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Autore: itsonlyme    12/07/2014    1 recensioni
10 gennaio. Zayn si alza già con un brutto presentimento, che si conferma quando mentre è in attesa che lo chiamino per quel provino –a cui neanche voleva andare- incontra un certo Liam, che ha tutta la voglia di rovinargli l’umore. Quando entra in sala provini per iniziare ad interpretare quella ridicola parte, accade la cosa peggiore che gli sarebbe potuta accadere. Si sente in un film, Zayn, un film di cui lui e quel fatidico Liam Payne, sono –forse, suo malgrado- diventati i protagonisti.
7070 parole.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Liam Payne, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Battaglia navale.
 
 
 
 A chi, come me, ha ancora il coraggio di sognare.



 
 
 
Alzarsi con un brutto presentimento, per Zayn, non era mai stata una buona cosa, perché –nel bene o nel male- qualcosa accadeva per davvero.
Avrebbe voluto rimanere fra le coperte calde del suo letto, dove l’unico pericolo che avrebbe potuto correre sarebbe stato rotolare e cadere da circa mezzo metro.
La giornata era fredda, quello lo sapeva. E sapeva anche che, con molte probabilità, avrebbe nevicato da lì a poche ore.
Era la mattina del dieci di gennaio, domenica, due giorni prima del suo ventunesimo compleanno, che non aveva intenzione di festeggiare, perché, secondo lui, festeggiare un anno di vita in più non aveva poi molto senso.
La sua stanza, dalle pareti pitturate di bianco –che non sarebbero rimaste di quel colore per molto-, era completamente immersa nel buio.
Zayn, uscì frettolosamente un braccio dalla coperta e con un gesto veloce accese l’abatjour sul comodino alla sua sinistra. La luce lo costrinse a chiudere gli occhi che, altrimenti, avrebbero cominciato a pizzicargli, prima di abituarsi alla luce –nemmeno tanto forte- della lampadina.
Ne aprì uno e stropicciò l’altro col dorso della mano. La sveglia segnava le 8:41.
Il provino, al quale doveva andare per colpa di una maledetta scommessa persa con Niall, il suo migliore amico, sarebbe iniziato in un’ora e mezza, per cui aveva tutto il tempo per fare colazione, e magari pensare ad un modo per sfuggire a quella ridicola figura che avrebbe fatto.
Con studiata lentezza, si scostò le coperte di dosso, sentendosi colpire dal gelo mattutino che detestava. Velocemente si spostò in bagno, sciacquandosi il viso con acqua tiepida e poi si trascinò in cucina, sentendo l’odore di mobili ancora nuovi.
Il suo nuovo appartamento era ciò che desiderava da tempo, e solo due settimane prima lo aveva ottenuto.
Grazie al suo lavoro, ai risparmi che conservava da molti anni, e a quei soldi che sua mamma gli dava ogni mese, era riuscito ad affittare quell’appartamento nel famoso e vivace quartiere di Soho, nel West End di Londra.
Si sentiva a posto, Zayn, davvero a casa sua. Gli piaceva la semplicità degli spazi, che lui presto avrebbe sistemato a modo suo, in modo da far emergere la sua personalità. E segretamente, nel suo cuore, ne era orgoglioso, orgoglioso di quel traguardo da lui raggiunto.
Aprì la finestra della cucina, illuminando la stanza perfettamente ordinata.
Riscaldò dell’acqua per un tè caldo, come gli era sempre piaciuto, e preparò l’impasto per dei pancake che avrebbe poi coperto di glassa al cioccolato, o forse all’amarena.
Mangiò la sua colazione con calma, seduto al tavolo quadrato al centro della stanza, e dando un’occhiata ai programmi –non molto interessanti- in tv.
Quando ebbe finito anche di ripulire le stoviglie, andò a farsi una doccia.
Senza farci troppo caso, prese dall’armadio un paio di jeans neri, scoloriti all’altezza del ginocchio, e un maglione beige, a cui accoppiò i suoi anfibi neri.
Uscì di casa quando Niall –biondino finto e irlandese da strapazzo- gli fece uno squillo al cellulare.
Si tirò dietro la porta di casa e salì sul Range Rover nero dell’amico che si affrettò a salutarlo con un dolce abbraccio.
Niall era così, sempre così spontaneo, solare, estremamente buono e gentile, l’amico perfetto per Zayn. Si conoscevano da sette anni, da quando Niall si era trasferito vicino casa di Zayn e avevano cominciato ad andare a scuola insieme, tutti i giorni, scoprendo di togliersi solamente qualche mese.
Compatibilità, di quello si trattava. E loro –compatibili- lo erano sul serio.
A loro bastava una sola parola per capirsi, o un’espressione del viso. Tra loro tutto era semplice, e quella semplicità a Zayn stava bene. Lo alleggeriva, come la presenza dell’amico.
Il biondo al suo fianco, sorrise, «Buongiorno, sei pronto?» disse muovendosi al suo posto.
Il moro gli lanciò uno sguardo truce, e quello riempì l’abitacolo con la sua risata, seguito a ruota dall’altro, che non ne poté proprio fare a meno.
Gli occhi azzurro oceano di Niall si posarono sulla strada davanti a loro, e, cercando di iniziare una conversazione per controllare l’umore di Zayn quella mattina, partì alla volta di quel vecchio auditorium a quindici minuti da lì.
Il biondo posteggiò nel primo spazio libero che trovò, lasciando scendere l’altro che lo aspettò davanti la porta in ferro, che somigliava più ad un’uscita d’emergenza.
«Entriamo?» chiese il biondo, stretto nella sua giacca nera.
«Non voglio.» protestò l’altro. «Zay, non fare i capricci.»
«Perché devi costringermi a fare questa cosa ridicola se io non voglio?» mise su il broncio che fece sorridere –ancora una volta- il più piccolo.
«Forse perché la scommessa l’ho vinta io?» domandò retoricamente quello.
«Si ma..»
«Niente ma, Zayn!»
Nel frattempo due ragazze entrarono squadrandoli e ridacchiando. Il moro lanciò loro uno sguardo, che non aveva nulla di carino, che notò solo il suo amico.
«Niall, ti ho mai detto che ti odio?»
«Malik, tu mi ami in realtà. Ora muovi il culo dentro e fai vedere a tutti chi sei!» esclamò, facendo voltare due uomini in uniforme da lavoro alla fine del marciapiede. Senza curarsi di ciò, Niall aprì la porta dismessa e spinse Zayn dentro, facendolo sbuffare sonoramente.
Si ritrovarono in un corridoio freddo e umido illuminato solo da una lampadina solitaria sopra le loro teste. «Dove mi hai portato?» domandò il moro, sgranando gli occhi e piantandosi sul posto.
«Andiamo, su su!» lo scosse Niall, tirandolo per un braccio. L’aria in quel posto era tetra, quindi si spostarono più velocemente possibile, finendo in una sala quasi.. affollata.
C’erano tanti ragazzi, di varie età, chi seduto sulle sedie chi in piedi, parlottavano tutti, tranne qualcuno che preferiva starsene in disparte con le cuffiette alle orecchie o col cellulare in mano.
«Dovete scrivervi lì, se dovete fare il provino.» trillò un ragazzo dalla voce squillante e brillanti occhi azzurri.
Zayn scosse la testa spaurito, Niall, invece, annuì, ringraziandolo.
«Nialler, perché non lo fai tu il provino?»
«Perché qui sei tu quello che canta e recita bene, non io. E perché hai..»
«Ho perso la scommessa, si si, lo so» lo interruppe il moro, sbuffando ancora una volta.
