Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Misaki Ayuzawa    10/07/2014    5 recensioni
Chi è Tessa Gray? Ve lo dico subito. Tessa Gray è una povera sedicenne in crisi. Perchè, non solo frequenta il terzo anno di liceo, e si sa, il liceo è un problema per tutti, ma anche perchè non riesce a trovare il libro giusto... si avete capito, è una lettrice appassionata che non riesce a trovare un libro appassionante e questo è un problema per qualunque lettore che si rispetti! Questa, signori è la storia di Tessa Gray e della sua caccia alla "trama perfetta" ma non solo la sua perchè compariranno, con la stessa importanza, gli altri personaggi che fanno di Shadowhunters il ciclo di romanzi che è!
Dal 7° cap.: Il blu si fuse col grigio per diventare tempesta.
Dal 9° cap.: "E che cosa cerchi?"
"Romanzi. Ce ne sono pochissimi. O poesie ... Ci sono soltanto enciclopedie e storici!"
Will si sentì ferito nell'orgoglio. Quella era la sua biblioteca e nessuno la poteva offendere!
Dal 13° cap.: "Ah non preoccuparti! In caso scacciamo via Will!"
"Chissà perchè non credo prenderebbe la cosa con diplomazia ..."
"Mmmm ... forse no" Rise.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Theresa Gray, William Herondale
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 40: Grazie

Il volto scuro di Will, nel momento in cui la raggiunse fuori dalla porta di Jem, atterrì Tessa.
“Vuole vederti.” Riferì lui, apatico. Tessa annuì e fece per abbassare la maniglia ed entrare, ma Will la fermò.
“Cosa c’è?”
“Qualsiasi cosa accada,” cominciò Will con voce rotta. Aveva il fiatone, come se stesse scalando una montagna durante una bufera di neve “pensa alle conseguenze delle parole che pronunci.”
“Cosa vuoi dire?”
“Esattamente quello che ho detto.”
Tessa non capì ma, in quel momento, le parve una buona idea annuire a tutto quello che Will diceva. Doveva essere sconvolto, e lei non aveva alcuna voglia, ne era della disposizione d’animo adatta, per ingaggiare una guerra verbale.
Si immerse nel buio della stanza. Jem si era messo seduto, la schiena contro la testiera del letto, e tentava di non dare a vedere quanto male stesse, tradito comunque dalle pelle sudata e il tremito delle labbra. Le mani erano adagiate con tranquillità sopra le coperte.
“Will mi ha detto che mi volevi vedere.”
Le labbra di Jem si arcuarono in un debole sorriso, quando notò che anche lei, come Will, portava ancora il pigiamo dell’ospedale.
“William ha avuto proprio una brutta influenza su dite.”
Di colpo Tessa arrossì. Non era proprio una bella esperienza farsi vedere in pigiama da un ragazzo che … da un ragazzo per cui provi affetto. Con Will, dopo due settimane di condivisione dell’ambiente, non ci faceva più caso, ma con Jem ... Si ricordò all’improvviso del loro primo incontro, e si accorse che, alla fine dei conti, non aveva motivo di sentirsi a disagio.
“Mi ha reso più atletica, se lo vuoi sapere.” Tessa tentò di ricambiare il sorriso e, detto questo, si andò a sedere sulla sponda del letto, di fronte a Jem.
“Will ha la strana capacità di riuscire a condizionare tutto e tutti e di trasportarli con sé senza neanche rendersene conto. Al contrario, sono convinto che vorrebbe esercitare il potere opposto.”
“Purtroppo lo credo anche io …” Mormorò Tessa.
Jem si accigliò. “E da cosa lo deduci?”
Tessa si riscosse. “Non sono venuta qui per parlare di Will.” Disse scuotendo la testa con determinazione. “Se ho qualcosa da dire su di lui, mi sento abbastanza sicura da affrontarlo direttamente.”
“No, ti prego. Parlami.” Jem, con il più accorato tono di voce, la convinse ad aprirsi. Come poteva quel ragazzo farle quell’effetto? Le sue parole erano come l’ipnosi. Eppure, questa volta, mentre lei parlava, negli occhi di Jem non leggeva la semplice disponibilità di un amico, quanto il vero interesse.
“E’ sempre la stessa storia” cominciò, titubante. “Prima è come se non volesse avere nulla a che fare con te e poi ti lascia uno spiraglio. Ti permette di conoscerlo, ti affezioni … e ti butta di nuovo fuori. Cercare di stargli accanto è difficile come vivere la maledizione di Sisifo.” Ma non riusciva ad andare avanti. Lagnarsi di Will le sembrava inopportuno più che mai.
Il ragazzo prese un grande respiro, come se si preparasse ad affrontare la conversazione più difficile che avesse mai avuto.
“So che ti suonerà strano o, ancor peggio, inopportuno, ma ti chiedo di rispondere con sincerità. Se non vuoi, ti lascio libera di non parlarne.”
“O-okay …” Tessa non era più sicura di niente. Prima Will le aveva detto di fare attenzione alle proprie parole, ora Jem la pregava di essere sincera … le stavano per caso chiedendo di arruolarsi nell’esercito?
“Sei innamorata di Will?”
Le guance di Tessa si fecero paonazze. Chissà perché si vergognava, come se fosse una colpa da espiare, quella di essersi presa una cotta … ehm, una grande cotta per Will.
Gli occhi di Jem si accesero di comprensione, e fu lui a rispondere per lei.
“Sì, lo sei.” A Tessa venne l’irrefrenabile voglia di scusarsi; ma scusarsi di cosa? Fece per dire qualcosa, ma la voce –sempre più debole- di Jem la frenò.
“Va bene, volevo solo esserne sicuro.” Si sforzò di fare un sorriso.
“Ma perché? In questo momento dovresti pensare a tutto fuorché alla mia vita sentimentale –alquanto smorta, se lo vuoi sapere.”
Le dita di Jem si intrecciarono piano a quelle di Tessa, che ricambiò la stretta. Il cervello aveva preso il volo e avrebbe voluto abbracciarlo, ma qualcosa le diceva che non sarebbe stata una buona idea.
“Lo sai qual è il mio più grande cruccio?”
“Che sei troppo giovane per-?” Tessa non riuscì ad andare avanti. Tessa non si concedeva facilmente al pianto, ma in quel momento non avrebbe voluto far altro se non rannicchiarsi in un angolino e perdersi nei singhiozzi.
“No, no. A questo mi sono preparato da un pezzo -anche se con disappunto, si intende. Da quando vivo qui all’Istituto, io e Will siamo stati fratelli. Pensavo, ormai, di conoscerlo, ed ecco, invece, che Charlotte mi viene a dire di Lilith …”
Tessa fu sopraffatta dallo stupore. Aveva capito che Will non aveva condiviso questa storia con nessuno, eppure aveva dato per scontato che Jem ne fosse a conoscenza.
“Ad ogni modo,” riprese Jem “avevo paura di lasciare Will da solo. E’ intelligente e, in teoria, sa che l’autodistruzione non è la soluzione. Anche se si sente in colpa per non aver protetto la sorella.” Fece una pausa, e Tessa ebbe il tempo di riflettere su quello che aveva imparato di Will, in quei mesi. Aveva capito, dalle voci che correvano, che non era raro, negli anni passati, che tornasse all’Istituto completamente ubriaco, con, all’occorrenza, un pulso slogato e un occhio pesto. Dunque, oltre al dolore della perdita, si sobbarcava anche il peso di una morte il cui sangue non sporcava certo le sue, di mani. “Adesso, forse, non devo avere paura di lasciarlo solo. Perché non è solo.”
Jem lo disse con una tale franchezza che Tessa non si trattenne più. Lei non voleva sostituire Jem; non lo aveva mai voluto. L’unica cosa che desiderava era che tutto tornasse alla normalità. Con le guance rigate di lacrime, Tessa allontanò le proprie mani da quelle di Jem per passargliele intorno al collo e abbracciarlo. Sentì le braccia di Jem irrigidite contro la sua schiena, e che, poco a poco, si rilassavano e la stringevano a loro volta.
“Grazie.” Gli sussurrò all’orecchio. “Per avermi accolta, e per avermi concesso di conoscerti. Nonostante la mia pessima presentazione e il mio pessimo accento.”
Jem ridacchiò.  “A proposito, non mi hai ridato la camicia.”

