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Autore: Anne Elliot    13/07/2014    3 recensioni
Molly arrossì. Sapeva che quella conversazione esulava totalmente dall’ambito culinario e che ciò di cui stavano discutendo, se così si può dire, era il suo “rapporto” con Sherlock. La cosa che più sorprese Molly Hopper, tuttavia, fu che, per quanto conoscesse quella donna da neanche 10 minuti, il fatto che entrasse improvvisamente all’interno del suo mondo, non la disturbasse affatto. Forse era stata la gentilezza con cui stava affrontando la questione, forse era il comportamento che aveva avuto verso di lei nella sala mortuaria, forse era la fierezza con cui aveva affrontato Irene Adler o forse era l’insieme di tutte queste cose, che portò Molly a sorridere ed a rispondere con un semplicissimo «Tenterò…».
Si, potevano essere tutte queste cose insieme oppure era il fatto che, quella donna, era riuscita a conquistare il cuore di un Holmes, se così si può dire.
Vi prego, voglio le vostre critiche!!! ;)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Le piace cucinare, Dottoressa Hooper?»
La patologa strinse un po’ di più la sua tazza di caffè ed accennò un sorriso.
«Beh…in realtà non saprei, lo faccio più per mera sopravvivenza che per reale piacere»
La sua interlocutrice le sorrise dolcemente ed abbassò lo sguardo verso un punto imprecisato del tavolo.
«Dovrebbe dedicarci maggior attenzione…alla cucina intendo. E’ un passatempo che richiede molta pazienza e amore e da quel che so, lei è molto ben fornita di entrambi…»
Molly arrossì. Sapeva che quella conversazione esulava totalmente dall’ambito culinario e che ciò di cui stavano discutendo, se così si può dire, era il suo “rapporto” con Sherlock. La cosa che più sorprese Molly Hopper, tuttavia, fu che, per quanto conoscesse quella donna da neanche 10 minuti, il fatto che entrasse improvvisamente all’interno del suo mondo, non la disturbasse affatto. Forse era stata la gentilezza con cui stava affrontando la questione, forse era il comportamento che aveva avuto verso di lei nella sala mortuaria, forse era la fierezza con cui aveva affrontato Irene Adler o forse era l’insieme di tutte queste cose, che portò Molly a sorridere ed a rispondere con un semplicissimo «Tenterò…».
Si, potevano essere tutte queste cose insieme oppure era il fatto che, quella donna, era riuscita a conquistare il cuore di un Holmes, se così si può dire.
 
 
Lo faceva molto spesso Molly. Parlava con i cadaveri. Per carità, non che si aspettasse una risposta ma lei
gli parlava, li rincuorava, gli spiegava cosa stesse per fare loro e perché. Non sapeva neanche lei il motivo ma lo faceva da sempre e quella mattina, aveva fatto lo stesso.
Aveva preso la cartella collegata a quell’uomo, letto le probabili cause della morte e successivamente, con un leggero sospiro, aveva alzato il telo e ne aveva scoperto il corpo.
Nonostante il volto tumefatto, le ossa del braccio sinistro rotte e alcune escoriazioni, non era difficile notare che fosse un bell’uomo. Anzi, fosse stato, si corresse mentalmente la patologa. Soprattutto aveva un’aria, in un certo senso, familiare ma forse era solo un’impressione. In fondo la morte rendeva tutti molto simili, ormai questo lo aveva imparato bene. Iniziò il suo lavoro…
Aveva appena finito di guardare un’ultima volta i lineamenti dell’uomo e rialzato il lenzuolo, quando un improbabile coppia di uomini varcò la soglia dell’obitorio.
«Miss Hooper» dichiarò telegraficamente Mycroft.
«Molly…» la chiamò Sherlock.
La patologa guardò prima l’uno e poi l’altro con un ombra di sorriso e stava per chiedere cosa servisse loro quando il giovane Holmes, scoprendo il cadavere di fronte a lei, sospirò. Poi riabbasso il telo e si girò di scatto verso il fratello.
