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Autore: mairileni    14/07/2014    3 recensioni
[Prima classificata nel contest: "Blackout Slash - Chiusi in Ascensore" di PurpleMally]
Non è possibile.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte! Alors, intanto vi ringrazio per il grande seguito di Chiamate (e anche delle altre storie - ciao Giulia, ciao Nick)! Ultimamente mi sembra che il sito sia un po' morto, ma voi mi state comunque sostenendo in tante *si toglie il cappello ipotetico e vi lancia fiori ipotetici*. 

Come detto, questa è una OS che ho scritto per il contest che si intitola: "Blackout Slash Contest - Chiusi in Ascensore", indetto dal giudece PurpleMally e che scade, udite udite, OGGI! Quindi che ansia, ho appena inviato la mail e spero di aver fatto un buon lavoro ç_ç! Troverete lo slash, troverete il blackout e troverete i cari Mollamy chiusi in ascensore - ho riscritto questa frase ottocento volte ed è sempre uno schifo, quindi ora la taglio così impara. Ditemi che ne pensate, se ne avete voglia, perché a me fa sempre piacere da morire!

DISCLAIMER: il seguente scritto non è stato pubblicato a scopo di lucro e non ha alcuna pretesa di veridicità sui fatti narrati o sulle persone realmente esistenti a cui si ispira.

PS. Essendo stata un po' impegnata con questo contest che ho scoperto all'ultimo minuto, non ho fatto in tempo a rispondere alle vostre recensioni, ma lo farò ora, subitissimo, all'istante! Mi catapulto, vado - scusate, non so cosa mi prenda, sono un po' su di giri per l'ansia.

Infiniti cuori,

 

pwo_

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IMPREVISTI

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 00.29

 

 

- Brian, hai intenzione di fare un buco nel muro?

Si volta verso Stef soltanto per rivolgergli un’occhiataccia assassina e torna a pigiare ossessivamente il pulsante di chiamata dell’ascensore.

- Questo coso non accenna ad arrivare -, si giustifica. – E poi, tu non dovevi andare a una festa?

- Anche tu, in teoria.

- Quel Johnson mi sta sul cazzo.

- Ma si dà il caso che quel Johnson sia il proprietario di una grande casa discografica interessata a firmare un contratto con la nostra band. Accettare il suo invito mi sembra una cosa educata, oltre che il modo migliore per non iniziare con il passo sbagliato.

Brian passa in rassegna le informazioni appena ricevute, scarta quelle di poco conto, torna a rivolgersi alle porte chiuse dell’ascensore e pigia nuovamente sul pulsante di chiamata.

- Non verrò -, conclude semplicemente. - Quel Johnson mi sta sul cazzo.

Stef riserva un profondo sospiro al soffitto.

- Allora arrangiati. Io ci vado.

- Ciao.

Prima di infilare la porta d’ingresso dell’albergo, Stefan si gira verso Brian per l’ultima volta.

- Brian, senti, si sarà bloccato! Prendi le scale!

- Sono un fumatore incallito, la mia stanza è al quarto piano e più dell’attività fisica mi sta sul cazzo solo quel Johnson che stasera darà la festa a cui hai tanta premura di recarti. Quindi no, non prenderò le scale.

 

 

 

 

 

 

Ore 00.30

 

 

Non è possibile, pensa, mentre Matthew Bellamy gli si avvicina allegramente, una mano alzata per salutarlo e l’altra nascosta in una tasca della giacca.

- Penso che prenderò le scale.

- Brian, che sorpresa! Anche tu qui?

- No, sono un sosia. E ora, come ho già detto, penso che prenderò le scale. Con permesso.

Fa per sorpassare la figurina sorridente e scarmigliata di un Matt che ha tutta l’aria di essere appena tornato da uno dei tanti pub che costellano il suolo dublinese, ma viene bloccato.

- Smettila di scherzare, che ci fai qui? -, chiede Matt, conviviale.

Non sembra voglia fargli la guerra, e questo Brian l’ha capito e archiviato. Cerca di riflettere velocemente: da un momento all’altro si è ritrovato davanti all’ascensore di un albergo irlandese, faccia a faccia con un imprevisto accadutogli qualche mese prima. E tale imprevisto pare anche in vena di conversare amabilmente. Non è possibile, conclude. Scocca un’ultima occhiata sconfitta ai primi gradini delle scale e si chiede se sia in grado di usare quelle. No. O meglio, può provare, ma gli sembra quasi di poter già vedere il suo stesso corpo accasciato, morto per lo sforzo immane, sull’ultimo gradino della prima rampa.