«Un attimo di silenzio.» urlò il ragazzo di prima, salendo su una sedia verde tipica delle sale d’attesa. Tutti si zittirono, e lui iniziò a parlare, «Ciao a tutti, innanzi tutto, io sono Louis e faccio parte dello staff, cominceremo a chiamarvi tra cinque minuti» spiegò, «Appena dirò il vostro nome, Harry, il ragazzo laggiù» allungò il braccio, indicando un ragazzo dai folti ricci castani accanto alla porta rossa che alzò la mano in segno di saluto, «vi accompagnerà al vostro posto e vi spiegherà tutto.» disse concludendo e schiacciando l’occhio al riccio che sorrise timidamente. Infine, scese dalla sedia e poggiando gentilmente una mano sulla schiena di quello, con cui -secondo l’attento occhio di Zayn- probabilmente aveva del tenero, sparì dietro la porta.
L’elenco dei ragazzi iniziò a scorrere, ne chiamavano circa uno ogni dieci minuti, e, Zayn, non faceva altro che torturarsi le mani, convincendosi che non erano molti. Niall, seduto al suo fianco, si scambiava messaggi con qualcuno a cui Zayn era –momentaneamente- disinteressato. Il moro si alzò, già stanco di stare seduto, aveva bisogno di sgranchirsi le gambe e distendere i muscoli.
Una voce affannata arrivò alle orecchie di tutti ancora prima di conoscerne il possessore, «Ditemi che non ho perso il turno, vi prego!»
Zayn si voltò verso la porta, scoprendo che il ragazzo a cui apparteneva quella voce profonda doveva avere più o meno la sua età. Indossava un paio di jeans scuri a vita bassa, una maglietta blu leggera, con sopra un giubbotto di jeans con le maniche felpate raccolte sui polsi, delle semplici scarpe nere, molto simili alle sue e, in testa, un cappello dalla visiera dritta. Si guardò velocemente in giro, facendo scivolare lo sguardo da una persona all’altra.
Il moro continuò a guardarlo, finché i loro sguardi non si incontrarono, e quel ragazzo –ancora senza nome- fissò gli occhi nei suoi per molti secondi, senza alcuna vergogna.
Poi entrambi distolsero lo sguardo, e Niall, che aveva assistito, diede una gomitata alla coscia del suo vicino di posto ancora in piedi, lasciandogli intendere che –come lui- si chiedeva a cosa fosse dovuto quell’intenso sguardo. Dieci minuti trascorsero, dall’entrata in scena di quel ragazzo, che sembrava completamente a suo agio, muovendosi progressivamente verso di lui.
Zayn continuava a toccarsi i capelli, a scuotere nervosamente la gamba e a stringersi il labbro inferiore coi denti.
«Ciao, sono Liam» disse, il ragazzo dagli occhi vispi che era entrato pochi minuti prima, allungando una mano verso il moro.
Zayn alzò lo sguardo nel suo, sentendosi travolgere da uno strano calore, che non comprese, o forse, fraintese. «Che vuoi?» mormorò quello, alzando un sopracciglio. «Hey, sono stato carino con te!» rispose quello, agitando la mano sotto il naso dell’altro. «E io no, per cui, cosa vuoi?»
«Parlarti.» sorrise a trentadue perfettissimi denti, il castano. «Senti, già qui non volevo venirci, non costringermi a scappare che non posso», il ragionamento di Zayn confuse l’altro, che però non si arrese, «E dai, non essere schivo» disse poi, sfiorando il braccio del moro con due dita, che lui stesso si scollò di dosso pochi secondi dopo. «Lasciami in pace.» disse in uno sbuffo.
 «Mi dici almeno come ti chiami?»
«Se ti dico come mi chiamo mi lasci stare?» chiese Zayn, con poca convinzione. Che fosse davvero ciò che voleva? Quello non lo sapeva neanche lui.
Sentiva una specie di nodo al centro del petto, e lo associò all’ansia per quello stupido provino.
«Si, si.»
«Prometti?» chiese ancora, il moro.
«Prometto.»
Niall, assisteva a quell’appena accennato scambio di battute, ridendo. E lui stesso si accorse delle dita incrociate del ragazzo il cui nome era Liam. Zayn sembrò non notarlo.
«Zayn.» brontolò.
«Bel nome, non sei di Londra però, vero?» chiese Liam, facendo posare ancora una volta lo sguardo di Zayn sui tratti gentili del suo viso.
«Mi avevi promesso che mi avresti lasciato in pace.» disse piano.
«Avevo incrociato le dita, scusa.» disse con un sorriso malizioso stampato in viso. «Ma scusa cosa? Che bastardo!» gli rispose l’altro, facendo voltare qualcuno dei presenti verso di lui. «Quanti anni hai? Io venti.» disse, il castano, sorridendo ancora. Zayn sbuffò e si sedette per terra, sperando che quell’altro sparisse dalla sua vista. Purtroppo non fu come desiderava, perché Liam, lo copiò, sedendosi al suo fianco. «Non te l’ho chiesto,» borbottò il moro, passandosi una mano fra i capelli, «e non ti ho neanche chiesto compagnia, se non sbaglio. Ho già un amico a cui vorrei spaccare la faccia in questo momento» continuò, guardando Niall che rideva, mandando bacini volanti al migliore amico. «Dai, dimmi quanti anni hai, Zayn.» lo supplicò, quasi. «Zayn, Zayn, Zayn» ripeté, innumerevoli volte, facendo sbuffare l’altro. «Mi piace pronunciare il tuo nome, è molto bello.» aggiunse. «Niall, o chiunque altro, potete portarvelo via?» chiese Zayn, esasperato. Probabilmente la prima ragione del suo brutto presentimento mattutino era l’incontro con quel ragazzo fastidiosissimo che avrebbe voluto far tacere con un destro piazzato sulle labbra. Mentre si massaggiava le tempie, subendosi le –tante gli parvero- infinite domande del castano, la voce del ragazzo basso dagli occhi azzurri, chiamò “Liam Payne” quando il moro stava per infuriarsi sul serio. Quando quello entrò, dopo avergli scoccato uno sguardo degno di oscar, Zayn si sedette sulla sedia, al fianco del suo amico, sospirando, come fosse stato stanco.
Pochi minuti dopo, Louis, così aveva detto di chiamarsi, urlò “Zayn Malik”, con la cartellina bianca in mano.
Il diretto interessato, si alzò, asciugandosi nervosamente le mani sudate nei jeans, e cercando di aggiustarsi il ciuffo già perfetto. Si mosse fra i ragazzi rimasti, cercando di ignorare gli sguardi che gli perforavano la schiena. Niall si alzò a ruota, augurandogli buona fortuna con un piccolo abbraccio. Quando Louis ed Harry lo salutarono, accompagnandolo in sala, lui ricordò che quel fastidioso di Liam Payne non era ancora uscito.
Zayn sgranò gli occhi sgomentato, lo trovò al centro della sala, senza cappello e senza giubbotto, con gli occhi puntati addosso a lui, che si affrettò a distogliere lo sguardo e aspettando che quello levasse le tende e uscisse. Ma non accadde. Liam rimase fermo in quel posto.
«Salve.» disse, il moro, imbarazzato ai due uomini vestiti informalmente davanti a lui.
«Buongiorno signor.. Malik» disse quello, guardando il nome sulla lista.
Gli spiegarono velocemente che avrebbe dovuto recitare alcune delle battute di un copione che gli avrebbero presto fornito.
Zayn, imbarazzato all’idea di dover recitare davanti a quel ragazzo di cui sentiva ancora lo sguardo bruciare addosso, inizialmente sgranò gli occhi. Poi pensò che prima finiva, prima andava via.
«Iniziamo» disse uno dei due uomini, che neanche si erano presi il disturbo di presentarsi. «Recitiamo insieme» ridacchiò il castano, sussurrandogli quelle due parole all’orecchio. «Stai zitto.» rispose Zayn, piazzandogli una gomitata sul fianco sinistro, che «Ahia» si lamentò.
Zayn si rese conto di quanto schifo gli facesse quel posto. Puzzava pure, sembrava una cantina dismessa, e addobbata a sala provini, avrebbe voluto solo scappare da quella topaia e andare a fumare una sigaretta.
 
