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Autore: Hey Ziver    10/07/2014    2 recensioni
Missing moment Jibbs, precente alla morte di Jenny
Scritto dal punto di vista di Jenny
«Maledizione, Jethro! Dì qualcosa! Io ti dico che sto per andarmene, e tu niente!» ‘Sto per andarmene’ Letteralmente. E a quel punto scoppi a piangere davvero. Non avevi mai pianto davanti ad un uomo. Mai. Neanche davanti a tuo padre. Il problema è che non stai piangendo per la malattia, o per la paura di morire. No. Tu stai piangendo perché Gibbs non avuto la reazione che ti aspettavi. Questo ti fa sentire sciocca, e ti porta a piangere ancora più di prima.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Los Angeles – Tavola calda

«Ho fatto delle scelte di cui non sono particolarmente fiera» questo è quello che hai detto a Mike Franks, e anche se è tutta la vita che cerchi di negarlo, Jenny Sherpard, quella è la verità.
Non ti era mai capitato di guardarti indietro ed avere dei rimpianti, nella tua vita. Almeno prima della malattia. La malattia ha cambiato le cose. Inevitabilmente.
«A volte non puoi controllare le cose che succedono. Certe volte puoi solo guardare la realtà che hai di fronte e accettarla.» Hai detto questa frase ad Abby, una volta, ricordando quello che Gibbs ha detto a te, in un’altra occasione. Gibbs. Una fitta di dolore al petto. Sai che è comprensibile visto che ti hanno sparato, eppure quella per Gibbs è una fitta molto più dolorosa di quella procurata dal proiettile.
Poco prima che iniziasse la sparatoria, Mike ti ha chiesto se Gibbs sapesse. All’inizio pensavi che l’uomo si riferisse ai tuoi sentimenti per Gibbs, ma quando l’ex agente del NCIS ti ha spiegato che in realtà lui parlava della tua condizione di salute, allora gli hai risposto di no. E quando l’uomo ti ha chiesto che cosa stessi aspettando per dirglielo, tu non hai saputo cosa rispondergli.
 In realtà, ciò che hai detto a Mike è quasi una bugia. Gibbs lo sa. Sa che sei malata. Ducky deve averglielo detto, perché sapeva che tu non ne saresti mai stata in grado.
Senti un gemito risuonare nel silenzio della tavola calda, ormai semidistrutta dalla sparatoria. La vita ha abbandonato il corpo dell’ultimo uomo della squadra venuta per ucciderti. Non puoi fare a meno di chiederti quanto tempo rimanga a te. Poco, probabilmente poco. Molto meno del previsto comunque. Che ironia.
Pensi a Gibbs. Ultimamente pensi a lui molto più spesso di quanto sia necessario, o giusto. In quel momento stai pensando al vostro ultimo incontro