«Ovviamente è lui, Mycroft!»
«Certo che è lui Sherlock ma non vedendolo da 15 anni, non possiamo essere ritenuti attendibili…»
«Ah!» commentò sarcasticamente il detective «noi non siamo attendibili mentre una donna qualunque lo sarebbe?!»
«Per quanto tu possa ritenerti superiore alle regole del mondo, mio caro fratellino, esse esistono a prescindere da te. Per cui, se anche la cosa ti disturba, il riconoscimento del cugino Nicolas non è di nostra competenza ma di sua moglie….»
Molly sbarrò leggermente gli occhi ed osservò il telo che ricopriva il cadavere di fronte a lei.
«Cugino…»
Sherlock, si girò verso di lei e con aria approssimativa e disattenta rispose alla mal posta domanda della patologa.
«Si, cugino….da parte di madre, ovviamente, dato il cognome differente. Leggermente più giovane di Mycroft e, come provano le circostanze, anche leggermente più sciocco…»
«Leggermente…» sussurrò la patologa guardandolo dal basso ed inarcando leggermente il labbro superiore.
«Beh, è morto prima di noi se non vado errato» sottolineò sarcasticamente
Molly si riscosse dal torpore mentale in cui era sprofondata.
«Non sapevo avessi altri parenti…nel senso, aveste» si corresse
«Non vedo perché avrebbe dovuto saperlo Miss Hooper» osservò Mycroft con noncuranza.
Il misero tentativo di Molly era fallito e non avrebbe potuto continuare dato l’irrompere nel laboratorio di John Watson accompagnato da Irene Adler.
 
Certo che sapeva chi era Irene Adler. A differenza di Sherlock, John comunicava con il mondo che lo  circondava ed esso comunicava con la restante parte del mondo. Nello specifico, John aveva parlato con Mrs Hudson che aveva parlato con lei. Era così che aveva risposto alla domanda che aveva posto a Mycroft qualche tempo prima nello stesso laboratorio. «Lei chi?...Perché Sherlock l’ha riconosciuta non…non dalla faccia?». Internet l’aveva aiutata a completare il cerchio. L’unica domanda che rimaneva era perché quella donna fosse lì, anzi perché quella donna fosse viva e fosse lì.
Miss Adler la osservò. Il suo sguardo era vitreo ma superiore. Molly lo percepiva, era lo sguardo di chi sa che è in grado di dominare a prescindere da tutto e da tutti.
«John…»
Il dottore guardò un sorpreso Sherlock Holmes e successivamente Mycroft.
«Anthea li ha portati qui su mia richiesta…Miss Adler era con Nicolas quando lo hanno prelevato e…»
La Donna si avvicinò a Sherlock, fissandolo intensamente. Lui contraccambiò.
«Le vecchie abitudini sono difficili da eliminare, non è vero…»
Lei sorrise meccanicamente.
«Da qualche parte dovevo pur ricominciare…e come non scegliere un membro della vostra bella famiglia…interpol, suppongo?»
Mycroft serrò la mascella.
«Queste sono informazioni riservate!»
Sherlock fissò il fratello con aria interrogativa.
«E’ qui come…diciamo consulente…qualora sua moglie non sia in grado di riconoscerlo dato lo stato del suo volto»
Watson sgranò gli occhi.
«Non credete sia quantomeno scortese farle incontrare?»
Il giovane Holmes serrò i denti e poi espirò.
«Mmh….probabile…certo, anche lui è stato scortese con noi. Non sapevo fosse sposato!»
John guardò con rimprovero il detective.
Mycorft sogghignò.
«Non lo sapevo neanche io e neppure l’interpol….me lo ha detto la mamma…»
Molly si coprì la bocca per nascondere un sorriso.
 
Quando la porta dell’obitorio si aprì per la terza volta, un agente di Mycroft fece accomodare all’interno una donna e poi sparì.