Si voltò a guardare Liam, pochi passi dietro di lui, lo fissava ancora, con lo sguardo quasi scioccato.
«Bene, ora proverete insieme questo.» Harry e Louis, entrambi col volto arrossato, entrarono e diedero una copia stropicciata del copione ad entrambi. Poi, sparirono dietro la porta.
 
 
*
 
 
«Questo posto fa davvero schifo.» esordì Harry, tirando la cartellina a caso. «Lo so, Harry, ma per pagare l’affitto dobbiamo lavorare e accontentarci momentaneamente di questo schifo di posto.» mormorò, il maggiore.
«Puzza pure.» disse il riccio in uno sbuffo, «Lo so, lo so. Ma cerca di non pensarci, andremo presto via da qui.» cercò di consolarlo.
Guardò il suo ragazzo a lungo, poi, «Avvicinati, Harry» lo invitò, lui che si era seduto sopra una vecchia lavatrice fuori uso -non aveva neanche idea del perché quell’affare quasi completamente arrugginito fosse ancora lì dentro- di quel ripostiglio angusto. Quello fece come gli era stato suggerito e allacciò le braccia al collo del compagno che si affrettò a baciargli la fronte, il naso, le guance, gli occhi, poi le labbra. Le loro bocche si unirono perfettamente, come accadeva ogni volta che le facevano collidere. Così, quasi, si fusero, in un bacio che loro sembrò infinito. Louis allargò le gambe ospitando il ragazzo che lo superava in altezza di qualche centimetro. Lui stesso, carezzò con due dita il collo dell’altro, che sorrise sulle sue labbra, poiché lo aveva solleticato.
Harry approfondì il contatto, spalmandosi il compagno addosso il più possibile. Fece pressione sulla sua nuca per tenerselo vicino e quello ricambiò spingendoselo addosso poggiandogli le mani sul fondoschiena. Louis trovava Harry bellissimo. E glielo ripeteva spesso.
I due, stavano insieme da tre anni ormai. La loro relazione non era ne monotona ne tantomeno nascosta. Entrambi avevano superato il problema della vergogna, e, almeno per come volevano far apparire, neanche il giudizio della gente. Si stringevano la mano in pubblico, si scambiavano baci e abbracci, tocchi fugaci, che non sfuggivano mai agli occhi attenti di tutti che non perdevano mai tempo a puntare il dito verso loro e farsi scappare un risolino.
«Harry, quanto sei bello, Harry.» e non perse tempo a ricordarglielo ancora un’altra volta. I complimenti avevano sempre imbarazzato il riccio che sin da piccolo si era sempre limitato a sorridere con le guance arrossate.
Così, anche quella volta, due fossette comparsero sulle gote del diciannovenne che non aveva voglia di perdere altro tempo, per cui, tornò a baciare l’altro.
Louis con la punta delle dita sollevò velocemente la maglia leggera di Harry, che se la lasciò sfilare dalla testa, e ricambiò. I petti nudi di entrambi entrarono in contatto, e la solita eccitazione prese possesso dei loro corpi, portandoli a sfregarsi uno con l’altro. I loro bacini collisero, e Louis si mosse su quello di Harry per provare a dar sollievo all’eccitazione di entrambi, ma con il risultato contrario. Entrambi sapevano che sarebbe finita in quel modo.
Quando Louis allungò una mano verso l’asola dei jeans del più piccolo, senza staccarsi dalla sua bocca, l’altro lo fermo. Si staccarono in uno schiocco poco piacevole alle orecchie,  «Ho quelle stupide manette in tasca.» gli ricordò, Louis velocemente gli toccò le tasche, le prese in mano e sorrise maliziosamente. «Un giorno di questi le prendiamo in prestito» gli sussurrò all’orecchio in tono molto malizioso, gettandole in un angolo. Poi Harry, dopo avergli pizzicato il sedere, riprese a baciarlo. Toccò la schiena del maggiore con studiata lentezza e gli baciò il collo come aspettava di fare da tutta la mattina. Louis questa volta, quasi frettolosamente, sbottonò i jeans del riccio calandoglieli sulle ginocchia con l’aiuto dei piedi e quello, lo copiò, prendendolo dalla vita e calandogli i pantaloni di tuta grigi fino alle caviglie.  
Si diedero piacere a vicenda, senza vergogna, in quello stanzino puzzolente, con quei due poveri ragazzi che si stavano sorbendo la spiegazione di quel ridicolo film che, i due falliti lì fuori, avrebbero voluto realizzare.
Le loro evidenti erezioni, ormai nude, si sfiorarono ancora. Louis poté trattenere il gemito che stava per sfuggirgli dalle labbra solo mordendo la spalla liscia e diafana del compagno. Si accorse che le loro carnagioni erano molto simili quando si fusero in un solo corpo.
L’atto fu breve ma intenso, non si curarono dei particolari, celando a vicenda la promessa che lo avrebbero fatto quando sarebbero stati a casa, soli, senza bisogno di coprire i loro ansiti, senza bisogno di asciugare continuamente il sudore sulle loro fronti, senza stare attenti a non scomporsi. Quasi si coccolarono lì, in quel ripostiglio che ora aveva un po’ il loro odore, senza sapere che ciò che per loro era stato un perfetto inizio di giornata, stava per trasformare in incubo quella di qualche altro.
 
