Serie TV > Violetta
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Autore: GretaHorses    15/07/2014    9 recensioni
"L'intera aula viene invasa da una risata generale e sì, la battuta pessima arriva proprio dal vicino di banco di Andrès, dal deficiente. Se c'è qualcuno che odio più di Ludmilla in questa classe è proprio lui. E' arrogante, viziato, ignorante e pure troglodita! Mi domando come possa una persona essere così tanto sfaticata perché essere bocciati due volte è proprio da somari e soprattutto ad aver avuto così tante ragazze a soli diciassette anni! Da quando cavernicolo è bello?"
E' la mia prima fanfic su Violetta, per favore non aggreditemi D:
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                           CAPITOLO 18

 

 

 

Camminiamo mano nella mano lungo il viale raggiungibile dal retro della scuola, la settimana è finita e finalmente possiamo rilassarci e concederci una pausa dai pensieri legati allo studio. Sarà Leon ad accompagnarmi a casa, stamattina è passato a prendermi in moto senza che lo sapessi e devo ammettere che non mi è dispiaciuto per niente non prendere l'autobus. Alla fine della strada c'è una piazza, dobbiamo far tappa in farmacia e dopo in paninoteca. Sì, la farmacia. “Senti, mi spiace per ieri sera. Ho cercato di fermarlo, ma...”. “Tranquilla, veramente. Mia mamma è stata ben disposta a mentire per noi”, mi risponde sorridendo. Scoppio a ridere, che situazione assurda. Papà ha telefonato a Lucia col telefono fisso per sapere se domenica sarebbe stata a casa tutto il giorno, evidentemente non vuole lasciarci soli in una casa libera. Ovviamente lei l'ha rassicurato dicendo che non ci avrebbe mai perso di vista, anche se starà fuori tutto il pomeriggio con le sue amiche. “Ha iniziato a chiedermi come mai sono sempre a casa tua ultimamente, cos'ho da nascondergli, perché usciamo sempre più spesso. Gli ho semplicemente risposto che ci siamo messi insieme da poco, ma seriamente”. “E come ha reagito?”. Sospiro. “Saresti disposto a cenare con tutta la mia famiglia? Comprese Angie e nonna, s'intende”. Inarca entrambe le sopracciglia palesemente stupito. “Oh, wow...quanta gente”. Si schiarisce la voce. “Perché no? Sarà un'occasione per parlargli del concerto e del viaggio”. Mi mordo la guancia da dentro. “Anche tua madre è invitata...”. Stacca la mia mano dalla sua, ormai siamo arrivati in piazza. “Cosa? Aspetta...che? Cosa cazzo...non dobbiamo mica sposarci o aver figli!”. Gli accarezzo dolcemente il braccio. “Calmati, andrà bene. E' solo maniaco del controllo e desidera veramente conoscervi, ma con tutte le buone intenzioni del mondo. Fa sempre così...in verità non ho molti termini di paragone, anzi no: neanche uno perché sei il mio primo ragazzo. Credo sia per questo che vuole conoscere te e la tua famiglia, ci tiene sul serio. Ovviamente puoi rifiutare, eh? Ma pensaci, per favore”. Fa un smorfia di disagio misto confuso, sembra abbia una colica. “Dovrò vestirmi elegante, vero?”. “Oddio, una camicia e una paio di jeans basteranno. Insomma, non vorrai mica venire in tuta!”. Osserva pensieroso un punto indefinito sopra di me ed espira dalla bocca facendo fuoriuscire una nuvola di condensa. Nonostante febbraio sia alle porte, il freddo è ancora penetrante. “E' solo che...non sono bravo in queste cose, mi sento come se...è strano da spiegare”. Mi metto a braccia conserte. “Sono strana pure io, quindi puoi dirmi dove sta il tuo problema”. Si gratta dietro la nuca. “Insomma, non ho mai conosciuto le famiglie delle mie ex e mi sembra tutto così strano, pressante. Mi sento carico di un responsabilità enorme...e se non piaccio a loro? E se mia mamma risulta antipatica?”. Sghignazzo. “Che c'è da ridere?”. “Rido perché in pratica conosci due terzi della famiglia e sai già che hai fatto una buona impressione a papà, ad Angie stai simpatico e nonna Angelica, beh...non importa ciò che dirai, sei un bel ragazzo e gli andrai bene comunque”. Ora è lui a ridere, sembra gli abbia tolto un peso dalla coscienza. “E poi tua mamma è l'amore, come farà a non piacerli?”