Molly la guardò a lungo, mentre lei rimaneva a fissarli ferma sulla porta.
Era alta, magra ma formosa. Capelli mossi, neri e lunghi, raccolti in una mezza coda. Un cappotto lungo rosso la copriva quasi del tutto. Le dita delle mani, adornate solo dalla fede, tenevano dei semplici guanti neri. Le labbra erano serrate ed inespressive mentre gli occhi erano caldi e dolci.
«Mycroft Holmes, madame» si presentò « Mi permetta di presentarle mio fratello Sherlock»
Il più giovane degli Holmes accennò un inchino con la testa. La stava studiando.
La giovane donna li guardò distrattamente poi si avvicinò, posizionandosi di fronte a Molly. Il cadavere del presunto marito le divideva.
«Molly, il lenzuolo» decretò Sherlock.
Mrs Niobet la guardò con ringraziamento mentre una imbarazzata e quasi commossa Molly abbassava il telo sino alle spalle dell’uomo.
La donna fissò l’uomo. Per cinque lunghi secondi. Un sospiro leggero.
«Non è lui»
Molly percepì la sua voce come un sussurro. Un vago sentore di felicità che veniva controllato per rispetto a quell’uomo senza nome che aveva di fronte. La patologa socchiuse leggermente gli occhi e le sue labbra si mossero per accennare un sorriso. Raramente le persone avevano questi scrupoli di fronte a morti non propri.
«Ne è sicura?» chiese meccanicamente il detective.
La donna annuì leggermente con lo sguardo ancora fisso sul cadavere.
«A me sembra lui…anzi, ne sono certa»
Una voce aveva quasi rimbombato nel silenzio asciutto del laboratorio. Una voce sensuale, sicuramente, ma nettamente oltre il livello necessario a farsi sentire  in quel contesto ovattato.
Mrs Niobet si girò lentamente verso la Donna. Non chiese chi fosse. Molly fu stupita del fatto che lo sguardo di Miss Adler non avesse effetto su quella creatura in cappotto rosso.
La presunta vedova tornò a guardare la patologa.
«Mi perdoni, Dottoressa…?»
«Hooper…» sussurrò Molly. Un leggero sorriso complice a ringraziare l’unica persona che fino a quel momento le aveva riconosciuto il ruolo che lei aveva in quella strana e raccapricciante storia.
Mrs Niobet annuì e ricominciò.
«Mi perdoni, Dottoressa Hooper, è possibile vedere la parte posteriore della spalla destra?»
Molly fece il giro del tavolo rapidamente mentre con voce comprensiva sussurrava un «certamente».
Alzò il cadavere quel tanto che permettesse alla donna di visionare quel lembo di pelle.
«La ringrazio». Un sorriso dolce. Ora che la vedeva ancor più da vicino Molly si rese conto di quanto quella donna fosse bella. Non bella come Miss Adler. Bella nel modo più pulito e puro del termine. Quella bellezza che di solito si attribuisce ai tramonti o ai paesaggi. Una bellezza semplice, naturale, universale.
Abbassò il cadavere e rifece il giro del tavolo.
Mrs Niobet osservò con pietà il volto dell’uomo. Poi si girò verso gli altri presenti.
«Non è lui»
Sherlock continuava ad osservarla. Per Molly era lampante che non la capisse. Una persona che per lei, Molly Hooper, fosse così semplice da comprendere doveva essere un vero e proprio arcano per lui.
Era ancora intenta a guardare verso Sherlock quando Miss Adler si avvicinò alla salma. La fissò per qualche istante, con la punta di due dita spostò ancora più in basso il lenzuolo  e sul suo volto si disegnò un piccolo ghigno di disapprovazione. Poi si girò verso i due fratelli Holmes.
