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Autore: feenomeniall    15/07/2014    2 recensioni
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In una cittadina come quella, era facile che tutti sapessero tutto. In un battito di ciglia, la tua vita era sulla bocca dei tuoi vicini, dei vicini dei tuoi vicini e così via. All’età di sedici anni non potevo camminare per strada senza sentirmi i loro occhi addosso. Occhi di chi credeva di conoscere la verità, ed invece non sapeva un bel niente. Menzogne per farti apparire come in realtà non sei, lasciandoti quel retrogusto di amaro in bocca.
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Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ob&Ob.'
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Obscurity
- When darkness meets light -



Molte volte – se non sempre – tutto quello che vorresti fare è scappare da te stesso e nasconderti, ma poi capisci che non lo puoi fare. Capisci che c’è quella parte di te che non puoi eliminare e – molto spesso – è la tua parte più oscura.
Fino a diciotto anni, abitavo in un paesino del Cheshire, Holmes Chapel. Quando ero piccolo adoravo quel posto completamente all’aria aperta, adatto ad un bambino della mia età. Crescendo – un po’ per i ricordi, un po’ per la vita che mi ero ritrovato a condurre – avevo cominciato a detestarlo.
In una cittadina come quella, era facile che tutti sapessero tutto. In un battito di ciglia, la tua vita era sulla bocca dei tuoi vicini, dei vicini dei tuoi vicini e così via. All’età di sedici anni non potevo camminare per strada senza sentirmi i loro occhi addosso. Occhi di chi credeva di conoscere la verità, ed invece non sapeva un bel niente. Menzogne per farti apparire come in realtà non sei, lasciandoti quel retrogusto di amaro in bocca.
La mia vita non è stata altro che un errore dopo l’altro e tutti – ogni singolo errore – gravava pesantemente sulle mie spalle, proprio come il mondo poggiava su quelle di Atlante. E la gente continuava a parlare e scalfirmi con quelle parole, taglienti come lame. E facevano male, da morire.
Da quando i miei genitori non c’erano più, ero stato affidato alle cure dell’unica persona che mi era rimasta in quel luogo, mia zia. Una delle donne più incredibili che avessi mai conosciuto. Lavorava fino a spaccarsi la schiena pur di mantenere entrambi, mentre io alle sue spalle vivevo da emarginato.
Tutto era cambiato all’età di sedici anni, quando scoprii la mia tendenza all’omosessualità. Era un’esperienza del tutto nuova anche per me. trovarmi a guardare i ragazzi piuttosto che le ragazze, mi aveva lasciato sorpreso.
Avevo tentato di tenerlo nascosto ad occhi ed orecchie indiscrete, fino a che una di queste non si è sporta troppo verso di me, dichiarando il fatto che volesse essere una voce amica; una voce di cui mi sarei potuto fidare. Un altro errore che avrebbe gravato sulle mie spalle.
Ogni settimana era sempre la stessa storia. Uscivo di casa per andare a scuola e vi tornavo con qualche livido in più. Lividi di cui nessuno era a conoscenza. Mi chiudevo nella mia stanza e fissavo il vuoto, chiedendomi quando sarebbe arrivata la mia fine. Guardavo la foto dei miei genitori chiedendomi cosa avrebbero fatto se fossero stati ancora vivi.
All’anniversario della loro morte, sgattaiolai fuori dalla mia stanza nel cuore della notte, facendo il minor rumore possibile. Camminavo a testa bassa, il cappuccio tirato su e la condensa del mio respiro che s’infrangeva nell’aria. C’ero solo e soltanto io. Raggiunsi il cimitero e m’inginocchiai davanti alla loro tomba, guardando di tanto in tanto le loro foto così troppo solari per un posto come quello.
Avrei davvero pagato oro per riaverli almeno una volta con me, anche solo per un battito di ciglia per dire loro “Mi dispiace, vi voglio bene”. E forse quante altre cose avrei detto e fatto con loro se non se ne fossero andati. Respirai profondamente e li salutai, alzando di poco un angolo della bocca. Quella fu la prima e ultima volta che andai a far loro visita.
“Rammollito”, “checca”, “frocio”. Ogni giorno, ogni settimana, sempre le stesse parole che per quanto volessero ferirmi, ormai non erano altro che suoni lasciati al vento. Guardai quelli che consideravo gli amici di una vita, farmi passare per il mostro, l’emarginato. Mi infilavo in una rissa dopo l’altra, anche se sapevo di uscirne sconfitto.
Il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno, raccattando tutti i soldi che avevo risparmiato nel corso di tutti quegli anni, decisi di andarmene, fingendo di non essere mai esistito. Comprai un biglietto di sola andata per Londra. Erano le cinque di mattina quando il treno che mi avrebbe portato ad una nuova vita, partì dalla stazione. Erano anni che lo aspettavo e – finalmente – mi ero deciso a prenderlo.
Fin da subito decisi che non avevo tempo di farmi intimorire dalla maestosa e grigia città di Londra. Per un primo periodo rimasi in un ostello, mantenendomi cercando un lavoro dopo l’altro. Mi iscrissi ad una palestra, dove mi aiutarono a sfruttare e sfogare la mia rabbia repressa da quegli anni. Quello che una volta mi aveva distrutto, mi aveva reso più forte di quanto avessi mai immaginato. L’oscurità che mi portavo dentro era l’univa vera amica che avevo.
Stavo andando alla palestra quel giorno. Le cuffiette nelle orecchie e la borsa in spalla. Alzai lo sguardo per sbaglio, incontrando la più meravigliosa delle creature. Sbattei un paio di volte le palpebre, chiedendomi se per caso fossi finito in paradiso oppure uno splendido angelo fosse caduto dal cielo. Quando i miei occhi entrarono nei suoi, sentii come se fosse avvenuta un’esplosione all’interno del mio petto. Fu allora che capii quanto lui fosse diverso da me. Lui era un portatore di luce; lui era il mio perfetto opposto.

