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Autore: Leonis    10/07/2014    5 recensioni
Edward ha lasciato Bella in New Moon, ma lei non ha vissuto la vita umana che lui sperava di darle andandosene. Per lo meno non del tutto. Scoprite cosa le è capitato!
(Sono consapevole che esistono decine di fanfiction con questo plot, ma questa è un mio what if, che mi auguro avrete voglia di leggere.)
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buonasera. Non scrivo sui personaggi di Twilight da anni, ma in questo periodo sono piuttosto nostalgica, e ho cominciato a rileggere tutte le fanfictions che preferisco in questo fandom. E niente, una cosa tira l'altra, e ho iniziato a pensare a tanti possibili what if che avrebbero potuto stravolgere la storia. Alla fine mi sono concentrata su un grande what if successivo all'abbandono dei Cullen in New Moon, e ho iniziato a fare congetture.
Ed eccomi qui. Mi auguro che, sebbene abbiate l'impressione che si tratti di una tematica trattata più e più volte, abbiate comunque voglia di leggere la mia versione dei fatti, e, perché no, farmi sapere qual è la vostra opinione.
Buona lettura :)








 



“Ed, io ed Emmett stiamo andando a caccia, ti va di venire?”

Il pensiero di Jasper mi giunse forte e chiaro nonostante i due piani che ci separavano, come se me l’avesse domandato standomi di fronte.

Sospirai. Non potevo declinare l’invito, l’avevo fatto fin troppo spesso negli ultimi tempi, e se avessi evitato ancora di passare del tempo con la mia famiglia, loro avrebbero ricominciato a preoccuparsi che facessi qualche stupidaggine.

-Arrivo!- dissi, certo che mi avrebbero sentito.

Mi alzai dal divano della mia camera, situata nel punto più alto della casa, spensi il lettore cd, che, a distanza di decenni, ancora riproduceva Debussy, e mi avviai giù per le scale.
In cucina, Esme preparava dei dolci che probabilmente sarebbero finiti alla mensa dei poveri locale, ed Alice sfogliava svogliatamente una rivista di arredamento. Alla mia vista, Esme mi sorrise, mentre Alice commentò, con un accenno di acidità nel tono di voce:

-Ah, sei ancora vivo allora!-

Non ero uscito dalla mia stanza per tre giorni. Per tre giorni non avevo guardato i loro volti, né trascorso tempo con loro. Ma loro ormai c’erano abituati, lo erano da almeno ottant’anni. Da quando avevo lasciato l’amore della mia vita per farle vivere una vita sana e felice. Una vita lontana dall’impronta desolante che noi mostri avevamo lasciato su di lei.

Da allora, avevamo cominciato a trasferirci ancor più spesso di quanto facessimo prima di lei. In ciascun posto, non trascorrevamo più di tre, quattro mesi. All’inizio, lasciavo la mia camera solo quand’era il momento di andar via, dopo settimane passate nell’isolamento più profondo. Sapevo che questo creava dolore e sconforto nei miei familiari, che desideravano con tutti loro stessi starmi accanto, ma io stentavo quasi a sopportare la mia stessa presenza.

Il mio rapporto con Alice aveva affrontato varie fasi. I primi anni, era stata molto arrabbiata con me perché l’avevo costretta ad abbandonare la sua migliore amica senza neanche un saluto. Poi aveva cercato un riavvicinamento, una via della comprensione, ma non era durata molto. Infine, era approdata alla perenne acidità, dovuta ai continui litigi, non solo riguardanti il fatto che ero totalmente assente per i miei familiari, ma anche, e soprattutto, perché non ero più tornato a vedere come stesse Bella. Non capiva che così era stato meglio? Che così aveva potuto vivere una vita lunga, lontana dal pericolo? Una vita in cui aveva potuto provare la gioia di essere madre, che Rosalie rimpiangeva ancora a distanza di centocinquant’anni? Lei non capiva, non comprendeva che io non avrei mai potuto sopportare di privare proprio lei di tutto quello che la vita umana poteva concederle.

Tutto quello che io, per quanto l’amassi, non avrei mai potuto darle.
 
 
 


Jazz, Em ed io cominciammo a correre subito dopo esserci inoltrati nel folto del bosco. Dopo qualche minuto, ci separammo. Quando fui convinto che fossero abbastanza lontani, smisi di correre. Non mi sarei nutrito, avevo accettato di andare a caccia solo per tenerli contenti. Iniziai a camminare senza una meta precisa, lasciandomi trascinare dalle mie pene.

