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Autore: lasognatricenerd    10/07/2014    1 recensioni
William è oramai sicuro che la sua maledizione sia una farsa grazie all'aiuto di Magnus Bane. Ma da tempo, oramai, si è accorto di provare qualcosa di represso per il proprio parabatai, Jem Carstairs.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Carstairs, William Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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( Amnesia - https://www.youtube.com/watch?v=9u3y5fmoAvA ) 
 
W.
Parabatai. Era solo una parola con un grosso significato. Una parola che non prevedeva solo un patto ma anche un legame di sangue. Nella vita si poteva avere un solo parabatai, il processo lo si poteva fare una sola volta nella vita. E William Herondale aveva scelto James Carstairs. Ma qualcosa, in lui, stava cambiando. Da quando aveva scoperto che la sua maledizione era falsa era come se fosse tornato a respirare, ma soprattutto a vivere. Si stava lasciando andare come mai era successo prima di allora. Tutti si chiedevano che cosa fosse successo al vecchio Will e perché era cambiato così radicalmente. A lui, oramai non importava più. Dopo cinque anni ad allontanare le persone, a sopravvivere e a far credere a tutti che era un ragazzo senza cuore, voleva solamente vivere e lasciarsi andare ai propri sentimenti. 
Trattava molto meglio Charlotte ed Henry, a volte si ritrovava anche ad aiutare Sophie se volesse una mano a spostare dei mobili ma era cambiato ancora di più con Jem. Aveva sempre catalogato il ragazzo come il suo più grande peccato, per questo era colui con il quale si apriva maggiormente anche se doveva nascondergli delle cose. Non voleva più farlo ma doveva trattenersi: c’era una legge molto dura dei parabatai. Non potevano avere relazioni. Non che William pensasse ad una relazione con lui ma la voglia di abbracciarlo e sentire le sue labbra su di se era sempre più forte. Sapeva che non poteva essere ricambiato, Jem aveva altri pensieri. Nemmeno queste tendenze. Loro non parlavano neanche d’amore. Solitamente era troppo strano farlo. Eppure… era arrivato il momento di dirglielo. 


J.
Aveva appena finito di tossire ma per fortuna di sangue non ce n’era traccia. Era da un po’ che stava meglio, per fortuna, anche se non c’era un vero e proprio motivo. O il motivo c’era ma non riusciva ad ammetterlo. William era cambiato. Certo, con lui era sempre stato dolce ma c’era qualcosa di più. Era come se qualcosa lo avesse cambiato anche se non sapeva cosa. Gli stava sicuramente nascondendo qualcosa come al solito. James, comunque, non chiedeva mai niente. Non era tipo che faceva queste cose. Era un ragazzo che preferiva aspettare che le cose venivano dette piuttosto che chiederle. Non poteva cambiare. Era steso sul letto, il viso rivolto verso il soffitto e le mani sul petto scoperto fino a metà. Aveva incredibilmente caldo. Quando tossiva gli saltava tutto alla testa facendo anche sudare.
Will. William. William Herondale. Era un pensiero fisso: come poteva toglierselo dalla testa? Era il suo parabatai. Suo fratello. All’età di 14 anni avevano fatto quel giuramento che li aveva legati. Legati come non mai: da quel giorno c’era qualcosa di favoloso fra loro due. Ognuno poteva sentire l’essenza dell’altro. Era una sensazione bellissima ma sensazione che non avrebbe mai più provato una volta morto e così era anche per William. Era stato coraggioso a scegliere lui come parabatai quando sapeva benissimo della sua malattia.  Si alzò di scatto dal letto, si abbassò la maglia andando verso la porta, ma non ebbe nemmeno il tempo di appoggiare la mano sul pomello che qualcuno bussò: sperò fosse Will. 

W.
Alla fine era uscito dalla propria stanza, aveva attraversato il corridoio ed era arrivato davanti alla porta della camera di James. Infine aveva bussato sperando che fosse dentro all’Istituto. Ma era quasi certo che fosse così, perché sentiva la sua presenza particolarmente vicina. Non aveva idea da dove iniziare ma doveva dirgli la verità. Non sapeva cosa dire. Era troppo difficile e troppo complicato. La porta, però, si aprì subito. I suoi occhi azzurri si posarono contro quelli dell’amico.

