Cap.1
Le
finestre sbattevano e si sentirono
una serie di tonfi. Il preside batté ripetutamente il
bastone sul pavimento.
Gli studenti fletterono le braccia all'unisono abbassandosi in una
serie di
flessioni. Gellert strinse le labbra fino a farle sbiancare e
sentì le urla dei
prefetti. Si alzò e abbassò in una serie di
flessioni seguendo i tonfi del bastone.
I capelli biondi gli aderivano al viso e le guance erano arrossate.
Proseguì
con gli esercizi, il sudore gli colava addosso e i muscoli erano gonfi.
Dei
fiocchi di neve entrare e la finestra sbatacchiò. Il preside
si voltò, alzò la
bacchetta e uno strato di ghiaccio spesso due dita avvolse la finestra
bloccandola. Tornò a sbattere il bastone a terra e gli
esercizi proseguirono.
Le fiammelle sopra le teste degli studenti ondeggiavano. Sul soffitto
comparivano le immagini incantate di fulmini e saette, che illuminavano
la sala
d'azzurro sopraffacendo il rossore delle candele.
"Muovetevi, forza!" urlò uno
dei prefetti. I respiri dei presenti si condensavano davanti ai loro
visi
creando delle nuvolette di vapore. Si sentirono i rintocchi di un
orologio alle
loro spalle. Un professore si accese la pipa. Se la portò
alle labbra e aspirò.
Si accomodò su uno scranno di legno scuro. Un'altra decina
di professori erano
seduti in una serie di scranni d'ebano ai suoi fianchi. Una
professoressa
osservò il corpo rosa-bluastro di uno studente.
Voltò il capo facendo oscillare
il basco peloso sul suo capo e guardò i fianchi con le
costole in fuori di
altri due studenti.
"Chi non è riuscito a passare
l'anno non potrà andarsene!" gridò il preside.
Uno dei professori ghignò
mostrando i denti aguzzi, un altro si sfregò le mani coperte
da guanti in pelle
di drago. Una decina di ragazzi tremarono.
"E saranno sottoposti a venti
frustate giornalmente!" gridò il preside. Un prefetto
guardò una compagna
crollare sul pavimento a faccia in giù e le tirò
un calcio al fianco"
Il preside alzò il bastone verso l'alto
e da esso si alzò una fenice di fuoco che spiegò
le sue ali e si trasformò in
cenere
"Ora, in ordine alfabetico vi verrà
detto se potete andarvene o no. Chi potrà andarsene
troverà una passaporta
fuori ad attenderlo con un elfo domestico a impostarne la rotta. Chi
non potrà
andarsene, non osi alzarsi. I prefetti consegnino i vestiti a quelli
che se ne
devono andare man mano!" gridò. La sua voce
risuonò nella sala, rimbombando.
"E alcuni di voi verranno rinchiusi con i Dissenatori"
cinguettò una
professoressa. A un fischio prolungato proveniente dal bastone del
preside i
ragazzi si alzarono in coro e s'irrigidirono tenendo le braccia strette
ai
fianchi, con il capo alzato e gli occhi abbassati.
Un elfo domestico avanzò uscendo da
sotto uno degli scranni e aveva un collare di cuoio intorno al collo
ossuto, le
ossa del suo corpo premevano contro la sua pelle grigia. Gli occhi
erano
sporgenti e a ogni movimento le catene che gli trattenevano I polsi e
le
caviglie tintinnavano. Un professore gli tirò un calcio e la
creaturina
accelerò. Teneva tra le mani un cappello con la punta
piegata e rattoppato in
più punti.
Il copricapo aprì gli occhi dalle iridi
rosse e uno strappo si allargò mostrando una chiostra di
denti aguzzi grandi
come l'unghia di un pollice.
"Darina Anechka promossa"
recitò. Le iridi di una ragazza divennero liquide.
Abbassò il capo facendo
oscillare dei codini ai lati della testa.
Udì una serie di altri nomi e rabbrividì
sentendo il gelo sulla pelle. Un paio di ragazzi furono portati via da
dei
dissennatori, altri furono schiantati ed altri ancora uscirono dalla
porta
principale. Gellert ghignò, guardandosi le scarpe.<
E' impossibile che
qualcosa sia andata male nel mio perfetto anno scolastico, queste
sporche mura
non hanno mai visto un mago con più potenzialità
di me > pensò.