- Brian? Hai intenzione di dirmelo?

- Affari -, lo accontentò. - E tu non dovresti trovarti su un palco scenico davanti a un numero indefinito di persone dai dubbi gusti musicali?

Matt ride.

- No, sono in pausa, dal tour. Sono venuto qui a Dublino perché nello studio di registrazione che c’è a Temple Bar lavora un mio vecchio amico, e ci vedremo domani per un pranzo.

- Interessante -, lo smonta Brian, sarcastico, prima che un sonoro tin notifichi che l’ascensore è finalmente arrivato.  

 

 

 

 

 

Ore oo.31

 

 

- Piano?

- Quarto.

- Oh, anch’io sto al quarto piano! Strano non esserci visti prima! In che stanza ti hanno messo?

- Non ci provare nemmeno, Bellamy.

 

 

 

 

 

 

Ore 00.32

 

 

Il piccolo schermo dell’ascensore fa appena in tempo a segnalare che anche il secondo piano è stato superato, quando la luce sfarfalla per qualche secondo e infine si spegne, accompagnata da un inquietante rumore metallico. Inizialmente, nessuno dei due commenta, perché entrambi sono troppo impegnati a formulare lo stesso identico pensiero: Non è possibile. Brian, in particolare, non vuole nemmeno credere che ce ne sia l’eventualità. È Matt a rompere il silenzio.

- Brian, pensi che…?

- Sì, Matt, penso che.

Silenzio.

Silenzio.

- Qualche idea?

- Nessuna.

- Sarà stato un blackout.

- Probabile.

- Ci fosse almeno la luce.

 

 

 

 

 

 

Ore 00.42

 

 

Gli giunge all’orecchio uno sfrigolio, poi la faccia spigolosa di Matt compare dietro alla blanda fiammella di un cerino.

- Mi vedi?

Sulle prime, Brian non sa se scoppiare a ridere o a piangere. Sbatte le palpebre qualche volta, sceglie la terza opzione.

- CHE CAZZO ME NE FREGA DI VEDERTI?!

- Non so, magari ti infastidisce parlarmi senza potermi vedere in faccia.

- Bellamy, è il parlarti, che mi infastidisce, che ti veda o meno è superfluo. E comunque non ti stavo parlando.

La fiammella si estingue da sé, il viso di Matt torna a essere inghiottito dal buio.

Silenzio.

Silenzio.

- Allora non ne accendo un altro?

- ...

- Brian?

- Cristo, lasciami stare e fa' come credi!

Matt ci pensa su, e conclude che della luce, anche se poca, servirà, specie se la prospettiva è quella di intrattenere una conversazione con Brian, uno che parla molto di più con il corpo che con la bocca. Sguaina nuovamente la scatoletta dei fiammiferi dalla tasca e ne cerca l'apertura a tentoni.

- Ah, cazzo!

L'imprecazione che Brian sente arriva corredata da un piccolo tonfo.

- Ti è caduta, non è così? -, chiede.

- La trovo, la trovo.

Si sente toccare un piede, alza gli occhi al cielo. Come al solito, dovrà risolvere la situazione personalmente. Estrae il telefono dai jeans e aziona la torcia, un fascio di luce che rivela la raccapricciante figura di Matt, accartocciato per terra con le mani protese verso pavimento a pochi centimetri da ciò che cerca — una figura che forse sarebbe stato meglio non rivelare.

- Oh, la torcia! Non ci avevo pensato! Bravo, Brian!

- Grazie, Bellamy.

 

 

 

 

 

 

Ore 00.49

 

 

- Ehi, Brian, ora che ci penso, una volta, quando ancora stavamo assieme, l'avevamo fatto proprio in ascensore, ti ricor...?

- No.

- Ma sì, dai, stavamo tornando dal cinema!

- Taci, Bellamy, per l'amor di Dio, taci!

 

 

 

 

 

 

Ore 01.02

 

 

Nuovo messaggio: Matt

Ciao ciao ciaaaaoooo!

 

- Bellamy, sono a mezzo metro da te, si può sapere che cosa cazzo stai facendo?

Matt ride.

A Brian fa un po’ male. Improvvisamente si è ricordato di quanto gli sia mancato il suo modo di ridere.

