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Autore: mikyintheclouds    13/07/2014    2 recensioni
Di che colore sarebbero le anime di Nikita, Alex, Sean, Birkhoff e Michael? Quante sfumature potrebbero avere questi colori per determinare le loro personalità?
Ispirata al momento in cui Mia spara ad Alex nella 3x03.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alexandra Udinov, Michael, Nikita Mears, Sean Pierce, Seymour Birkhoff
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tutto accadde repentinamente. Mise fuori gioco la guardia, gli prese la pistola e sparò. Non ci pensai due volte a frappormi tra Nikita e il proiettile. Pochi secondi e mi ritrovai a terra, la spalla bucata e un dolore lancinante che percorreva tutto il mio corpo, i nervi tremavano, la vista si appannava, l’udito iniziava a scarseggiare e il freddo s’impossessava piano piano di me, mentre tutto iniziava a diventare nero.
No, per favore, non di nuovo.
Non l’avrei permesso.
Sentii una mano coprire celere la ferita e premere per impedire lo sgorgare impetuoso del sangue, quel liquido caldo che mi abbandonava, lasciando prendere il sopravvento a una sensazione di freddo, solitudine e tristezza.
Poi chiusi gli occhi e non capii più nulla.
Nero, nero, solo nero.
Quando li riaprii, vidi delle luci bianche, intense, che mi davano fastidio, mi facevano bruciare gli occhi, tuttavia non potevo smettere di guardarle. Erano belle, calde, luminose, bianche. L’opposto degli orrori, del freddo, delle tenebre, del nero.
In quel bianco sentivo una voce, sempre più lontana, distante, flebile, ma presente e costante che mi diceva di non mollare, di stare sveglia, che sarebbe andato tutto bene.
E poi di nuovo il nulla, tutto era nero, di nuovo.
Nero come il buio, l’oscurità e il dolore.
Nero come l’opposto del bianco. Luce e ombra, buoni e cattivi, la vita prima di Nikita e quella dopo.
Curioso come in un battito di ciglia tutto cambiasse, dal nero al bianco, in una prospettiva tutta nuova.
Nonostante tutto, però, anche questa volta l’avevo scampata.
E l’avevo salvata.
Era compito mio questa volta e ci ero riuscita.
Nonostante tutto, non potevo non sorridere.
Quando conosci il bianco, il nero fa ogni giorno un po’ meno paura.
E capisci che c’è anche il grigio, la sfumatura e l’eccezione; c’è sempre una soluzione.
 
 
Il tutto accadde repentinamente. Mise fuori gioco la guardia, gli prese la pistola e sparò. Lei non ci pensò due volte a frapporsi tra me e il proiettile.
Sciocca!
La vidi cadere di fianco a me. Un secondo prima era in piedi e mi spingeva con una forza che nessuno si aspetterebbe da una ragazzina con un fisico così minuto e l’attimo dopo era per terra, appoggiata al muro, con una spalla bucata e il sangue che usciva rapido, con quel colore rosso scuro, quasi marrone, rendendola sempre più pallida, più fredda, lo sguardo vacuo, assente, gli occhi che si chiudevano, le forze che l’abbandonavano.
Premetti decisa sulla ferita, dovevo in qualche modo fermare l’emorragia e gridai, gridai aiuto, gridai per non piangere, gridai perché la rabbia saliva inarrestabile, rabbia rossa, odio, occhi iniettati di sangue, sangue rosso, come quello che cercavo di non fare uscire.
Respirai. Dovevo cercare di rimanere ferma, calma e lucida.
Le priorità, Nikita, pensa ad Alex. Pensa alla sua pelle bianca che diventa sempre più pallida e respira.
Pensa, pensa e sii razionale.
Non lasciarti controllare da quel rosso così intenso.
Pensa alle sfumature, pensa al rosa, all’arancione, non sei solo rossa.
Tornammo alla Divisione in breve tempo. Durante tutto il tragitto non avevo smesso di premere sulla ferita, dovevo tenerla con me, dovevo farla rimanere sveglia.
Quando la lasciai ai medici, mi guardai le mani.
Sangue, rosso, il colore del dolore, il colore della rabbia.
Ora che era al sicuro potevo tornare a concentrarmi su quella. Rabbia che sgorgava da ogni poro del mio essere, che voleva dominarmi ed io stavo per permetterglielo.
Rosso, rosso ovunque. Sulle mani, sulle braccia, sul mio petto, i miei pantaloni, la voglia di picchiare, uccidere, fare male, vendicare. Rabbia e rosso, rosso e sangue, sangue e la pelle bianca di Alex.
Alex.
Le volevo bene come a una figlia, a una sorellina minore, anche li ero rossa, rossa come l’amore, non quello passionale che provavo per Michael, una sfumatura più tenue, quasi rosa, più delicata, come l’amicizia.
Poi, però, ripensavo alla ferita, al dolore che provava e tutto tornava magenta, vermiglio, rosso scuro, rosso marrone, rabbia.
Aveva sparato ad Alex, il resto non contava.
 
