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Autore: FreddiePie    12/07/2014    5 recensioni
Tra angeli e demoni esiste un netto contrasto, come tra bianco e nero, ed ogni emozione è vincolata dal bene o dal male. Un demone non potrà mai conoscere la felicità o la misericordia, come un angelo non potrà mai esser triste o arrabbiato.
Esiste però un'eccezione: gli adolescenti.
Cosa succederà ad un'angelo che si ritrova a ODIARE e a un demone che si ritrova ad AMARE?
Riusciranno a mettere in crisi l'ordine che esiste tra bene e male?
Scoprilo seguendo la mia nuova fanfiction ispirata al mondo di angel's friends!
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1
 
Vi era un posto dove tutto era luce, e che considerare utopistico sarebbe stato dire poco, poiché quello rappresentava tutto ciò che c'era di buono e chiaro al mondo.
Nel cielo limpido e sereno risplendeva perennemente il sole, che riscaldava la pelle ed impediva alla luna, dunque alla notte, di arrivare. A Pratoverde,una delle tante città dell'emisfero Boreale, il sole non tramontava mai, ed i suoi abitanti erano sempre tutti felici. 
L'emisfero Boreale si trovava proprio sulle teste degli umani, sopra le nuvole, ma loro non potevano vederlo. Galleggiava a mezz'aria, al limite tra cielo e spazio. 
Era abitato dagli angeli.
Ma affinché esista la luce, il bene, è necessario il buio, il male.
Dunque, sotto terra, poco prima del magma, si trovava l'emisfero Infernale, abitato dai demoni. Diversamente dalle figure angeliche, a caratterizzare gli abitante di quel luogo erano capelli molto scuri, occhi caldi e canini appuntiti. 
Un bollente fiume di lava bollente scorreva per le vie delle città e non vi era alcuna forma di vegetazione, né vi era amore o felicità; soltanto angoscia e rabbia.
In contrasto all'emisfero Infernale, in quello Boreale non esisteva la rabbia, la paura o qualsiasi altra cosa fosse da considerare cattiva.
I demoni non avrebbero mai potuto conoscere la gioia, poichè quella apparteneva agli angeli. Di conseguenza, però, cose come la paura o la rabbia non avrebbero mai potuto sfiorare un angelo.
Era così che funzionava: agli angeli erano state date tutte le qualità "buone", mentre ai demoni tutte quelle "cattive". Erano in perenne contrasto, come tra bianco e nero, e in comune non avevano nulla.
Gli angeli, a differenza dei demoni, erano sempre allegri e sorridenti. Avevano denti bianchi, spendenti, abbaglianti; capelli chiari - solitamente tendenti al biondo o al bianco; gli occhi anch'essi molto chiari, a rispecchiare il colore del cielo.
Era proprio così Ellie, un'angelo dai lunghi capelli biondi come il sole, e gli occhi di un azzurro così ghiacciato che sembravano poter rapire con un solo sguardo.
La ragazza restava spesso, ore e ore, sdraiata sull'erba ad ammirare il magnifico spettacolo sopra la sua testa: l'azzurro del cielo si mescolava al buio dello spazio e creava un gioco di luci da togliere il fiato.
A volte riusciva persino ad intravedere qualche pianeta con la sua vista da angelo, e il suo preferito era Urano, ma non sapeva per quale motivo. Forse perché si raccontava che là sopra vi fossero tutti quegli angeli caduti, coloro che erano stati considerati una minaccia dai Serafini e dunque esiliati in un logo dove non potessero nuocere ad alcuno.
Spesso Ellie chiudeva gli occhi e si figurava là sopra, lontana da tutto e da tutti.
 I ragazzi adolescenti (sia angeli che demoni) non erano come gli adulti, poiché il loro corpo era in fase di sviluppo e, dunque, non era ancora perfetto. Non vivevano nel netto contrasto tra bene e male come gli adulti, ma vacillavano da ambe le parti. Ad esempio poteva capitare che un demone provasse pietà o che un angelo provasse rancore.
Sicuramente un angelo non sarebbe mai potuto diventare un demone, o viceversa, ma in entrambi i casi potevano - anzi, sicuramente - provare le stesse sensazioni caratteristiche dell'altro, poiché gli adolescenti boreali ed infernali erano la cosa più vicina ad un essere umano che si potesse trovare. 
Erano molto temuti gli adolescenti, sia dagli angeli - per quanto un a gelo adulto potesse provare paura - che dai demoni adulti, e di conseguenza erano molto salvaguardati. Si aveva paura che con la loro imperfezione potesse alterare l'equilibrio che governava tra bene e male.
A partire dai 18 anni venivano mandati in una scuola sulla terra, che li preparava ad un futuro da angelo o da demone.
Ellie sarebbe dovuta partire proprio la mattina seguente, ma ancora non voleva pensarci. Voleva gustarsi ancora un po' l'aria di casa prima di dover partire per tre lunghissimi anni, senza poter rivedere la propria famiglia.
«Ellie, secondo te, mi conviene portare due valigie?» le chiese Lydia, una ragazza con grandi occhi turchesi e una coda di cavallo biondo cenere. «Perché non credo ci stia tutto qui dentro».