. “Non sottovalutare quella donna, stai sempre all'erta quand'è nei paraggi”. Gli do una pacca sulla spalla. “Ma va, va!”. Mi sorride per poi dire: “Ne parlerò con mamma domani, comunque”. Riprendiamo a camminare e finalmente raggiungiamo la farmacia, l'agitazione ha la meglio quando saliamo i gradini ed entriamo. Perché mai dovrei essere ansiosa di comprare dei preservativi? Semplice, non l'ho mai fatto. Dentro ci sono un'anziana al banco intenta a decifrare assieme al farmacista una ricetta del medico, con quella calligrafia a zampa di gallina che possiedono non mi sorprende che nessuno la capisca, un uomo sulla quarantina nel reparto premaman e una signora che stringe la mano di un bambino sui cinque anni che continua a tossire e starnutire. Secondo i tg locali è in giro l'influenza più potente degli ultimi decenni, più o meno la stessa storia che ripetono puntualmente ogni inverno da anni. Senza essermene resa conto, Leon si è già avviato nel ripiano dove sono esposti tutti i tipi di profilattici. Aguzzo la vista per vedere quanto c'è scritto nelle scatolette: 'Ultrasottile per la vostra lei', 'King size', 'Emozioni tropicali', 'Intramontabile classico', 'Tempesta d'Oriente'...certo che ne hanno di fantasia le ditte di preservativi! Improvvisamente il mio sguardo si blocca a fissarne una con su scritto 'Performance' ed aggrotto la fronte. “Oh, ma con performance cosa cambia?”. Cazzo, l'ho urlato praticamente. L'uomo si gira e ci lancia un'occhiata divertita, quanto vorrei sprofondare in questo momento. “Vilu, se non la smetti di urlare sarò costretto a farti uscire e ad arrangiarmi. E' già per me un grande sforzo essere qui”, mormora. Abbasso lo sguardo imbarazzata e con tono fievole dico: “Scusami...”. Mi posa una mano sulla spalla. “Fa niente, piccola. Ad ogni modo, quello è semplicemente un ritardante”. “Cioè?”. Rotea gli occhi ed assume un'espressione come per dire 'Ma proprio tutto ti devo spiegare?'. “Ha una specie di anestetico che fa ritardare l'eiaculazione, in modo che il rapporto duri di più e sia una migliore 'performance'”. All'ultima parola mima le virgolette con entrambe le mani. “Ah”. Come ho fatto a non pensarci? Allunga una mano verso lo scaffale ed afferra una scatoletta, osservo ciò che ha preso: i classici. “Perché quelli?”. Si volta all'indietro, era già diretto alla cassa. “Costano di meno”. “E se io volessi, chessò, che profumassi di papaya? O di mirra?”. Si passa una mano sulla fronte, dopodiché mi strattona e mi attira da lui. “Dovrei avere voce in capitolo pure io, dovresti venire incontro alle mie esigenze!”. Il bimbo col moccio che gli gocciola dal naso ci fissa come se fossimo la cosa più strana che avesse mai visto, sua madre sta pagando ed è davanti di noi. “Taci, non sai nemmeno quali siano le tue esigenze”, mi sussurra a denti stretti. “Ti sto mettendo in imbarazzo?”. Serra le palpebre inspirando ed espirando profondamente. “No, ma se chiudessi la bocca mi sentirei di certo meno a disagio!”. Ora è lui ad aver gridato, l'uomo del reparto premaman, cosa ci faccia ancora là non si sa, ci guarda di nuovo trattenendo una risata. Alzo le mani a mezz'aria in segno di resa. “Scusa, allora sto zitta”. La donna riprende per mano il piccolo e se ne va lanciandoci un'occhiata stizzita. Posa i preservativi sopra il bancone e il farmacista lo raccoglie per impacchettarlo inarcando le sopracciglia, cosa c'è che non va? Non ha mai visto quei cosi in vita sua? “Vuole qualcos'altro, signore?”, chiede senza nemmeno guardarci o meglio, guardarlo in faccia. “No, direi che siamo apposto così”. Finito di ricoprirlo di carta, glielo porge e chiede: “Non so, lubrificante per la signorina? Oppure un anello vibrante per il piacere della vostra lei? Pillola anticoncezionale?”