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Autore: nonezero    13/07/2014    0 recensioni
Kuroo sapeva bene che coinvolgere Yamamoto e Tanaka nell'idea che gli era venuta in mente sarebbe stato fin troppo facile, ma non si aspettava che anche le manager si sarebbero davvero lasciate convincere, anche se, con la sua voce delicata, Shimizu si era avvicinata a lui per sussurrargli un: «dovresti temere il karma».
[Kuroo, Daichi e Bokuto si incontrano dopo anni per ricordare il loro ultimo anno di liceo]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daichi Sawamura, Koutaro Bokuto, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Solo d'estate.

Hinata si era affacciato alla porta della sala da pranzo ed era rimasto per un po' in silenzio ad osservare i suoi colleghi più grandi giocare a carte. Non aveva mai visto Kotarou e Sawamura così concentrati fuori dal campo da pallavolo, e anche gli sguardi dei due giocatori della Shinzen non scherzavano affatto in quanto a concentrazione. A capotavola sfoggiava un ghigno beffardo Kuroo Tetsurou, che si voltò lentamente in direzione di Hinata per poi guardarlo fisso negli occhi: «vuoi giocare con noi?» Hinata rabbrividì, certo che no! Non si sarebbe mai seduto ad un tavolo con Kuroo come croupier, non che sapesse giocare a poker, ma anche se ne fosse stato capace, non lo avrebbe comunque fatto. Scosse la testa frettolosamente e corse via.

Kuroo ricordava sempre volentieri quella serata: l'estate torrida di Tokyo, gli allenamenti estenuanti, il tè freddo, le serata passate a far finta di essere giocatori provetti di poker holdem e i pochi Yen che potevano usare per le putate, erano giovani e il loro unici pensieri erano la pallavolo e il divertimento. 
Era l'estate del suo terzo anno di scuole di superiori, di sicuro uno di quelli più divertenti, soprattutto perché quell'anno aveva partecipato anche la Karasuno al campo di allenamento a Tokyo e aveva avuto modo di conoscere meglio quello che durante gli anni di università sarebbe diventato uno dei suoi amici più cari, Daichi.

Passandogli una lattina di caffè freddo gli ricordò di quella sera durante la quale gli aveva chiesto il permesso di “far passare a Tsukki una notte che non avrebbe dimenticato facilmente”. Bokuto scoppiò a ridere. 
Avevano deciso di farsi qualche sonora risata durante l'ultima sera che avrebbero passato a Tokyo tutti assieme e chi poteva essere la vittima più succulenta per uno scherzo memorabile se non Tsukishima?
Il motivo principale per il quale Kuroo e Bokuto avevano cominciato ad andare d'accordo, era il fatto che avessero una straordinaria alchimia nel momento in cui facevano scherzi o si prendevano gioco di qualcuno; prima di incontrare il capitano della Fukurodani, Kuroo, non aveva mai trovato nessuno che fosse sulla sua stella linea d'onda in quanto ad idiozia.
Avevano controllato accuratamente i turni che i ragazzi della Karasuno avevano fatto per utilizzare le docce e avevano riempito un secchio di farina e tè solubile, che Koutarou aveva portato con fierezza fino al bagno.
«Quattrocchi dovrebbe essere dentro adesso» sentenziò con tono serioso rivolto a Kuroo che annuì scambiando con l'amico uno sguardo di intesa:
«L'ho visto entrare».
Aprirono lentamente la porta del bagno e spensero la luce, la voce di Tsukishima tuonò: «Riaccendete la luce!»
Kuroo e Bokuto ebbero così la conferma che la loro vittima era nel luogo in cui loro si aspettavano che fosse, sentirono poi un suono di passi avvicinarsi alla loro direzione e Bokuto venne percorso dal un brivido adrenalinico, che soltanto il fare scherzi poteva fargli provare.
“BOOM” accompagnando i loro movimenti con un urlo, Kuroo e Bokuto, afferrando il secchio da un lato e dall'altro ne lanciarono il contenuto addosso a Tsukishima...O per lo meno, a quello che credevano fosse Tsukishima.
Infatti, quando la luce nel bagno venne riaccesa e i due capitani si voltarono a controllare chi fosse stato a premere l'interruttore, videro il biondo occhialuto. Impiegarono qualche secondo per racimolare il coraggio necessario a voltarsi per controllare chi si fosse trovato quella mistura di polveri appiccicate addosso.

