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Autore: itsrigel    14/07/2014    4 recensioni
Anya non si sarebbe mai aspettata di avere un futuro. Ma, soprattutto, non se ne sarebbe mai immaginata uno così.
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Slice of life Anya/Hyo; 1235 parole.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il sangue dell'oceano'
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La bambina correva felice sulla spiaggia, dietro le onde, come a volerle prendere, per poi fuggire via ogni volta che quelle tornavano indietro. Correva, tornava indietro, rideva e ricominciava tutto daccapo.
Già dai primi giorni di vita, Anya era rimasta sorpresa dalla somiglianza con il padre. I capelli biondi e ricci, la pelle chiara, gli spruzzi radi di efelidi sulle guance. Nemmeno il marchio che la madre aveva sulla mano si era trasferito alla bambina. Tutto, in lei, parlava di Hyo.
Tutto tranne gli occhi. Gli occhi erano dello stesso colore di quelli di Anya, dello stesso colore di quelli di Reid. Di quell'azzurro ghiaccio che ti bloccava sul posto, così chiari da sembrare grigi.

Anya era seduta sul bagnasciuga, accarezzando distrattamente con una mano la pancia che, per la seconda volta, continuava a crescere. Guardava nervosa la figlia che giocava.
Non voleva vederla correre così. Non voleva vederla parlare con gli sconosciuti, non voleva farla vestire anche solo con un pantalone color nero, non voleva vederla giocare con armi o cos'altro.
Aveva paura che gliela prendessero dalle mani così come lei era stata strappata al padre.
“Ma la Gilda non c'è più”, continuava a ripetersi, per calmarsi. “Non c'è più Yeshol. E tua figlia non è una bambina della morte, Anya.”
Abbassò lo sguardo verso la pancia, guardandosi con dolcezza. Sbagliava, o aveva sentito un calcio? Non riuscì a trattenere un sorriso.
Anche questo bambino – o bambina, chissà – sarebbe stato eccentrico come la sorella maggiore? O forse sarebbe stato più pacato? Avrebbe amato studiare la magia o avrebbe preferito entrare in Accademia? E se invece avrebbe vissuto la sua vita come un commerciante, nella sua terra natale?
Anya alzò nuovamente gli occhi verso la biondina, che ancora non aveva smesso di correre. Ma non si stancava mai?
«Phoe!» chiamò, quando la figlia si avvicinò un po' troppo agli scogli. In realtà il suo nome completo era Phoebe, ma Anya amava chiamarla così. La faceva sembrare più dolce, a sentirla parlare.
La bimba si voltò verso di lei, sorridente, e le corse incontro. Per poco non cadde, e per poco il cuore di Anya non scoppiò di paura.
Phoebe le si sedette accanto, ancora sporca di sabbia, e sfoggiò il suo miglior sorriso, denti laterali mancanti permettendo. Anche Anya sorrise, intenerita. Le pulì delicatamente il viso con le mani, stando ben attenta a non graffiarla.
«Non devi correre in quel modo» la rimproverò. Phoebe mise su il broncio.
«Ma però papà ha detto che potevo giocare!»
«Ma però non si dice, Phoe.»
La bambina incrociò le braccia, arrabbiata. Anya sospirò. Anche lei era stata così iperattiva da piccola, ma non aveva mai avuto una madre che la rimproverasse, e suo padre di certo non era stato il tipo di persona che la sgridasse per qualche giochetto pericoloso.
«Vogliamo andare da papà?» propose Anya, tanto per fare.
Phoebe si alzò in piedi, tornando a sorridere, e saltellò sul posto. «Sììì» disse felice. Anya rise mentre si tirava sù, sempre tenendo una mano ben salda sulla pancia. Con l'altra strinse quella della figlia, e insieme si incamminarono verso casa.

