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Autore: Shirokuro    12/07/2014    1 recensioni
{ all centric; accenni various pairing | raccolta di (tante) 16 drabbles di varia lunghezza | introspettivo; angst }
#8 - L'azzurro del cielo che non vedrà più;
Si era dimenticata quanto il calore dei raggi del Sole fosse piacevole in estate, non ricordava la sensazione della pelle a contatto con l'aria ed il cielo. Quel sgargiante color cielo che aveva attorno non poteva nemmeno essere paragonato alla volta azzurra ed al pensiero sbatté i pugni contro quella barriera.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Vi prego, chiudete la pagina ora. Ah, non l'avete chiusa. Allora mi vedo costretta a continuare. Bene, cosa state per leggere? Una lunga Raccolta di drabbles che vedono protagonisti tutti i personaggi del KagePro (tranne Haruka e Takane solo perché mi scocciava ripetermi sia nell'una e nell'altra che con quelle di Konoha ed Ene, bene) e se mi son dimenticata qualcuno tiro un'imprecazione aramaica mentre canto La Pioggia è uno Stato d'Animo dei Dear Jack che somiglia troppo a Loyality intesa come character theme di Maria di Mad Father, coerenza e logica fanno a pugni con me.
Inizialmente doveva esser tutto simbolico e tante cose che fanno figo ma alla fine quella di Ayano è l'unica che magari ci è andata vicino ed è pure nonsense (questa si chiama logica). Ho ascoltato varia musica che ha influenzato terribilmente la stesura, tipo quella di Hibiya che riprende alla fine una frase di Ib -again- detta da Garry che ok è intuibile, o magari proprio la prima che ho scritto ascoltando tre canzoni differenti perché son lenta e quindi è venuta quel che è. Inizialmente avevo pensato alla drabbles "#0" che sarebbe stato un good end per tutte le drabbles ma alla fine ciccia. E non linciatemi, vi prego, per questa cosa perché ci ho messo impegno e non me ne vergogno come accade per il 99.8% (sempre, in pratica) delle mie fan fictions, non chiedo altro che capire alcune cose. Le parole "persone", "ragazzo", "essere umano", "cipolla" (?) e tutto sono state sostituite da "anima" (ed ecco il perché del titolo) e voglio ringraziare chi non si scoccerà all'ottava o nona drabbles. AH! Ultima cosa, seguono un'ordine particolare: prima le due povere nel Daze, poi i Dan in ordine secondo il loro numero identificativo, poi Kenjiro ed infine la famiglia di Azami, e perdonate l'assenza di Ayaka ma non potevo, primo perché non è un personaggio che calcolo particolarmente e secondo perché non mi andava (e ora mi odiate tutti, fate pure).
Perdonate questa premessa senza senso od altro. E bon, buona lettura.
Sediamoci in cerchio e lasciamo che le anime ci raccontino di ieri, perché il domani non vuole ancora arrivare
   #1 – Il rosso degli eroi caduti;
   A volte quell’anima ferita e divisa in più e più parti si chiedeva se tutto ciò fosse giusto, se davvero tanto dolore fosse necessario, se qualcuno potesse fermare ciò che era impazzito. Come un orologio rotto, tutto continuava, ma a volte si bloccava, il ticchettio si fermava improvvisamente e poi ricominciava da capo, altre volte scandiva con un tempo totalmente sbagliato, rendendo tutto confuso.
   Quell’anima sentiva che, nonostante quelle ferite andassero rimarginate o sarebbe sparita, doveva riparare quell’orologio dalle lancette rosse e rotte. Tendendosi verso di lui cadde, lasciando che quell’orologio continuasse a scandire quel giorno, fino a quello dopo. E se nuovamente avrebbe perso il suo ritmo, avrebbe ritentato. E l’avrebbe fatto da sola, perché la sua missione era quella.
{ayano tateyama ; 120 mots}

