Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Chasey    13/07/2014    1 recensioni
Dal testo:
"Si girò leggermente per sbirciare l'espressione assunta da Abberline, le venne quasi da ridere. Le sembrava di vedere un'opera grottesca, con quegli occhi spalancati e la bocca aperta al massimo.
Perché era così atterrito? Quanto orrore poteva fare un morto? Lei sapeva bene che i vivi potevano essere ben più terrificanti."
Dunque, questa è la mia prima fan fiction in assoluto. Ho preso i personaggi di Kuroshitsuji e li ho portati nei giorni nostri, ho aggiunto un nuovo personaggio, misteri e un po' di umorismo. Molto probabilmente alcuni di loro saranno OOC, visto che cambierò un po' i ruoli. ^^
Genere: Comico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Fred Aberline, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza sedeva rilassata sul sedile in stoffa scura dell'auto. Chiamarla auto era un eufemismo bello e buono, quel vecchio catorcio sbilenco e traballante color camoscio sbiadito non era degno di quel nome. I tappetini, un tempo probabilmente in pelle nera, ora erano stati scrostati da quella copertura, facendo emergere il grigio del loro interno. Inoltre erano contornati da un centinaio di briciole, malcapitati resti di merendine. Attaccati allo specchietto dondolavano lentamente tre di quei stupidi portachiavi che lei aveva sempre trovato orrendi alla vista, adorabili per la maggior parte della popolazione. Di sicuro per il proprietario di quella vettura. Accavallando le gambe, fasciate in un paio di pantaloni verde militare, in modo discutibilmente signorile, la ragazza si portò il palmo destro al mento e sospirò leggermente. Nella mano sinistra, fermamente poggiata sul ruvido sedile, teneva un mazzo di chiavi, le quali venivano costantemente fatte scattare, provocando un suono secco.
Inclinando lievemente il busto si sporse per guardare dallo specchietto, l'unica cosa in quella mera carcassa che sembrava venir pulita ogni tanto. Il riflesso dei penetranti raggi del sole cercò di accecarla, ritrovandosi sconfitto dato che lei non si permise di battere ciglio a quell'intrusione nella sua visuale.
Quel piccolo specchio sul mondo dietro di lei le permise di vedere una signora guardare ad entrambi i lati, prima di prendere la fatidica decisione di attraversare la strada. Indossava un vestito azzurro, che risaltava a dir poco nel grigiore della città. Doveva avere circa sulla sessantina, ipotizzò.
Chiuse le palpebre e fu dopo quel battito di ciglia che successe.
Aprendo nuovamente la visuale alle sue pupille, percepì il camion ancora prima che colpisse la donna. Osservò l'impatto del mezzo con il corpo e vide chiaramente una chiazza di sangue dipingersi al livello del petto, poi il tutto sparì dalla portata della sua vista. Era il primo incidente che vedeva e di lì a poco sarebbe stato il suo primo corpo, ma tutto ciò non la sconvolse minimamente.
Emise leggermente uno sbuffo, il volto sempre contratto nella sua maschera.
“Ehi, sorellina. Quando andiamo a casa?”
Quella voce incrinò leggermente la sua barriera, costrinse la sua bocca a tendersi in un sorriso che non le apparteneva. Con voce forzatamente dolce, rispose: “Presto, fratellino.”
Il bambino dietro di lei, che stringeva in mano una lecca lecca color fragola, emise un gridolino di gioia e tornò ad accucciarsi sul sedile posteriore.
“Ma quanto ha intenzione di metterci?” si chiese lei.