Quello che veramente non mi sarei mai aspettato – nemmeno nei miei sogni più remoti – era che entrasse nella mia vita. Era un caldo pomeriggio dei primi giorni di giugno. Sulla strada che porta dal mio appartamento alla palestra in cui lavoravo, si trovava un parco. Ci andavo ogni volta che avevo bisogno di staccare dal mondo e pensare al mio presente e al mio passato che – nonostante tutto – non mi aveva ancora abbandonato.
«Ciao». Quella voce mi risvegliò dai miei pensieri in modo delicato e soave. Voltai lo sguardo e mi ritrovai in quegli occhi. Credo proprio di essere rimasto a fissarlo con una faccia persa, dato che lui cominciò a ridacchiare portandosi una mano alla bocca. «Sono Louis» aggiunse porgendomi la mano.
Mi alzai di scatto dalla panchina e mi schiarii la voce. La gola si era improvvisamente e il mio cervello era in tilt. «Harry» risposi mordendomi l’interno guancia per poi stringergli la mano. La delicatezza di quel tocco mi fece provare cose che non mi sarei mai – nemmeno in un centinaio d’anni – sognato di sentire sulla mia pelle.
«Allora, ti va di andare a prendere un caffè, Harry?» domandò lui sorridendomi a pieno volto. Deglutii e annuii leggermente, seguendolo verso il bar più vicino.