J.
Era William proprio come aveva sperato. Era come se gli avesse letto nella mente e sicuramente non era la prima volta. Era successo tante volte che avessero le stesse sensazioni. Una cosa abbastanza normale, dopo tutto. – Will! – Esclamò facendosi da parte per farlo entrare. – Vieni… - c’era un certo nervoso nella sua voce anche se non avrebbe voluto. Era proprio come se William volesse parlargli di quello che lo stesso James aveva pensato a poco prima. Il fatto di sentire qualcosa di diverso per lui, ma che non potevano proprio portare avanti visto la relazione in cui erano: parabatai. 


W.
Sapeva di aver sentito bene: era proprio lì, davanti a lui, e lo stava invitando ad entrare. In una situazione normale non avrebbe mai bussato, lo sapeva bene. Sarebbe entrato senza il minimo problema, perché camera sua era camera di William e viceversa, era così da sempre.  Ma questa volta era tutto diverso, la situazione era diversa, e il suo cuore, oltretutto, era cambiato. Era pieno di quell’amore che aveva finalmente lasciato andare grazie a Magnus, lo stregone che lo aveva aiutato a scoprire che la maledizione era finta. Nient’altro che un cazzo di inganno durato troppo tempo. Lo guardò negli occhi mentre entrava nella stanza e si chiudeva la porta alle spalle. – Come stai? – Gli domandò leggermente preoccupato, perché lo vedeva leggermente bianco in viso. – Hai preso… - Si fermò, mordendosi il labbro inferiore. Era sempre un argomento delicato quello della droga, perciò a volte si bloccava a metà. – Si, l’ho fatto. Ho solo tossito un po’, ma niente sangue. Sto migliorando. – La sua voce si incrinò leggermente perché sapeva che, nonostante i miglioramenti, non sarebbe potuto sopravvivere a quella vita. Non era il suo destino, come dicevano i fratelli silenti. Ma che ne volevano sapere loro. Ognuno il destino se lo disegnava da solo. – Charlotte come sta? So che ha faticato molto, e il bambino… - William scosse il capo sorridendogli in modo sornione. – Sta bene, Henry è con lei, non c’è nessun motivo per il quale preoccuparsi, quindi. – Era la verità: quell’uomo amava alla follia la donna, e non avrebbe mai permesso che le succedesse qualcosa. Tanto meno al bambino. Si avvicinò al letto di James leggermente disfatto e si buttò sopra questo, stanco e appena un po’ triste, anche se il nervosismo troneggiava su di lui. Comunque cercava di non farlo a vedere, nonostante sapesse che James se ne sarebbe accorto. Difatti si avvicinò al letto, gli si sdraiò a fianco, gli sguardi contro il soffitto ed un silenzio… troppo silenzioso. – Dimmi che c’è, William. –

J.
Lo vedeva benissimo quello sguardo, era ovvio che ci fosse qualcosa di estremamente diverso in lui ed era il suo parabatai, quindi se ne sarebbe accorto sempre. Non voleva chiedere, poteva farcela. Sapeva che se non voleva parlare non l’avrebbe fatto anche se glielo avesse chiesto più di 50 volte. Ma se era lì, c’era un motivo. Non che a volte succedesse che venisse solo per la sua compagnia, però… era diverso. Tutto era diverso. Non aveva idea di quante volte avesse pensato a quella parola nell’arco di qualche secondo, sicuramente più di 10 volte. Diverso, diverso, diverso. Gli rimbombava nella mente quasi facendogli male, dio, che colpo doloroso che aveva. Sperava di non avergli fatto qualcosa, qualcosa che l’aveva messo in una situazione di disagio. Quando lo vide andare sul letto, gli si avvicinò perché sembrava l’unica cosa giusta da fare. Il cuore gli andava all’impazzata e la curiosità era troppo grossa. Più che curiosità era preoccupazione verso di lui, il suo migliore amico ed il suo parabatai. Non poteva capire da solo che cosa gli prendesse. Non era stupido, ma William era complicato e poteva essere qualsiasi cosa. – Dimmi che c’è, William. – Lo chiamava così solamente quando c’era qualcosa di davvero importante nell’aria, ed ora era uno di quei momenti. Momenti in cui nessuno dei due poteva mentire all’altro, nemmeno per un secondo. Lo vide irrigidirsi: non se lo aspettava. Jem ebbe paura, però, che lui se ne restasse in silenzio. Decise di non insistere e stare ad ascoltare quello che aveva da dire, se solo lo avesse fatto. – Fammi solo capire. – Aggiunse con un filo di voce, girando infine il capo verso di lui per poter capire meglio. 