. Adesso è me che guarda, picchietto il piede sul pavimento e contraggo la bocca in un sorriso innaturale. Mi ha posto delle domande che probabilmente per lui sono pane quotidiano, a me più che altro sembra invasione della privacy. Il tizio di prima è dietro di noi in coda, tiene in entrambe le mani ciucci, biberon e quant'altro. Mi balena per un secondo l'idea che non voglio aver figli, non ora almeno. Non voglio finire in programmi squallidi come 'Sedici anni e incinta', per cui senza pensare rispondo: “Una confezione di pillole anticoncezionali, grazie”. Leon si avvicina al mio orecchio, probabilmente per evitare figure come quelle precedenti, e mi bisbiglia: “Certo, finché a pagare sono io”. “Guarda che dopo i soldi te li do se ci tieni così tanto, spilorcio!”, dico mantenendo un tono di voce come il suo. “Lascia stare, non serve che tu me li renda”. Ricevuto lo scontrino, paga la cifra dovuta e, dopo aver avuto il resto, usciamo finalmente dalla farmacia. Stringo i nostri acquisti e, appena scesi dalle scalette, me li strappa via dalle mani. “Questi li tengo io”. “Hey!”. Cerco di saltare per prenderli, ma allunga il braccio in alto e praticamente mi diventa impossibile. “Almeno dammi le mie pillole!”. “No!”. Faccio un altro balzo appena vedo che rilassa il braccio, ma ha buoni riflessi e lo rialza subito. “Ma a cosa ti servono? A meno che tu non abbia le ovaie! Mi stai nascondendo qualcosa, Leon? Non sarai mica un transgender?”. “Ma cosa cazzo...”. Sentiamo una voce schiarirsi e di scatto ci voltiamo. “Dovrei passare, state bloccando il passaggio...”. “Oh sì, certo...ci scusi”. Il mio ragazzo si scosta, io invece mi limito ad osservare la piazza circostante con aria vaga sperando con tutta me stessa che se ne vada al più presto. Tre figure di merda consecutive con uno sconosciuto, un record. Quando l'uomo è abbastanza in lontananza, ci spostiamo il più distante possibile dalla farmacia. Si infila le cose nella tasca del giubbotto e mi posa le mani sulle spalle sospirando. “Potresti cercare di fare la persona normale per un'ora?”. “Chiedi troppo, facciamo mezz'ora”. “Quarantacinque minuti”. “Ci sto”. Ci fissiamo per alcuni secondi con sguardi di sfida, ma ci arrendiamo subito scoppiando in una fragorosa risata. “Seriamente, perché non vuoi lasciarmi le pillole?”. Sorridendo mi risponde: “Per il tuo bene, non sarebbe piacevole se le trovasse tuo padre. Vorrà di sicuro veder sgorgare il mio sangue, per cui è meglio non rischiare”. “Giusto, papà...ho afferrato il concetto”. Mi avvolge un braccio attorno alle spalle e mi lascia un bacio sulla tempia mentre ci dirigiamo verso la paninoteca, questo spiazzo ad un chilometro dalla scuola è comodissimo perché ci sono tutti i negozi di bisogno primario e nel locale in cui stiamo andando fanno dei panini buonissimi. L'hanno scorso mi fermavo spesso con Fran nel doposcuola a pranzarvici quando dovevamo studiare in biblioteca, la quale ovviamente si trova sempre qua. Diciamo che questo posto è frequentato perlopiù da persone del nostro liceo perché è molto vicino ad esso, la nostra scuola si può dire che sia in culo alla balena perché è da tutt'altra parte del caos del centro studi in cui ci sono praticamente tutti gli istituti. Sinceramente mi va benissimo così, una scuola isolata comporta meno gente e meglio di così si muore. Non ci manca nulla, abbiamo perfino questa piazzetta con tutto! Se ci vieni prima del suono della campanella o alla fine delle lezioni è un via vai di studenti dell'artistico, tanto che il posto in cui stiamo andando in principio aveva un altro nome ed ora si chiama 'Trattoria degli artisti'. Appena facciamo il nostro ingresso, una cameriera ci scorta fino ad un tavolo abbastanza appartato passando per un'arcata in pietra. Ci accomodiamo e ci lascia due menu, ognuno si mette a fissare il proprio e tra una cosa e l'altra passiamo dal parlare del cibo alla festa. Le premesse ci sono tutte per passare una bella serata in compagnia, l'importante è che nessuno abbia proferito parola a riguardo in giro. Se così fosse, ci terrei a non avere brutte sorprese.

