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Autore: Aagainst    10/07/2014    0 recensioni
Ho solo diciotto anni e sono senza una casa. Una nomade, una reietta. Con la passione delle stelle, ma pur sempre una reietta.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alone Is The Last Place I Wanted To Be

Alzo lo sguardo e vedo le stelle. È una fredda notte d'inverno e sono seduta da sola, sull'umido manto erboso di uno squallido parco. Penso di essere nel quartiere più brutto della città. Ma le stelle... Ah, le stelle! Così piccole all'occhio umano e così grandi nella realtà. Esse sono inafferrabili, inconcepibili per la nostra mente finita. Le stelle... Le stelle sono piccoli puntini luminosi nel cielo che sono capaci di riempirmi di serenità.
Il freddo inizia a farsi pungente. Decido di alzarmi e inizio a camminare, tenendo lo sguardo però rivolto al cielo stellato. Ho solo diciotto anni e sono senza una casa. Una nomade, una reietta. Con la passione delle stelle, ma pur sempre una reietta. Improvvisamente, mi scontro con qualcuno e cado a terra. -Tutto a posto?-. È la voce di una ragazza. Provo a rialzarmi, ma non ci riesco. -Aspetta, ti aiuto io.- dichiara. Mi aiuta e mi sorregge. La guardo bene: è una bella ragazza, più o meno della mia età, dai capelli scuri e gli occhi azzurrissimi. -Dove abiti? Posso accompagnarti a casa?- domanda. Io mi sento mancare: non ho una casa da ormai un anno. -Tutto a posto?- chiede, preoccupata. Io chino il capo. Non so se fidarmi di lei o no. Decido di risponderle. -Io... Io non ho una casa.- ammetto, mesta. La vedo mordersi il labbro. Probabilmente la mia ammissione l'ha scossa. Faccio per andarmene, quando mi domanda:-Ti va di venire a dormire da me?-. Rimango spiazzata, senza parole. -Non abito lontana da qui. E poi, i miei non avrebbero nulla in contrario.- aggiunge. Vorrei risponderle, dille che me la cavo benissimo da sola, ma tutto ciò che posso fare è seguirla lungo una via che conduce fuori dal quartiere. Arriviamo a una bella villetta a schiera. La ragazza bussa alla porta e una signora sulla quarantina ci apre. Mi vede piuttosto malmessa e mi accompagna in casa. Mi fa andare a lavare e ceno con loro. Scopro che la ragazza si chiama Jane e che ha diciotto anni, proprio come me. Ha un fratellino, Matt, di tredici anni e due genitori stupendi, Lisa e Paul. -Allora, parlaci un po' di te. Quanti anni hai? Che scuola fai?- si incuriosisce la donna. Chino il capo, un po' imbarazzata. -Io... Io mi chiamo Angel. Ho diciotto anni e frequento la St. Mary, quella in Roof Street. Cioè, frequentavo. È da un po' che non ci vado.- rispondo timida. Lisa capisce che è meglio non proseguire oltre e mi serve la frutta, per poi decidere che è meglio che io vada a dormire. Mi prepara un letto in camera di Jane e io mi addormento subito. Un rumore mi sveglia all'improvviso. Mi volto e vedo Jane che è inciampata nel letto. -Ti sei fatta male?- le chiedo. -Abbastanza, ma non è nulla.- risponde alzandosi subito in piedi. Mi sorride e si siede sul mio letto. -Posso chiederti come mai non hai una casa?-. Sospiro e la guardo. Mi ispira fiducia. -Ho perso i genitori in un incidente tre anni fa. Da allora i servizi sociali hanno provato a piazzarmi in una famiglia, ma io sono sempre scappata. Non credo nei legami. Tutte le relazioni affettive finiscono, prima o poi.-. Jane mi scruta, imperturbabile. Si morde il labbro e noto che assomiglia straordinariamente a sua madre. -Sai, mia madre è orfana. So che ti sembrerà impossibile, ma ha vissuto proprio nel quartiere da dove vieni tu. Eppure lei crede nei legami. Ci crede fermamente.- ribatte. La guardo e decido di non risponderle. Mi tuffo con la testa sul cuscino e mi riaddormento.
La mattina mi sveglio presto. Facendo piano mi alzo e mi rivesto. Prendo il mio zaino e scendo le scale. Noto diversi soprammobili che potrei rivendere. Faccio per per prenderli, quando qualcosa dentro di me mi blocca. È davvero giusto quello che sto per fare? Posso davvero negare quello che mi è successo questa notte? Loro mi hanno presa e portata a casa loro, mi hanno curata e dato un letto e io li sto per ripagare nel peggiore dei modi. Decido di smetterla di scappare. Non ha più senso. Prendo il mio zaino e lo metto da una parte, poi preparo la colazione per tutti. Sento Lisa e Paul discutere. -Te l'avevo detto che se ne sarebbe andata via! Probabilmente ci ha anche derubati!- urla l'uomo. -Papà, ma...- -Niente "ma" Jane! Lisa, chiama la polizia!- esclama l'uomo. Mi spavento e corro verso lo zaino, ritrovandomi Lisa di fronte. La donna mi abbraccia e io scoppio a piangere. Paul mi guarda scusandosi con lo sguardo. -Non per interrompervi, ma c'è puzza di bruciato.- afferma Matt. -Il bacon!- esclamo, lanciandomi verso i fornelli. Scoppiamo tutti a ridere. No, non ha senso scappare. Ora mi sento finalmente parte di qualcosa. E ringrazio mentalmente le stelle, per avermi fatta inciampare e scontrarmi con Jane la sera prima. Ora non sono più sola. 

Angolo dell'Autrice

Okay, questa... Cosa mi è venuta in mente ieri, verso mezzanotte. Rispecchia tutto ciò che provo. Il titolo è un verso tratto dalla canzone "What Can I Say?" Di Brandi Carlile. Ringrazio chiunque recensirà e leggerà. 

 
   
 
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