«Forse Mrs Niobet vuole rinnegare la tragica realtà. E’ più che normale!....Ma io» e disse quella proposizione con palese sottolineatura «so riconoscere gli uomini che entrano nel mio letto. E lui è Mr Nicolas Niobet»
Molly sgranò gli occhi «Oh, per l’amor del cielo…» disse a denti stretti, senza rendersene conto.
Lo sguardo che la Donna le rivolse girandosi di scatto, tuttavia, la fece bloccare per una frazione di secondo.
Una frazione di secondo che permise a Mrs Niobet di girarsi verso la Donna e con fiera e disinvolta eleganza incatenare il suo sguardo a quello di lei.
«Mr Nicolas Niobet ha una cicatrice sulla labbro superiore, è da allora che non usa più rasoi a mano.
Mr Nicolas Niobet non ha un neo sotto l’orecchio destro ma due all’incrocio delle clavicole.
Mr Nicolas Niobet ha una cicatrice sulla schiena dovuta ad una 357 Magnum.
Mr Nicolas Niobet non sarebbe mai venuto nel suo letto, Miss Adler, non tanto per una borghese e desueta questione di fedeltà coniugale ma per ciò che lei fa ed è. Lei gioca con uomini facili, uomini incompleti e per questo più insicuri…ne abbiamo un lampante quanto inutile esempio in questa stanza.»
Sherlock Holmes deglutì rumorosamente inarcando il sopracciglio destro manifestando la sua sorpresa o forse il suo orgoglio ferito. John Watson fissò le spalle del collega con malcelata soddisfazione.
«Tuttavia» continuò Mrs Niobet, lentamente «un uomo reale, che sa conoscersi, sa non mentirsi, sa completarsi da se, lei non potrebbe mai padroneggiarlo, gestirlo e men che meno sottometterlo. Per cui le assicuro che quello che lei sostiene di aver conquistato ed irretito non è mio marito perché io, a differenza sua, non potrei mai amare qualcuno così insicuro da aver bisogno di me o di qualsiasi altra persona per completarsi. L’uomo che ho sposato e l’uomo che amo è completo, come lo sono io. Non è dipendente da me come io non lo sono da lui. Noi, non chiamiamo amore il bisogno di colmare le nostre insicurezze. Per cui, mi spiace contraddirla, ma quell’uomo non è chi lei sostiene che sia.»
La Donna accennò un piccolo passo indietro.
«Ora, Miss Adler, appurato il fatto che quest’uomo non è Mr Nicolas Nobet le conviene domandarsi chi lei ha fatto entrare nel suo letto o meglio chi le ha fatto credere di aver fatto entrare Mr Nicolas Niobet nel suo letto».
 
Molly respirò. Mai, mai le era capitato di assistere ad una cosa del genere.  Non c’era odio, non c’era rancore, non c’era disprezzo. Tutto ciò che era uscito dalle labbra di quella donna era una costatazione oggettiva dei fatti esposti con semplice e delicata eleganza. Qualsiasi donna messa di fronte all’amante del marito, o presunta tale, come avrebbe potuto reagire? Molly stessa sapeva che almeno qualcosa di simile all’odio sarebbe emerso anche da lei in una situazione analoga. Ma in quella donna tutto questo non c’era. Orgoglio, eleganza e naturale superiorità scaturivano da essa. La certezza di ciò che era reale e ciò che non lo era. La fiducia nel marito, non cieca e devota ma razionale e appassionata. La sua dichiarazione di amore completo. Tutto, tutto aveva reso Miss Adler ciò che in realtà era. Una donna debole. Sensuale, sicuramente, calcolatrice, ovviamente, ma soprattutto insicura e povera. Povera di tutto quello che aveva Mrs Niobet.
 
La tosse leggera di John sbloccò quella situazione irreale.
La Donna si volto versò i due fratelli Holmes, forse sperando in un qualche conforto o soccorso. Poi si girò, superò i due e uscì.
Mycroft Holmes passo l’ombrello dalla mano sinistra alla destra.
