Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: ___Page    15/07/2014    5 recensioni
Al numero 21 di piazza Gyoncorde, nel quartiere di Foosha, a Raftel, c'è un piccolo chiosco di fiori, la cui proprietaria sa sempre scegliere il fiore giusto per ogni occasione.
La storia di varie coppie seguirà in parallelo quella della bella Margaret, alle prese con un chirurgo che, forse, le cambierà la vita... o viceversa...
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Margaret, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Di tutte le cose che non tollero l’incoerenza è probabilmente al primo posto.
Seguita a ruota dai genitori apprensivi e dai clown.
A volte mi domando perché mi sto specializzando in chirurgia pediatrica.
Mi strofino gli occhi con pollice e indice, stancamente.
Il problema è che questa città sembra incarnare l’incoerenza. A partire dal clima.
È mai possibile che al 21 di maggio io debba girare con l’impermeabile autunnale?
A quanto pare, sì.
Come se questo non bastasse, nonostante il brutto tempo e il freddo fuori stagione sembrano tutti allegri.
-Non preoccuparti! Il Vecchio Haredas ha detto che è solo una perturbazione passeggera e dovrebbe migliorare già in mattinata!- dice un ragazzo passandomi accanto per scendere, rassicurando la propria fidanzata.
Deve essere la sua fidanzata perché gli sta avvinghiata al braccio come se volesse staccarglielo. Forse ha paura che scappi.
Sospiro, reggendomi meglio alla maniglia penzolante mentre la metro riprende la sua corsa verso Foosha, la fermata dove scendo per andare al lavoro.
Se scendessi alla fermata successiva le scale mobili della metro mi porterebbero praticamente dentro all’ospedale ma non voglio rinunciare al mio caffè da Makino e non mi dispiace fare due passi.
Inoltre, prima scendo da qui e meglio è.
La musica in metropolitana prima delle undici del mattino dovrebbe essere illegale.
Fulmino le casse sperando di riuscire a mandarle in tilt con la forza del pensiero mentre una musica decisamente poco adatta sia a un giorno di pioggia sia all’orario prende a suonare allegra, diffondendosi per tutto il vagone.

[http://www.youtube.com/watch?v=VSG5WkYi4Ow]

 

I don’t know why
You think that you could hold me
When you can’t get by by yourself
And I don’t know who
Would ever want to tear the seam of someone’s dream
Baby, it’s fine, you said that we should just be friends
While I came up with that line and I’m sure
That it’s for the best
If you ever change your mind, don’t hold your breath

 

Mi guardo intorno, sollevando un sopracciglio quando noto, con mio sommo stupore, che il resto dei passeggeri sorride e fatica a restare fermo coi piedi e la testa, travolto dal ritmo del pezzo. Mi rigiro verso il mio riflesso nel vetro delle porte scorrevoli, mandando gli occhi al cielo.
Un nubifragio sta per abbattersi sulla città a metà maggio, sono le otto meno un quarto di mattina e questi ballano!
Mi sono trasferito in una città di imbecilli.
Mi sento come il cantante di uno di quei video musicali dove tutti intorno a lui danzano felici e sorridenti.
Solo che io vorrei ucciderli, possibilmente con un bisturi.
 
 

‘Cause you may not believe

That baby, I’m relieved
When you said goodbye, my whole world shines

Hey hey hey
It’s a beautiful day and I can’t stop myself from smiling
If I’m drinking, then I’m buying

  

Per fortuna è la mia fermata e scendo dalla metro, facendomi largo tra la folla con poca grazia, ignorando le invettive lanciate da quelli che sono in attesa di salire.
Idioti.
Opto per le scale normali, prima arrivo al Party’s Bar meglio è.
Appena esco all’aria aperta, una folata di aria decisamente troppo fredda per la stagione mi investe, scompigliandomi i capelli già non troppo pettinati.
Scruto il cielo, trovandolo più grigio di quando sono uscito.
Pessimo segno.
Mi dirigo a passo spedito verso il bar.
-Beh dai ma non fa poi così freddo!- afferma un tizio in doppiopetto mentre mi passa accanto parlando al cellulare.
Senza smettere di camminare mi giro a guardarlo incredulo.
Certo, se fossimo a novembre non farebbe poi così freddo!
Non che io abbia dei problemi con il freddo. Però ripeto… La coerenza!
Mi avvicino alla porta del bar e prima di aprirla ed entrare do un’occhiata oltre il vetro. C’è parecchia gente, dovrò attendere qualche minuto ma Makino è veloce e a me serve un caffè. Urgentemente.
Tiro la porta verso di me e…

 

And I know there’s no denying

It’s a beautiful day, the sun is up, the music’s playing
And even if it started raining
You won’t hear this boy complaining
‘Cause I’m glad that you’re the one that got away
It’s a beautiful day
 

 

Non è possibile!