Non mi serviva essere diverso quando ero con lui, ogni giorno diventava qualcosa da vivere a pieno. Non importava dove o come, quello che contava davvero era che lui fosse accanto a me. Amavo guardarlo mentre dormiva, osservando il suo sorriso sulle labbra dopo aver fatto l’amore. Amavo anche quando si svegliava prima di me. Lasciava un bacio sul mio naso, per poi alzarsi e andare a preparare la colazione. Amavo vederlo scoppiare a ridere a causa di una mia battuta. Mi sentivo di una felicità unica nel sapere che ero io la causa di tutto ciò. Amavo ancora di più far sfiorare lentamente i nostri nasi prima di baciarlo, guardando il suo sorriso morire tra le mie labbra per rispondere al mio bacio. Amavo mordergli il labbro inferiore e sentirlo lamentarsi ogni volta, causando in me una risata. Per un attimo pensai che non potesse esserci nulla di più perfetto e che la mia vita avesse trovato la giusta direzione. E la cosa che più amavo era che mi fosse rimasto vicino anche dopo avergli raccontato la mia storia; dopo avergli parlato di tutta quella merda che mi circondava ad Holmes Chapel, lui era rimasto con me.
Lo amavo, certo, ma ancora non ero riuscito a trovare il coraggio di dirglielo. Non perché non lo sentissi, anzi, Dio solo sa quanto l’abbia amato fin dalla prima volta che lo vidi passeggiare per le vie del centro. La mia era una folle paura. Paura che un giorno potesse andarsene via da me, lasciandomi nuovamente da solo nel combattere i miei demoni e la mia oscurità.

Era il ventitre dicembre, il giorno prima del suo compleanno. Avevamo avuto una piccola discussione di cui – al momento – nemmeno ricordo il motivo. Quello che però rimarrà per sempre impresso nella mia mente, era il suo sguardo perso nel vuoto della pagina del libro che stava leggendo, un regalo che aveva deciso di farsi da solo. Mi morsi più volte le labbra prima di alzarmi dal divano e prendere un respiro profondo.
«Non me ne volere, Lou – dissi guardandolo negli occhi che aveva alzato seguendo i miei movimenti fulminei – ma io voglio, per quanto ora siamo vicini, amarti da lontano come si fa con le stelle». La sua bocca si dischiuse,lasciandomi intendere tutta la sua sorpresa nel sentire le mie parole.
Si alzò anche lui, lasciando cadere a terra il libro – non curandosi di dove fosse arrivato – per poi passarsi una mano tra i capelli. «No, Harry – disse scuotendo freneticamente la testa per poi avvicinarsi e prendermi il volto tra le mani – io voglio amarti da vicino, come due cuori separati per troppo tempo».
Lo baciai. Incastrai la mia lingua con la sua, finché non indietreggiò abbastanza da farci finire entrambi sul divano, sfilandomi la maglietta. Ritornai di nuovo sulle sue labbra, perdendomi nell’infinito dei suoi occhi ed incominciammo ad amarci senza alcuna paura di perderci. Le sue mani che esploravano il mio corpo come se fosse ogni volta la prima, lasciandomi quella voglia di volerne sempre di più. Le sue labbra lasciavano scie bollenti che partivano dalle mie, per poi scendere sul mio petto sempre più giù, avvolgendomi completamente. E mi perdevo in quell’amore di un’infinità incredibile che quasi arrivavo a non ricordare il mio nome.
Il mio telefono incominciò a suonare a mezzanotte esatta e sorrisi. La sua testa era sul mio petto. Gli accarezzai lentamente i capelli, per poi lasciargli un bacio sulla fronte. «Buon compleanno, amore» mormorai, osservando il suo sorriso crescere sempre di più. Era la prima volta che lo chiamavo in quel modo e vedere la sua reazione così spontanea e genuina, mi fece battere il cuore tremendamente forte. Tanto forte da farmi desiderare di chiamarlo in quel modo per il resto della mia vita.