**

Washington D.C. – Sede NCIS

Sei nel tuo ufficio di direttore del NCIS. E’ sera tardi, eppure tu sei ancora lì, a riordinare alcune carte. Devi assicurarti che il nuovo direttore trovi tutto in ordine, quando arriverà. Sì, ormai hai deciso. Lascerai il tuo lavoro al NCIS e ti trasferirai a San Francisco. La tua malattia è peggiorata nell’ultimo periodo. Hai bisogno di riposo e cure adeguate, ed entrambe le troverai nella clinica di San Francisco, che ti è stata consigliata da Ducky.
Già, Ducky. L’unico a sapere della tua condizione. Per ora.
Come attratto dai tuoi pensieri, l’agente speciale Leroy Jethro Gibbs entra nel tuo ufficio, come di consueto, senza bussare, tenendo nella mano destra un paio di sacchetti di carta. «Volevi vedermi, direttore?» domanda, ricalcando con il solito tono strafottente il tuo titolo di suo superiore.
Alzi lo sguardo dalle carte sulla scrivania e lo posi su di lui. Da quando hai saputo di stare per morire hai deciso di non negarti più il semplice piacere di guardare le cose belle. E Gibbs… beh, vale la pena di essere guardato. E’ un uomo maledettamente affascinante.
«Bussare ogni tanto ti ucciderebbe, Agente Gibbs?» domandi retoricamente a tua volta. Se lui ti stuzzica, tu intendi fare altrettanto.
 L’hai fatto convocare lì da Ducky per un motivo preciso. Lui deve sapere. Deve sapere per quale motivo stai lasciando l’agenzia. Gibbs merita la verità. Anche se si tratta di quel tipo di verità così dolorosa.
Ducky crede che tu non sia in grado di gestire la situazione con Gibbs, e forse ha ragione. Ma devi farlo lo stesso.
La risata di Gibbs ti riporta alla realtà. Ti piace da morire ascoltare quella risata, anche se ti viene spontaneo chiederti che cosa ci sia da ridere. «Vuoi far ridere anche me?» domandi
«Non hai mai l’impressione che io e te facciamo sempre le stesse conversazioni?!» butta lì Gibbs
Accenni un sorrisetto. «Potremmo evitarlo, se tu imparassi ad usare le buone maniere…» replichi
Gibbs fa un gesto con la mano libera, come a scacciare quel pensiero così ridicolo «Nah» borbotta
Stavolta riesci a stento a trattenere una risata. Quell’uomo è irritante e irresistibile insieme. «Una volta o l’altra, tu potresti entrare qui, ed io potrei non essere presentabile…» dici. In realtà stai mentendo. Non ci sarà nessun’altra volta.
«E se anche fosse?» replica Gibbs con il solito tono strafottente «Non sarebbe nulla che io non abbia già visto a Parigi…» aggiunge poi con fare malizioso, mentre i suoi occhi penetranti si fissano nei tuoi.
Ti imponi di respirare. Perché deve fare così?! «Jethro…» protesti
«Che c’è, direttore?» chiede allora lui, con tono di voce leggermente ironico, tornando a fare finta di niente, e posando lo sguardo da un’altra parte.
Scuoti la testa rassegnata. «Hai ragione. Io e te facciamo sempre le stesse conversazioni.» commenti
Gibbs ridacchia appena, forse più per il tono che hai usato che per quello che hai detto.
«Cos’hai lì?» domandi allora tu, accennando ai sacchetti che Gibbs ha in mano
«La cena» risponde lui, come se quello fosse ovvio
«Gibbs, non c’era bisogno di…» cominci a protestare
Ma lui ti interrompe subito, e mentre comincia a sistemare sul tavolino dell’ufficio il contenuto dei sacchetti dice: «E’ tardi, ed io sono affamato.»
Ha ragione lui. Anche tu sei affamata, eppure, quando vedi il cibo nei piatti che Gibbs sta sistemando sul tavolino, vicino al divano, ti si chiude lo stomaco. Non sei pronta per parargli, eppure devi farlo.
Ti alzi dalla scrivania e ti avvicini al divano, dove lui intanto si è seduto. Gibbs ti porge una bottiglia di birra, mentre ne tiene un’altra tra le mani per lui. Afferri la birra e la porti alle labbra prima di sederti sul divano, di fronte a lui, siete separati solo dal tavolino cosparso di piatti che contengono la vostra cena. Gibbs comincia a mangiare, e tu fai per imitarlo, quando un pensiero improvviso si insinua dentro di te: quella è la vostra ultima cena insieme. Pensare una cosa del genere, dovrebbe costringerti a dirglielo, invece ottiene l’effetto opposto. Ducky aveva ragione. Non avresti dovuto neanche solo pensare di poter gestire la situazione. Lui è Leroy Jethro Gibbs. Lui è ingestibile.