È una persecuzione!
Resto immobile sulla soglia, braccio teso e porta aperta, cercando di decidere se sia più importante il caffè o la mia sanità mentale.
In fondo è la prima cosa coerente della mattina, il motivo per cui il tizio che canta è così felice. È stato lasciato dalla fidanzata rompipalle e può avere tutte le donne che gli pare. Questo lo capisco. 
Due ragazzi approfittano della mia presunta gentilezza e mi fanno un cenno di ringraziamento, credendo che stia tenendo la porta aperta per loro, mentre escono dal locale.
-Il Vecchio Haredas lo aveva detto che avrebbe piovuto!- dice uno dei due scrutando il cielo e io mi ritrovo a pensare che vorrei conoscerlo questo dannato Vecchio Haredas, così, giusto per chiedergli se poteva mica prevedere un po’ di sole.
Okay, meglio se me ne vado.
Mollo la porta facendo dietro front e incamminandomi verso l’ospedale, ma non faccio due passi che delle gocce grosse come castagne cominciano a cadere schiantandosi al suolo davanti a me. Sta cominciando a piovere e io, naturalmente, non ho l’ombrello.
Sì, perché a quanto pare sono l’unico in questa città che non segue assiduamente il meteo con il Vecchio Haredas e, nonostante abbia notato l’aria fredda, mi sono accorto della tempesta in avvicinamento solo una volta arrivato alla metro e non avevo tempo di tornare a casa.
Non ci vuole un genio della meteorologia per capire che si prepara a piovere a dirotto, così scatto felino in direzione del primo luogo chiuso che mi si para davanti, riuscendo comunque a bagnarmi mentre la pioggia si intensifica nel giro di pochi secondi.
Apro la porta del mio improvvisato rifugio, facendo tintinnare il campanello e vengo investito da una quantità indefinibile di odori.
Mi guardo intorno e capisco di essere finito in un chiosco di fiori. O meglio da fuori probabilmente sembra un chiosco di fiori ma dentro sembra di stare in una foresta. Una foresta dove non esistono le stagioni.
Garofani, fresie, crochi, girasoli, gerbere, gigli, calle, tulipani, rose, crisantemi.
Spuntano da dei secchi appoggiati a terra, si diramano da delle specie di rastrelliere scaffalate di metallo, penzolano da portafiori assicurati al soffitto, intrecciandosi e allacciandosi tra loro sopra la mia testa.
Ne riconosco solo alcuni e sono talmente rigogliosi che fatico a individuare il fondo del negozio.
Mi sposto un po’ lungo uno dei due corridoi formati dalla rastrelliera al centro del locale e individuo un bancone pesca, con un battitore di cassa dietro a cui è seduto qualcuno che non riesco a vedere dalla posizione in cui mi trovo, nonostante le relativamente ridotte dimensioni del posto.
Vedo solo due mani che stringono una tazza e un movimento fugace mi suggerisce che il proprietario di suddette mani si è appena sporto in avanti per scorgermi e subito si è tirato indietro.
Mi aspetto che si alzi per venirmi a offrire il suo aiuto ma niente.
Penso che sia proprio strano come comportamento, ha sentito il campanello, mi ha visto, per quanto ne sa potrei avere bisogno di una pianta o di un bouquet ma non accenna ad alzarsi.
Scrollo le spalle disinteressato alla cosa e mi giro per controllare la situazione pioggia.
Merda!
Senza ombrello non posso raggiungere l’ospedale a meno di non volermi far crescere il muschio addosso nel tragitto.
Come lo penso gli scrosci aumentano d’intensità rendendo improvvisamente necessaria anche una canoa e una pagaia.
Cazzo! Farò tardi!
-Il Vecchio Haredas lo aveva detto!- una voce femminile alle mie spalle mi coglie alla sprovvista e mi fa voltare.
La proprietaria delle mani è di fronte a me, suddetti arti sui fianchi e occhi sul vetro della porta a studiare la situazione atmosferica.
Bionda, capelli a caschetto, grandi occhi cioccolato e un grembiule lilla a coprirle parzialmente i jeans e la maglietta a maniche corte, dalla cui tascona frontale spuntano un paio di cesoie e dei guanti da giardinaggio.
-Anche lei segue il Vecchio Haredas- affermo, monocorde.
Non è una domanda.
-Tutti quelli che hanno un po’ di sale in zucca in questa città seguono il Vecchio Haredas!- commenta riportando l’attenzione su di me.
Mi scruta qualche secondo e poi sorride.
-Posso offrirle una tazza di caffè?!- mi domanda gentile.
Io assottiglio lo sguardo, preso alla sprovvista.
-Non è di certo entrato per i fiori!- risponde alla mia domanda inespressa, come se fossa la cosa più ovvia del mondo, tornando verso il bancone.
Mi giro ancora un attimo verso la porta e mi rassegno a dover aspettare che spiova, così la seguo dietro a una delle rastrelliere e la trovo a versare del caffè da un thermos.
-Come fa a esserne così sicura?!-
Solleva lo sguardo un attimo a guardarmi e resta in silenzio, mentre finisce di versare e richiude il thermos.
-Istinto!- risponde poi, avvicinandomi la tazza, facendola strusciare sul bancone.
Io la fisso per qualche secondo, senza realmente vederla, perso nei miei pensieri.
-Non è avvelenato!- mi avvisa, facendomi concentrare su di lei.
Sorride, gli occhi che brillano, mentre sorseggia il suo caffè e si risiede dietro al piano pesca. Noto che c’è uno sgabello e così decido di accomodarmi anche io mentre prendo una sorsata.
Dio, quant’è buono! Ci voleva proprio!
-Lei è nuovo qui in città, vero?!- chiede aggrottando le sopracciglia.
La guardo, squadrandola velocemente, impassibile come solo io riesco a essere.
-Mi sono trasferito da tre settimane- le concedo una risposta.
-Ora capisco…- commenta, parlando quasi più a se stessa che a me.
È il mio turno di aggrottare le sopracciglia.
-Che vuol dire?!- chiedo, un po’ infastidito.
-Oh beh… L’assenza dell’ombrello, lo stupore per il clima fuori stagione, l’aria nervosa…-
-Perché?! Forse che chi vive qui non è mai nervoso?-
Si stringe nelle spalle.