- Brian! Ma allora non hai cancellato il mio numero!

Non risponde.

 

 

 

 

 

 

Ore 1.24

 

 

- Matt.

- Mh?

Brian odia doverlo dire, ma l'avere un problema senza potersene lamentare con qualcuno non rientra tra i suoi talenti.

- Tu stai respirando bene?

- Benone. Che succede, ti senti male?

Preoccupazione sincera. Brian la registra meccanicamente, così come si accorge anche che se Matt fino a un attimo fa tamburellava con un dito sulla parete dietro di sé, ora ha smesso.

- Sì, sto bene.

- Fai fatica a respirare?

- Matt, sto bene, accidenti! Chiedevo e basta.

Silenzio.

Silenzio.

- ... Comunque, in caso tu faccia fatica a respirare e dico, solo in caso, apri bene le spalle, inspira con la bocca ed espira con il naso. Solo in caso.

Brian pensa a qualche risposta acida da sputargli contro con disprezzo, non ne trova nessuna.

Si limita ad aprire bene le spalle, inspirare con la bocca ed espirare con il naso. 

 

 

 

 

 

 

Ore 1. 28

 

 

- Che cosa stai facendo, adesso, Bellamy?

Esasperazione. Matt la avverte nella voce di Brian. E dire che non stava facendo nulla di male, ma Matt ha la caratteristica di risultare piuttosto rumoroso, quando non fa nulla di male. Ad ogni modo smette di armeggiare e si volta verso di lui.

- Sto cercando di vedere se c’è un varco, sul soffitto dell’ascensore -, spiega. - Perché in tal caso, se riusciamo ad aprirlo, è fatta.

- Cosa, “è fatta”, Bellamy, cosa? Tu sei fatto. Dio, questo cerca un varco! Un varco spazio-temporale, ci vorrebbe, per te, ecco cosa ci vorrebbe! Un varco che ti catapulti in un’epoca qualsiasi, purché lontana dalla nostra!

- Senti, Brian…

- Guarda che non è che se usi un tono seccato fai più paura.

- No, ora mi ascolti. Se troviamo un varco sul tettuccio di questo affare, almeno possiamo arrampicarci e uscire.

- E una volta usciti, ammesso che questo varco, come lo chiami tu, ci sia e si possa aprire, che cosa facciamo? Ci arrampichiamo sulla corda dell’ascensore come James Bond? Spariamo un colpo in aria per attirare l’attenzione? O magari ci facciamo una bella foto ricordo e poi torniamo dentro! Che idiozia! 

Matt scoppia a ridere, e lo fa in un modo talmente genuino e contagioso che Brian non può che imitarlo, ridere a sua volta, anche se non capisce cosa ci sia di tanto divertente nell’essere bloccato in un ascensore in cui, tra la compagnia forzata di un ex e l’aria che scarseggia, quest’ultima non è la disgrazia peggiore.

- … Sì. Hai ragione. Mi sono accorto che era un’idea stupida mentre lo dicevo.

- Hai visto troppi film di 007, Matt.

- Oh, sì, decisamente. Ti ricordi di quando ti avevo costretto a vederne tre di seguito, a casa mia?

- Mi hai segnato a vita.

- Intanto sei rimasto lì, senza mai alzarti, per tutto il tempo.

- E ci credo, che sono rimasto lì! Avevo un piede rotto, e tu mi avevi nascosto le stampelle -, strilla Brian.

Matt ride ancora, Brian ci casca per la seconda volta e lo segue a ruota. Era una delle tante cose che lo avevano colpito di lui, quasi un anno prima. Matt è uno che se ne frega di quello che dice o di come lo dice; Matt, se deve parlare, parla e basta. Sarebbe un’abitudine carina, se solo l’effetto collaterale non fosse lo sgretolamento del personaggio che Brian, invece, ha tanta cura di mantenere impeccabile.

Ogni volta, per lui, parlarci è una scommessa con il proprio autocontrollo. È come giocare a Monopoli e finire sulla casella gialla con quel grosso punto di domanda al centro: imprevisti.

 

 

 

 

 

 

Ore 01.34

 

 

-  Teatro.

- Come dici?

- Ti ricordi male: quella volta che l’abbiamo fatto in ascensore, tornavamo da un teatro, non da un cinema.

- … Hai visto che te lo ricordavi, Brian?

- No.

- Cosa vuol dire: “No”?