W.
Non poteva davvero crederci che Jem glielo avesse chiesto, non poteva essere vero. Non era il tipo da fare domande. Ma che stupido. Pensò velocemente William dentro di sé. Si è accorto di tutto. Come potrebbe essere il contrario? Diamine, si sentiva un tale idiota. Più del solito, precisiamo. Girò il viso verso quello del biondo che lo guardava, e si ritrovò giusto a pochi centimetri da lui. Trattenne il respiro, notando l’altro arrossire. Quanto era bello quando lo faceva. – Jem… - Sussurrò appena, non sapendo – per l’ennesima volta – da dove iniziare per poter parlare di quello che era successo. – E’ tutto diverso adesso. Da un po’ di tempo è diverso. Pensavo… Che su di me ci fosse una maledizione, e invece era tutta una farsa. Ed io sono solo un idiota che ha trattenuto tutti i suoi sentimenti per cinque anni, convinto di poter mentire a me stesso. – Aveva riassunto nel modo più semplice che aveva potuto tutto ciò che era successo. – Questo eccesso… o per meglio dire, tutto ciò che ho sempre provato ma represso, mi è scivolato addosso tutto d’un tratto. E non… Mhn, mi sembra di impazzire, ecco tutto. – Non sapeva se fosse abbastanza chiara come cosa e forse sarebbe dovuto arrivare al punto, ma le parole gli si bloccavano in gola. Non ci riusciva. Sono innamorato di te, Jem. Avrebbe voluto pronunciare, ma faceva quasi male senza un vero motivo. – Scusami se te l’ho tenuto nascosto, ma… avevo paura. – Non aveva idea di quanto fosse difficile per lui ammettere di avere paura di qualcosa.

J.
Aveva cominciato a parlare poco dopo, rivolgendo il suo viso contro quello del biondo che era arrossito senza trattenersi. Averlo così vicino lo mandava fuori di testa, il cuore andava a puttane sempre. Ma questa volta era differente. Diverso. Le parole di William lo lasciarono di stucco. Non aveva capito molto ma a quanto pare era qualcosa di abbastanza grave da fargli trattenere tutto ciò che aveva dentro. Dio, adesso capiva tutte quelle… brutte battute, quei sue comportamenti. Non doveva per un motivo a lui molto chiaro e a Jem di meno, ma non importava. Si alzò appena con i gomiti, appoggiandoli al materasso, per poterlo guardare negli occhi. – Non devi avere paura, io sono con te. – Sussurrò sincero, sorridendogli dolcemente senza distogliere lo sguardo. – E non sono arrabbiato, lo sai che non chiedo mai niente. Ma non potevo… più farcela a sentirti così lontano, scusami. Credevo di aver sbagl… -
- Jem, Jem. Tu non potresti sbagliare niente, non con me, intesi? Non pensare mai più ad una cosa del genere. – Aveva alzato anche lui metà del busto e gli aveva appoggiato una mano sulla guancia e con delicatezza gliela stava accarezzando. Dio mio. – I-Io… - Era bloccato, non sapeva bene che dire. Era la prima volta che William faceva un gesto del genere. – Scusami. – Disse infine con la voce ridotta ad un leggero filo. E poi ci silenzio. Ma solo per un istante, perché le loro labbra si sfiorarono. James sbarrò gli occhi, irrigidendosi. Mugolò. William doveva essersene accorto perché si staccò di scatto, senza però alzarsi dal letto. 