 
*
 
 
Iniziarono col presentarsi, Liam e Zayn, anche se nessuno dei due sembrava davvero averne voglia.
 Poi si sorbirono la noiosa spiegazione che quei due stavano tentando di dare loro di quel film ancora senza nome, senza una vera fine, e che –secondo Zayn- sarebbe anche rimasto senza attori.
Persero circa quindici minuti a parlare di loro e ad ascoltare quelle voci rauche che incitavano il moro a fuggire da quel posto macabro.
Gli passarono i copioni che i due si affrettarono a sfogliare.  
Zayn lanciò uno sguardo curioso al castano che ricambiò, forse sentendosi osservato e gli sorrise, ottenendo solo la vista del profilo perfetto dell’altro che sogghignò. Si passò ancora una volta una mano fra i capelli, e si stropicciò gli occhi, sbadigliando. «Signor Payne, prego può iniziare» disse l’uomo stravaccato sulla sedia, quello che Zayn avrebbe volentieri schiaffeggiato. Liam, colto a fissare la bellezza del ragazzo a pochi passi da lui, iniziò con la battuta di apertura qualche secondo in ritardo, beccandosi le occhiatacce dei due tizi.
Così  lessero alcune delle battute, stampate su quella carta ingiallita, che Zayn cercò di farsi piacere, senza successo. Lo sgomento era ritratto nel volto di entrambi i ragazzi.
Zayn lesse dell’entrata in scena di un terzo personaggio. Dunque, mormorò la sua, di battuta, e aspettò il terzo idiota di turno. Si sorprese quando vide entrare in scena Harry con uno strambo cappello da poliziotto sul capo, e delle manette che fuori uscivano dalla tasca dei suoi skinny jeans, le gote arrossate e le labbra tumefatte. Aggrottò le sopracciglia; Zayn sapeva di non conoscere niente di Harry, ma avrebbe scommesso che il rosso che delle labbra del ragazzo era dovuto a qualche bacio di troppo dato a Louis, che sembrava esser scomparso. Sorrise fra se.
Quando irruppe nella sala con la battuta “fermi tutti”, Zayn scoppiò a ridere, trovando tutta quella situazione più ridicola di quanto si aspettasse. Tutti si voltarono a guardarlo, Liam cercava di non seguirlo, mordendosi le labbra, e quando, Zayn, ebbe sputato uno ‘scusate’, andarono avanti.
«Noi siamo innocenti!» disse Liam, in tono grave.
«Siete in arresto per spaccio illegale di stupefacenti, a minori.» disse Harry, avvicinandosi, ed estraendo il paio di manette dalla tasca. Zayn cercò di non ridere ancora –probabilmente quella volta non sarebbe riuscito a trattenersi- e finse uno starnuto, a cui nessuno sembrò far caso, tranne il castano, che sembrava perso ad osservarlo. Occhi puntati per terra, Zayn, si chiese chi fosse lo scrittore di quel copione che di copione non aveva proprio niente. Sarebbe stato impresentabile, uno spettacolo del genere.
Il riccio si grattò la testa, «Abbiamo solo un paio di manette, scusate,» mormorò, a bassa voce, per farsi sentire solo da quei due, poi, «Avvicinatevi.».
Zayn e Liam fecero come quel povero ragazzo aveva loro suggerito, e velocemente, con mani inesperte, chiuse i polsi di entrambi nello stesso paio di manette.
Finsero di portarli in carcere e di sbatterli in cella.
«Stop!» urlò l’uomo coi baffi. «Potete toglier loro le manette e andar via, per favore!»
«Cristo, finalmente.» disse Zayn in uno sbuffo. «Ti stavi eccitando troppo stando accanto a me?» gli domandò Liam, avvicinandosi a lui. «Si, guarda, credo dovrò toccarmi io stesso perché sono disperato.» ridacchiò, il moro. Quello rispose solo con una smorfia.
Nel frattempo erano rimasti soli, li avevano fatti spostare in una specie di ripostiglio dove avevano posato i loro oggetti personali. O meglio, dove avrebbero dovuto farlo. «Le chiavi?» chiese Zayn, alzando la voce per farsi sentire dai responsabili. Si sentì un vociare fuori dallo stanzino, ma nessuno dei due osò metter la testa fuori per controllare.  
Non molti istanti dopo, un Louis rosso in viso e dai capelli scompigliati, affiancato da un Harry con gli occhi sgranati comparsero sulla soglia.
 «Ehm..» iniziò Louis, «Cosa?» chiese Zayn, inclinando il capo. «Abbiamo un problema, che risolveremo presto però.» il groppo al centro del petto di Zayn –che aggrottò le sopracciglia- sembrava farsi spazio. «Che problema?» domandò Liam, anticipando il moro. «Non.. troviamo la chiave.» sputò il riccio, in tono imbarazzato.
Zayn avrebbe voluto urlare, ma le corde vocali si rifiutarono di collaborare con gli impulsi del cervello.
«Bello scherzo, ma ho da fare, tirate fuori la chiave e liberatemi da questo cretino.» disse il moro, strattonando il braccio dell’altro.
«Hey! Sempre questi modi gentili tu.»
«Oh Signore, Liam Payne vuoi stare zitto per una dannata volta? Non trovano le chiavi, siamo legati, capisci la gravità del problema o no?» urlò Zayn, sull’orlo dell’isteria.
Niall gliel’avrebbe pagata.
Ed ecco presentatosi l’incidente che il cattivo presentimento con cui Zayn si era svegliato gli aveva preannunciato.
«In realtà no, sono ammanettato con un bellissimo ragazzo, che anche sembra restio vorrebbe saltarmi addosso.» mormorò quello, alzando le spalle e incurvando le labbra verso l’alto.
Il –quasi- ventunenne, sgranò gli occhi e arrossì per il complimento appena fattogli da un Liam completamente a proprio agio. Avrebbe voluto rispondergli a tono, per quella –forse- sciocchezza, che aveva detto, ma il nervosismo e l’imbarazzo del momento gli impedirono di proferir parola.
 «Ragazzi, ci dispiace da morire. Troveremo la chiave prima possibile.» cercò di giustificarsi Harry.
Quella fu la frase che fece congelare Zayn sul posto.
Sarebbe dovuto rimanere incatenato a quello sconosciuto per quanto tempo? Minuti? Ore? Giorni?
«Ma io ho da fare, non posso rimanere qui finché trovate quella dannata chiave!» si lamentò, giustamente. «Possiamo andare a cercare qualcuno che possa tagliarle e dividerci.» propose Liam, cercando di calmare l’altro.
Era davvero fisicamente attratto da Zayn, voleva conoscerlo, se quello glielo avrebbe permesso, ma –anche secondo lui- iniziare dal rimanere ammanettati per tempo indefinito, non era il giusto modo per iniziare una relazione sociale.
«E’ domenica.» brontolò, il moro, sconfitto.
 
