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udovica si
alzò dal letto, giovane donzella insonne occasionale, e si recò in balcone, a
prendere l’ennesima boccata d’aria della notte.
Si mise a
passeggiare per l’ampia veranda, riflettendo sul fatto che NON avrebbe bevuto
più caffè dopo le 5 dell’après-midi, quando
all’improvviso ebbe una strana voglia.
Sesso?
Nient’affatto.
Succo di frutta, ACE.
Rientrò
dentro, si avviò bradipo-style verso il frigorifero, placidamente,
tranquillamente, quietamente, palesemente, fantasticamente; prese la confezione
del succo quasi vuoto, che, egoisticamente, riservò solo per sé, solitaria compagna di sé.
Agguantato
il bicchiere, umido e tendente a scivolarle dalle tozze dita, ebbe una
brillante idea: perché non aggiungere un po’ di vodka pura?! Ludovica allora,
improvvisamente spoglia dall’aria bradipo-style, ma piuttosto eccitata come una
bambina birbante, come un topo quando il gatto è via, si accinse a percorrere
lo stretto corridoio a rombi viola e neri verso il salotto, dove troneggiavano
su un mobile liquori vari; trovò in prima fila quello che cercava, una mini
vodka: dopo di che tornò in cucina, per evitare di lasciare tracce strane in
salotto, a preparare il cocktail occasionale. Versò un po’ di vodka, la
richiuse col tappo, e la nascose in camera sua, per ogni simpatica evenienza.
Riprese il bicchiere e tornò fuori, a rimirare le stelle, la luna, le nuvole, i
gufi, i pipistrelli, gli ufo, gli scoiattoli fare all’ammore.
Si appoggio
alla ringhiera, e si chiese cosa sarebbe successo, e come avrebbe reagito, se il
bicchiere le fosse scivolato e caduto giù, infrangendosi, versando il succo,
magari su una macchina. Scoppiò a ridere, piuttosto rumorosamente, nonostante
non ci fosse poi nulla di granché divertente.
-Che cazzo
ci ridi, tu?! - Irruppe una voce strascicata, palesemente ubriaca come una
spugna.
Ludovica,
imbarazzata e con un pizzico di terrore, si guardò attorno, che cosa stupida, arrivando poi a
riflettere sul fatto che colui che aveva tanto irritato doveva per forza essere
giù, o al piano di sotto, o per strada.
Il succo con
l’ACE era rivoltantemente, schifosamente,
disgustosamente, eccessivamente dolce.
La voce
ubriaca e petulante parlò di nuovo:
-Che cazzo,
la gente ride, io sono sull’orlo del suicidio, merda!-
Ludovica
capì esattamente questa volta da dove proveniva quel brillo piagnisteo, ovvero
dal balcone sottostante.
- Fernando?-
- Che cazzo vuoiiiiii?!!-
Ludovica si
trattenne, non era il caso di ridere.
-Che
ti succede, perché sei sull’orlo del suicidio?-
-Non sono
entrato!! Non sono entratooooooooooooh!!!!-
Cominciò a
far traballare la ringhiera e a grugnire.
-Dove non
sei entrato? - chiese Ludovica cortesemente, che ipotizzando una risposta,
pensò che la sua ragazza non gliel’avesse voluta dare.
-Non sono
entrato! Ho fallito! Ho fallito! Sono un fallimento! Sono un coglione! Non sono
entrato! Ho fallito! Ho fallito!! - Non era una risposta soddisfacente,
soprattutto dato il fatto che il tutto era condito dai disperati e ubriachi
grugniti e dal rumore della ringhiera che pericolosamente continuava a
traballare.
-Cristo, Fernando,
sto parlando con te!!-
-Ho fallito!
Fallito! Fallito! Fallito! Non sono entrato! Non sono entraaaa-tooooo-entratoooo-atooo-atooo-ato-òòò!
Fallitoooooo!-
La piccola e
instabile Ludovica, che buttava le sedie per aria in preda al nervosismo, tornò
in quel momento al mondo. Guardandosi con gli occhi sbarrati per l’improvvisa
nevrosi ritrovata le mani, di cui una, si era scordata, aveva prese salda sul
bicchiere, ebbe una idea malsana.
Come un
automa si raddrizzò.
-Opss!-
Lasciò
andare il bicchierone ricolmo di cocktail improvvisato; questo, non a caso, si
andò a schiantare sulla capoccia del delirante e ubriaco Fernando, che
bagnatosi della schifezza, stramazzò a terra, sotto le schegge del bicchierone
infrantosi sulla sua testa.
-Cristo!
Fernando! Fernando?! Merda!-
Ludovica,
dolce donzella, era impossibilitata dall’oscurità a cogliere qualche possibile
e probabile rivolo di sangue proveniente dalla testa del suo vicino di casa. Che
fare adesso? Aveva semplicemente perso il controllo, il caffè l’aveva resa
nervosa, la vodka instabile, l’ace.. che avrebbe mai potuto fare un mix di
arancia e carota?