 

 

Mi fermo davanti al letto osservando l'abito deciso per questa sera e non riesco a non farmi sfuggire un sorriso, è stata Angie ad accompagnarmi a comprarlo questa settimana altrimenti a papà non sarebbe andato bene nulla. E' nero con lo scollo a V, lungo fino a metà coscia, ha una fascia in vita in semipelle e dei lacci intrecciati sul retro appena sopra la cinta. Sono fiera del mio acquisto, in molti lo giudicherebbero dark ma non mi importa. Finché a me piace, sai dove mi metto l'opinione altrui? A dare il tocco di classe, però, sono le creepers nere borchiate. Metterò quelle al posto dei tacchi, tanto con la loro spessa suola caratteristica mi alzano di cinque centimetri buoni ed arrivare alla straordinaria altezza di un metro e sessantotto è un enorme traguardo. Ho optato, inoltre, per le calze a rete: spero che papà non si faccia molti viaggi mentali. Do un'ultima occhiata soddisfatta a ciò che indosserò fra poco, poi mi dirigo in bagno. Arrivata di fronte allo specchio, guardo compiaciuta il mio make up che mi è costato mezz'ora di intenso lavoro. Ho usato della matita e del rimmel, fatto la linea dell'eyeliner prolungata in modo da rendere gli occhi quasi felini e messo del rossetto rosso vermiglio sulle labbra in tinta con gli orecchini e il cardigan che utilizzerò per proteggermi dal freddo di gennaio. Mi sciolgo i capelli, li spazzolo ed afferro la piastra per potermeli lisciare. Non so perché, ma mi vedo meglio liscia che mossa. Improvvisamente sento bussare, di routine rispondo urlando con un vocione rude e scazzato che i migliori camionisti mi invidierebbero. “Chi è?”. Nessun rumore di passi. Strano, di solito papà o Angie mi sentono perché tengo la porta che collega il bagnetto alla mia stanza sempre spalancata. Aspetto ancora un po', poi ci riprovo. “Oh, mi dici chi sei?!”. Niente. Scrollo le spalle e penso che se fosse davvero una cosa importante sarebbero entrati senza fare tanti rituali cortesi, la cortesia non è propriamente una qualità della mia famiglia. Inizio a piastrare una ciocca, due, tre...un altro colpo ancora più forte, ma che vogliono? Rabbiosamente poso la piastra sopra il mobiletto e procedo con piedi pensanti come piombo fino all'entrata della mia camera, afferro la maniglia e, prima di aprire, urlo: “Adesso mi sentite: cosa avete in testa? Segatura? Vi ho ripetuto cento volte questo pomeriggio di lasciarmi in pace perché mi sto preparando, in più fate i burloni bussando e non rispondendo! A meno che non stia prendendo fuoco la casa non per mano della mia piastra, non vedo per quale altro motivo dobbiate rompere il caz...oh”. Di fronte a me ci sono le mie amiche con un'espressione alquanto spaventata. “Ciao ragazze, ehm...scusate l'irruenza, credevo fosse papà”. “E ti rivolgi così a tuo padre?”, chiede Nata sconvolta. “Solo quando mi molesta in continuazione rompendo l'equilibrio cosmico che si genera nella mia stanza quando sono sola”. Sono confuse più di prima. “Quando fracassa le palle continuando a bussare”. “Aah!”, esclamano all'unisono. “Entrate pure, accomodatevi dove volete”. Faccio loro cenno di entrare e fanno quando li ho intimato. “Questo vestito è la fine del mondo! Ti metterai pure le creepers e le calze a rete? Oddio, se questo è il tuo outfit credo proprio verremo messe in ombra per tutta la serata!”