W. 
Aveva perso il controllo, lo aveva baciato. No, non è che lo avesse fatto davvero, diciamo che aveva semplicemente sfiorato le sue labbra per qualche secondo, per vedere come avrebbe reagito. E aveva visto benissimo: si era irrigidito. Diamine, non voleva. Che stupido, ancora. Non sapeva nemmeno che sentimenti provava lui e si era buttato, come faceva sempre, senza pensare alle conseguenze. Sapeva che non gli sarebbe mai arrivato uno schiaffo in pieno viso da Jem, ma se lo sarebbe dato volentieri da solo in quel momento. – E’ meglio che vada. – Ed ecco che cominciava a chiudersi in se stesso a causa dei propri sbagli. Si odiava quando si comportava in questo modo, ma era più forte di lui. Non riusciva a resistere ne a capire. Era strano e complimento. – N-No… Perché? – La voce di James lo fermò nell’istante in cui era intento ad alzarsi dal letto per uscire dalla stanza. Perché ti ho appena baciato. – Io… Perché non hai continuato? – William sbarrò gli occhi girandosi verso di lui di scatto, visto che gli aveva dato le spalle. – Non ti ho rifiutato. E’ solo che non me… - 
Non diede tempo al proprio parabatai di continuare, che gli si fiondò contro facendo scontare le loro labbra come desiderava fare da tempo. Finalmente il suo sapore contro il proprio. Gli mise una mano vicino al viso, sul cuscino e l’altra fra i capelli. L’altro ci mise un po’ a lasciarsi andare, ma dopo qualche istante fece schiudere le labbra e far entrare la lingua di Herondale così da farle scontrare. Il respiro di entrambi era ridotto ad uno, e i due corpi aderivano alla perfezione quasi fossero fatti apposta per stare insieme. Lo stava baciando come aveva sempre sognato. Non era la prima volta che baciava un ragazzo, una volta era successo anche con Magnus, anche se lo stregone era convinto che non se lo ricordasse perché ubriaco. E invece se lo ricordava benissimo. Con James era diverso. Era la persona che amava da chissà quanto tempo se n’era accorto proprio adesso. Lo strinse a se con una dolcezza fuori dal comune, una dolcezza che non apparteneva al vecchio William, ma che avrebbe sempre messo in pratica con il suo migliore amico perché James era fragile e doveva essere trattato bene. Non avrebbe mai permesso che qualcuno gli facesse male, soprattutto se il male proveniva da se stesso. – Jem… -

J.
Se se ne fosse andato era sicuro che sarebbe crollato nella disperazione più totale. Non se l’era aspettato, ma l’unica cosa che voleva era che corresse di nuovo fra le sue braccia, lo stringesse e lo baciasse come non aveva mai fatto con nessun altro. Voleva sentire il suo sapore contro il proprio, il suo odore contro il suo. Sentirlo suo. Sentirlo suo come mai prima d’ora. Era l’unica cosa che desiderava, anche se era più bravo di William a tenerlo nascosto. Alla fine, i loro caratteri, erano l’opposto eppure si completavano. Entrambi lo sapevano, ma entrambi avevano paura. Da subito le mani di Carstairs si infiltrarono fra i capelli corvini di William, stringendo le sue folte ciocche fra quelle dita sottili e pallide a confronto di quelle del suo compagno. Le strinse con forza e vigore, con tutta la forza che aveva in corpo. Con la forza che ci voleva mettere per amarlo davvero. Per amarlo con tutto il cuore. Fino alla sua morte. – Sssh, William, sh. – Gli sussurrò a fior di labbra, facendole schioccare dopo aver finito il bacio. Gli sorrise sornione e subito, il moro, fece lo stesso. Un sorriso così bello era inutile trovarlo in qualcun altro: il suo era unico. – Jem… - Ripetè l’altro con un filo di voce, sfiorandogli più volte le labbra, quasi fosse in procinto di dirgli qualcosa. E sapeva che cosa, non doveva nemmeno pensarci un secondo.

- Sono innamorato di te. – Dissero in contemporanea. Essere parabatai era un vantaggio, ma quello era dovuto anche all’amore che provavano per entrambi. – Ti amo, ti amo, ti amo. – William si era lasciato andare ai sentimenti e, ad ogni bacio, glielo sussurrava. Jem non faceva altro che ricambiare sia con le labbra che con le parole. Era così felice. – Voglio stare con te. Lo so che non possiamo, ma non mi importa. Voglio stare con te, Jem. – Al biondo vennero gli occhi lucidi a quelle parole così sussurrate e meravigliose: gli accarezzò una guancia. – Ma Will, lo sai che io… - Si fermò perché non aveva il coraggio di andare avanti. 
- L’angelo faccia a me questo e anche di peggio se altra cosa che la morte mi separerà da te. - 


        

 


    
   
 
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