«Bene, direi che questa è un’ottima notizia…Mr Niobet credo che noi due dovremmo parlare…»
Lo sguardo di disapprovazione che la Dottoressa Hooper gli rivolse lo fece esitare. Mrs Niobet stava nuovamente osservando il cadavere di quell’uomo sconosciuto.
«…beh, suppongo potremmo farlo domattina. Un auto passerà al suo albergo alle 10. Con permesso…»
«Si…porga i miei saluti a Mr e Mrs Holmes»
Molly la guardò con leggera sorpresa. Conosceva i genitori di Sherlock?!
«….Presenterò…»
Detto questo il maggiore degli Holmes se ne andò dopo aver lanciato un indecifrabile sguardo al fratello.
Molly continuava ad osservare la donna di fronte a se. La vide seguire, con l’anulare, il contorno delle rughe sulla fronte dell’uomo e poi fra le sopracciglia.
«Non doveva essere felice…così giovane e già così tante rughe date da i pensieri e le preoccupazioni…». Il dito andò agli angoli della bocca a tracciare rughe inesistenti «…e quasi mai un sorriso.»
Sospirò leggermente e ritirò la mano. Spostò i suoi occhi in quelli di Molly.
«Com’è morto?»
«Caduto, o meglio buttato, dall’ottavo piano di un palazzo». Non era stata la patologa a parlare ma una voce alle sue spalle. La donna si volto ed osservò il detective, veramente, per la prima volta.
Ritto come un fuso, braccia dietro la schiena, sguardo serio e deciso, volto quasi completamente inespressivo.
Al che lei lo imito, raddrizzando la schiena ed incrociando le mani ma di fronte a lei.
«E’ un medico Mr Holmes?»
«Ho una laurea in chimica ma no…non sono un medico!»
«E’ una sua abitudine?...»
«Quale?»
«Quella del rispondere per gli altri….». John sorrise.
«No…ma è un ottimo metodo per risparmiare tempo»
«Quale tempo?...Io non ho chiesto a lei com’è morto quest’uomo, l’ho chiesto alla Dottoressa Hooper. Il suo tempo non era in pericolo» Questa volta fu il turno di Molly di sorridere.
Sherlock si accigliò.
«Lei non ha posto la domanda a Molly l’ha posta in generale…»
«Mi scusi, davo per scontato che fosse una convenzione sociale porre una domanda alla persona che si ha di fronte e non a quella che si ha alle spalle»
Uno.
Due.
Tre.
John Watson era sbalordito. Sherlock Holmes non stava rispondendo. Impossibile.
Mrs Niobet si girò nuovamente verso la patologa.
«Mi perdoni, Dottoressa Hooper, potrebbe indicarmi un posto dove sedermi e prendere qualcosa di caldo…l’adrenalina fa brutti scherzi…» Sorrise leggermente.
Molly la guardò e poi spostò lo sguardo verso uno Sherlock immobile. Riportò lo sguardo sulla donna.
«Certamente….l’accompagno….»
Quando la porta si chiuse alle loro spalle, Sherlock Holmes era ancora immobile.
«John….quella donna…mi stava sgridando?!» gracchio il detective voltandosi verso il collega.
Watson non riuscì più a trattenersi. Iniziò a ridere senza controllo.
 
Ed ora si trovavano lì. Nel caffè dell’ospedale. Molly non aveva aperto bocca. Aveva mille domande ma
non sapeva renderle in senso logico e compiuto.
Quando si sedettero al tavolino nell’angolo fu grata che fosse stata Mrs Niobet ad aprire la conversazione, anche se con quella strana domanda sulla cucina. Tuttavia, dopo il suo esile «tenterò» il silenzio era ripiombato fra loro.
Molly non sapeva come affrontare la cosa e, nonostante tutto, quella donna in quel momento stava avendo ben altri problemi da risolvere che rispondere alle sue domande. Nonostante questo, quando la donna con il cappotto rosso riportò il suo sguardo su di lei, Molly decise che le avrebbe chiesto tutto. Non capiva il perché ma istintivamente si fidava di lei. Aveva appena aperto le labbra per porre la prima delle infinte domande che aveva in testa quando la donna la precedette.