Ellie si sollevò da terra, si legò i capelli alla meno peggio e guardò l'amica, divertita. «Indecisione e vanità… non mi starai diventando una diavoletta, vero?»
'amica improvvisamente arrossì, e si nascose la faccia dietro le mani per la vergogna. «Questa cosa dello sbalzo ormonale prende me più di chiunque altro… non so che fare! Vorrei essere come Saffo, lei sì che è perfetta!»
«Sì, è veramente da ammirare» le diede ragione Ellie, soprappensiero, alzardo nuovamente lo sguardo al cielo.
«Oh, ma Ellie, anche tu sei perfetta!» 
Si poteva dire tutto su Lydia, tranne che fosse una ragazza molto sveglia. A suo favore si poteva tranquillamente ammettere che viveva di un'allegria e di una gioia tale da riuscire a contagiare chiunque la circondasse, ma di contro non riusciva a capire che gli occhi dell'amica, così chiari e luminosi, stessero annegando nella tristezza. Tristezza, una cosa che apparteneva ai demoni.
 Durante la sua ultima cena con la famiglia, Ellie non aprì bocca nemmeno una volta. Si limitò a guardare i volti sereni dei suoi genitori, che mangiavano come se nulla stesse per succedere. 
Nonostante Ellie si sforzasse con tutta se stessa, invece, non riusciva proprio a essere felice. Era pienamente consapevole del fatto che i suoi genitori non sarebbero mai stati tristi per la sua partenza, poiché gli angeli non potevano esser tristi. 
Adorava così tanto essere un'adolescente, perché l'idea che un giorno sarebbe stata come i suoi genitori… le faceva paura. Odiava l'idea di essere perennemente infelice e odiava ancora di più rendersi conto che lei odiava.
Un'altra brutta qualità da demoni.
La mattina dopo i suoi si comportarono come lei aveva previsto: l'abbracciarono, ma in quell'abbraccio non vi era nemmeno una nota di nostalgia per la sua partenza. Erano così freddi che Ellie sentì un brivido lungo tutta la spina dorsale.
L'unico che la salutò come lei desiderava davvero fu il fratellino Cassiel, che si buttò fra le sue braccia e la riempì di baci e lacrime.
 «Ti voglio bene, fratellino» gli bisbigliò Ellie all'orecchio, mettendolo poi in braccio alla madre. Salutò tutti con un cenno della mano e con un sorriso e salì sull'autobus, trattenendo le lacrime e sforzandosi di sembrare il più allegra possibile.
Una volta su si sedette accanto a Lydia e ad un'altra sua amica. Ella avevo uno sguardo serio, concentrato su un fumetto; e mentre leggeva si mordicchiava inconsciamente le grandi labbra carnose. Aveva due occhi a mandorla, penetranti, profondi, di un bel ciclamino rosato. Portava i capelli cortissimi, tutti scompigliati come un ragazzo, e bianchi come un batuffolo di nuvole, con persino qualche ciocca colorata di azzurro che - a detta sua - era l'unico modo che aveva per distinguersi dalle altre angiolette
Ad Ellie era sempre molto piaciuta Syr. Trovava affascinante il suo atteggiamento da maschiaccio, tosto, temerario, ed anche un po' alternativo.
«Ehi, Syr! Sei stranamente in orario!» la canzonò Ellie.
Syr, sentito pronunciare il suo nome, alzò lo sguardo dal fumetto e cercò di scoprire chi l'avesse appena nominata. Alla vista di Ellie, il suo volto serio si trasformò in un grande sorriso, e posò il fumetto per stritolarla in un abbraccio.
«Ellie! Come stai?» 
«Mi soffochi così, Syr!» disse Ellie, staccandosi dall'amica e riprendendo fiato. «Forte come sempre, eh?»
Il bus si fermò qualche oretta dopo, davanti ad un grande ascensore dorato. I ragazzi vi entrarono e le porte, una volta chiuse, si riaprirono soltanto arrivate a destinazione. L'ascensore ci impiegò circa tre secondi per scendere fino alla città terrestre di Billtown, dove si trovava la scuola. Ellie si trovò in un'immensa sala in stile barocco; la quale doveva essere, molto probabilmente, il municipio della città. 
Una volta posato il primo piede sulla terra Ellie sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se il suo senso inspiegabile di felicità forzata e apparente non avesse più motivo per esistere. Non si sentiva più costretta a sorridere.
«Mi sento strana… come se non avessi più l'obbligo di essere felice tutto il tempo» disse Syr, chiudendo gli occhi e allargando le braccia per inspirare aria fresca nei polmoni. «Mi sento libera».
«Già… come se non avessi più un peso sulle spalle» intervenne Lydia.
«Presto, presto angioli! Da questa parte!» urlò un omaccione barbuto, probabilmente un terrestre. «Tra poco inizia la cerimonia di apertura!» 
Una quarantina di angeli si misero in fila ordinata per due e seguirono l'uomo verso la scuola. Dall'altro lato della strada, invece, una folla disordinata stava uscendo da un tombino. 
Capelli scuri, occhi di fuoco, denti a punta: "sono sicuramente demoni", pensò Ellie.
   
 
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