"Gellert Grindelwald promosso"
recitò il cappello. Gellert si voltò socchiudendo
gli occhi e accentuò il
sorriso.
"Tieni disse uno dei
prefetti". Gli porse una pila di vestiti piegati. Gellert prese il
foulard
in cima legandoselo al collo, indossando successivamente la maglia e
infine una
lunga giacca color grigio topo.
Salutò il prefetto con un cenno del
capo, si voltò e si diresse verso l'uscita della scuola.
Passò lungo un
corridoio in cui erano appese delle teste di animali, i suoi passi
rimbombavano. Raggiunse l'uscita e sgranò gli occhi vedendo
due dissenatori. Si
voltò, sentendo dei passi e vide due professori avanzare
verso di lui con le
bacchette sguainate.
"Che cosa significa questo?"
domandò. Uno dei due insegnanti cercò di colpirlo
con uno schiantesimo. Gellert
parò il colpo, si voltò e lanciò un
Expecto Patronum contro i due dissenatori,
facendoli allontanare.
"Abbiamo trovato i tuoi esperimenti
nei sotterranei. Sei espulso Grindelwad!" gridò l'altro
insegnante.
Gellert fece esplodere le due ante della porta di legno creandosi uno
scudo con
la magia. Uscì fuori e incise il simbolo dei doni della
morte sopra l'ingresso.
"Se pensate che io abbia bisogno di
questa scuola, vi sbagliate" ringhiò. Tirò fuori
una passaporta a forma di
pomo d'argento. Chiuse gli occhi sentendo delle dita tirarlo
dall'addome e
sentì la nausea salire. Riaprì gli occhi,
guardandosi intorno e sorrise vedendo
i sedili di un treno. Allargò lo scudo fino ad avvolgere la
cuccetta,
rendendolo invisibile. Si sedette e accavallò le gambe,
rimettendo il pomo
nella tasca.
"Sarà un piacere rivedere la mia
cara prozia" sussurrò.
Appoggiò il capo su uno dei cuscinetti
dei poggiatesta e sbadigliò. Guardò una serie di
alberi e di campi verdi
sfrecciare oltre il vetro del finestrino, alzò e
abbassò il piede e sciolse le
gambe rimettendo i piedi a terra. Chiuse gli occhi,
sbadigliò nuovamente, il
respiro gli divenne regolare e si addormentò.
Gellert si tolse il codino dalla spalla
mettendoselo dietro la testa. La bacchetta illuminava di bianco
l'oscurità
tutt'intorno. Il chiarore si rifletteva negli occhi bianchi nei tre
ragazzini
davanti a lui. I loro corpi erano rigidi e il giovane li fece avvolgere
da una
serie di catene appese al soffitto di pietra. Si sentivano i gocciolii
di gocce
d'acqua e il luogo puzzava di umidità. Gellert
uscì dalla cella e chiuse la
porta della prigione.
Gellert mugolò nel sonno, si girò
sull'altro fianco unendo le mani e lasciandole abbandonate sulle gambe.
Si sentiva il rumore ritmico delle ruote
di metallo che si muovevano sbattendo contro le rotaie. Gellert si
leccò le
labbra, continuando a dormire.
Gellert si appoggiò alla parete
inumidendo la giacca grigio topo che indossava. Socchiuse gli occhi, la
luce
vermiglia delle candele levitanti illuminava il viso della vittima.
Alzò la
bacchetta di sambuco che teneva stretta con le dita candide.
""Humana mutatio"
sussurrò muovendo la mano a destra e a sinistra, fino a far
scricchiolare il
polso.
La pelle del ragazzo davanti a lui si
aprì, cadendo a terra. Ci furono schizzi di sangue da tutte
le parti. Gellert
sospirò guardando la carcassa finire a terra con un tonfo.
Fece evanescere il
sangue da sé stesso e dalle pietre tutt'intorno.
Trasmutò il cadavere in un
osso e si massaggiò il collo.
"Un altro fallimento, non è ancora
degna della vera bacchetta di Sambuco, dovrò per forza
trovare
l'originale" borbottò.
Gellert socchiuse un occhio sentendo il
fischio del treno, allungò le gambe raddrizzandosi.
Sbatté un paio di volte gli
occhi, scosse il capo svegliandosi e si mise in piedi.
"Prepariamoci per la mia
ascesa" borbottò, raggiungendo la porta dello scompartimento
e
disattivando la barriera.