Dopo non so quanto tempo, la mia attenzione venne catturata dal suono di una risata cristallina e sincera. Era un suono melodioso, a quella distanza avrei anche potuto dire che apparteneva ad uno della mia specie. Assottigliai lo sguardo, e, attento a non fare rumore, seguii la scia della melodia.

In uno spiazzo erboso stava seduto un ragazzo muscoloso, che mi dava le spalle, mentre in piedi, di fronte a lui, c’era la padrona di quella risata. Era una ragazza minuta. Sembrava una Alice con i capelli color caramello. Ma quello che mi colpì furono i suoi occhi. Aveva grandi occhi color del cioccolato com’erano stati quelli della mia Bella.

Il ragazzo sbuffò, e disse: -Ah, è così? Ora ti faccio vedere io!- e l’afferrò per i fianchi, trascinandola sull’erba. Sentii una strana sensazione nel vedere quella scena. Un moto di…gelosia. Dovevo star impazzendo. Solo perché quella ragazza aveva gli occhi come quelli di lei, mi sentivo attratto come se fosse lei. D’un tratto, le risate s’interruppero, e il ragazzo saltò in piedi, pronto a fronteggiarmi. Senza accorgermene, mi ero avvicinato più del dovuto. Il suo volto aveva un che di familiare.

-Cul…Succhiasangue. Che ci fai qui?- ringhiò al mio indirizzo.

Mi conosceva. E sapeva cos’ero. Annusai l’aria e mi resi conto che odorava di…cani. Maledizione.

-Non vedo come possa interessarti, cane.- Dissi gelido. A quel punto, ricordai. Si trattava di Jacob Black, il ragazzino della riserva amico di Bella. Un ragazzino che, dopo ottant’anni, non era più tanto tale.

-Black. Cosa ci fai ancora vivo?-

-Non vedo come possa interessarti, sanguisuga. Sei tornato a far danni un’altra volta?-

Provai a sondare i suoi pensieri, ma come quelli della ragazza, mi erano inaccessibili. Perché? Ero certo che Black non avesse uno scudo innato, anni addietro ero perfettamente in grado di sondargli la mente. Qualcosa era cambiato, e non capivo cosa.

Il mio sguardo si soffermò sulla ragazza. Sembrava umana, eppure qualcosa di lei mi diceva che non lo era. Non del tutto per lo meno.

Black ringhiò, in modo diverso da prima, quasi come se stessi infrangendo la regola fondamentale del suo codice. Capii subito perché. Era innamorato di quella ragazza. Lo era, forse persino più di quanto in passato lo fosse stato di Bella.

-Tranquillo cane, la tua ragazza non mi interessa. Quantomeno, innamorandoti di un’altra, tu sei riuscito a dimenticarla.- commentai amaramente.

-Zitto, Cullen. Tu non sai niente di ciò che ho provato, né di ciò che provo ora. Vattene di qui, ora!-

-Cullen? Sei un Cullen?- sussurrò la ragazza, improvvisamente ammaliata. Black la osservò con sguardo preoccupato.

-Sì, sono Edward Cullen. Ti conosco?- chiesi, ma solo per educazione, perché era impossibile che avessi mai sentito parlare di lei.
Lei mi fissò con gli occhi spalancati, prima di riuscire a dire:

-Io…non…No, non credo tu mi conosca. Mi chiamo Ren-

-Ness, andiamo!- disse il cane, interrompendola di scatto. L’afferrò per una mano, e prima che io o lei potessimo protestare, erano corsi via.

Spariti.


Emmett e Jasper mi trovarono in quello stesso punto un’ora più tardi. Non fecero domande, e gliene fui grato perché potei coltivare i miei pensieri. Perché quella ragazza ci conosceva? E perché Black era stato improvvisamente tanto ansioso di portarla via?

Cosa stava succedendo?











 
Considerate questo capitolo come una sorta di prologo. La mia storia è ambientata, come avrete capito, ottanta anni dopo gli eventi all'inizio di New Moon. 
Personalmente, mi sono permessa di apportare una piccola modifica a quanto raccontato dalla Meyer. Nella mia visione dei fatti, Jacob Black è un mutaforma già prima che i Cullen lascino Forks.
Bene, direi che è tutto. Sappiate che sarò aperta a qualsiasi tipo di commento, per cui spero fortemente che ce ne siano da parte vostra, affinché questo mio progetto possa ingranare la marcia e partire. A presto!
(Spero!)
  
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