Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |      
Autore: gigiua    11/07/2014    3 recensioni
E se Percy avesse accettato l'immortalità offerta da Zeus?
Se avesse detto di si senza pensare a quello che avrebbe perso? senza pensare ad Annabeth...
Ogni dono ha un prezzo, qual'è quello dell'immortalità?
Partecipa al concorso: petali di lacrime! [multifandom]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: immortale

Autore (forum e EFP se sono diversi): gigiua

Fandom (se scelto) : Percy Jackson

Personaggi: Percy Jackson, Nico di Angelo

Pairing (se scelto): /

Pacchetto: ibisco

Genere: generale

Raiting: verde

introduzione: e se Percy avesse accettato l'immortalità offertagli da Zeus? se avesse detto di si senza pensare a quello che avrebbe perso? Senza pensare ad Annabeth.. ogni dono ha un prezzo, qual'è quello per l'immortalità?

Avvertimenti: OOC, What if...?

Note (se presenti): nella mail ho sbagliato e ho messo what if...? come genere. Mi scuso per l'errore.

Questa storia partecipa al contest: petali di lacrime! [multifandm]

 

Immortale.

La parola gli risuonava ancora nelle orecchie, come nell'istante in cui Zeus l'aveva pronunciata.

Aveva appena sconfitto Crono, l'Olimpo era salvo, e lui era l'eroe.

Gli avevano offerto di diventare un dio, restare per sempre giovane e forte, combattere ed essere rispettato.

Forse, se si fosse fermato a pensare avrebbe scelto diversamente, se solo si fosse voltato per vedere Annabeth sbiancare preoccupata, se solo si fosse fermato a pensare a quello che sarebbe successo.

<< accetto >>.

L'aveva detto subito, senza timore o rimorso, era quello che voleva: restare giovane, combattere a fianco di suo padre, e non preoccuparsi di nulla.

Per un po' era andato tutto bene, aveva continuato a frequentare Annabeth, tutti i giorni scendeva dall'Olimpo per andare da lei, l'accompagnava nelle missioni, aiutava lei e gli altri eroi del campo quando erano in difficoltà.

Erano felici, lui e Annabeth, non si preoccupavano del futuro – quando lei sarebbe diventata vecchia e Percy avrebbe continuato a sembrare un sedicenne.

Ma ogni dono ha un prezzo, e quello dell'immortalità è sempre alto.

Per un semidio non è mai facile abituarsi all'immortalità, accorgersi del tempo che scorre senza sentirlo è praticamente impossibile, soprattutto con tutte e feste organizzate sull'Olimpo, che possono durare anche secoli.

E così, senza che se ne accorgesse, quando tornò al campo erano passati 12 anni.

Camminava per il campo con un aria di superiorità che aveva acquisito assieme all'immortalità.

Al suo passaggio i ragazzi si inchinavano a lui con reverenza: era famoso, era rispettato.

Si diresse spedito verso la casa di Atena, se solo si fosse fermato a guardarsi intorno avrebbe notato che nel campo c'era qualcosa di diverso, che era cambiato, ma a lui non interessava, non più ormai.

Accelerò il passo fino alla cabina 6 ed entrò senza neanche bussare, spaventando un ragazzino-

<< dov'è Annabeth? >>

il suo tono di voce era autoritario, senza traccia della gentilezza e del calore che in passato l'avevano caratterizzato.

Il ragazzino si inginocchiò. Percy non lo aveva mai visto ma non gli interessava.

<< è... è alla casa g... grande, con suo padre, >>

<< suo padre? Da quando i mortali possono entrare al campo? >>

Pronunciò la parola “mortale” con tanto disprezzo da stupire persino se stesso.

Il ragazzino sembrava confuso da quella domanda e fece per rispondere ma Percy liquidò la cosa con un gesto della mano e se ne andò, l'avrebbe scoperto da solo.

Quando arrivò di fronte alla casa grande, però, si accorse che non c'era nessuno, era vuota.

Quel ragazzino gli aveva mentito, nessuno osava prendere in giro un dio, Percy gli avrebbe presto dato un lez-.

Sentì una risata, era una risata divertita, da bambina. Non poteva essere quella di Annabeth ma Percy doveva controllare.

La risata proveniva da dietro la casa grande, dove una bambina dai riccioli biondi stava giocando a fare le capriole.

<< papà, papà, guarda come sono brava! >>

una risata seguì quella della bambina, apparteneva ad un uomo, sembrava sincera, nonostante Percy avvertisse dietro di essa una tristezza che sembrava perenne.