Harry, sparito dietro la porta, andò a cercare Louis.
«Louis!» lo richiamò. Quello uscì la testa dalla toilette, dove era intento a cercare.
«Dimmi.»
Si calò all’altezza del suo orecchio e vi sussurrò, «La chiave l’avevo io, in tasca.».
Louis sgranò gli occhi, ricordando ciò che –guardò l’ora- quasi un’ora prima era successo.
Allora tornarono nello stanzino, alzarono tutti gli oggetti inutili lì dentro.
Da attrezzi per la pulizia, ad attrezzi di scena rotti, che ancora non erano stati gettati via.
Nulla, la chiave sembrava scomparsa, ed i due amanti, si sentirono un po’ colpevoli.
 
 
«Zayn.» chiamò Liam, distraendolo dai suoi pensieri. Lui, che si sentì chiamato, alzò la testa.
Erano seduti in sala, Zayn per terra, al suo fianco, Liam su una sedia bianca, di plastica, che sembrava secolare.
«Devo fare pipì.» disse schietto quello, «E che vuoi da me?»
«Devi accompagnarmi.» disse, con tono cadenzato, scuotendogli le manette coi loro polsi legati dentro. E l’altro sbuffò ancora. Si sollevarono.
Liam entrò in bagno, Zayn rimase fuori, finché il castano non accese la luce e non si accorse che il water si trovava al lato opposto alla porta, e che se avrebbe voluto evitare di fare un disastro per terra, l’altro sarebbe dovuto entrare con lui.
Aveva la vaga impressione che Zayn gli avrebbe risposto di tenersela, ma –stranamente- si sbagliò quando tossicchiò e gli disse «Ehm.. il water.. non è proprio vicino alla porta, potresti..»
«Liam, si, entro con te.» mormoro quello, sorprendendolo.
Allora, con leggero e naturale imbarazzo, Zayn si mise al fianco dell’altro e si voltò di spalle, giusto quando stava per calarsi i boxer.
«Come mai non mi hai gentilmente detto di farmela addosso?» chiese, il castano, tirandosi su la lampo. Suscitò la risata dell’altro, che alzò le spalle.
Ed era vero, non lo sapeva neanche lui.
Forse si era un po’ pentito di averlo trattato male, in fondo, Liam era davvero un bel ragazzo ed era stato carino con lui nonostante il suo comportamento schivo e introverso.
E quando lo ammise anche a se stesso, si sorprese.
Tornarono allo stesso posto di prima, e iniziarono a chiacchierare, sentendo gli altri mettere sottosopra quella specie di magazzino per trovare la chiave. Loro non ne avevano voglia.
Liam si mostrò curioso di sapere di Zayn, che assecondava le sue domande e ogni tanto si concedeva il mistero, facendo sorridere il castano che era momentaneamente sereno.
E ogni tanto qualche domanda gliela faceva anche lui, voleva sapere qualcosa in più del ragazzo a cui sarebbe stato legato per chissà ancora quanto tempo.
«Niall mi ha chiesto di andare un attimo fuori» disse, poi, Zayn, agitando il cellulare stretto fra le dita della mano destra. «Niall?» domandò, Liam, aggrottando le sopracciglia.
«Il mio migliore amico, mi ha costretto e accompagnato lui qui.» spiegò l’altro.
Gli occhi nocciola di Liam si fissarono dentro quelli di Zayn, color cioccolato fuso, e vi spiarono. Zayn si sentì un po’ denudato a quel contatto prolungato dei loro occhi; si sentiva proprio così: nudo, davanti agli occhi curiosi, ma dolci e pazienti, del ragazzo che era riuscito con poca fatica a fargli perdere le staffe, punzecchiandolo e provocandolo.
Liam volle guardarci dentro, scoprire che sapore aveva osservare dentro qualcuno, di così bello, così a lungo. Zayn, inizialmente, glielo permise, poi batté le palpebre più volte, distogliendo lo sguardo e facendosi leva con la mano libera per sollevarsi da terra. L’altro, fu più veloce, si alzò e lo afferrò aiutandolo a mettersi velocemente in piedi, facendolo finire vicino al suo petto.
Il moro sorrise, ancora nervoso. Non sopportava d’esser legato a qualcun altro, aveva bisogno dei suoi spazi, di compiere movimenti a modo suo, coi suoi tempi.
Si spostarono, allora, nella stanza ormai praticamente vuota. Erano rimasti due ragazzi, che chiacchieravano tra loro e Niall, col cellulare in mano e un’espressione poco felice stampata in volto. «Nialler» lo chiamò Zayn. Quello sollevò la testa dall’Iphone e rivolse un sorriso carico di scuse all’amico, che gli sventolò, stanco, il polso legato all’altro che non perse tempo per farsi riconoscere. «Oh merda, Zay, scusa scusa scusa» ripeté Niall, innumerevoli volte. Il moro, liquidò le sue scuse con un gesto, lasciandogli intuire che non doveva più continuare a scusarsi.
 Piuttosto, «Biondo, lui é..» cominciò Zayn, che venne interrotto immediatamente da un Liam tutto sorridente. «Ciao, io sono Liam, il nuovo amico di Zayn» si presentò. Il moro alzò lo sguardo, osservando prima il suo migliore amico, che sorrideva, quasi soddisfatto.
Zayn alzò gli occhi al cielo, stanco, esausto di quella giornata che era cominciata male, «Noi non siamo amici, manco per sogno.» commentò.
«Merda, avevo dimenticato di aver promesso a mia madre di andare a pranzo da lei.» esclamò il biondo, poco dopo, ignorando la frase dell’amico. «Zayn, ho paura di non poterti riaccompagnare a casa.» borbottò, così, dispiaciuto, deglutendo.
«Avevo dimenticato che devo andare a fare anche la prova del vestito per il matrimonio di Greg.» si giustificò.
«Io ho la macchina, posso accompagnarti io.» disse Liam, intromettendosi. «Oh, perfetto! Sai, non vedevo l’ora di stare un altro po’ con te.» borbottò, Zayn, ironico. «Io spero trovino la chiave, il più presto possibile.» aggiunse. Farsi accompagnare in macchina da Liam, a casa sua, sarebbe stato parecchio imbarazzante e non ne aveva voglia. Quel ragazzo, seppur disponibile, gli aveva urtato i nervi, nonostante lui tendesse sempre ad essere pacato.
Due ore trascorsero lì dentro, a far nulla, dopo aver salutato un Niall sinceramente dispiaciuto.
Probabilmente, Zayn, ripensandoci a casa sua, avrebbe voluto ucciderlo, ma momentaneamente era solo nervoso. Liam gli pizzicava il fianco con le dita, continuamente, e lo provocava, mettendo a dura prova i suoi nervi già abbastanza tesi. Tutta quella situazione era davvero frustrante, e se avesse potuto avrebbe urlato con tutto se stesso, sperando di svegliarsi da uno dei suoi incubi.
I due ragazzi, Liam e Zayn, naturalmente, si erano ritrovati alla fine a mettersi a cercare per ammazzare il tempo, a camminare uno al fianco dell’altro –ovviamente- tirandosi a destra e sinistra.
E poi capitava che Zayn sorrideva per una stupida battuta dell’altro, che si fermava, e si fermava, suo malgrado, anche il suo cuore. E lui, quasi, non riusciva a spiegarselo. Si sentiva attratto da Zayn, si era sentito spinto fino a lui sin dal primo momento, e il fatto d’esser legato fisicamente a lui, non gli dispiaceva poi più di tanto. Ogni tanto si perdeva nei magnetici occhi di quello, che si lasciava scrutare, e lo sfidava. E il castano ci frugava dentro, dentro quel marrone così liquido ma così denso allo stesso tempo, gli ricordava forse sua mamma.
 
