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Autore: SimonQuestor    30/08/2008    1 recensioni
Ma lei aveva paura, e tanta. Si era resa conto che non aveva mai capito cosa significasse davvero avere paura.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuori aveva smesso di piovere. Ma faceva freddo lo stesso. Quelle segrete erano gelide, e ancora non riusciva a trascorrere la notte senza rabbrividire per tutto il tempo. Sapeva che la pioggia era finita soltanto per mezzo di una finestra incantata, come quelle del Ministero. Soltanto che questa non era altro che una feritoia chiusa da sbarre di ferro.
Là fuori era pieno di Sportule Bicorne, e lei se le stava perdendo tutte.
Gli occhioni stralunati erano all’apertura nella parete di pietra, cercando di scorgere la luna che penetrava fin lì soltanto con una falce di luce biancastra che brillava nelle sue iridi azzurre come due piccole capocchie di spillo.
Le smunte dita ticchettavano sul pavimento di roccia, scoordinatamente seguendo chissà quale ritmo nella sua testa, che dondolava sulle stesse note sibilate piano, quasi impercettibilmente. Cercava di stare su il più possibile, anche per cercare di migliorare almeno un po’ l’umore del Signor Olivander che pareva così tanto triste e sofferente. Aveva cercato di medicargli delle ferite con dei fazzoletti di stoffa che portava sempre con sé, ma non era riuscita a lenirgli il dolore più di tanto. Ma ormai l’anziano fabbricante di bacchette stava dormendo, anche se si agitava inquieto di tanto in tanto su quello scomodo giaciglio.
Ma lei aveva paura, e tanta.
Si era resa conto che non aveva mai capito cosa significasse davvero avere paura.
Già solo la costrizione a rimanere lontana e separata totalmente dal padre la faceva star male, come un enorme incudine sul suo cuore. L’avevano rapita, e soltanto perché Xenophilius sosteneva Harry contro Voldemort. Quegli uomini in nero, i Mangiamorte, come quelli che aveva affrontato al Ministero. Sarebbero potuti venire lì in qualsiasi momento e Maledire anche lei come avevano fatto con il Signor Olivander. Un brivido le attraversò la schiena al solo pensiero di provare quelle fitte lancinanti che il vecchio le descriveva con l’orrore dipinto sul viso. Strinse forte le ginocchia al petto, circondandole con le braccia, per cercare di raccogliere un po’ di calore Ma era quasi impossibile in quella cella umida e gelida. Cominciò a dondolare lentamente, sempre sulla musichetta di prima.
Volse la testa verso il vecchio, ma quello non poteva vederla. Aveva il viso crucciato e percorso da rughe di preoccupazione e sofferenza. L’aspetto provato, di chi ha subito torture e soprusi. Sottoposto alla Maledizione Cruciatus del Signore Oscuro in persona soltanto perché non aveva saputo spiegargli l’incredibile reazione della bacchetta di Potter. Questo Luna non lo sapeva, ma poteva indovinare quanto egli avesse sofferto. Perché in fondo in quel vecchio malconcio trovava l’unica figura che le dava un minimo di conforto, che in qualche modo simboleggiava che non tutto era finito, almeno mentre erano in due. E poi da qualche parte c’erano Harry, Ron, Hermione, Ginny, Neville…Sarebbero venuti a salvarli di sicuro. Erano i suoi amici e non l’avrebbero lasciata sola.
Certo, se qualcuno di loro fosse stato lì con lei sarebbe stato meglio. Il Signor Olivander era un caro nonnino, ma a volte era anche un po’ inquietante. E poi la guardava sempre con un misto di compassione e noia quando gli raccontava delle fantastiche creature che lei e suo padre cercavano durante le vacanze. Ma bastava chiedergli qualcosa sulle bacchette, e subito gli brillavano gli occhi e cominciava a parlare per ore ed ore. E di conseguenza la scrutava torvo quando lei lo interrompeva, balzando in piedi e affermando di aver appena sentito frusciarle sulla spalla l’ala di una Fata Monocola dell’Indonesia.
« Signor Olivander, le prometto che usciremo di qui, vedrà. Harry verrà a prenderci. » Annunciò piena di speranze, e inaspettatamente il vecchio dormiente grugnì, e Luna sorrise raggiante, come se questi le avesse appena risposto con un “ Sì, di sicuro tra poco usciremo di qui”.

Ecco cos’era Luna Lovegood, un raggio di speranza anche nella notte più buia, nella prigione più impenetrabile, nel terrore più angosciante. Un delicato fiore candido e immacolato nella sua innocenza, capace di abbracciare tutti con i suoi dolci e confortanti petali. Una candela che non si lasciava spegnere nemmeno da una tempesta, nonostante non avesse avuto una vita che gli altri giudicherebbero del tutto felice. Ma lei era come l’acqua, e continuava a fluire lungo il letto del fiume della sua vita nonostante la morte della madre, le prese in giro degli altri, i pregiudizi, indisturbata e felice, traendo gioia da ciò che gli altri definivano assurdo e stupido. Viveva a modo suo, ignorando gli schemi altrui, giorno dopo giorno senza mai abbattersi, senza mai fermarsi davanti a nulla. Potenza, racchiusa in un corpicino esile ornato da lunghi capelli biondo sporco e sporgenti occhi blu. Come una ninfa danzava, raggiante ed elegante, incantando chi non si fermava alle apparenze e aveva una minima visione di quello che in realtà era Lunatica Lovegood. Una ragazzina che in realtà valeva più di molte donne. Un appiglio a cui aggrapparsi nei momenti difficili, un ostello dove sempre è possibile trovare riposo per gli amici e chi ne aveva bisogno.

Questo era Luna Lovegood, ed il vecchio Olivander in cuor suo dormiva tranquillo, perché sapeva che lei era lì con lui.
  
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