Abberline annaspò, mentre correva affannosamente pestando i piedi sull'asfalto.
Le braccia erano strette intorno a due sacchetti di carta, entrambi contenenti frutta e verdura.
Pieni fino all'orlo, una delle mele decise di scappare da quella prigione e di mettersi a rotolare sulla strada. Nel tentativo di recuperarla, ovviamente lui riuscì a far rovesciare tutto il contenuto della sua spesa.
Sentendo il rumore di qualcosa che cadeva e l'esclamazione di stizza dell'ispettore, la ragazza capì che Abberline era vicino.
Solo per un momento il pensiero di aiutarlo le sfiorò la mente, ma poi riconobbe che non sarebbe stato nel suo stile, per cui si limitò ad attenderlo con la poca pazienza che le era rimasta.
Quando finalmente l'uomo si sedette accanto a lei, gli rese le chiavi per poi rimproverarlo aspramente: “Quanto pensavi di starci ancora? Ti ho detto che ti avrei aiutato, non che ti avrei accompagnato a fare shopping!”
Lui le rivolse un'espressione tenera, prima di ribattere con una risatina: “Scusa, hai ragione. Ma sai, mia moglie sta avendo un bambino e quindi...”
Da lì iniziò a sciorinare una lista di non si sa quali benefici porta la frutta fresca alle donne incinte e come lui stesse cercando di fare il premuroso padre di famiglia.

Entrambi fissavano il corpo ai loro piedi. L'uno con lo sguardo sconvolto e l'altra con il viso impassibile. Avevano lasciato suo fratellino a casa dell'uomo, Katlyn ancora non voleva accettarlo, ma sempre meglio che lui si trovasse in quel posto che lì con loro. Non era per niente convinta di quanto una donna incinta e per di più sconosciuta potesse occuparsi di Julian, ma era l'unica scelta che aveva.
Si girò leggermente per sbirciare l'espressione assunta da Abberline, le venne quasi da ridere. Le sembrava di vedere un'opera grottesca, con quegli occhi spalancati e la bocca aperta al massimo.
Perché era così atterrito? Quanto orrore poteva fare un morto? Lei sapeva bene che i vivi potevano essere ben più terrificanti.
Un rombo in lontananza. Poi un altro, poi una serie di rombi. Sempre più vicini.
Riconobbe a cosa appartenevano ancora prima di sentire lo stridio delle ruote sull'asfalto e il rumore delle gomme bruciate, ancora prima di percepire il sorriso beffardo che si posava su di lei.
Le moto si fermarono davanti a lei, proprio ai confini della scena del crimine.
Una di essere era nera come le pece, decorata con linee rosso fuoco. L'altra era color grigio metallizzato, i cerchioni bianchi.
Dalla prima scese una delle persone più odiose del mondo, almeno secondo il suo modesto parere.
“Ohh che bello, la dolce Katlyn è qui!”
Quella voce cantilenante le fece stringere gli occhi, proprio mentre alzava lo sguardo per incontrare le scure pupille blu del ragazzo.
“Cosa c'è, non mi saluti neanche più?”
“Non la saluto la feccia come te” sibilò lei di rimando.
“Ohi ohi, come ci siamo svegliati male. Avrà dormito poco, che ne dici Sebastian?”
La ragazza guardò il diretto interessato. Si era sempre chiesta, ed era convinta fosse una domanda comune, come un ragazzo alto e visibilmente più forte potesse stare alle dipendenze di un nanetto del genere. Ciel Phantomhive, vestito con una maglia a righe nere e bianche, una giacca in pelle bruna e jeans strappati altro non era che il tipico bamboccio strafottente e pieno di sè. Dio solo sa quanti tipi come lui aveva già incontrato Katlyn. Eppure, nonostante questo, era da anni il capo indiscusso della più pericolosa banda mafiosa della città. Ad ogni angolo si narrava della sua crudeltà e freddezza nel compiere omicidi con gli strumenti più disparati.
Non che lei credesse a tutto ciò in ogni caso.
“Come dice lei, capo.”
Il suo “servitore” come lo aveva ribattezzato lei, era un tipo alquanto strano. Parlava sempre in modo ridicolosamente formale. Diavolo erano nel ventunesimo secolo, non in qualche strano posto ottocentesco con i merletti e il tè inglese!
“Perché sei qui?”
La domanda era indubbiamente rivolta a Ciel, per cui lui si avvicinò saltellando a Katlyn, oltrepassando il nastro giallo, camminando sopra la scena del crimine e ignorando le ramanzine dell'ispettore.
“Che domande, mi ha chiamato lui.”
Lei seguì quel dito affusolato fino a che non si accorse che puntava ad Abberline.
“COSA?”