«Mi chieda ciò che vuole Dottoressa Hooper»
Molly avvampò. Poi raddrizzandosi leggermente le sorrise.
«Mi chiami Molly…»
«Il mio nome è Jane, Molly»
Le donne sorrisero complici.
«Ehm…lei conosce i signori Holmes…» Non sapeva perché era partita da quella domanda fra le tante e non sapeva neanche perché la sua sembrasse più un’informazione che una vera e propria domanda.
«Non personalmente, in realtà. Mi è capitato di parlarci per telefono alcune volte. La prima volta è stata dopo il matrimonio con Nicolas. Mrs Holmes mi ha fatto gli auguri. Una signora veramente cortese…anche se mi ha chiesto se ero assolutamente convinta nell’aver scelto “quello sciocco di mio nipote”…»
Jane e Molly si guardarono per poi scoppiare a ridere.
Molly bevve un sorso di caffè. Andava meglio ora. Ora si sentiva veramente a suo agio.
«Com’è suo marito?...Intendo dire…è…è come…»
«Come gli Holmes?...» Molly annuì. Sapeva che lei l’avrebbe capita.
«Diciamo di si. Forse un po’ meno sociopatico di Mr Sherlock e meno ligio al dovere rispetto a Mr Mycroft ma lo stampo è quello…anche se devo dire, con una certa dose di orgoglio» e lì Molly vide il suo sorriso più dolce farsi strada nel volto della donna «che l’ho, in un certo senso, “educato”, abbastanza bene!....E’ molto migliorato»
«Lavoro arduo, suppongo…»
«…ed estenuante…si» rispose Jane, sbarrando gli occhi senza smettere di sorridere.
Si trovarono a ridere di nuovo. Il cuore della patologa era leggero e sereno. Come faceva? Come faceva quella donna ad essere così amabile, così dolce, così sincera, così tutto?
Rimasero in silenzio per qualche secondo. Mrs Niobet aveva capito che Molly voleva porle domande più complicate ed attendeva paziente l’evolvere dei suoi pensieri.
«Come…come faceva a sapere di…di me? Intendo…della mia pazienza?» domandò alzando gli occhi al cielo per poi abbassarli repentinamente sul tavolo.
Jane Niobet guardò fuori dalla finestra.
«Sposarmi non è mai stata una delle mie priorità, mia cara Molly». Com’era dolce il suo nome pronunciato da lei. Sembrava una carezza. «Mi sono laureata in Storia e subito dopo ho iniziato ad insegnare….adoro insegnare, trasmettere le mie conoscenze al maggior numero di persone e vedere come esse le mutino e le migliorino mi ha sempre dato l’impressione di poter migliorare ciò che era intorno a me. Dare agli altri gli strumenti per superare se stessi e i propri irreali limiti mi rendeva veramente felice.» Prese un sorso di caffè e riportò il suo sguardo su Molly.«Poi è arrivato Nicolas…un insopportabile egocentrico, irrispettoso e scontroso. Lui, con la sua mente, la sua intelligenza poteva fare ciò che io facevo mille volte meglio, insegnare agli altri cosa volesse dire pensare e riflettere. Dare loro tutti gli strumenti che avrebbero successivamente portato al miglioramento di ogni ambito della realtà in cui viviamo….invece, lui, se ne stava lì, a risolvere problemi senza in realtà dare niente a nessuno. Si sentiva superiore, per carità non che non lo fosse, ma era tutto qui. L’ho odiato, dico sul serio…una mente così brillante tenuta nascosta al resto del mondo, perché? Perché, in una realtà così dura ed arida, chi può dare non da?»
Molly vide la sua fronte corrucciarsi, quella donna stava riprovando le stesse sensazioni di un tempo.