L'uomo che aveva riso doveva essere il padre della bambina: aveva i capelli neri e la pelle pallida che faceva contrasto con le occhiaie scure che circondavano gli occhi più neri che avesse mai visto, e indossava un vecchio giubbotto da aviatore.

<< Nico? >>

com'era possibile? Non poteva essere lui!

Era passato un giorno, due massimo, dall'ultima volta che si erano visti, eppure sembrava che fossero passati anni.

Avrebbe potuto pensare che fosse solo un tizio che assomigliava a Nico, se una volta sentito il nome l'uomo non si fosse girato, e non l'avesse riconosciuto: spegnendo il sorriso e stringendo i pugni.

<< Percy, che ci fai qui? >>

Percy decise di ignorare la nota ostile nella voce dell'uomo.

<< cercavo Annabeth ma... >>

<< io sono Annabeth! >>

esclamò la bambina intromettendosi raggiante, e guardandola in viso si accorse che era proprio uguale ad Annabeth, se non fosse stato per gli occhi che erano neri come la pece, neri come quelli di Nico

<< tesoro torna a giocare >>

le disse Nico con voce calma e dolce prima di tornare a rivolgersi duramente a lui.

<< sei arrivato in ritardo, Percy. In ritardo di 12 anni >>

12 anni? Come potevano essere passati 12 anni?

Impossibile, era solo un scherzo.

<< seriamente Nico, non farmi perdere la pazienza, dove si trova Annabeth? >>

Nico cominciò a tremare, come se stesse piangendo, e quando alzò il viso quelle che Percy vide nei suoi occhi furono proprio lacrime.

<< Annabeth... lei... >> la voce di Nico si interruppe con un singhiozzo malcelato. Abbassò il viso lasciando che alcune ciocche si posassero sopra gli occhi, nascondendoli da quelli di Percy.

Intanto il dio stava perdendo la pazienza. Voleva delle risposte, e le voleva subito.

<< cosa diavolo le è successo? >> domandò impaziente afferrando brutalmente le spalle del figlio di Ade, in un impeto di rabbia,

<< lei.... lei non c'è più... >> disse Nico con un filo di voce, appena percettibile a orecchio umano, ma chiarissimo a quelle di una divinità.

<< è morta? >> chiese il dio con voce piatta, senza la minima tristezza. Lui era immortale, la morte non contava niente.

Incapace di pronunciare quell'affermazione che poteva solo rendere tutto più reale Nico annuì.

Percy alzò le spalle esibendo un piccolo sorriso << falla tornare indietro allora. >>

Non era una richiesta, era un ordine.

<< non posso >> stavolta il moro lo disse talmente piano che anche Percy credette di aver sentito male.

<< come? >> la voce del dio grondava di rabbia e indignazione.

<< lei... lei.... ha scelto di rinascere >> e quelle parole sembravano schiacciate dal peso del cielo, che avevano sostenuto per troppo tempo. Erano soffi di un animo martoriato nel profondo. Erano parole di chi ha visto cadere coloro che ama,

<< come è possibile? >>

anche la voce di Percy era incrinata, ma non dalla tristezza – come quella di Nico – bensì dalla rabbia.

<< come ha osato morire! Come si è permessa di andarsene? Lei era mia! Non ne aveva il diritto! >>

a quelle parole il moro strinse i pugni, incapace di credere che stessero uscendo dalla bocca della persona che un tempo ammirava.

<< TU L'HAI ABBANDONATA! PER ANNI HA CONTINUATO A CHIAMARTI MA TU NON C'ERI! >>

la voce di Nico era formata solo da grida di dolore che chiedevano di uscire da tempo, ma a cui fino a quel momento non ne aveva dato il permesso.

<< MI STAI FORSE ACCUSANDO DELLA SUA MORTE? >>

il volto di Percy era sfigurato in una maschera di rabbia.

Nico tentennò un attimo prima di rispondere << si! >>

lacrime copiose cominciarono a uscire dagli occhi di Nico – che cosa stupida, i veri uomini non piangono.

<< lei ti chiamava, continuava a chiamarti ma tu non arrivavi, e c'ero sempre io a consolarla, ci consolavamo a vicenda... e un giorno abbiamo deciso che dovevamo smettere di consolarci a vicenda e provare a essere felici.... ci siamo sposati.... e lei è rimasta incinta >>

Percy era troppo scosso per parlare, ascoltava la storia di Nico, ma sapeva che non appena si fosse ripreso avrebbe scatenato la sua furia.