Non era troppo grande come costruzione, ma era comunque un bel posto per vivere. Si affacciava direttamente sul mare, a pochi metri dalla spiaggia. Le pareti esterne una volta erano state tinte di bianco, ma il vento, la sabbia e la salsedine le avevano rovinate fino a farle diventare di un colore più simile all'avorio.
Hyo era seduto all'esterno, davanti ad un tavolino basso pieno di fogli. Si accorse dell'arrivo della figlia e della moglie solo quando la prima gli saltò – letteralmente – addosso, talmente era preso dalla lettura.
«Eccola qui, la mia piccola eroina!» La prese in braccio e si alzò in piedi, facendola girare in aria, tra le risate della piccola e lo sguardo preoccupato di Anya.
«Stai lavorando?» chiese lei avvicinandosi.
«Stavo» precisò Hyo, abbassandosi per baciarla sulle labbra. «Rees mi ha mandato un po' di cianfrusaglie da sistemare.»
Anya annuì. Ancora non capiva per quale motivo Rees chiedesse sempre aiuto a loro nei momenti di difficoltà, ma avevano talmente tanti debiti morali con lei... Insomma, si sentivano in dovere di aiutarla.
«È qui nella Terra del Mare?» domandò sedendosi. Quando era dovuta entrare nella villa in fiamme a Salazar i suoi polmoni ne avevano risentito parecchio, e ora non riusciva a rimanere più di una mezz'oretta in piedi senza sentirsi un peso soffocarla all'altezza del petto.
«Sì, è proprio qui nel nostro paese, se vi interessa.» Posò a terra Phoebe, si inginocchiò alla sua altezza e la guardò negli occhi. «Ti va di andare da zia Rees?»
Lei batté le mani, entusiasta! «Sì! Zia Rees!»
Hyo le diede una pacca leggera sulla spalla. «Sai dov'è, no? Allora fammi vedere quanto sei cresciuta e va' da lei. Non fermarti a parlare con chi non conosci.»
Senza dare il tempo ad Anya di reagire, la bimba corse via, diretta verso la solita casetta in cui la donna risiedeva quando andava in quella Terra.
La madre schizzò in piedi con un secondo di ritardo. «Ma sei matto?»
Il marito la prese dolcemente per le spalle, premendo appena verso il basso per invitarla a sedere. Invito che, inutile a dirlo, fu declinato.
«Ha solo tre anni, Hyo! Hai idea di cosa potrebbe fare una bambina della sua età?»
«Anya, calmati, fai male al bambino. Dobbiamo parlare.»
«Dobbiamo parlare un corno!» Anya era sull'orlo delle lacrime. Hyo non pensò di averla mai vista in quello stato. «Hai mandato una bambina di tre anni in giro per una città da sola!»
«E un piccolo paese, Anya. La conoscono tutti qui. Ora, che ne dici di calmarti e-»
Anya picchiò un pugno sul petto del marito. E un altro, e un altro ancora. «Tu sei pazzo!»
Hyo spostò le braccia dalle spalle alla schiena della donna e la strinse a sé. La stava perdendo di nuovo, pensò. Come la prima volta, solo peggio. Le posò le labbra sulla fronte, cercando di farla calmare.
«Tutto questo stress ci fa male, Anya. A te, al bambino, a Phoebe, a me.»
Il respiro di Anya era diventato affannoso. Lei si lasciò condurre quasi docilmente alla sedia più vicina. Ormai le guance erano completamente bagnate, le mani strette convulsamente sul vestito di stoffa lavorata.
«Dobbiamo andare a vedere se Phoe è arrivata da Rees» decretò quando riuscì nuovamente a parlare.
«Avevo avvertito Rees che probabilmente Phoebe sarebbe andata a trovarla. Mi manderà una lettera magica quando sarà arrivata.»
«Allora perché non è ancora arrivata? Dei, non puoi farmi stare in pensiero in questo modo!»
Hyo le prese il viso tra le mani e la baciò, incurante delle lacrime che continuavano a scorrerle sul volto.
«Devi allentare un po' la corda con quella bambina. Soffrirà soltanto se continui così.» Fece una pausa, per cercare un segno di assenso degli occhi della moglie. «Non c'è più la Gilda. Gli Assassini non possono farle nulla dall'oltretomba, lo capisci?»
Anya annuì, tremante. «Ti prego, andiamo a controllare se va tutto bene...»
Hyo sospirò. Avrebbe voluto dirle di no, ma si sentiva male al solo pensiero di vederla in quello stato. “Col tempo passerà” si disse.
«Andiamo» disse afferrando la mano della donna. Anya tirò su col naso e si asciugò le goti dalle lacrime.
«Non puoi stare male se Phoebe si fa male una volta ogni tanto. Sei una madre perfetta così come sei, lo capisci?» Anya annuì di nuovo, senza però rispondere. «Sei la donna che ho sposato. Ti amo.»
Lo disse come se ci fosse stato il bisogno di sottolinearlo. Glielo diceva ogni giorno, ogni notte. Eppure non si stancava mai di ripeterlo, così come Anya non si stancava mai di ascoltarlo.
«Anche io.»
   
 
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