicate-
Louis rispose con un semplice -ok-, Avery si limitò ad alzare un pollice.
-Riesco a sentire l’odore di omosessualità...- mormorò Avery piano, troppo piano per farsi sentire dai bambini seduti davanti a loro, ma non abbastanza da non farsi sentire da Louis.
-Cosa?- chiese lui, non avendo capito esplicitamente tutte le parole.
-Ho detto…- cominciò Avery -che qualcuno, in questo metro quadro in cui ci ritroviamo noi due, odora di omosessualità, e posso accertarti che non sono io-
-Cosa?- dal suo tono si capiva che aveva ben chiaro ciò che le aveva detto la ragazza.
-Urli gay da tutti i pori, Loueh- scandì bene le parole.
-Come puoi solamente pensarlo?-
-Io non lo penso, io lo so- si stiracchiò sulla sedia -ah, ma quindi “Harreh” con il cuoricino affianco non è il tuo ragazzo?-
-Eh?-
-Il telefono Louis, il telefono-
Era arrivato un suo messaggio.
-“Tesoro come va il corso?”- lesse sussurrando lei -aw ma che dolce- disse poco dopo.
La guardò arrabbiato.
-Stai tranquillo, non sono omofoba- sussurrò piano.
Dopo quella frase non si parlarono più.
Finito il corso Louis scese di corsa le scale, notò che Avery l’aveva seguito.
E anche Rose era scesa.
-Allora, piccioncini? Ho notato che avete parlato per mezz’ora buona invece di ascoltarmi mentre vi dicevo cosa avreste fatto durante il corso- disse Rose, non sapendo dell’omosessualità di Louis.
Avery e Louis si guardarono per pochi secondi poi scoppiarono a ridere di gusto insieme.
Insomma, Rose, non ci azzecchi? Dai, come puoi minimamente pensare che io sia etero? Tu mi conosci da una vita e non lo hai capito quando una ragazza completamente sconosciuta si accorge che mi piacciono i maschi semplicemente guardandomi e ascoltando la mia voce? Fa quasi ridere.
Ho detto quasi.
Pensò Louis.
Si accorge se due suoi alunni in ultima fila si sussurrano, ma non si accorge che una persona che conosce da sempre le sta palesemente sbattendo in faccia di essere gay.
Aggiunse Avery, come di risposta al pensiero di Louis
-Beh io vado, oppure farò tardi, ciao Avery, ciao Rose- salutò con la mano Louis per poi andarsene lasciando Rose e Avery.
Rose lo salutò di risposta.
Ma -Aspetta- urlò quasi Avery -ti accompagno, tanto non ho nulla da fare- corse verso Louis, che si era girato verso di lei.
-Avery, ma tu vivi lontano?- chiese lui -se vivi lontano ti accompagno io-
-Beh vivo abbastanza lontano, ma tornerò a casa a piedi, sono pochi chilometri- rispose lei.
-Dai ti accompagniamo io e Harry-
-Ma se ci conosciamo a malapena-
-Louis William Tomlinson, 20 anni- tese la mano.
-Avery Phoebe Jennings, 17 anni- gli strinse la mano lei, girata verso lui con gli occhi semi chiusi per il caldo sole di giugno e un sorriso in volto.
-Allora?- lui voleva davvero presentarla ad Harry, si sarebbero piaciuti, ma non in quel senso.
-Allora no, scusa, ci vediamo domani, stesso posto stessa ora, Loueh-
E con quella frase si lasciarono, Louis salì nella macchina di Harry e Avery si incamminò verso casa sua.
 
Una settimana dopo, stesso posto stessa ora, Avery aspettava impaziente l’arrivo di Louis, seduta al suo tavolo, già con matita in mano e foglio sul tavolo, dato che quel giorno avrebbero fatto un disegno a mano libera sulla prima cosa che passava per la testa.
Ma a Avery Phoebe Jennings passavano miliardi di cose per la testa e non ricordava più quale fosse la prima, ma le aveva contate tutte le cose che le erano passate per la testa.
Erano state 629836289, solo da quando era li, cioè da circa 5 minuti e 19 secondi.
20 secondi.
21 secondi.
22 secondi…
23... 24... 25... secondi…
Erano 5 minuti e 26 secondi (27, 28, 29, 30...) che aspettava Louis.
Oramai era arrivata alla cosa numero 740947400 che le passava per la testa.
Ma ammettete che siette stati pigri e che non avete letto nessuno dei due numeri.
Finalmente dopo 7 minuti 47 secondi e 1000000000 cose che le erano passate per la testa, Louis si degnò di presentarsi.
Il fatto è che lui era in anticipo, di 10 minuti esatti, quindi Avery era arrivata lì con 17 minuti e 47 secondi (e 1000000000 cose che le sono passate per la mente) in anticipo.
Ammettetelo che vi sto rincoglionendo forte con questi numeri.
Ma passiamo al fatto che, dopo questi conti assurdi nella sua testa, Avery sembrava una drogata che non capiva più nemmeno se stava seduta su una sedia o stava volando insieme a degli unicorni fatti di zucchero filato.
Il punto è che, Avery, vedendo Louis, divenne nervosa, molto nervosa.
Troppo nervosa.
Avery? Cos’è tutto sto nervoso? È solo un gay con un ragazzo, non devi avere paura di lui, tanto non gli piaci!
Mannaggio a me e a quando sono nata donna.
Esatto, caro narratore esterno, mi piace Louis, e allora? E allora sti gran cazzi, che per giunta a lui piacerebbero di sicuro.
Esatto, caro narratore esterno, avrei tanto voluto essere maschio solo per poterci provare con lui, insomma, è un bel ragazzo ed è anche abbastanza simpatico, in questa settimana ho avuto la fortuna di conoscerlo bene, e mi piace, mi piace il fatto che sia se stesso, non mi piace il fatto che “essere se stesso” per lui vuol dire essere un gay level: 1000000000000000.
Però è vero, i ragazzi fighi o non ti cagano, o hanno qualche malattia incurabile che li farà sicuramente morire, o sono gay.
È questa la sfiga più grande.
Avery fece questo bellissimo monologo commovente nella sua testa, e fu quasi tentata di scriverci su qualcosa, ma poi si ri focalizzò su Louis.
E a quel punto avrebbe preferito di gran lunga il monologo, vedendo Louis che le si avvicinava e si sedeva accanto a lei.
Solo in quel momento Louis notò il suo polso sinistro fasciato.
-Cosa hai fatto al polso?- chiese lui, preoccupato.
-Niente di allarmante, mi fa un po’ male, ma niente di allarmante-
Louis fece finta di crederle, ma in realtà sapeva che mentiva, stava mentendo perché sulla fascia si vedevano accenni di sangue, come se avesse dei tagli sulla pelle.
Come se si fosse tagliata…
Ipotizzò.
Ma forse non era solo un’ipotesi...
  
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