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Autore: girl_in_the_sun    11/07/2014    5 recensioni
Una vita di dolori e delusioni, di rabbia e sconfitte. C'è una cosa che però non è mancata mai: l'hai ricevuta da tutti e data a volte alle persone sbagliate; era difficile da capire, quel sentimento ballerino nella pancia o quella calda carezza al cuore.
Sappi solo, che qualunque sia la tua situazione, l'amore per lui non cambierà mai.
L'uomo dai capelli verdi aspettò e finché lo faceva, alzò lo sguardo per posarlo fuori dalla finestra e rimirare il moto continuo di quell'esorbitante massa d'acqua che era il mare; quel suono, l'odore di salsedine e quel colore, tutto gli ricordava una cosa: quell'azzurro celestiale, così puro e innocente degli occhi di Sanji. La prima cosa che aveva visto da bambino quando aveva aperto gli occhi.
[Long con capitoli cronologicamente non collegati]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti | Coppie: Franky/Nico Robin, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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あいかわらず・ Love that Doesn't Change

 

Capitolo I: No Angels: Duecentosettantacinque giorni.

« A boy's best friend is his mother ».
 

Quello era uno dei tanti tardi pomeriggi d'estate in cui Sanji preferiva rimanere a casa, seduto sulla soglia che dava alla spiaggia a fumarsi una sigaretta prima di cena, l'album fotografico in grembo. Il suono delle pagine voltate era gradevole come quello delle onde che lambivano il bagnasciuga pochi metri più avanti.
Il sole stava finendo la sua corsa nel cielo, andando ad annegare nel mare cristallino.

Le dita tremolanti voltarono l'ultima pagina consumata, tornando all'inizio del grosso album. L'indice vagò nello spazio, trovandosi ad accarezzare i bordi di una vecchia foto consunta, nella quale faceva bella mostra un neonato, la faccia contratta in una smorfia verso l'obiettivo della fotocamera.
Il biondo sorrise malinconico, facendo apparire delle piccole rughe intorno all'angolo dell'occhio visibile e della bocca.
Incredibile, anche da neonato si riuscivano a vedere i ciuffetti verdi di capelli appena spuntati sulla testa del piccolo, un tenero Zoro ancora in fasce.
Una risatina roca lasciò le sue labbra e si trasformò presto in un feroce colpo di tosse che lo lasciò senza fiato.
Il tempo era passato così velocemente, come uno di quei film stupidi che vai a vedere al cinema insieme agli amici e che quando te ne accorgi, sei anche già uscito dalla sala.

L'uomo sentì distintamente la serratura scattare anche dalla veranda, la porta richiudersi all'interno e dei passi pesanti farsi strada nell'abitazione. C'era il solito rumore secco che Sanji avrebbe riconosciuto in qualsiasi situazione: quel suono era fratello del battito dl suo cuore, lo era stato sin da quando non era che un soffice gattonare di bambino.
Ancora con quello in mano, cuoco?”.
Sanji sorride, continuando ad osservare la fotografia, poi mormorò ironico: “Nonostante siano passati più di quarant'anni, ancora non riesco a spiegarmi che razza di gene tu abbia perché i tuoi capelli siano fottutamente verdi”. 
Un grugnito e poi ancora tonfi pesanti ed un tuffo sul divano, dopodiché uno sbadiglio e poco dopo un russare rumoroso.
Sanji rise: Zoro era così incredibilmente prevedibile. Magari era la vecchiaia.
Bah, vecchio o no, bisognava preparare la cena; se avesse lasciato quel cavernicolo ai fornelli, avrebbe finito per mandare a fuoco la casa.

***

L'ospedale era bianco e lucente. Sanji non aveva mai visto un posto così, o almeno non se lo ricordava, per quanto i suoi nove mesi di vita gli permettessero di usare la funzione di memoria.
Nelle braccia della mamma si stava bene, forse un po' sballottati qua e la, ma era solo perché la donna stava correndo.
Il biondino però non capiva perché si lamentasse tanto: continuava ad emettere singulti e mugolii addolorati, scie umide – a cui Sanji non sapeva ancora dare un nome – le rigavano le guance.
La corsa finì davanti ad una parete con un'ampia vetrata, dietro alla quale erano sistemati in ordine maniacale tanti piccoli lettini rosa e azzurri, dove – Sanji vide, sporgendosi dalle braccia della madre e spalancando gli occhioni celesti – riposavano tante creaturine. In realtà, non tutte stavano dormendo: alcune frignavano nel dormiveglia, stringendo le copertine nei piccoli pugni arrossati: altre piangevano e mugugnavano con le loro vocine stridule.
“Koshiro?” Sanji sentì sua madre sussurrare, la voce spezzata dal dolore.
Un uomo sulla quarantina si girò verso di lei e annuì: le occhiaie scure sotto gli occhi dicevano tutto, così come le rughe agli angoli degli occhi, semi nascoste dalla montatura degli occhiali.
La donna si avvicinò e lo strinse in un forte abbraccio, più per bisogno personale che conforto per l'altro; erano comunque entrambi nella stessa situazione.
“Mi dispiace, io-”.
“No, eri la sua amica più cara, non devi farmi nessuna condoglianza” mormorò lui, stringendole amorevolmente una spalla.