«Lui non riusciva a capire…sapeva che non lo odiavo perché mi era mentalmente superiore, come facevano tutti gli altri, ma proprio non riusciva a capire le mie motivazioni, per quanto provassi a spiegargliele…poi, col tempo, ha iniziato a comprendere. Ma, per quanto comprendesse il mio punto di vista, ancora non l’approvava…”perché perdere tempo a spiegare ad un’idiota qualcosa di così irrilevante”…per lui quasi tutto è irrilevante» sbuffò. La patologa annuì capendo perfettamente quanto fosse snervante la cosa. Per Sherlock tutto era noioso. «ed io ogni volta a rispondergli “perché per quanto irrilevante possa essere per te, la più stupida nozione è una nozione in più che rende quell’idiota un po’ meno idiota”» sorrise sbarrando gli occhi. Molly capì che quella conversazione doveva essere avvenuta un imprecisabile numero di volte.
Mrs Niobet si ricompose leggermente, sospirò e riprese il discorso.
«Comunque…alla fine siamo riusciti a trovare un compromesso ed il resto è venuto da se.» Poi, come a ricordarsi solo in quel momento che la domanda posta da Molly fosse un’altra, Jane le sorrise e continuò con più pacatezza.
«So quello che lei ha fatto per Sherlock Holmes, Molly…Nicolas l’ha molto elogiata…» Molly arrossì involontariamente. «Il resto l’ho, diciamo, dedotto da me…so cosa vuol dire rapportarsi con un “Holmes”…so quanta pazienza, amore e costanza sono necessarie per far parte del loro mondo»
Lo sguardo complice che Mrs Niobet le rivolse fece quasi commuovere Molly. Avrebbe voluto abbracciarla, ringraziarla, chiederle centinaia e centinaia di consigli ma tutto ciò che riuscì a dire fu un banalissimo «Già…»
Jane annuì di rimando e poi, con un sorriso trasparente, le si avvicinò sussurrando.
«Credo di aver esagerato con Mr Sherlock, poco fa…non volevo avere un tono di rimproverò così marcato…ma credo che ormai sia un’abitudine…»
Si misero a ridere come due bambine che parlano dei loro primi amori.
Molly la guardò con dolcezza e rispose con un sospirante “Grazie!».
Risero di nuovo.
Il commesso del bar si chiese cosa ci potesse essere di così divertente.
 
«Sherlock!!». John lo stava rincorrendo per le scale.
«Neanche mia madre….come si è permessa?!»
«Sherlock, mi vuoi aspettare per l’amor del cielo!». Un’altra rampa così e John Watson sarebbe morto per mancanza di ossigeno.
Non fu così. Ma la sua vita fu comunque messa a repentaglio da uno Sherlock impalato in fondo alle scale contro cui il povero dottore non finì per miracolo.
Con le mani dietro la schiena, prese a camminare avanti e indietro.
« “Uomini facili, uomini incompleti e per questo più insicuri…ne abbiamo un lampante quanto inutile esempio in questa stanza.”» ringhiò a denti stretti. «“davo per scontato che fosse una convenzione sociale porre una domanda alla persona che si ha di fronte e non a quella che si ha alle spalle”….ridicolo!!»
John Watson, le mani sulle ginocchia stava ancora riprendendo fiato. Ciononostante si ritrovò a sorridere nuovamente.
«Smettila John!!»
«Scusami..Sher…lock…ma…è, è esilarante!» Il detective sgranò gli occhi.
«Sono lieto che tu ti stia divertendo!!»
John si raddrizzò e lo guardò negli occhi. Ancora il sorriso a mezza bocca.
«Benvenuto!»
Sherlock si fermò e gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Benvenuto nel nostro mondo Sherlock…nel mondo di chi non ha l’ultima parola!» Sorrideva ancora il dottor Watson.
