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Autore: gaudium    13/07/2014    3 recensioni
E allora rimane sola. Con le mani fredde bisognose di un contatto e tanti ricordi che fluttuano nella mente.
Mancare.
Mancarsi.
E abituarcisi.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Le mancanze delle due di notte sono peggiori di tutto il resto. Voglio dire, se qualcuno ti manca di giorno è più che normale. Ma se ti ritrovi la notte a stare sveglio e a navigare nei ricordi, allora significa che non hai solo persoqualcuno di importante. Stai perdendo un po’ te stesso."










A pensarci non le manca.
Mancare.
È uno strano verbo, con il quale ci ha fatto l'abitudine.
Ecco. 
Mancare.
Detta tante volte la parola inizia a perdere significato.
Mancare.
Mancare.
Sembra un insieme di lettere alla rinfusa. 
E invece di significato straborda. 
Mani intrecciate, respiri sincronizzati, baci rubati, brividi.
Brividi.
Parole sussurrate, movimenti lenti, lingue danzanti, lacrime nascoste. 
Imprecazioni silenziose, pugni ad una porta, grida soffocate.
Mancare.
Ecco, le mancano quelle azioni.
Mancano nel senso che non appartengono più alla sua vita. 
Mancano nelle sue abitudini, nella sua routine. E lei non se ne capacita.
Come ci si può abituare ad una assenza? 
Lei lo sa.
Si è abituata ormai alla mancanza di abbracci paterni, fischiettii per casa, baci sulla fronte. 
La barbetta che le sfiora la guancia, l'auto che la accompagna a tennis, la tv sintonizzata su una partita di calcio. 
Ecco si è abituata alla mancanza del padre. 
Sa che adesso per parlare con lui deve pronunciare le sue parole davanti ad una lapide.
Sa che non c'è risposta quando pronuncia il suo nome.
Che le sue camicie non devono più essere stirate, che non si deve più pagare l'abbonamento delle riviste dello sport, che la macchina che la accompagna a fare tennis non è la stessa e che quando apparecchia, deve farlo per due. 
Sa che non voleva andarsene, suo padre. Sa che gli vuole bene.
Sa anche che adesso non ci soffre come tre anni prima.
Ma questa mancanza è diversa. 
Perché se pronuncia il nome di Harry sa che ci sarà una persona che alzerà lo sguardo.
Perché quella mancanza la brucia dentro, la manda in paranoia, le fa fissare il soffitto bianco tutta la notte. 
La fa svegliare con la nausea. 
Quell'assenza le riempie la testa e le fa venire la pelle d'oca.
Mancare. 
Le mancano le labbra di Harry sulle sue, le loro risate, i loro "ti amo" detti alla rinfusa. I loro corpi uniti. Le mani nei suoi capelli, il profumo di casa sua, il suo nome sul suo cellulare.
E la cosa più lancinante è che Harry è li, davanti a lei, e va avanti con la sua vita. 
Lui ha scelto di lasciarla. 
E a lei manca, e al diavolo tutte le convinzioni e il finto cuore di ghiaccio, perché ormai la storia della ragazza di pietra non regge più. 
Perché lei lo vorrebbe di nuovo sotto casa con una busta di ciambelle tra le mani.
Ma l'ingresso di casa sua è vuoto. 
E il cellulare spento, il corpo freddo.
In casa ci sono solo due persone e fuori c'è una sola macchina.
Va a piedi a scuola e le ciambelle non le mangia più.
Non vede più camice in casa e neanche felpe della stüssy buttate ai piedi del suo letto insieme ad altri vestiti. 
Non sente più le partite di calcio alla tv provenire dal soggiorno e neanche un canticchiare soave accanto a lei dopo aver fatto l'amore. 
Sente la mancanza, ma non l'assenza.
Perché magari spera di sentire di nuovo l'odore di erba e ciambelle accanto a lei, e quello di suo padre fuori in corridoio.
Magari si addormenta con questa convinzione. 
Ma poi si sveglia e capisce che è un sogno. 
E allora va avanti, perché ne ha passate tante e non fa niente se le ciambelle non sono all'ingresso. 
Si ferma a comprarle da sola, mentre va a tennis a piedi, avvolta nel profumo maschile del padre a cui è stata abituata dall'infanzia. 
E allora capisce che è ora di voltare pagina mentre affonda i denti nel dolcetto decorato rispondendo a un messaggio di un certo Niall che vuole uscire con lei dopo.
E sorride.
  
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