   #2 – Il rosa dei petali fittizzi;
   Se le anime erano eterne, lei non voleva più esserlo. Tutto sarebbe dovuto essere finto, un gioco fra bambini e nulla più, ma nei venti e più anni che trascorse là era tutto vero, era quella la realtà? Era davvero quello il mondo ed il futuro che li aspettavano? Quel futuro che non altro che l’ieri del giorno prima ancora e quello prima ancora di quello precedente. Sempre quel giorno che la costringeva in quel cavolo di parco. Non era sola, però. Avrebbe voluto esserlo, così non avrebbe sentito il bisogno di salvare l’altra anima.
   Non sentiva grida da parte di quell’entità, me sapeva che morendo l’avrebbe salvata, le avrebbe risparmiato tanto futile dolore, una delle due sarebbe comunque morta. Era solo un incubo, ma quell’anima chiedeva lo stesso pietà.
{hiyori asahina ; 129 mots}

   #3 – Il viola dei fiori calpestati;
   Era stata un’anima troppo fortunata, aveva tutto quanto e qualcuno l’aveva punita per questo, calpestandola e distruggendo tutto. Nel giardino delle anime era così sola, un’essere triste e condizionato, lasciato a se stesso. Chiedeva un domani felice come l’ieri fatto a pezzi, sperando di essere ascoltata, anche se una parte di lei voleva solo che le si allontanassero tutti, per smettere di invidiarli e poter pensare solo a se stessa. Non era egoista, pensava che così non lo sarebbe mai stata perché non avrebbe avuto niente da volere oltre al domani. Chiedendo di scomparire, venne esaudita.
{tsubomi kido ; 96 mots}

   #4 – Il verde delle speranze perdute;
   Quell’anima era inorridita da come quel Sole potesse sentirsi solo quando era circondato dalla bellezza, senza stare a contatto con l’orrido mondo in cui era cresciuto. C’era un tempo in cui sperava che le anime macchiate di pensieri peccaminosi e crudeli potessero raddrizzarsi, ma nel buio e vuoto Universo, nessuna stella poteva pensare qualcosa di buono, vero? A volte pensava di aver trovato chi poteva riportare le anime sporche sulla giusta via, ma dovette ricredersi.
   Fu quando scoprì il dolore di star soli e di volerlo restar che si rese conto che per quelle entità non valeva la pena sperare, piuttosto che per quelle meritevoli di amore che ne desideravano e desideravano di darne. Accarezzando la nuova luce di quel Sole sorrise, abbandonando futili speranze.
{kousuke seto ; 124 mots}

   #5 – Il grigio delle parole più dolorose;
   C’erano anche anime che sorridevano e nascondevano le preoccupazioni contagiando di allegria tutti quelli intorno, per quanto male potesse fare. E quelle stesse anime non sopportavano la loro esistenza, destinata a divenire dolorosa e piena di sofferenze, che dovevano mascherare col loro sorriso di ceramica, con quella maschera che diventava una tortura. Ma lei sorrideva comunque, per sostenere le sue compagne e rendere il loro tormento meno grande, tentando di dimenticare le parole di un’anima ferita, le sue frasi piene di vergogna e paura, che le chiedevano di perdonarla.
   Ma ora non importava, doveva dimenticare tutto quello che era accaduto e lasciare che siano nuove parole scritte sul copione di un grande teatro. E quelle parole che l’anima sofferente aveva detto a quella grigia e triste erano scritte sulla carta, ferendo anche quella.
{shuuya kano ; 132 mots}

   #6 – Il rosa del fiocco tagliato;
   A volte faceva male quel ricordo di quando non c’erano anime attorno a lei, ma dopotutto, ogni cosa che ha inizio ha anche una fine. Ma che avessero addirittura un nuovo inizio non glielo aveva mai detto nessuno. Che esistessero anime più crudeli di quelle che avevano distrutto la sua felicità lo riteneva impossibile, che esistessero anime così sadiche, così vogliose di distruzione, che fossero in grado di ricominciare da capo la stessa tortura pur senza ottenerne nulla, solo per giocare con le anime consumate dal dolore e dalle lacrime non lo poteva immaginare.
   Anche la stoffa del bellissimo fiocco, come le sue anime preferite, era ormai fatto a coriandoli. Voleva salvarle, quelle entità a lei vicine e se sarebbe significato prolungare la loro sofferenza non sarebbe importato perché l’indispensabile era che ci fossero tutte e che fossero accanto a lei.
{mary kozakura ; 140 mots}