Un’altra ora dopo, Zayn si spazientì e sbuffò sonoramente, al fianco di Liam, per terra come lui.
«Impazzirò a stare ancora qui, andiamo via, tanto non la trovano.» mormorò, l’altro annuì, concordando. In viso aveva un’espressione seria, ed osservava il moro riflettendo davvero su quanto i tratti di quello fossero delicati, genuini, semplici e si trattenne, ci provò con tutto se stesso, dall’allungare una mano verso il viso di quell’altro che lo osservava con un’espressione corrucciata. Voleva toccarlo, accarezzare la sua pelle che, all’apparenza, sembrava liscia e morbida, e non nascose –neanche a se stesso- che gli sarebbe piaciuto anche sfregare i polpastrelli su quelle labbra rosee e invitanti.
Si alzarono contemporaneamente, e facilmente trovarono Harry e Louis che, calati a “quattro zampe” cercavano ancora la chiave, li salutarono e, prendendo i cappotti, sparirono dietro la porta, respirando finalmente aria pulita. Si riempirono i polmoni d’aria fresca, e solo pochi istanti si accorsero della neve che ricopriva i marciapiedi di quella strada poco frequentata di Soho.
Zayn notò che la temperatura era calata notevolmente, e si strinse di più nel cappotto che trovò troppo leggero.
«Hai freddo?» gli domandò Liam, da mammina premurosa.
«Sei mia mamma?» gli rispose Zayn, scontroso.
«Mi preoccupo solo per te, potresti smetterla di essere così odioso per un po’?» gli domandò, allora, l’altro. «Parli come se mi conoscessi, come se sapessi che sono così solo per un po’ e non lo sono sempre, dovresti stare zitto per un poco, Liam Payne!» esclamò. «Certo, ho colpito il punto, ecco cos’è, Zayn. Tu fingi. Fingi di essere forte, freddo e odioso.» ribatté, l’altro.
Su quella strada fredda e scivolosa i due iniziarono a discutere.
A quelle parole a Zayn gelò il sangue nelle vene. Liam aveva davvero colpito nel punto, e affondato pure. Si sentiva, quindi, come una coordinata di battaglia navale. Quel gioco lo aveva sempre detestato, sin da quando suo padre glielo aveva regalato il giorno del suo nono compleanno. Perdeva sempre.
Distolse la mente da quegli stupidi pensieri e torno a guardare Liam in cagnesco.
 «Non fingo un bel niente, vaffanculo!» urlò, quasi. Poi iniziò a camminare frettolosamente dal lato opposto in cui avrebbero dovuto andare, dimenticò d’esser legato all’altro, che essendo colto inaspettatamente venne trascinato violentemente, come da un forza soprannaturale. Cercò di stare al passo dell'altro che quasi correva, «Zayn, non vorrei dirtelo ma la mia macchina è dall’altro lato» borbottò quello, «Dove diavolo stai andando?» continuò.
«Che ti importa?» domandò Zayn girandosi bruscamente verso l’altro. Continuò a camminare con passo svelto, nonostante non stesse guardando per terra, un passo in più e con un piede toccò l’asfalto ancora privo di fiocchi di neve. Solo ghiaccio. E fango. Ci finì sopra e rovinò a terra, ed in una frazione di secondo, l’altro, era per terra accanto a lui.
Entrambi gelati, coi vestiti inzuppati e macchiati di fango terribilmente appiccicoso.
Seri, si guardarono entrambi in viso, forse pronti ad accusarsi a vicenda, invece iniziarono a ridere, senza riuscire a trattenersi, colorando le strade col delizioso suono delle loro risate spontanee.
 «Sei sporco.» disse Zayn, a Liam, indicandogli la punta del naso, continuando a sghignazzare. «Puliscimi invece di ridere!» rispose quello, sorridendo.
Il moro, spalmò la mano nel fango e la allungò verso il naso di Liam che se ne accorse e fu più veloce di lui, e gli afferrò il polso. «Zayn malefico Malik, cosa stavi per fare?» chiese Liam, sovrastando il moro. Si avvicinò ancora a lui, la presa sul suo polso era ferrea, e quando meno se lo aspettava, sporcò Zayn in viso, con la mano che stringeva. Quello continuò a ridere e con l’altra mano, gli spalmò del fango sulla guancia destra, fino alle labbra, dove lasciò due dita. Poi sorrise, e sfuggì alla presa dell’altro, che ancora sorrideva ebete. Continuarono la guerra col fango liquido finché non furono davvero completamente zuppi e marroni.
Zayn pensò che sua madre gli avrebbe urlato “ti infilo in lavatrice, te e i tuoi vestiti, piccola peste”, e rise amaramente. Le mancava molto.
Arrivarono in macchina, sfiniti. Con qualche difficoltà, riuscirono a salirci. Inutile dire che fu inevitabile per i due sporcare gli interni in pelle della vettura di Liam, che neanche ci fece troppo caso, troppo impegnato a cercare di guidare senza staccare un braccio al ragazzo lui vicino. «Mi sento in un film, un horror, per la precisione.» mormorò Zayn, abbandonandosi, per quanto gli fosse possibile, sul sedile al fianco del guidatore, che si sentì offeso.
Dopo che Zayn ebbe dato le corrette indicazioni al castano, quello –una volta arrivati- parcheggiò a pochi metri dal cancelletto nero in ferro battuto che dava accesso al piccolo giardinetto davanti l’appartamento del moro.