- Vuol dire: “Taci e smettila di gongolare”.

- Non sto gongolando!

- …

- Ok, magari un pochino sì.

 

 

 

 

 

 

Ore 1.45

 

 

Le dita di Matt tamburellano fastidiosamente contro la parete su cui ha appoggiato la schiena, di nuovo, e lo sguardo inceneritore di Brian non può avere alcun effetto, con quel buio. Come se non bastasse, Brian ora sente il bisogno impellente di fumare una sigaretta. Lo dice.

- Sento il bisogno impellente di fumare una sigaretta.

- E fumala.

- Sì, così moriamo intossicati.

Matt gonfia il petto, assume un’aria petulante come a dire: “Modestamente,  sai”, e a Brian non serve che l’ascensore sia illuminato, per capirlo. Gli basta ascoltare la frase che si sente rivolgere subito dopo, per immaginarselo. Come se non ti conoscessi, pensa.

 - Be’, sarebbe insostenibile. Per il mondo, dico, sarebbe insostenibile perdere un grande artista musicale, di fama internazionale, bello e talentuoso come…

- Me. Su questo vedo che siamo d’accordo. Matt, hai detto una cosa intelligente! Sei sicuro di star bene? Vuoi sdraiarti?

- Ah-ah, Brian, ah-ah. Molto divertente. E comunque stavo parlando di me. E poi, se proprio vogliamo...

- Inginocchiati.

Silenzio.

Silenzio.

- Mi hai sentito, Bellamy? Renditi utile, inginocchiati!

- … Ma… Brian -, lo apostrofa Matt con voce allusiva, - sei proprio uno sporcaccione! Ma mi piaci quando prendi l’iniziat…

- MA CHE CAZZO HAI CAPITO?! Leva quelle tue manacce schifose dalla mia cintura! Dio santo! Ma io non lo so!

Brian lo allontana con uno spintone e si copre il cavallo dei pantaloni, in un gesto che racchiude in sé qualcosa di infinitamente infantile e tragicamente teatrale assieme.

- Ah, ho frainteso? -, chiede Matt, dall’altra parte.

- HAI FRAINTESO SÌ! Tu ti inginocchi, ti metti a quattro zampe, io ti salgo sulla schiena e cerco di aprire questo famoso varco che ti piace tanto, così potrò fumare in santa pace senza impestare l’aria dell’ascensore!

- Oooh… adesso ho capito.

- Alla buon’ora!

- Però devi ammettere Brian, che, dal modo in cui l’hai detto, aveva tutta l’aria di essere una proposta oscena.

- Taci, Cristo, taci! E aiutami a mettere in atto l’unica idea sensata che le pareti di questo ascensore abbiano avuto modo di sentire da quando siamo qui.

 

 

 

 

 

 

Ore 1.49

 

 

- Ci arrivi?

- Sì. Però non riesco a vedere se c’è un qualche blocco, o una serratura, o qualcosa del genere. Fammi luce con la torcia del telefono.

- “A quattro zampe!”, “Più in alto!”, “Fammi luce con la torcia del telefono!”. Magari vuoi anche che nel frattempo prepari due belle tazze di tè, Brian?

- Per me deteinato, se possibile.

 

 

 

 

 

 

Ore 1.53

 

 

Clac.

Matt lo ha sentito chiaramente. Cerca di voltare la testa il più possibile, ma non riesce comunque a vedere nulla. Ha posato il cellulare davanti a sé con lo schermo rivolto verso il pavimento, e il fascio di luce della torcia lo acceca.

- Ce l’hai fatta? -, chiede.

- Sì. Riesco a sporgermi fino a metà petto.

- Vedi qualcosa, fuori?

- No.

Rumore di accendino.

- Forza, Brian, scendi, mi si sta spezzando la schiena!

Rumore di Brian che espira voluttuosamente il fumo della sigaretta. Perché è importante precisare che Brian fa rumori diversi, a seconda che butti fuori il fumo voluttuosamente oppure tanto per fare.

- Brian, cazzo, scendi!

- No.

- Brian, giuro che se non scendi mi muovo e ti faccio cadere!

- Dato quanto la mia band è migliore della tua, il movente per uccidermi ce lo avresti.

- Brian, non sto scherzando.

- Fa’ fumare questo povero vecchio in pace, Bellamy.

- Non sei vecchio.

- Taci.