«Non avevo mai, mai riso così tanto in vita mia» disse Kuroo bevendo un sorso del suo caffè – ok, non era Tsukki, ma la faccia di Kageyama era comunque impagabile!»
«Non avevo mai visto una persona tanto incazzata in vita mia, davvero! Sembrava che gli stesse per uscire del fumo dal naso» aggiunse Bokuto, mentre faceva una mediocre imitazione della faccia di Kageyama quando si era trovato completamente ricoperto di farina poco dopo aver finito di lavarsi.
«Mettere del tè solubile assieme alla farina è stato davvero un tocco di classe, Kageyama ha puzzato di tè verde per tutto il giorno dopo».I tre ragazzi si trovarono a ridere sguaiatamente, chi si aspettava che ci fosse anche Kageyama nel bagno in quel momento.
Daichi rischiò di farsi andare di traverso il caffè:
«Io...Io mi ricordo della sera in cui vi siete dovuti baciare!»
«CHE SCHIFO, AVEVO RIMOSSO QUEL RICORDO» gridò Kuroo passandosi una mano tra i capelli con un'espressione sconvolta sul volto.
«Mi stai dicendo che faccio schifo?! Non ti rendi conto di quale onore sia poter baciare uno come me?» obbiettò Kobuto.

Kuroo sapeva bene che coinvolgere Yamamoto e Tanaka nell'idea che gli era venuta in mente sarebbe stato fin troppo facile, ma non si aspettava che anche le manager si sarebbero davvero lasciate convincere, anche se, con la sua voce delicata, Shimizu si era avvicinata a lui per sussurrargli un: «dovresti temere il karma».
«Stasera si gioca al celeberrimo gioco della bottiglia!» Shimizu e le altre ragazze si erano già sedute al tavolo e i quattro ragazzi non poterono fare a meno che sentirsi a disagio di fronte all'espressione risoluta della manager della Karasuno che sembrava davvero avere in mente qualcosa.
Vedendo il gruppo di giovani seduti attorno al tavolo, gli altri ragazzi che passavano di lì, finivano per fermarsi per controllare che cosa stessero per fare.
«Comincio io!» Con tono autoritario, Kuroo, prese la bottiglia, la mise al centro del tavolo e la fece girare.
Fece un giro su se stessa, poi un altro, e poi un altro ancora, durante il quale cominciò a rallentare. Il tappo puntò tutti i presenti attorno attorno al tavolo, fino a quando non si fermò indicando la persone seduta a fianco a Kuroo: Bokuto.
I due si scambiarono uno sguardo scocciato e prima che potessero fare qualunque commento, fu Shimizu a parlare:
«Obbligo o verità?» La ragazza era arrossita violentemente, ma il suo sguardo era tutt'altro che imbarazzato.
Kuroo e Bokuto si guardarono ancora annuendo: «obbligo».
«Kiss».
Incrociando le braccia sul petto la ragazza guardò i due diventare a dir poco paonazzi, così come gli altri presenti, per poi fissarsi con aria disperata come se stessero per andare al patibolo.
«Dobbiamo farlo, sono le regole» farfugliò Bokuto guardandosi attorno, mentre nella stanza era calato un pesante silenzio.
Kuroo sporse le labbra in avanti tenendo gli occhi socchiusi, l'amico lo imitò con aria schifata e prima che le loro labbra si toccassero per una frazione di secondo, ad entrambi parve che il tempo avesse cominciato a scorrere a rallentatore: «Bokuto fai schifo, non ti guarderò in faccia mai più», commentò Kuroo pulendosi la bocca con la manica della maglia.
«Nessuno vi ha detto di baciarvi sulle labbra comunque...» Le parole di Shimizu accompagnarono una fragorosa risata proveniente da tutti i presenti. Nishinoya e Tanaka guardarono la loro manager con profonda ammirazione.
«TOCCA A ME» Yamamoto prese coraggio ed afferrò la bottiglia facendola girare di nuovo, mentre altri ragazzi, attirati dal vociare, raggiunsero la stanza.
Uno, due, tre giri ed il tappo tornò impietoso a puntare Bokuto.
«Obbligo o verità?» Fu Tanaka a parlare, stentava a trattenere le risate di fronte allo sguardo sconvolto dell'amico della Nekoma.
«No, no no...Mi tiro fuori, mi sono già stancato di questo gioco!» Yachi rise di gusto e Yamamoto si alzò dalla sedia di scatto.
«Tu – Kuroo indicò Shimizu – tu hai qualche potere oscuro».
«Il tavolo». Rispose semplicemente lei alzandosi, mentre le altre ragazze la imitavano.