 
*

Lo guardo attentamente mentre si sistema i capelli. Osservo il sorriso sulle sue labbra e la lucentezza dei suoi occhi, prima di scontrarli di nuovo con i miei. Siamo a New York da un paio di giorni e – posso giurare – di non aver mai visto così tanta felicità ed eccitazione in lui. Siamo saliti sulla cima dell’ Empire State Building, mentre lui non faceva altro che ripetere “meraviglioso” ovunque si voltasse a scattare fotografie. Abbiamo passeggiato più di due ore a Central Park, fermandoci davanti a praticamente tutti gli artisti di strada presenti, lasciando qualche soldo.
Sono le due del mattino ed io ancora non ho preso sonno a causa dell’agitazione. Cambio posizione voltandomi verso di lui e lo trovo addormentato con un sorriso sulle labbra. Gli sposto una ciocca di capelli e indugio sul suo volto, lasciandogli una leggera carezza sulla guancia. Il mio angelo senza ali è rimasto con me. E nonostante l’agitazione che mi sta mangiando dentro e il cuore che sembra voler scappare, trovo la pace per chiudere gli occhi e sognare i suoi.
Siamo a Times Square. Louis si guarda attorno perdendosi in tutte le luminarie che ci circondano. Il traffico alla nostra destra e alla nostra sinistra, continua a scorrere incessantemente, mentre lui mi indica questo e quello. Alzo gli occhi al cielo scuotendo la testa e sorriso. Lo prendo per mano, portandolo al centro della piazza e lo faccio fermare davanti a me, indicando con il pollice verso il megaschermo, sul quale compare la scritta “Louis..”.
«Ho sempre creduto che ci fosse qualcosa di sbagliato in me e che per questo la mia vita aveva deciso di punirmi, mandandomi solo disgrazie. Ma ecco la quiete dopo la tempesta; la mia un’unica ancora di salvezza, la mia più grande debolezza.
«Prima di incontrare te, la mia vita era completamente avvolta da un’oscurità talmente fitta che ero sicuro non avrei mai più rivisto la luce. Lei è ancora lì, ma tu, con il tuo amore, sei riuscito ad aprire un varco, arrivando nel profondo del mio cuore.
«Se non posso far smettere alla pioggia di cadere, come posso pretendere che il mio cuore smetta di chiamare il tuo nome? Ho bisogno di te per sempre nella mia vita. E dei nostri baci appassionati di chi si appartiene e non si cura del mondo.
«Tu mi rendi forte, Louis, mi rendi una persona migliore; una persona che non avrei mai creduto di poter essere».
Prendo uno, due, tre respiri profondi mentre il mio cuore sembra voler scoppiare. Non riesco a controllare le mie emozioni, quando noto i suoi occhi lucidi e le sue labbra tremolanti. Faccio appello a tutto l’autocontrollo che possiedo, per reprimere la voglia di baciarle e finire il mio discorso. Mi volto verso il megaschermo e sorrido.
«Quindi Louis..» mormoro guardando di nuovo i suoi occhi che si alzano nel momento esatto in cui sullo schermo appare la scritta “Will you marry me?”. La fossa che si è creata intorno a noi comincia ad urlargli di dire di “sì” mentre porta entrambe le mani sul volto ed annuisce.
«Sì, Harry – dice mentre il mio cuore esplode – ». Times Square – o almeno una parte – esplode in un applauso e – mandando il mio autocontrollo a farsi fottere – appoggio le mie labbra sulle sue, avvolgendolo in un abbraccio.
«Ti amo, Harry».
«Ti amo anch’io, Lou».








Here I am!

Premetto che questa volta so che cosa scrivere perché me lo sono preparato il discorsetto.
L’idea per questa shot è nata quasi per caso, parlando in chat di facebook con una persona che – per quanto voglia sembrare essere priva di sentimenti – mi è diventata casa e la saluto (Ciao nonsonoaffattodolce, gne). Ci siamo messi a parlare e non avendo argomenti, gli ho chiesto il perché del suo nome. Di lì ho cominciato a fare domande su domande, fino ad arrivare a delineare una trama, scrivendomi da parte le sue risposte. Anche se non vuole, non credo lo ringrazierò mai abbastanza per avermi sopportata. Ora questa bella coppia è diventata la mia OTP e lui si diverte a farmi morire nei feels.
Altra cosa, è la prima slash che pubblico quindi – vi prego – siate clementi. Spero che vi piaccia e mi farebbe molto piacere sapere che cosa ne pensate.
Alla prossima,
love ya ♥

 
   
 
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