“Will …” Charlotte proprio non aveva la forza, e neanche la voglia, di rimproverarlo. Poteva capire perfettamente la situazione del ragazzo. Per quella volta, avrebbe chiuso un occhio.
 Quando i medici l’avevano chiamata avvisandola che la stanza dei pazienti Gray e Herondale era vuota per poco non le era preso un infarto. Subito, però, non aveva avuto dubbi su dove i due fuggitivi potessero essere. Non appena arrivò davanti alla porta chiusa della camera di Jem vi trovò Will a fare la guardia, molto simile a una di quelle di Buckingham Palace, e Tessa che sbucava fuori dalla suddetta camera con gli occhi arrossati ma asciutti.
“Non ti è venuto in mente che, per quanto ne sapevamo, avrebbe potuto essere stata Lilith a portarti via?”
Will non parve neanche sentirla, gli occhi fissi su un punto indefinito, ma che doveva essere molto interessante, del muro. Fu Tessa a rispondere.
“Ci scusi, ma appena lo hanno avvertito a proposito di Jem non ha sentito ragioni. E comunque siamo arrivati sani e salvi.”
Charlotte sospirò. Era esausta. Tra Jem, Lilith e Woolsey non chiudeva occhio da circa tre giorni.
“Vi avremmo fatti dimettere domani pomeriggio … I medici ci avevano detto che ormai non c’era motivo per cui steste in osservazione.”
Per un po’ nessuno disse niente, poi la direttrice si rivolse a Tessa.
“E Jem …?” Aveva visto crescere quel ragazzo, come Will e Jessamine, che avevano abitato con lei da quando avevano dodici anni e per lei erano dei figli. Il pensiero di perderne uno le era insopportabile.
“Si è addormentato.” Fu la lapidaria risposta.