«Il tavolo è inclinato» Kuroo arricciò le labbra per imitare Shimizu, Diachi rise. Era sempre stata una ragazza sveglia, sempre qualche passo avanti agli altri e la cosa non faceva che aumentare il suo fascino. Sawamura non sapeva come andassero le cose tra lei e Tanaka, ma era rimasto piacevolmente sorpreso quando apprese la notizia che il suo amico fosse davvero riuscito a convincerla a dargli una chance, dopo tutti i rifiuti che aveva ricevuto al liceo.
«E Kenma? - Chiese di punto in bianco Bokuto, mentre si sistemava meglio a sedere e appoggiava la schiena sul cuscino alle sue spalle – Credevo che sarebbe venuto con voi».
«AH! Sì, ecco. Perdonalo, ha avuto problemi a lavoro, ma...Mi ha detto di darti questo» Kuroo tirò fuori dalla sua tracolla un sacchettino contenente una console portatile con qualche gioco.
«Non ti puoi di certo aspettare di ricevere un mazzo di fiori quando si tratta di Kenma» i ragazzi si scambiarono un sorriso, Daichi aprì la bocca per dire qualcosa, ma proprio in quel momento una donna si affacciò dalla porta «mi dispiace interrompervi – disse – ma l'orario delle visite sta per terminare».

Daichi e Kuroo si affrettarono a salutare l'amico e a raccogliere le proprie cose.

L'estate a Tokyo era torrida quel giorno, quasi quanto lo era una decina di anni prima quando erano tutti assieme al campo di allenamento estivo durante il loro terzo anno di liceo.
A Kuroo non piaceva guidare in città, anzi, non gli piaceva guidare in generale, ma in quell'occasione aveva fatto lo sforzo di prendere l'auto per raggiungere l'ospedale, Tirò fuori le chiavi ed aprì la macchina, si mise a sedere al posto di guida, aspettò che l'amico entrasse nell'auto a sua volta, mise la cintura di sicurezza e accese la radio.

Ci vediamo domani!” potremmo dire...
Possiamo andare per la nostra strada, ma non saremo mai davvero distanti, amico mio.
La forza necessaria per vivere candidamente e proprio come sei, e ...
Le cose non ci si può mai permetter di perdere, esistono proprio qui.

«RADIO DI MERDA» urlò Kuroo abbassando il volume di fretta per poi afferrare con cattiveria il volante.
«Ti senti bene?» La risposta alla domanda di Daichi era più che scontata, ma il ragazzo non aveva trovato modo migliore di rivolgersi all'amico.
Kuroo era davvero un bravo ragazzo, all'inizio poteva dare l'impressione di essere un idiota qualunque, ma quando diceva di se stesso che era “un tipo gentile”, non faceva altro che dire la verità.
Quante volte era stato sveglio a fare compagnia a Daichi che passava le notti insonni a studiare durante gli anni dell'università? Aveva fatto di tutto per riuscire a convincere Kenma a tentare di inseguire il suo sogno di lavorare nel mondo dei videogiochi e probabilmente, senza il supporto di Tetsuro, si sarebbe arreso senza neanche provare.
In quel momento aveva gli occhi lucidi, le mani strette sul volante e la testa china. Aveva tenuto alte le sue difese fino a quel momento, continuando a comportarsi come se nulla fosse per nascondere le sue fragilità, come faceva di solito, ma, Daichi ne era certo, quando aveva ricevuto il messaggio di Akaashi che lo informava che Bokuto era stato ricoverato e avrebbe dovuto sottoporsi ad una serie di pesanti terapie e ad una operazione chirurgica molto rischiosa, qualcosa in Kuroo si era incrinato.
«Hai notato quanto è dimagrito? Non lo vedevo da mesi, ma...Ma non credevo che fosse diventato così. E, dannazione, calvo sta proprio male! - il moro cercò di far suonare quelle ultime parole come una battuta divertente, ma il suo tono di voce lasciava trapelare una profonda tristezza – Bokuto è un tipo a posto, non si merita di passare tutto questo».

Sai, voglio davvero ringraziarti di cuore per tutto...
Fin da quando eravamo bambini, continuo a contare su di te da adesso in poi.
Insomma, com'era allora, essere nati in un paese e...
Giocare ad ogni sorta di gioco pazzo e assurdo e tutte le cose sciocche che abbiamo fatto, è stato divertente. Sono contento di tutte le cose che abbiamo fatto.