Chiamare i
genitori di Fern? Quale pazza in preda ad una
primordiale crisi isterica butterebbe da un balcone un bicchiere ricolmo di
schifezza dolcemente imbevibile? Sarebbe potuto morire dissanguato; la polizia
sarebbe sicuramente risalita a lei, c’erano tracce del suo acido
desossiribonucleico in quel dannato bicchiere del cazzo.
-Cazzo..-
Cosa fare?
Ludovica pensava velocemente, anche se non si sa a quanto potesse servire, dato
il fatto che era sempre lo stesso circolo di pensieri, soluzioni e possibilità.
Affanculo, diamine. Decise di scendere al piano di
sotto e suonare come una disperata all’appartamento di Fernando e dei suoi
genitori. Aveva fatto un danno, maledettissimo
caffè, avrebbe riparato.
Mise le
pantofole, si catapultò per le scale, arrivò al pianerottolo, e assicuratasi
che la targhetta del nome fosse quella giusta, cominciò ad alternare strilli,
trilli di campanello, battiti alla porta.
Un uomo dai
capelli brizzolati e scompigliati fece capolino sulla porta appena aperta, un
bastone in mano. Cristo, adesso mi
picchiano!
-Io.. io..-
esordì incerta Ludovica.
-Fernandooooooooooooooooo!!!!- La ragazza in preda al
ritrovato panico si catapultò velocemente dentro e andò verso il balcone,
seguita da un signor padre di Fernando assai incredulo e assonnato.
Arrivarono
entrambi presso l’aspirante cadavere.
-Che cosa è
successo?!-
Ludovica, che
stava controllando che Fernando respirasse ancora, cosa che per sua fortuna
faceva, alzò lo sguardo verso il padre, e balbettò qualcosa riguardo il fatto
che glielo avrebbe spiegato quando si sarebbe assicurata che il ferito vicino
fosse fuori pericolo, intimandogli così anche di aiutarla. Lo presero, e lo
portarono sul divano, dove il signor padre di Fernando cominciò a disinfettare la ferita, sopra
l’orecchio destro.
-Mi vuoi
spiegare esattamente adesso cosa è successo? Come hai fatto a..-
-Ma, ehm, non
vuole chiamare sua moglie?-
-Donata è in
vacanza con il suo amichetto.-
-Ah, oh..
-Allora?-
Incitò il signor padre di Gian Battista Fernando.
-Ecco, uh,
io ero.. ero insonne nel balcone, a bere un po’ di ace, sa fa bene, vitamina C,
carotene per l’abbronzatura, e.. uhm.. Sì, ecco, per incidente, non l’ho assolutamente fatto apposta, mi
è per caso scivolato il bicchiere di mano… Non mi ero accorta che suo figlio fosse affacciato
e..-
-Ma che
fetore.. E’ alcool, Dio! Sei ubriaca?!-
Cazzo. Era
solo un goccio di vodka, non..
-Ah.. ma è
Fernando..-
Nuovo
rumore, altro fetore. Phhrrrrrrr! Peto Revival.
-Si starà
mica cagando addosso?-
-Sa, a volte
l’alcool fa questo effetto.-
-E’ proprio
fradicio. Sicuramente sarà svenuto più per la sbornia che per il bicchiere
sulla capoccia.-
-Biascicava
qualcosa su un fallimento, un posto dove non è riuscito ad entrare..-
-Ah, sì, non
è riuscito ad entrare alla facoltà di medicina, nonostante le raccomandazioni.
Da padre, non ho avuto il coraggio di dirgli che è troppo idiota per tentare la
carriera da medico.-
-Ah. Eh, uh,
meglio che vada adesso, sì.-
-Grazie. Ti
va un caffè?-
-EEEEH?? Che
diam.. oh, no, no, grazie, molto gentile da parte sua..
però potrebbe mettere a posto il bastone? Mi fa paura.-
Il signor
padre di etc, etc..
strabuzzo gli occhi e con tono alla Chuck Norris la rimproverò
-Affronta le
tue paure, marmocchia. Questo è solo legno. Io sono solo un uomo, un essere
umano, mi dai un calcio nelle palle, e mi ritrovi seduta stante a terra a
rotolare dal dolore, invocando il signore per una morte veloce.-
Ludovica
ebbe un brivido inquieto, alquanto shockato, per l’affermazione e il tono un
po’ fuori luogo.
-Me - meglio
che vada, adesso, sì.-
-Ciao, e
grazie ancora.- Il signor.., alquanto scocciato
-Buona
notte.-
-Notte!-
Ludovica,
uscì dalla porta. Ricominciò a salire le scale, ma ad un certo punto si fermò.
La bocca le si aprì, sempre più grande, sempre di più. Un mucchio di denti
vennero fuori, e lei rideva, rideva, seduta, le braccia sulla pancia, sulle
scale.