- Ma era un complimento! Accidenti, Brian, si può sapere quali sono le cose che posso dirti senza che tu mi zittisca?

- Nel dubbio, tu taci.

 

 

 

 

 

 

Ore 1.54

 

 

La sigaretta di Brian si è consumata fino al filtro. È sempre stato piuttosto veloce, a fumare, ma questa volta si è decisamente superato. Sarà che la presente situazione lo innervosisce, un po’ a causa di quell’inevitabile accenno di claustrofobia che chiunque proverebbe, dopo un’ora e mezza passata in un ascensore bloccato, un po’ a causa di...

- Mi scusi il disturbo, signor Molko, ma mi saprebbe dire a che punto è con la sua Marlboro?

Appunto.

- Uh, non sono nemmeno a metà, signor Bellamy! Abbia pazienza, sa, ma io sono solito fumare con calma!

- Non ci credo nemmeno se mi paghi, stronzo, le sigarette fai appena in tempo ad accenderle che le hai già finite! Scendi subito!

- Mi piace, qui.

- Mi si spacca la schiena!

- No.

- l’hai voluto tu, Brian.

Si sbilancia da un lato, e Brian fa appena in tempo a socchiudere le labbra per liberare un’imprecazione poco elegante, che crolla rovinosamente a terra, a peso morto sul corpo di Matt. Resta sdraiato su di lui in quella posizione grottesca per qualche secondo, prima di riuscire a formulare una frase sensata.

- MA CHE CAZZO FAI?! Sei impazzito?! Mi si poteva spezzare l’osso del collo! Brutto deficiente, imbecille, coglione…

 

 

 

 

 

 

Ore 1.55

 

 

… stronzo, ripugnante, schifoso, testa di cazzo di un cretino patentato!

- Accidenti, Brian. Vai forte, con i sinonimi.

- E TACI!

Matt ridacchia. Sembra non sappia fare altro, Brian si ricorda anche di questo. In particolare, di una volta in cui, a casa sua, avevano letto su internet un articolo che, basandosi su una foto di loro due insieme, ipotizzava un possibile rapporto sentimentale che li legasse. Anche allora, quando la catastrofe poteva dirsi prossima, Matt aveva preso a… neanche a ridere. A ridacchiare.

- Stai bene?

Si sente passare una mano sulla guancia. In un certo senso, la cosa lo infastidisce, ma non abbastanza da non permettere che accada. Si prende la sua carezza e non risponde.

- Brian? Dai, sul serio, stai bene?

- No che non sto bene!

- Scusami, è stato stupido.

Matt lo abbraccia, lo culla goffamente, gli posa un bacio leggero sulla fronte. La rabbia di Brian si è illanguidita, ma lui cerca di non darlo a vedere.

- Che cosa stai facendo?

- Mh?

- Matt, che cosa stai facendo? Cosa hai intenzione di fare?

- Io? Niente.

- … Sì. Lo so io come vanno a finire i tuoi: “Niente”.

 

 

 

 

 

 

Ore 1.58

 

 

Hanno passato gli ultimi tre minuti così, grezzamente attorcigliati l'uno con l’altro sul pavimento; Matt accarezza Brian distrattamente, Brian finge di non accorgersene e lo lascia fare, perché tutto sommato non è così spiacevole. Si sistema più comodamente su di lui, con malagrazia.

- Brian, cosa stai facendo? Che hai intenzione di fare? -, lo scimmiotta Matt, e quando Brian gli posa una mano sulle labbra, per farlo star zitto, le trova stirate in un sorriso.

Ci pensa solo per qualche secondo, perché teme che se rifletterà troppo non troverà più il coraggio di farlo. Lo bacia. Lentamente e con naturalezza, come ha già fatto mille altre volte. Non è un bacio speciale, se ne sono dati tanti, ce ne sono stati di migliori. Va bene così.

Matt risponde al bacio con la stessa intenzione, si stacca da lui. Ridacchia. E figuriamoci, si dice Brian, mentre torna a posare la testa nell'incavo del suo collo.

- Pensa a cosa mi sarei perso, se avessi preso le scale -, sussurra Matt.

- Pensa a cosa mi sarei risparmiato, se le avessi prese io -, ritorce Brian.

- Guarda che sei stato tu, a baciare me.

- No.

- Sì, invece!

- No.

- E allora togli il naso dal mio collo.

- ... No.

- Sei adorabile come al solito.

- Taci, Bellamy, taci.           














   
 
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