«Devo dirti una cosa, Jethro…» cominci tu, cercando di mantenere il controllo.
«Cosa, Jen?» domanda lui, mentre fa cadere dal suo piatto al tuo un altro po’ di contorno, che sa essere il tuo preferito.
Sorridi, sia per il gesto che per quel ‘Jen’. E’ così che ti chiamava a Parigi.
«Dopo il funerale di Deker, ho intenzione di lasciare l’NCIS» dici. Diretta. Con tono neutro. In circostanze normali, con qualcun altro, avresti cercato di usare dei giri di parole. Ma non con Gibbs. Con lui sarebbero stati inutili.
Alzi lo sguardo dal piatto, quel poco che basta per guardarlo. Sta mangiando, in silenzio. Nessuna reazione. Tipico di Gibbs.
 «Lascio Washington per trasferirmi a San Francisco.» prosegui a spiegare
Gibbs continua a mangiare. Per circa un minuto si sente solo il rumore delle posate. Le sue, visto che tu hai smesso di mangiare da qualche minuto, nonostante il tuo piatto sia ancora pieno.
«Pensavo che non me lo avresti mai detto» dice ad un tratto, con tono neutro. Non ti guarda, continua a tenere gli occhi sul piatto.
Lo ha sempre saputo. Questa è la conferma di quanto già sospettavi. Gibbs sa sempre tutto. Eppure, il fatto che lo sappia non cambia le cose, anzi…
«Lascio Washington» ripeti. Ti si è un po’ incrinata la voce ora, nel tentativo di trattenere le lacrime. Ma non importa. Ti aspettavi quella mancanza di reazioni da parte sua, ma così? Così è troppo perfino per lui. Come minimo avrebbe dovuto chiederti il perché della tua scelta, anche giusto per educazione, visto che ormai sei certa che lo sappia già.
E Gibbs resta ancora in silenzio.
E tu non riesci più a sopportarlo.  «Maledizione, Jethro! Dì qualcosa! Io ti dico  che sto per andarmene, e tu niente!»  ‘Sto per andarmene’ Letteralmente. E a quel punto scoppi a piangere davvero. Non avevi mai pianto davanti ad un uomo. Mai. Neanche davanti a tuo padre. Il problema è che non stai piangendo per la malattia, o per la paura di morire. No. Tu stai piangendo perché Gibbs non avuto la reazione che ti aspettavi. Questo ti fa sentire sciocca, e ti porta a piangere ancora più di prima.
Gibbs finalmente smette di mangiare, lascia le posate e si alza dal divanetto. Guarda la porta chiusa del tuo ufficio, e per un attimo pensi che semplicemente uscirà dalla stanza, lasciandoti lì così.
In realtà non è quello che succede. Gibbs aggira il tavolo, si inginocchia vicino a dove sei seduta tu, così da poterti guardare negli occhi. Nei suoi occhi scorgi la stessa disperazione e lo stesso tormento che ci hai visto quando, pochi anni prima, Gibbs è stato vittima di un’esplosione e, come nel 1991, al suo risveglio, ha dovuto affrontare la morte della moglie e della figlia.
Lui ti mette una mano sul viso. «Che cosa vuoi che dica, Jen? Ormai è troppo tardi…» bisbiglia. C’è rimpianto nel suo tono di voce.
Non riesci a rispondere. Vorresti dire qualcosa, ma non ci riesci. Resti in silenzio, a piangere e a guardarlo negli occhi. Gibbs si sporge verso di te, e ti bacia sulle labbra. Un vero bacio dovrebbe sapere di gioia, d’amore, quello invece sa di rimpianti, di lacrime e di occasioni sprecate.
Quando vi separate Gibbs si alza dal pavimento e si dirige a grandi passi verso la porta del tuo ufficio.
Tra le lacrime bisbigli qualcosa di simile ad un: «Mi dispiace, Jethro»
Gibbs, con una mano alla maniglia, si volta verso di te e scuote la testa. «Mai dire ‘mi dispiace’ è segno di debolezza.» dice citando la più famosa tra le sue regole.
 E così lo hai guardato uscire dal tuo ufficio per l’ultima volta. Allora non sapevi che quella sarebbe stata la vostra ultima conversazione.

**

Distesa per terra, sanguinante dopo lo scontro con i tuoi aggressori, l’ombra di un sorriso appare sul tuo volto. Stai pensando a quel bacio con il tuo Jethro.
Nonostante tutto, sei quasi contenta che sia finta così. Se proprio dovevi morire, almeno lo stai facendo per proteggere l’uomo che ami. Ti pare un modo nobile per andartene.
Riesci a restare aggrappata al ricordo di Jetrho, dei suoi occhi e del suo ultimo bacio, fino alla fine.
La fine della tua vita.
  
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