“Non c'è verso, mi rifiuto di collaborare con lui.”
Si trovavano in una polverosa stanza adibita agli interrogatori, a causa della scarsità dei fondi la centrale di polizia non poteva nemmeno permettersi un ufficio. Il capo di Abberlaine aveva borbottato che lei e quei due mafiosi erano stati arruolati solo per mancanza di uomini.
In realtà non vuole ammettere che loro non sanno cavare un ragno da un buco e hanno disperato bisogno di noi per combinare qualcosa. Camminava avanti e indietro irrequieta, pestando i piedi con rabbia a causa della situazione in cui si trovava.
“Suvvia, suvvia zuccherino, so che morivi dalla voglia di vedermi.”
“Perché cavolo hai accettato poi, turbare la quiete pubblica non ti diverte più?”
“Quando ho saputo che lo Scorpione avrebbe aiutato la polizia ho accettato senza indugio” rispose lui, beffardo.
“Non chiamarmi così...”
“Cosa c'è, il passato fa male?”
Facendo scattare con un suono metallico il suo coltellino tascabile, la ragazza lo puntò dritta al volto di Ciel, così rapidamente che persino il suo scagnozzo non se ne accorse subito.
“Parla ancora di quello e dipingerò un quadro scarlatto su quella faccia che ti ritrovi.”
“Tanto bella quanto poetica” sussurrò l'altro, uno scintillio malizioso negli occhi.
“Dai, dai Katlyn. Ciel e Sebastian sono qui per dare una mano e dovreste tutti andare d'amore e d'accordo.”
“Cosa sei tu, un ispettore o un qualche conduttore televisivo?” borbottò lei, riponendo il coltello nella tasca.
“Tu” sentenziò poi, indicando alternativamente prima il capo e poi il suo sottoposto “e tu, statemi fuori dai piedi e forse non vi farò male.”
“Bene, bene” iniziò il poliziotto, battendo le mani “siamo tutti qui riuniti..”
“Per pregare che la stupidità di Abberline sparisca magicamente” continuò la ragazza, congiungendo le mani in preghiera e chiudendo gli occhi.
Venne accolta da uno sguardo stupito da parte dell'uomo, mentre i due ragazzi la fissavano uno impassibile e l'altro alquanto divertito.
“Andiamo Abberline,” proseguì Katlyn “sappiamo tutti perché siamo qui, a nessuno interessa risentire la solfa un'altra volta e io voglio allontanarmi al più presto da questi due. Dunque, dove vuoi che io sia di vedetta stanotte?”
“Le ultime morti si sono verificate nella zona di..” rispose l'altro, afferrando una cartina impolverata e iniziando dei patetici tentativi di aprirla seguendo il verso nel quale era stata piegata.
“Di nuovo? Dicci il nome se proprio ti diverte, anche se sappiamo tutti dove hanno avuto luogo per cui mostrarci questa è alquanto ridicolo.” biascicò lei, togliendogli la cartina dalle mani.
“Come stavo dicendo, si sono verificati nel quartiere di Greenwort, per cui vorrei che ti posizionassi all'incrocio tra la West Lane e la Red House.”
“Ricevuto, vado allora.”
“Un'ultima cosa, Sebastian verrà con te.”
“Io lavoro da sola.”
“Non ti sarà di nessun intralcio, due paia d'occhi sono meglio di uno solo.”
Sbuffando e digrignando i denti per la stizza, Katlyn si costrinse a lasciar uscire una parola strozzata di consenso dalle sue labbra.

Angolino autrice: I nomi dei luoghi li ho completamente inventati, per cui se ci sono dei riferimenti a luoghi veri non fateci caso xD
Primo capitolino concluso, spero vi abbia strappato almeno un piccolissimo sorriso, a presto con il prossimo ^^

   
 
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