Aveva freddo, un forte mal di testa, e i vestiti sporchi e bagnati incollati addosso, e il ragazzo a cui era legato, non si trovava poi meglio di lui.
Quando entrarono, Zayn tolse le scarpe e propose all’altro di imitarlo, si spostarono, dunque, in cucina. «Ti va una tazza di tè caldo, o cioccolata?» chiese educatamente, il padrone di casa. 
«Cioccolata, si, mamma me la faceva sempre quando tornavo a casa in situazioni simili» rispose, indicandosi, lasciando che un brivido gli percorresse la schiena. «Non te l’ho domandato» rispose l’altro, alzando un angolo delle labbra.
«Ti propongo una cosa, però.» disse, Liam, ignorando volutamente la risposta tagliente del maggiore.
«Non voglio girare un filmino porno con te, sia chiaro, ne fare altre cose sporche» ribatté l’altro, ridacchiando. «Più sporca di come siamo adesso, Zayn? Dici davvero?» disse, suscitando la risata di quello che gli dava le spalle, intento a sfilarsi i jeans. «Una cosa simile, comunque.» aggiunse il castano, alzando le spalle.
«Cosa!?»
«Facciamo una bella doccia calda.» propose, allora.
«Liam Payne tu sei un pazzo pervertito oltre che rompipalle!» urlò Zayn.
L’altro rise, «Coi vestiti?» aggiunse poi, alzando le sopracciglia con un sorriso malizioso in viso. In realtà scherzava, solo che l’altro non lo afferrò.
«Ci conosciamo da così poco e vuoi già approfittartene di me? Liam Payne, ti facevo più uomo gentile.»
A Liam piaceva il modo in cui il suo nome uscisse dalla bocca dell’altro, gli piaceva proprio la cadenza che gli dava. «Lo sono, piccolo.» scherzò, ammiccando «Il piccolo che è più grande di te.» ribatté Zayn, ridendo. «Solo di pochi mesi, zitto.» rispose Liam, piccato. «Comunque ci sto, coi vestiti, ci sto.»
Liam strabuzzò gli occhi, e neanche riuscì ad aggiungere una parola che l’altro «Andiamo a preparare le cose.», disse.
Il castano lo seguì in giro per casa, continuava a toccarsi i capelli fangosi incollati in testa.
Pochi minuti dopo, furono sotto il getto d’acqua con indosso le loro magliette e i boxer.
L’acqua bollente cadeva sulle loro teste e scivolava sui loro corpi vicini.
Il moro si sentiva un po’ in imbarazzo, e anche se non lo dava molto a vedere, l’altro lo percepiva.
E, Liam, voleva che la smettesse d’essere in imbarazzo con lui. Si conoscevano da circa sei ore, erano coetanei e sarebbero stati irrimediabilmente ammanettati insieme almeno per le successive ventiquattro ore.
Zayn afferrò lo shampoo e ne versò un po’ in testa all’altro che sorrise, «Sono stanco, ho sonno, questa giornata è cominciata e continua ad essere strana e vorrei andare a letto e dormire per le prossime due settimane.» disse Zayn, strofinandosi i capelli scuri con veemenza. Si era voltato di spalle, aveva chiuso gli occhi per abitudine per evitare il bruciore che avrebbe potuto causargli la schiuma. E Liam lo osservava, e avrebbe voluto toccarlo ancora. Sospirò, sotto il getto d’acqua. Si strofinò i capelli e li sciacquò, precedendo Zayn, che sembrava pensieroso. Quando ebbe terminato, passò una mano sotto il braccio del moro, e la poggiò sul suo petto, spingendoselo vicino. L’altro mormorò qualcosa in protesta ma non si mosse, lasciandosi lavare la testa dall’altro, finalmente riuscito nel suo intento.
Passò diversi minuti ad accarezzargli i capelli corti e scuri, anche quando la schiuma era stata lavata via. E Zayn si lasciò accarezzare, si rilassò sotto il contatto di quelle dita morbide che gli stavano lenendo il mal di testa. «Mh» mugolò il moro, per il piacere del massaggio di Liam, «Mi ha spiegato mia nonna come si fa» rispose Liam, alla tacita domanda dell’altro, che si affrettò di annuire. Quando il castano fece ancora pressione sul suo petto, facendo collidere la schiena del moro sul suo petto, quello sospirò di sorpresa, ma rimase nella stretta dell’altro che iniziò a passargli le mani sulle braccia, coccolandolo.
Poi posò le labbra sul collo di Zayn, che venne percorso da un violento brivido, dalla base della schiena. Liam continuò a carezzarlo, lasciando che le sue mani sollevassero la maglia di Zayn per poter esplorare il suo torace magro, la sua bocca invece, esplorava il suo collo, dalla base fino all’orecchio, che aveva preso fra i denti e leccato con studiata lentezza.
Zayn, naturalmente, diventò silenzioso, si lasciava sfuggire solo qualche sospiro di piacere.
Quelle coccole non gli stavano affatto dispiacendo, e se ne sorprese lui stesso che non si lasciava toccare in quel modo da quasi tre anni.
Quando il castano cercò di sfilargli la maglia, senza successo, gliela strappò, senza pensarci due volte, suscitando la risata dell’altro, che non si lasciava sfuggire alcuna parola di bocca. Gli lasciò solo un piccolo e casto bacio proprio sullo zigomo.
Liam a quel contatto sorrise, dicendo a se stesso, che se per incontrare Zayn avesse dovuto lasciarsi ammanettare, allora avrebbe commesso prima qualche reato. Poi, rise di se stesso.
 