 
Il tutto accadde repentinamente. Mise fuori gioco la guardia, gli prese la pistola e sparò. Alex si frappose tra il proiettile e Nikita e fu colpita.
Si accasciò al suolo, contro il muro.
Vidi tutto, fotogramma per fotogramma, rividi anche le immagini per capire cosa fosse andato storto, dove stava l’errore, mentre la paura s’impossessava di me. Sentivo le guance che diventavano sempre più calde, guardai il mio riflesso nello schermo del computer e notai che le gote erano imporporate, un colore simile al viola.
Lo stesso colore della paura, la stessa che ormai bloccava ogni mio pensiero.
Fa che non muoia, fa che resista.
Come avevo fatto a sbagliare? Ma che dico avevo? Avevamo, o meglio, aveva.
Lo sapevo! Sapevo che avrei dovuto fare le cose da solo, come sempre. Mai fidarsi degli altri.
Sonya fa la saccente, ma l’errore è stato solo suo.
Lei doveva accorgersi di quella guardia. Lei doveva provvedere. Lei.
Si, errore suo. Si, suo. Suo e di nessun altro.
Mi misi a discutere con lei, sempre attanagliato dal viola.
Il colore della paura, del rimorso, dell’invidia, del litigio.
Non sapevo come avrei fatto a guardare nuovamente negli occhi Alex. Come avrebbe fatto il mio viola ad affrontare quell’azzurro?
La verità era che era stata tutta colpa mia.
Il mio viola aveva spento il suo azzurro.
Prima la voglia di prevalere, la gelosia, l’invidia nei confronti di Sonya, perché la volevo e lei mi respingeva, la desideravo e lei non mi voleva, era brava e mi sentivo superato, volevo dimostrare che io ero l’unico di cui, dopo tutto, ci si poteva sempre fidare.
Ma, poi, quando vidi quello a cui mi aveva portato il viola, capii i miei errori.
Quanto avrei dato per ritornare a vedere quell’azzurro.
Perdonami Alex, sistemerò ogni cosa, tengo troppo a voi, a te, Niki e Michael.
Cercherò di migliorare, di fare entrare più luce, per separare il rosso dal blu, in modo tale che non sarò più viola, ma blu e poi dal blu sempre più azzurro, come te.
Siete la mia famiglia, e in famiglia non ci dovrebbero essere invidie, gelosie e paure.
Non ci dovrebbe essere il viola.
Solo l’azzurro, il colore della serenità, il colore dei tuoi occhi.
 