-Non per la pioggia! Raftel è una città così! E poi il Vecchio Haredas dice che da oggi pomeriggio arriva già il caldo estivo!-
Ah beh! Se lo dice il Vecchio Haredas!
-Io comunque sono Margaret!- dice dopo qualche istante tendendomi la mano.
Il movimento sprigiona un profumo di gelsomino intorno, profumo che emana chiaramente da lei e, improvvisamente sento il nervoso sciogliersi parzialmente.
Lavora in un chiosco di fiori, si chiama come un fiore, profuma come un fiore.
Questa è coerenza!
-Trafalgar Law- rispondo laconico, ricambiando la stretta.
-E cosa fa?- insiste a volermi far chiacchierare.
Le lancio un’occhiata non proprio amichevole che lei sembra non cogliere perché continua a sorridermi eterea.
-Chirurgo pediatrico- mi limito allo stretto indispensabile.
Però la ragazza sembra così disponibile al dialogo che decido di togliermi una curiosità.
-Come fa ad avere così tanti fiori diversi?! Sono tutti veri? Alcuni sono fuori stagione- le faccio notare.
-Ho il pollice verde… Cioè, come dice mia sorella sembra più un superpotere ma comunque…-
-Per questo fa la fioraia- commento, portandomi la tazza alle labbra.
Anche questa è una constatazione.
-In realtà il motivo è che sono appassionata di linguaggio dei fiori sin da bambina…- mi spiega per niente turbata dal mio tono schietto e poco gentile.
Io mi limito ad alzare un sopracciglio e Margaret dimostra di nuovo di non avere bisogno di molte parole per interpretarmi.
-Ogni fiore ha un significato, o più di uno… La scelta di un fiore non dovrebbe essere fatta alla leggera… Un fiore scelto con accuratezza per trasmettere un preciso messaggio può anche semplificare la vita…-
Molto poetico!
Peccato che io sia sempre più scettico a sentirla parlare così e, nemmeno serve dirlo, lei se ne accorge.
-Beh… Può aiutare a superare la paura o l’imbarazzo, a chiedere scusa, a farsi ascoltare da qualcuno che non vuole darci retta… Il linguaggio dei fiori può essere molto utile per tirarsi fuori da situazioni complicate!-  afferma convinta.
-E se uno non conosce il linguaggio dei fiori?-
-E io che ci sto a fare qua allora?!-
-E se la persona a cui si regala il fiore non conosce il linguaggio dei fiori?-
-Ci sono queste!- dice, allungando una mano e afferrando qualcosa vicino al battitore di cassa.
Mi posa di fronte un contenitore di cartone, di quelli alti dietro e bassi davanti, in cui sono infilate delle piccole schede illustrative, i cui bordi colorati formano un arcobaleno sfumato. Sulla prima c’è l’immagine di una grossa gerbera arancione. C’è il nome, la foto del fiore, le origini e il significato.
Sollevo di nuovo lo sguardo su di lei e la trovo sorridente, ma non un sorriso trionfante, bensì dolce e caloroso. Mi mette un po’ a disagio, anche se, naturalmente, non lo do a vedere.
Mi accorgo che lo scrosciare della pioggia è diminuito e ne approfitto per districarmi da questa situazione. Senza contare che ho un lavoro a cui presentarmi, non posso stare qui a chiacchierate tutta la mattina.
-Sembra che stia spiovendo. Grazie del caffè- mi alzo appoggiando la tazza accanto alle schede dei fiori.
Anche lei si alza.
-Beh è stato un piacere Trafalgar Law!- mi dice, tendendomi nuovamente la mano e avvolgendomi di nuovo nel gelsomino.
-Altrettanto- rispondo atono, avviandomi poi verso la porta.
-Prenda questo!- mi ferma Margaret venendomi dietro.
Mi volto e la trovo a tendermi un ombrello chiuso e ancora perfettamente asciutto.
Guardo alternativamente lei e l’ombrello, esitando.
-C’è ancora qualche goccia…- spiega, stringendosi nelle spalle.
-Non riesco a passare a riportarglielo entro stasera-
-Tanto stasera non mi servirà- afferma convinta.
Sospiro prima di accettare la gentile offerta.
-Arrivederci!- mi saluta di nuovo mentre mi avvio alla porta.
Io rispondo con un cenno prima di uscire nell’aria umida e appiccicosa.
Apro l’ombrello e noto che il cielo sta schiarendo, passando dal grigio scuro al bianco.  
Faccio per avviarmi verso l’ospedale ma dopo pochi passi una voce mi obbliga ad arrestarmi.
-Trafalgar, aspetti!!!-
Mi giro e vedo Margaret corrermi incontro veloce per non bagnarsi, stringendo qualcosa di colorato in mano.
Mi raggiunge sotto il mio ombrello, che effettivamente è suo, e, prima che io possa protestare o dire alcunché, si mette ad armeggiare con il bavero del mio impermeabile.
-Ehi!!! Ma che…-
Toglie le mani e mi ritrovo con un fiore agganciato all’occhiello più alto della lunga giacca. Color corallo, cinque petali a forma di calice e un lungo pistillo.
Ma che s’aspetta, che io vada in giro con un fiore all’occhiello?! Ma per chi mi ha preso?!
-Non si preoccupi, non dura nemmeno ventiquattro ore, sfiorirà prima di sera!-
Faccio per protestare ma mi blocco incredulo quando un’occhiata di sole tiepido ci investe. Guardo in alto, oltre il bordo teso dell’ombrello, e vedo una fetta di cielo azzurro in rapida espansione, nonostante qualche goccia di pioggia ancora cada, filtrando i raggi solari e rendendo l’atmosfera surreale.
-Il Vecchio Haredas lo aveva detto…- mormora Margaret, sorridendo felice.
Non è un modo per dimostrare che aveva ragione, è solo un semplice dato di fatto per lei.
Poi, senza aggiungere niente, si allontana tornando verso il negozio. Anche io ricomincio a camminare verso la mia meta ma mi fermo ancora, fatti pochi passi.
-Margaret!-
Si arresta voltandosi, interrogativa.
-Che fiore è?- le chiedo indicando il colorato calice che decora il bavero del mio impermeabile.
-Hibiscus! Significa: benvenuto!- mi comunica portando una mano a coppa intorno alla bocca, prima di salutarmi ancora una volta con un cenno della mano e rientrare nel chiosco.
Io mi avvio, finalmente diretto all’ospedale. Mi ci vogliono alcuni minuti per accorgermi che, camminando, mi sono messo a fischiettare quella stupida canzoncina.