“Io proprio non capisco come tu abbia fatto a convincermi, Magnus.” Camille Belcourt se ne stava semi distesa sul sedile anteriore della Volvo di Woolsey con i pedi, calzati in atroci tacchi a spillo pitonati, sul cruscotto e una sigaretta tra le dita.
“Ti ha convinta promettendo di organizzare la festa per il tuo quarantesimo compleanno.” Woolsey godette moltissimo nel far notare alla bionda che ormai la sua vita era tutto in declino … “Ti pregherei di non lasciare la cenere sui miei preziosissimi sedili in pelle!” Aggiunse poi.
“Siete una compagnia davvero noiosa; lo sapete, vero?” Magnus occupava con le sue lunghe gambe i sedili posteriori e teneva lo sguardo fisso sul portone dell’edificio dal quale, prima o poi, Lilith Damon sarebbe dovuta uscire.
“Senti chi parla. Ho un ricordo abbastanza nitido di te, me e Pretty Woman. Mi avevi promesso una serata indimenticabile.” Woolsey guardò disgustato prima Camille e poi Magnus.
“Voi due stavate insieme?”
“Ti crea problemi?” Magnus strinse i suoi occhi da gatto e poi si rivolse a Camille. “E’ stato indimenticabile, infatti. Mi sembra che te ne ricordi. E poi a tutti piace Pretty Woman.”
“Se state zitti, magari non ci facciamo beccare da Lilith!” Li rimproverò Woolsey. Scaldando il motore e preparandosi a seguire la suddetta donna che si stava dirigendo verso una bicicletta.
Obbiettivamente era una bella donna, scintillanti capelli corvini e una figura slanciata, ma i lineamenti, che una volta dovevano essere stati gradevoli, erano induriti e deformati da un’espressione crudele. A Magnus venne un brivido nel rivederla dopo tanti anni, e immagini della sua gioventù gli si imposero nella mente, provocandogli allo stomaco una fitta di nostalgia. Si sentiva realmente male a pensare che quelli che un tempo erano stati i suoi migliori amici ormai erano poco più che sconosciuti, e che alcuni di loro dovessero provare tanto dolore quanto tanta violenza.
“Si dirige verso l’ospedale.” Osservò Woolsey, improvvisamente vigile e guardingo, mantenendosi ad una costante distanza di cinque metri dalla donna. Magnus, che non poteva sapere dei trascorsi tra Woolsey e Charlotte, non poteva sapere che ci fosse qualcosa di più del lavoro a spingere quel giovane uomo a fare quello che stava facendo: un pedinamento di circa quarantotto ore pressappoco continuo; lui e Woolsey non erano esattamente amici, quanto più conoscenti di vecchia data. La loro conoscenza risaliva a cinque anni prima, quando una donna greca, residente a Londra e con la quale Magnus aveva avuto un breve relazione di una settimana, aveva assunto quell’ispettore privato per farlo pedinare e controllare se facesse qualcosa di illegale, per poi spennarlo con un ricatto. La poveretta non aveva sopportato il troncamento della storia –non che Magnus non potesse capirla. Lui era meraviglioso! Ad ogni modo, la storia si era conclusa con Magnus che scopriva di essere seguito e offriva a Woolsey il triplo di quanto aveva offerto la donna, affichè la piantasse con quella storia ridicola. In una situazione normale, Woolsey non avrebbe mai accettato –era una questione professionale!- ma in quel caso non c’era motivo di non cambiare bandiera. Era evidente che la greca fosse completamente schizzata.

Lilith era scesa dalla bicicletta e l’aveva abbandonata nel cortile dell’ospedale. Come sempre, era stato facile intrufolarsi nel giardino, a dispetto della sorveglianza che era stata raddoppiata proprio per evitare il suo ingresso. Ora restava solo da arrivare al primo piano. Anche qui, non fu affatto difficile. La porta di servizio era aperta e lei sgusciò dentro, mischiandosi tra le ombre. I suoi movimenti erano silenziosi e aggraziati. Stava per aprire la porta che l’avrebbe condotta dal ragazzo. Fece scivolare il coltello dalla manica e lo impugnò. Già pregustava l’odore che il sangue Herondale avrebbe avuto sulle sue mani e sul suo viso, una volta che fosse schizzato dalla ferita. Perché sarebbe stato un sol po' ben inferto a causare quella morte; un sol colpo dritto al cuore, per spezzarlo in due … in due come i pezzi del proprio, di cuore, quando Edmund Herondale lo aveva calpestato.

“Beccata.”

 Angolino dell'autrice: Non ho scusanti, se non il fatto che avevo perso l'ispirazione. E mi dispiace, mi dispiace sul serio :( Tra le altre cose, ho approfittato delle vacanze per leggere un pò (sì, ho letto CoHF ... *.* Signori, non ho pianto, mi sento benissimo, un pò triste, ma realizzata :D) However, non ho nient'altro da dire. Spero che il capitolo sarà di vostro gradimento e, se volete, lasciate una recensioe :D

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Misaki Ayuzawa