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Autore: cassiana    01/09/2008    9 recensioni
Dal 1833 al 1837 Giacomo Leopardi si trasferisce a Napoli con l'amico Antonio Ranieri e la sorella di lui, Paolina. Sarebbe potuto nascere qualcosa tra i due?
Brevissima storia per il Festival del Cocomero.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Confetti

Note: Ispirata al soggiorno napoletano (1833-37). Adoro Leopardi e non so perché mi ha sempre stuzzicato l’idea di un flirt tra lui e Paolina. Ho un po’ rimaneggiato le date e i luoghi.
Scritta per: Festival del Cocomero


Questa è una storia di pura fantasia che non intende dare alcuna rappresentazione reale dei caratteri o delle azioni dei personaggi rappresentati, che non conosco e non mi appartengono; la storia è stata scritta senza scopo di lucro alcuno.


Il caldo afoso che lo aveva oppresso tutto il giorno si dileguò, mitigato dalla profumata brezza di mare. Il poeta aspirò l’odore di salsedine e ginestra. Sedeva nello studiolo che  Antonio gli aveva messo a disposizione per il suo soggiorno. Sul piano della scrivania erano sparsi numerosi fogli vergati con la sua grafia minuta e disordinata. Giacomo si sentiva ritemprato nel corpo e nello spirito. Di nuovo si complimentò con se stesso per aver accettato l’invito dell’amico a trasferirsi da lui, in quella città piena di sole. Appoggiò il capo ad una mano ed osservò il sole agonizzare nel golfo partenopeo e tingere di rosso il cono del vulcano che si specchiava nell’acqua vermiglia.
Quello spettacolo che si ripeteva sera dopo sera non smetteva di affascinarlo, così come quei piccoli fiori gialli che crescevano tra gli stenti e i fumi del Vesuvio, addolcendo con il loro profumo l’aria arsa. Le ginestre dimostravano che tutto sommato valeva la pena vivere, fosse anche solo per godere dello spettacolo del tramonto sulla baia.
Un bussare discreto distolse il poeta dalle sue riflessioni. Era Paolina, sorella del suo ospite. Quella sera portava i capelli nerissimi acconciati negligentemente sul capo così che qualche ciocca s’arricciolasse ribelle sul collo e ai lati del viso niveo.
- Non vi stancate proprio mai di scrivere?
chiese con un lieve tono canzonatorio. Le sue labbra piene si aprirono in un sorriso malizioso. Giacomo ricambiò stentatamente. Il fare così disinvolto di lei lo imbarazzava e lo induceva a pensieri sconvenienti.
Tra le mani la donna aveva una ciotola colma di confetti, li appoggiò sul tavolo con fare cerimonioso.
- Ecco la vostra droga! Mio fratello si chiede se non vi faranno male prima o poi. Per conto mio vi capisco: sono così deliziosi che è impossibile resistervi!
concluse rubandone uno e spezzandolo tra i denti. Lanciò al poeta un malizioso sguardo di sfida. Giacomo osservò inerme il candido guscio di zucchero sparire tra le sue labbra polpose. Frattanto le ombre avevano tinto di scuro gli angoli della stanza, spingendosi fino ad inghiottirla del tutto. Giacomo fu in qualche modo grato alla penombra che nascondeva il suo turbamento. Ma Paolina si chinò ad accendere la lampada sul tavolo facendo finta di non accorgersi dello sguardo che il poeta aveva lanciato nella scollatura.
- Non vogliamo che vi si rovinino gli occhi con questo buio, non è vero?
riprese, questa volta con una nota di lieve rimprovero.
- Avrò pur sempre il ricordo della vostra bellezza
osò rispondere Giacomo. Paolina rise, deliziata.
- Vi state burlando di me. Attento! Potrei credervi!
Si accinse a lasciare lo studio. Arrivata alla porta si voltò.
- Vi aspettiamo per cena e scomparve.
La mano di Giacomo corse ai confetti, ne prese uno e lo succhiò pensosamente. Aveva ancora nelle retine l’immagine di Paolina con i suoi immensi occhi di giaietto che lo canzonavano e la dolce curva dei suoi seni lattea come quei confetti. Giacomo sospirò. E ne prese un altro. 
   
 
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