Il tutto accadde repentinamente. Mise fuori gioco la guardia, gli prese la pistola e sparò. Si frappose tra la mia Nikita e il proiettile e la salvò.
Sospirai, per un attimo sollevato da quel peso che mi portavo sempre dentro. Un peso grigio, grigio come un’incudine, quasi nero, ma mai completamente nero, quello stesso grigio scuro tipico delle giacche che indossavo, grigio come qualcosa di greve, onnipresente, una preoccupazione che non mi abbandona.
Preoccupato di poter perdere anche lei, la mia Nikita, l’unica in grado di vedere la bellezza in tutte le cinquanta sfumature del mio grigio, perché ero freddo, determinato, letale, non mostravo i miei sentimenti, apatico, sterile, ma non con lei. Lei, l’unica che fosse mai riuscita ad arrivare alla brillantezza dell’argento, lucente, abbagliante, l’amore che provo per lei.
E dopo quel sospiro tornai a sentirmi grigio, grigio come qualcosa d’insensibile, insensibile e apparentemente distaccato, pieno di quel grigio che non mi fa vedere i colori da tanto, troppo tempo.
Insensibile ma non irriconoscente, insensibile come la nuvola grigia che copre il cielo e maschera il giallo luminoso del sole, il suo sole, quello della mia amica Alex. Una nuvola che però è grata perché, grazie alla forza del sole, riesce ad aprirsi e a far vedere di nuovo il cielo.
Ero grato perché l’aveva salvata, ero grato per i suoi sorrisi, per il modo leggero con cui sapeva affrontare quello che le accadeva, l’innocenza con cui non riconosceva l’amore di Sean, grato di quella solarità che penetrava i miei grigi, sciogliendo le mie ansie, dandomi fiducia.
Solarità gialla, gialla come i capelli biondi dei bambini, così puri prima che il mondo e la vecchiaia li scuriscano, gialla come i riflessi nei suoi di capelli.
Quel giallo che era riuscito a fare breccia anche nel mio grigio, grigio come la nebbia, quella che avevo davanti agli occhi prima del rosso e del giallo, i colori del sole che tramonta e che fendono anche il fumo grigio di una bomba, quella che ha portato via la mia famiglia, quel fumo che mi ha reso così, quel fumo che si è diradato e ha fatto penetrare il calore dei raggi luminosi rossi e gialli.
Calore, quello del sole giallo, del suo giallo, la risata che sapeva dare un riflesso particolare al rosso, un riflesso per me tutto nuovo e meraviglioso, che non conoscevo e che amavo vedere, giallo che sapeva trovare una sfumatura del grigio simile al bianco, quel giallo che vedi alla fine del tunnel, perché dopo che hai perso tutto, la tua famiglia, le persone più care, dopo che hai affrontato il nero e non riesci a superare il grigio, un po’ di giallo a colorare l’incolore ti porta a pensare che l’arcobaleno sia bello.
Grazie Alex, grazie di essere giallo nella mia vita grigia, grigio su grigio, grazie per aver salvato il mio rosso, la mia unica eccezione, la mia sfumatura migliore.
 
 
Il tutto accadde repentinamente. Mise fuori gioco la guardia, gli prese la pistola e sparò. Un attimo, un soffio di vento e si era frapposta tra Nikita e il proiettile e l’aveva salvata.
Aveva rischiato la sua vita, per lei.
Non ci potevo credere.
Quella donna era folle, folle e meravigliosa, meravigliosa e pazza, ma questa volta l’avrei convinta a lasciare la Divisione, ad abbandonare tutto.
Non potevo rischiare di perderla. Avevo già perso troppo.
Glielo dissi, o meglio glielo feci intuire mentre mi perdevo in quel blu intenso che erano le sue iridi.
Blu come le profondità dei mari che avevo navigato, come la vastità dei cieli in cui avevo volato, quando ero un SEAL.
Profondi e vasti come i sentimenti che provavo per lei, sentimenti blu, blu come i suoi occhi.
Ma convincerla a rinunciare a tutto e seguirmi nel mio blu non sarebbe stato così semplice.
Avrei dovuto sconfiggere il verde, la speranza.
La speranza che la spingeva a credere in Nikita, l’ammirazione che aveva per lei, la voglia di essere come lei.
Se la volevo, dovevo trovare un modo di far prevalere il mio blu su quel verde, lei non si sarebbe arresa.
Lo leggevo in quell’azzurro intenso che per lei esisteva solo il verde.
Nonostante la ferita, il dolore, la rabbia, la voglia di vendicarsi, la paura di ricadere in giri sbagliati se non avesse continuato a rigare dritta, lei aveva ancora speranza.
Aveva affrontato il nero, era uscita anche dal grigio, stava vivendo nel rosso, sconfiggeva quotidianamente il viola, lottava per l’azzurro, diffondeva il giallo e rimaneva caparbiamente verde, ed io ero perso nel mio blu, vagavo in quel mare di sentimenti perché non potevo credere a quanti colori avesse dentro di se e l’amavo per questo, perché lei era arcobaleno.
Quella ragazza era una forza della natura, non potevo e non volevo perderla e, se mai il mio blu non fosse stato in grado di superare il suo verde, avrei comunque potuto tentare di unire le nostre due nature e creare un verde acqua.
In fondo, esistono anche le sfumature.
 
 
 
Ciao!! Rieccomi con una cosa che nemmeno io saprei definire. Spero comunque che vi piaccia e v’invito come sempre a lasciare una piccola recensione per dirmi cosa ne pensate. Ringrazio comunque tutti i lettori “silenti”.
Dedico questa storia (?) a una “teppistella dalle sopracciglia improponibili” perché, come sempre, “chiedi e ti sarà dato.”
 
  
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