<< mancava poco al parto quando è stata attaccata, erano delle empuse, l'hanno ferita a morte... eppure non ha mai smesso di invocare il tuo nome, mentre combatteva, mentre moriva, continuava a chiamarti, nella speranza che tu la salvassi. Ma non sei arrivato.... è riuscita a partorire per miracolo... è MORTA PER COLPA TUA! …. >>

All'improvviso la voce di Nico si fece ovattata e Percy la vide, nitido e chiaro di fronte a lui. Vide Annabeth piangere sopra una sua foto, la vite seduta davanti alla cabina 3 ad aspettarlo, la vide morente, circondata da mostri che la ferivano in continuazione, era stanca, non riusciva a reggersi in piedi, e continuava a chiamarlo, a invocare il suo nome.

La vide a terra, coperta di sangue, morta, col pancione illeso, perché lei aveva fatto di tutto per proteggere quella parte del suo corpo.

Aveva fatto di tutto per proteggere la sua debolezza, quello che la rallentava, il bambino di Nico.

Ed ecco, ora, vedeva Annabeth abbracciare Nico, li vedeva baciarsi, vedeva lei, vestita di bianco, avanzare verso di lui.

Li vedeva durante la loro prima notte di nozze, insieme nello stesso letto, vedeva i loro baci appassionati e i loro sorrisi nello scoprire la sua gravidanza.

Queste immagini coprirono le prime, cancellando dalla memoria di Percy la disperazione e la tristezza di Annabeth, ormai non ascoltava più Nico urlare.

<< colpa mia... >>

No, decise, non era stata colpa sua. Era opera di Nico, e glie l'avrebbe fatta pagare.

Nessuno si prende gioco di Percy, nessuno si prende gioco di un dio.

Iniziò a tremare, la rabbia intensa nei suoi occhi verdi, la sua pelle iniziò a brillare, stava per rivelare la sua vera forma.

Nico smise di parlare e sgranò gli occhi preoccupato

<< Percy, che cosa hai intenzione di... >>

<< è stata tutta colpa tua Nico Di Angelo. Tua, non mia! Tu hai ucciso Annabeth, e io ucciderò te >>

La bambina iniziò a piangere e si nascose dietro la schiena di Nico, per proteggersi dalla

luce che Percy emanava – come se fosse stato possibile proteggersi da un dio.

<< papà ho paura >>

Papà... avrebbe dovuto chiamare Percy così, doveva essere lui a fare di Annabeth la sua sposa, ad avere un figlio con lei, non Nico.

Perse il controllo, era arrabbiato, lasciò che la sua vera forma si mostrasse in un esplosione di luce.

Quando la luce si spense Percy si guardò intorno, era tutto distrutto: le case, l'arena, persino i tavoli di pietra, era tutto bruciato.

Del campo Mezzosangue e dei suoi abitanti non erano rimasti che ricordi. Ricordi e cenere.

Percy fissò a lungo quello spettacolo desolante, cercando dentro di se della tristezza o del rimorso per quello che aveva fatto.

Infondo, quella era stata casa sua per tanto tempo prima, ed era stato lui stesso la causa della distruzione di quel luogo. Eppure non gli importava.

Vedeva tutto contemporaneamente, come immagini sovrapposte: vedeva le case messe ad U, i ragazzi che giocavano a pallavolo e quelli che si allenavano nell'arena, e poi vedeva il nulla che aveva creato, il nulla che provava.

Sentì un rumore, uno scricchiolio che riecheggiava nel silenzio, guardò in basso e vide Annabeth in piedi di fronte a lui. Aveva i capelli bruciati e il corpicino formato da ossa color cenere, sul viso era rimasto ancora qualche lembo di pelle carbonizzato, ricordava la mummia che, prima dell'arrivo di Rachel, abitava la soffitta.

Parlò, ma la sua voce non era quella di una bambina, era molto più antica e sembrava provenire direttamente dal sottosuolo.

<< ti ringrazio per il tuo aiuto, Perseus Jackson. Sei stato molto utile. Ma ora non mi servi più. >>.

La terra tremò e Annabeth si dissolse in una nube di fumo e cenere.

Non aveva mai sentito quella voce, ma gli mise in corpo una forte paura, una paura che un dio non dovrebbe provare.

E poi, tutto successe così velocemente che non ebbe nemmeno il tempo di accorgersene.

La terra lo risucchio, rendendolo parte di se ricoprendolo completamente, assorbendo la sua energia e i suoi ricordo.

La terra ne trasse la forza vitale e la giovinezza che continuava a tornare, perché lui era un dio.

Paghiamo sempre per gli errori che commettiamo, questa cosa Percy la sapeva bene. Eppure, continuare a vedere il campo che bruciava, sentire le grida dei semidei nelle orecchie e il loro dolore dentro di se, gli sembrava una punizione troppo crudele.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: gigiua