 
Usciti dalla doccia si asciugarono e si spostarono in cucina per preparare la cioccolata che entrambi desideravano. Riempitala di marshmallow e nocciole tostate, si spostarono sul letto di Zayn, e si sedettero uno accanto all’altro, con le tazze bollenti e fumanti fra le dita.
Il moro la assaggiò, e, bruciandosi la lingua, rise di se stesso.
Iniziarono a chiacchierare e a sorseggiare la densa bevanda dentro le tazze di porcellana che il maggiore, si era portato da casa dei suoi genitori.
«Frequento l’accademia d’arte.» quando il moro mosse le labbra per lasciare uscire quella frase, Liam osservò la sua bocca a forma di cuore.
E «Zayn, mi baci?»
Quello si voltò verso di lui, con un’espressione indecifrabile sul viso. «Perché dovrei?» gli domandò a sua volta. «Tu fallo e basta» mormorò, «Se vuoi.» aggiunse, sollevando un angolo delle labbra. Zayn annuì impercettibilmente, in un altro momento lo avrebbe picchiato, lui non era il tipo da occasioni, da una botta e via, lui era il tipo da relazione seria, da sentimenti permanenti, e da legami duraturi. Si sorprese anche di se stesso quando trovò la forza e il coraggio di allungare il collo e sporgersi verso Liam che aspettava una sua mossa, una sua parola, un suo segno. Allungò una mano, sfiorò la nuca del castano, socchiudendo la mano fra i capelli corti del più piccolo, e se lo avvicinò. Lo guardò dritto negli occhi, e si sentì ancora svuotato, ancora nudo di fronte ad una persona a cui era legato solo fisicamente, di cui conosceva poco ma da cui era attratto e che, nonostante lo detestasse, -perché di quello ne era certo-, lo aveva coccolato, come mai nessuno aveva fatto. E si era dedicato a lui, come quello avrebbe voluto per se stesso. Inspirò, sentendo il profumo tenue emanato dal castano, che gli stava leggendo dentro, come un libro aperto. Fece sfiorare i loro nasi, sorrise, le labbra unite e asciutte; Liam chiuse gli occhi pregustandosi il momento. Sentiva la voglia di entrambi, la percepiva sotto le dita che fece scorrere sul braccio teso di Zayn che con studiata lentezza inclinò il capo e si avvicinò ancora. Rimase qualche secondo a due centimetri dalle labbra rosse dell’altro, che stava penando, ma si imponeva di resistere. Poi, il maggiore, schiuse leggermente le labbra, e fece sfiorare il suo labbro superiore con quello di Liam, che tratteneva –ormai- il respiro. E lo carezzò, una, due, cento volte, prima di avviluppare quelle labbra piene con le sue. Le loro bocche collisero, si unirono e si inumidirono velocemente, ed un’altra volta, il ragazzo schivo, si sentì colpito e affondato.
Un’altra volta, una pedina, una coordinata di battaglia navale.
 
E lo trovò come.. piacevole.
 
 
Poche ore dopo, un cellulare squillò, era quello di Zayn.
«Pronto?» rispose.
«Abbiamo trovato la chiave.» era Harry. Probabilmente sorrideva sollevato, pensò Zayn, che con i gesti fece capire a Liam che l’avevano trovata.
 «Era nella spazzatura.»
 Risero.
Poi, uno sbuffo.






Angolo autrice:
Bien, hola!
Lavoro a questa piccola storia da due mesi circa, da quando ho visto un film che mi ha ispirata un poco.
Nella os, troviamo diverse sfumature di comportamenti da parte di entrambi, non so come siano venute fuori ma mi piace scrivere di entrambi così. 
Non ho molto altro da aggiungere, per cui, spero vi sia piaciuta e che le 7000 parole non vi abbiano annoiati.
Buonanotte, giorno, pomeriggio o qualunque momento della giornata.
Spero anche in vostri pareri, grazie, adios.
-Chiara.

 
  
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