 

 

 

 

 

 

 

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Hibiscus o ibisco

Fioritura: Primavera-estate.

Significato: Bellezza delicata, benvenuto.

Storia e curiosità: Originario dell’Africa e delle isole del Pacifico, viene introdotto in Europa dal ‘700. Il fiore dell’hibiscus sfiorisce in meno di 24 ore. È il simbolo dello Stato delle Hawaii dove viene offerto ai turisti e simboleggia lo status sociale delle donne: dietro l’orecchio sinistro indica che la donna è single, dietro il destro indica che è impegnata, dietro entrambe le orecchie che ha una relazione ma è in cerca di “altro”. Con i suoi fiori si produce un the con proprietà afrodisiache e ha anche proprietà medicamentose. In Giappone è segno di benvenuto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:
Sono tornata!!! Con una nuova LawxMargaret!!! Ciao a tutti!!!
Okay, ora basta…
Ciao people! Dunque questa long sarà a metà tra una ff normale e una raccolta! Chi andrà avanti a leggere capirà, non perché non lo voglia spiegare ma perché è difficile da spiegare! *gocciolina dell’imbarazzo*
Ora, essendo che è la prima volta che tratto Law in pov prima persona, apprezzerei davvero dei consigli per migliorare. Signorina Soke07 lei è caldamente invitata a farmi sapere che ne pensa.
Comunque grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui e grazie a tutti quelli che mi seguiranno anche stavolta!
A presto.
Piper.
 
  
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