Sherlock Holmes lo guardò con disapprovazione e incamminandosi verso il bar del Bart’s, sbraitò un «ma per favore!», stizzito.
 
Le due donne stavano ancora ridendo quando furono raggiunte da uno Sherlock palesemente infastidito (nonostante il falso sorriso, pensò Molly) e un John ancora sogghignante.
Sherlock si rivolse a Jane.
«Mi spiace disturbarvi, signore, ma credo che io e lei dovremmo parlare di Nicolas, Mrs Niobet»
Molly tornò seria e finì la sua tazza di caffè.
Jane si alzò in piedi stagliandosi come un muro in opposizione allo statuario Sherlock.
«Certamente…come potrei rifiutarmi ad un sorriso così sincero!»
Molly tossì nella sua tazza. Sherlock la fulminò con lo sguardo. Lei lo fissò con un mezzo sorriso ma non distolse i suoi occhi da quelli di lui. “Educarlo” pensò dentro di sé. Sherlock sbarrò impercettibilmente le palpebre. “Cosa stai cercando di fare Molly Hooper?”
Mrs Niobet si intromise.
«La ringrazio infinitamente Molly»
Sherlock si girò leggermente verso John mimando un interrogativo e sorpreso «Molly»
«Spero potremmo rincontrarci prima della mia partenza»
Molly si alzò e le sorrise, porgendole la mano.
«Sicuramente…e grazie a lei, Jane…è stato molto istruttivo…» Jane le strinse la mano con entrambe le sue e le sorrise dolcemente. Poi si incamminò verso l’uscita accompagnata da un John quasi militaresco che con voce seria e gentile attirò la sua attenzione «Non ci hanno presentato, Dottor John Wat…»
Le porte del bar si chiusero.
Dopo averli seguiti con lo sguardo, Sherlock si girò verso Molly.
«…Istruttivo?...»
Molly si mise a posto il camice, strinse la coda di cavallo e poi lo fissò.
«Si…istruttivo…decisamente».
Poi se ne andò con passo fiero, senza salutarlo.
Da quando Molly Hooper lo lasciava e se ne andava senza salutarlo? Quella parte, era la sua?
 
Quando Sherlock usci dal Bart’s spalancando le porte con forza, John Watson e Jane Niobet stavano amabilmente parlando, come amici di vecchia data.
«Quindi il suo zoppicare era una condizione psico-somatica?».
Come diavolo erano arrivati già a quel punto?!
«Già…la mente può giocare davvero brutti scherzi!»
Sherlock, spazientito, passò fra loro sino ad arrivare al ciglio della strada, alla ricerca di un taxi.
«Piuttosto, lei e Mary avrete una bambina?...Il nome è già deciso?»
«In realtà no…siamo ancora in fase di trattativa» Sorrisero entrambi. Sherlock sbuffò.
«Ah, mi spiace dirglielo John ma non credo che le sue probabilità di vittoria siano così alte.». Ancora risate.
Sherlock si volto di scatto…”John?!”…
«Parto naturale o cesareo?»
«Naturale…è in posizione già da un mese»
«Ah, ottimo…Mary sta bene? La schiena?»
«Beh qualche fastidio alle gambe più che altro…»
Sherlock fece un segno nervoso al taxi che si stava avvicinando. Non ce la faceva più.
«Se per lei non è troppo disturbo, vorrei presentargliela…»
Sherlock si volto con aria sbigottita.
«Disturbo, vuol scherzare?!...Sarebbe un vero piacere!»
Il taxi si fermò schizzando leggermente il cappotto del detective.
Sherlock imprecò a mezza bocca. Aprì di scatto lo sportello ed urlò un “Il taxi!” per richiamare all’ordine i due.
Watson si avvicinò e fece segno a Jane con la mano.
«Prego»
Lei sorrise ed entrò nel taxi.
Sherlock  rivolse al collega il suo sguardo più arcigno.
John sorrise con superiorità ed entrò nell’auto. Prima di lui.
  
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