Lei annuì, soffiandosi il naso in un fazzoletto di stoffa e cercando nel frattempo di non far cadere il bambino nelle sue braccia.
L'uomo voltò nuovamente lo sguardo verso i neonati: “I dottori dicono che è stata un'emorragia improvvisa e la sua anemia certo non ha aiutato...” sospirò, massaggiandosi il setto nasale.
“Lo aveva ancora stretto tra le braccia quando è morta” esalò, puntando il dito verso un lettino addossato alla parete.
C'era una targhetta con degli animaletti simpatici disegnati sopra – notò Sanji, anche se ancora non riusciva a leggere – e sentì sua madre sussurrare un nome.
“Zoro”.
La sua attenzione venne spostata sull'oggetto delle parole degli adulti: un bel maschietto, 3 chili e 80 grammi, in perfetta salute ora stava dormendo pacifico, come se la tragedia della sua nascita fosse stata di un altro.
Sanji però, lo guardava come si guarda un animale allo zoo; non capiva come fosse possibile che l'erba – come i verdi steli del giardino a casa sua – fosse potuta crescere sulla testa di qualcuno.
“Me ne occuperò io finché sarà così piccolo”.
Koshiro spostò lo sguardo su di lei e sorrise piano; lei ricambiò: “L'avevo promesso”.
“Sai, continuava a ripetermi che un giorno sarebbe diventato un campione” confidò la bionda all'uomo.
“Amava quel bambino più della sua vita, nonostante il padre... beh, lo sappiamo, no?” disse amaro il corvino.
I due continuarono a fissare la minuta figura addormentata, ancora ignara del mondo al di fuori della stanza.
Erano le 17:32 di un 11 Novembre che non sarebbe stato dimenticato molto presto.

***

“Avanti marimo, è ora di cena”.
Zoro non alzò subito le palpebre, anzi, cerco di scacciare il compagno come se fosse stata una mosca fastidiosa, con un gesto della mano.
“Non te lo ripeto, testa verde: alza quel dannato culo dal divano o resti senza cena” gracchiò l'altro, insistente.
Stirando i muscoli addormentati e lasciandosi andare ad uno sbadiglio degno di un primate, lo spadaccino decise che sì, forse sarebbe stato meglio dargli ascolto, per questa volta.
Si alzò, brontolando di stupidi cuochi che riescono sempre a rovinargli il sonno e si diresse in sala da pranzo. Scostò la sedia – facendola stridere sul pavimento solo per ripicca – e si sedette, mentre l'altro gli posava un piatto davanti, frettolosamente.
L'uomo dai capelli verdi aspettò e finché lo faceva, alzò lo sguardo per posarlo fuori dalla finestra e rimirare il moto continuo di quell'esorbitante massa d'acqua che era il mare; quel suono, l'odore di salsedine e quel colore, tutto gli ricordava una cosa: quell'azzurro celestiale, così puro e innocente degli occhi di Sanji. La prima cosa che aveva visto da bambino quando aveva aperto gli occhi.



Angolo autrice:
Sono uscita dal mio letargo estivo e ho l'onore di presentarvi "AI KAWARAZU - Love that Doesn't Change (L'amore che non cambia)", la mia nuova long. Lo so, ho ancora la raccolta da aggiornare e vi assicuro che lo farò a presto.
Ma parliamo del capitolo: intanto, spero si capiscano i rapporti familiari tra i personaggi. In breve, la mamma di Zoro è morta dandolo alla luce e la mamma di Sanji (sua migliore amica) è andata a vedere il bambino in ospedale, trovando Koshiro, lo zio di Zoro. Ho deciso di non mettere nessun nome alle due madri perchè ognuno è libero di immaginarsele come vuole e poi non ne avevo trovato che mi convincessero.
Vi avviso in anticipo che sarà una raccolta ANGST, pechè alla sottoscritta piace assai <3 e niente, sarò la prima a mettersi a piangere per quello che ho in mente.
Ultima cosa: la citazione all'inizio è presa da un film di cui non mi ricordo il titolo, ma che è citato nella canzone "No angels" dei Bastille, che io adoro.
Mi farebbe un immenso piacere se lasciaste il vostro pensiero, conta molto per me.
Grazie e alla prossima!


 

  
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