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Autore: Jess_Stair    12/07/2014    1 recensioni
Come si conosce la persona più importante per sé? Come si fa a capire che è proprio lei?
E come si fa a capire se la propria decisione sia giusta?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Angolo autrice
Buongiorno/ buonasera a tutti.
Cari lettori, non vi anticipo niente, dico solo che le parole che seguono raccontano fatti realmente accaduti, dalla prima all’ultima.
Spero di non annoiarvi, e se riuscirò a non farlo e voi finirete di leggere la mia breve storia, vi informo che mi farebbe molto piacere se la recensirete, per sapere cosa ne pensate e se avete dei dubbi, che in tal caso mi impegnerò ad estinguere.
Grazie per essere qui, buona lettura!
Jess_Stair
P.S. La storia è divisa in due capitoli, che comunque caricherò lo stesso giorno.
P.P.S. L’immagine mostra il luogo in cui si svolge il secondo capitolo.


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«Mamma, esco un attimo!»
«Dove vai?»
«Da nessuna parte in particolare... Vado a fare un giro...»
«Ok, a dopo, ciao!»
Esco sul marciapiede, togliendomi dalla visuale di mia madre.
Estraggo le cuffie dalla tasca destra dei miei pantaloncini neri, le collego al mio cellulare e attivo la musica, alzo il volume al massimo affinché sia più alta dei miei pensieri: non devo udirli prima di essere arrivata...
Mi incammino di buon passo verso il mare: non posso permettermi di perdere altro tempo, non ce la faccio più...
“Forse aveva ragione...”
“No, non devo”.
Accelero ulteriormente il passo, ma devo distrarmi.
È una bella giornata, nel cielo sta per splendere un caldo sole estivo, ma è ancora troppo presto, deve ancora sorgere; comunque non c’è traccia di nuvole e in giro vi è un religioso silenzio: solo poche persone, ancora in pigiama o dopo aver infilato la vestaglia, si avventurano per le strade con i loro cani.
“Proprio come fa...”
“No, no, non devo.”
Guardo in alto, scruto i palazzi che sembrano accarezzare dolcemente il roseo cielo mattutino, poi lentamente abbasso lo sguardo. Su un terrazzo una donna visibilmente assonnata e spettinata stende i vestiti umidi. Improvvisamente, dietro di lei viene scostata la tenda della portafinestra e la donna viene raggiunta da un cane scodinzolante.
“Ehi! È un Pinscher! Proprio come...”
“Maledizione! Ma perché mi sono fermata a guardare quella stupida?!”
Le lacrime mi salgono agli occhi, riprendo a camminare il più veloce possibile fissandomi i piedi e cercando di produrre un movimento meccanico.
“Uno, due. Uno, due. Uno, due...”
«Ehi, tu!»
Sono andata a sbattere contro una donna. In una strada deserta. Perfetto. Ora sono obbligata a fermarmi nuovamente.
Sollevo molto lentamente la testa: «Mi scusi, sign...»
“Oh, Dio, perché proprio la sua vicina?!”
Mi scosto e corro via, mentre sento la donna imprecare qualcosa.
“Presto, presto, presto, non ho tempo da perdere, basta. Basta. Ti prego.”
Attraverso la strada, poi percorro la passeggiata sul mare e infine giungo alle porte del parco. Passo dall’entrata secondaria, poi comincio a salire. Noto che diverse coppie di anziani sono già sedute sulle panchine: nessuno parla, ma osservano l’orizzonte persi nei propri pensieri...
A volte mi sorprendo di come abbiano più energia dei miei giovani coetanei...
“Infatti, lei non è così. Lei non dimostra la sua età. Lei è diversa. Lei è...”
“Aspetta, manca ancora poco...”
Mi fermo un attimo per osservare il mare dall’alto, stando attenta a non sporgermi troppo dal muretto alla mia destra. L’enorme distesa di acqua salata, in assenza del sole, è ancora grigiastra, e si infrange dolcemente contro gli scogli o giunge lentamente e in modo regolare ad una minuscola spiaggia creando una candida e leggera spuma; in lontananza è solcata da diverse barche; sul bagnasciuga alcuni bambini stanno giocando con i propri amici, si rincorrono o costruiscono castelli di sabbia, che il mare leviga poco a poco.
“Io non ho tutto questo, vi ho rinunciato tempo fa...”
Mi volto con forza e proseguo la strada, attirando l’attenzione di alcune signore che mi guardano con gli occhi spalancati.
Passo sotto una specie di galleria creata dai rami di alcuni alberi, poi scendo senza prestare attenzione al luogo in cui sono giunta: ci penserò dopo.
Supero un ponticello che si eleva esattamente nel punto in cui il fiume del mio paese si congiunge al mare, poi mi tolgo i sandali neri e affondo i piedi nell’umida sabbia della spiaggia.
Dopo qualche passo devo attraversare un breve tratto di acqua gelida per arrivare ad una serie di rocce: essa, a contatto con la mia pelle, mi fa trasalire, ma continuo imperterrita; mi arrampico, fino ad arrivare, finalmente, ad una piattaforma circolare rialzata che sembra un minuscolo promontorio.
Mi sfilo le cuffie dalle orecchie e spengo il cellulare.
Sono sola. Sono libera.
  
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