    #7 – L’arancione di luci accecanti;
   Quelle anime che chiedevano di essere notate, come lei, spesso di pentivano di un desiderio tanto futile, venendo poi perseguitate e costrette ad avere una cura esagerata. Erano sempre quelle anime che venivano lasciate fuori dalla porta da quelle perdute, che desideravano gli occhi di altre ancora affinché la voglia di vivere non abbandoni anche loro e lei aveva tanto desiderato un affetto che potesse vantare.
   Voleva tornare indietro e fare in modo che quel desiderio espresso per ragioni estreme non venisse mai espresso, continuare a lottare per quello che doveva avere e lasciar stare quello che non era suo. Ora aveva solo luci puntate su di lei e le odiava.
{momo kisaragi ; 110 mots}

   #8 – L’azzurro del cielo che non vedrà più;
   Alzò gli occhi continuando a vedere quello spazio elettronico e l’anima si rinchiuse in lei capendo che nulla era come prima. Si sentiva spesso sola. Quel nero con azzurro sparso qua e là non valeva quanto il cielo che aveva perso sprecando il suo tempo – quello che una volta aveva. Si era dimenticata quanto il calore dei raggi del Sole fosse piacevole in estate, non ricordava la sensazione della pelle a contatto con l’aria ed il cielo. Quel sgargiante colore emulante l
atmosfera che aveva attorno non poteva nemmeno essere paragonato alla volta azzurra ed al pensiero sbatté i pugni contro quella barriera.
   Perché se l’altra anima che viveva con lei – vivere, che parola totalmente sbagliata; quello che chiamava vivere era peggio della morte – poteva accarezzare il calore sprecava queste occasioni?
{ene ; 133 mots}

   #9 – Il rosso di un ricordo amaro;
   Non sapeva cos’era la voglia di vivere, come le anime attorno a lui che parevano ridere. Allungò gli arti in aria cercando di percepire calore – il calore di coloro che se ne erano andate, il calore dei giorni che aveva davvero vissuto, il calore che non poteva più avere –, per poi riabbassarle soddisfatto, perché se era bravo in qualcosa, era non dimenticare quello che amava. Forse era per questo che non riusciva a liberarsi da tormenti ed incubi, quell
entità morta dentro. Se fosse stata una divinità allora non avrebbe fatto altro che risorgere ed abbracciare il futuro, ma era solo un’esistenza inutile, nemmeno in grado di salvare il suo mondo.
   Buttò l’occhio all’anima là accanto, disperata – le si leggeva chiaramente in viso quanto non sopportasse quella situazione. Si voltò e smise di pensare, abbandonandosi alla sua realtà.
 {shintaro kisaragi ; 140 mots}

   #10 – Il celeste del caldo opprimente;
   Se a quell’anima dicessero mai che il caldo è colorato di rosso e che è il colore peggiore esistente, risponderebbe certamente che il colore del caldo e delle fiamme è il celeste, come quello del sangue e del dolore, perché l’unico riflesso dalle lacrime e dal sudore – dalla disperazione. Il celeste è il colore dei ricordi che si portava dietro. L’anima non voleva nemmeno sfiorare l’idea di credere ai sempliciotti che non avevano vissuto nell’afa che le costringeva a correre, per sfuggire a qualcosa che arrivava sempre. Ma aveva imparato qualcosa da quella esperienza.
   Se proprio non c’era modo di salvarla sopravvivendo, allora si sarebbe sacrificata per il suo bene.
{hibiya amamiya ; 110 mots}

   #11 – Il giallo della musica del panzermast;
   Cos’erano quelle grida gioiose? Quelle piccole anime sembravano giocare. Chissà perché, ma lei proprio non ricordava di aver strillato come loro per giochi del genere. Sentiva di star dimenticando qualcosa che doveva fare, ma guardando tutto quello che accadeva ricordava solo della bilancia rotta – la sua memoria – e che forse c’era qualche attrezzo per aggiustarla in quella città. La musica delle cinque risuonò nelle sue orecchie e ricordò di due anime. Sospirando, l’anima ricordò che quella musica piacevole non era per lui, correndo e ricominciando la sua personale ricerca.
{konoha ; 91 mots}