«Sai, Tetsurou, ci sono cose preziose che non vogliamo perdere, mai. Ricordando quell'estate, non avresti voluto essere ancora là? Nessuna preoccupazione se non quella di allenarsi e dare il meglio di sé sul campo. Non vorresti essere ancora a giocare tutti assieme? Il tempo passa però. Non sarebbe triste la vita se tutto andasse sempre come vorremmo? Ci sono cose che non possiamo controllare, ostacoli da affrontare e...Non abbiamo il potere di opporci alla vita stessa».
Kuroo annuì mestamente.
«A volte fa male dover usare tutte queste energie solo per andare avanti e svegliarsi la mattina con un sorriso, ma non si hanno tante alternative. La sai una cosa che ho imparato in questi anni?»
Il ragazzo seduto al posto di guida scosse la testa.
«Non bisogna mai fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Non avere paura che tutto vada per il verso sbagliato, passato questo inferno, Bokuto sarà una persona ancora più forte di prima».
Kuroo si voltò per guardare l'edificio alle sue spalle. Non poteva sapere come stesse il suo amico durante le lunghe notti solitarie passate dentro all'ospedale, non poteva sapere se riusciva a dormire, a che cosa pensava per farsi forza quei giorni in cui l'ago della flebo piantato nel braccio bruciava più del solito, o in quelli in cui il suo corpo era così debole da impedirgli di riuscire a fare le piccole cose con le sue forze. Non poteva saperlo e forse non voleva.

La realtà è difficile...Non puoi continuare sempre ad inseguire i tuoi sogni...
E per questo abbiamo provato a crescere in fretta.
Inoltre, noi volevamo davvero togliere un po' di peso dalle spalle dei nostri genitori, quindi...
Mentre avevamo intenzione di diventare più forti, abbiamo solo agito da persone forti per tutto questo tempo.

Il moro si passò più volte le mani sul volto, ma finì col mettersi a piangere silenziosamente. Doveva calmarsi o non sarebbe riuscito a guidare. Era da tempo che la vita non gli sbatteva in faccia il suo lato più crudele e, pensando a Bokuto, non poteva far altro che sentirsi in colpa per quel sentimento di disperazione che provava in fondo all'animo.
Che diritto aveva lui di sentirsi così...Non era lui quello in un letto di ospedale, non era lui che stava fisicamente male. Il suo dolore era un becero frutto dell'egoismo. Lui aveva paura di rimanere senza il suo amico, di perdere il compagno di tante risate, la persona alla quale rivolgersi in qualunque momento per potersi fare delle sonore risate.

«Andrà tutto bene».

Daichi gli mise una mano sulla spalla e strinse forte la presa, come a volergli far sentire forte e chiara la sua presenza.
«Io non...Non dovrei stare così, io...» Daichi scosse la testa e sospirò. L'ex capitano della Karasuno riprese a parlare, la sua voce ferma e rassicurante era ciò di cui Kuroo aveva bisogno in quel momento. Gli balenò addirittura nella mente il fatto che se stesse ancora giocando in una squadra di pallavolo avrebbe voluto avere un capitano come lui, in grado di dire e fare sempre la cosa giusta, nel momento più opportuno.
«Sei un ottimo amico e sei una brava persona. Il pensiero della morte non grava solo sulle spalle di coloro che rischiano di doverla affrontare in prima persona, ma anche su tutti coloro che a questa persona vogliono bene. Tu tieni a Bokuto, anche io tengo a lui, quindi abbiamo paura. Se gli dovesse capitare il peggio, sarà difficile per tutti, probabilmente...In fin dei conti, è addirittura più difficile per coloro che restano, piuttosto che per coloro che se ne vanno».
Kuroo mise in moto l'auto, faceva davvero un caldo terribile, come in quelle estati durante gli allenamenti quasi dieci anni prima, abbassò il finestrino, guardò l'immagine riflessa sullo specchietto retrovisore e si augurò con tutto il cuore, con tutta la forza che aveva in corpo, di non dover più tornare in quell'edificio che si stava lasciando alle spalle per poter di nuovo ridere e ricordare con uno dei suoi più cari amici una delle estati più belle della sua vita. 

[dolenti e doverose note d'addio: sentimenti di vita vissuta e anche no. "Tristezza a palate" per citare Mariottide, maestro di vita. La canzone che cito verso la fine è "My friend" degli SPYAIR, tradotta di merda da me medesima da una traduzione in inglese - mi rendo conto che suoni malissimo scritta così, ma questo è ciò che passa il convento, spero che tu mi voglia perdonare. Ad ogni modo, un ennesimo no-sense prodotto dalla mia testina di froma fallica. Se sei giunto fino a qui, sappi che hai tutta la mia ammirazione, anche se aver la mia ammirazione non è nulla di speciale. Baci, abbracci e granite alla menta, salut-]

  
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