   #12 – Il nero del cuore affetto da sadismo;
   Ancora, ancora, ancora, ancora! La ruota di quegli eventi totalmente impazziti si fermava e ricominciava a girare e quell’anima – che dell’anima aveva solo il nome – rideva ed inondava lo spazio attorno a lui di un odore anomalo – era terrore. Amava sentire come le grida si espandevano e l’aria si faceva densa di quelle emozioni nefaste. Rideva ancora e strappava pezzetto per pezzetto quello che restava delle entità dopo averle massacrate e la Regina di quel orrido mondo sbagliò nuovamente, lasciando a lei – quell’anima sadica – la possibilità di divertirsi un’altra volta e sentir urlare un nome che non era il suo dall’anima che accompagnava quella più segnata tra tutte – senza ottenere nulla. Rideva tentando disperatamente di fermarsi, ma quei sentimenti erano così ridicoli da non riuscirci!
{kuroha ; 131 mots}

   #13 – Il marrone dei suoi occhi;
   C’erano anche anime dispiaciute per aver fatto provare dolore a chi amavano. Lei era tra quelle, aveva ferito le anime a lui vicine – anche se sapeva che la colpa non era totalmente sua. Appoggiò le mani su quello che aveva rubato e sospirò. Da prima calde divennero fredde e quando le levò dovette attendere un po’ prima che tornassero alla loro temperatura normale. E tutto questo male, sarebbe davvero servito a rivederla? Chiudendo gli occhi, rivedeva i suoi e si domandava quante possibilità c’erano che qualcuno come lei potesse aiutarla.
{kenjiro tateyama ; 91 mots}

   #14 – Il bianco delle nuvole di ieri;
   Aveva amato la vita, prima di perdere tutto. Era un’anima felice quanto amareggiata. Si ricordava dei capelli bianchi come le nuvole che ondeggiavano mentre rincorreva la sua amata figlia, dal dolce sorriso color latte e gli occhi che ricordavano i suoi vestiti. Avrebbe tanto desiderato tornare indietro, per poter fermare l’anima alla quale più teneva prima che corresse incontro ai suoi carnefici. Desiderava rimirare assieme a lei le stelle, in quell’Universo che pullulava di violenza, un Mondo per il quale le due anime non erano adatte. Avrebbe voluto averle potuto offrire più amore o magari starle accanto ed insegnarle che la brava formica dà sempre retta alla regina.
{shion ; 108 mots}

   #15 – Il bianco della loro pelle;
   C’era quell’anima che quando la Terra girava su se stessa, nascondendo la luce del Sole alla sua esistenza per qualche ora, si metteva a piangere e domandava a qualcuno di grande – più grande di lei – di far tornare indietro colei che tanto aveva amato. Era un’anima pia, sincera ed incompresa che le aveva donato una grande gioia per poi lasciar sole quelle due entità. Chissà in quale sperduto angolo dell’Universo ora si trovava. Chissà se sua figlia la sentiva.
{tsukihiko ; 81 mots}

   #16 – Il rosso dei suoi occhi e delle tragedie di troppe anime innocenti;
   Aveva sbagliato, si era macchiata da sola e stupidamente del dolore proprio e quello delle altre anima che si erano radunate attorno alla Regina del mostro che la teneva in quel luogo doloroso. Aveva fatto pronunciare parole orribili, perseguitare esistenze, torturarle, abbandonarle, ucciderle. Era un mostro come l’oscurità dentro l’Io di quella cosa, vero? 
  Era peggiore di lui e nessuno l’avrebbe negato, solo per un piccolo ed inutile desiderio. Tirava pugni e scalciava ma sapeva che era tutta fatica sprecata e si abbandonava al suo destino. Se avesse potuto esprimere un
altra preghiera, anche se la gente la odiava perché era un’anima che nacque assieme al mondo e quindi per loro assolutamente inconcepibile, sarebbe stata con la sua famiglia.
{azami ; 120 mots}
   
 
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