. Camilla stringe fra le mani il mio vestito e lo osserva come fosse oro colato. “Grazie mille, ma sei troppo esagerata! Anche voi tre siete meravigliose, veramente”. E non scherzo quando dico che sono tutte e tre bellissime. Nata indossa una camicetta leggera e svolazzante rosa antico inserita in una salopette i cui pantaloni arrivano poco più su del ginocchio, mentre ai piedi ha un paio di espadrillas bianche e nere. Anche se è acconciata bene, non oso pensare al freddo che patirà stasera! Il trucco più o meno rispecchia la sua personalità, ossia dolce e poco marcato mentre i capelli sono boccolosi come sempre. Fran invece ha un treccia che ricade a lato del capo e un vestito bianco a pois neri con del tulle del medesimo colore che spunta da sotto la gonna, porta degli stivaletti grigi ed una collana placcata in argento. E' truccata con un ombretto cenere, un lucidalabbra trasparente brillantinato e un po' di brush sulle guance. Camilla è vestita in una maniera veramente esuberante e frizzante, ricca di colori vivaci e molto originale. Ha i capelli sciolti e naturali, alla testa porta un nastro blu elettrico annodato da dietro e ai lobi degli orecchini con delle piume variopinte. Indossa una canotta monospalla magenta, una minigonna azzurro cielo e dei tacchi verdi. Sembra le sia esploso un arcobaleno addosso! Per quanto riguarda il make up, ha delle labbra rosee dovute probabilmente ad un gloss e gli occhi di un viola sgargiante. Sì, ho decisamente delle amiche strafighe. “Come mai siete passate?”. “Ci siamo messe d'accordo oggi alla ricreazione mentre tu eri alle macchinette con il tuo amato, volevamo farti una sorpresa”, risponde Francesca. Roteo gli occhi solo per il fatto che abbia chiamato Leon 'il tuo amato'. “Che pensiero carino, peccato che voi siate già preparate mentre io sono conciata peggio di una barbona”. Sposto lo sguardo su me stessa: maglione grigio enorme e sgualcito che fra un po' mi fa da vestito, pantaloni della tuta lilla e un paio di ciabatte dorate con paillettes. In questo momento sono l'antisesso, questo abbigliamento potrebbe essere usato come difesa in caso di stupro perché non si corre proprio il rischio ridotti in questo modo. “Sei...originale”. Cami non infierire, per favore. “Lo so che gli abbinamenti fanno cagare, non serve che cerchiate di farmi sentire meglio”. Scoppiamo a ridere tutte quante, è una situazione divertente. Loro sistemate per bene, io trascurata come una zitella gattara. “Ad ogni modo, mi manca solo da farmi la piastra e cambiarmi, poi ho finito”. Il viso di Nata si illumina tutto ad un tratto. “Posso piastarteli io? Ho sempre adorato fare le tinte, pettinare i capelli, lisciarli...e sono pure brava! Almeno, lo dice mia sorella Lena”. Le sorrido entusiasta, una scusa in più per evitare la rottura di coglioni che comporta farsi i capelli lisci. “Perché no?”. Emette una specie di urletto, dopodiché mi trascina in bagno. “Fate come se foste a casa vostra!”, urlo alle altre. Fran ormai è di famiglia e pure Cami ci è venuta alcune volte, ma mi sento in dovere di dirlo per dimostrare che un briciolo di educazione e finezza esistono fra queste mura. Anche se l'urlo ha stroncato la gentilezza della frase, ma si fa quello che si può. Mi siedo su uno sgabello e Nata mi acconcia i capelli raccontandomi di sua sorella, della sua vecchia scuola media, di come fare una perfetta messa in piega mentre io mi limito ad annuire di tanto in tanto. Razionalmente so che il mio corpo è qui, ma ho l'impressione che la mia mente sia da tutt'altra parte. E penso di sapere dove.

 

 

“Non la trovate una vigliaccata che i ragazzi si siano messi d'accordo per trovarsi un'ora prima?”, afferma Camilla stizzita. “Per fortuna che c'è Vilu che ci fa da spia”. Pongo le mani tra me e lei come per dire 'Alt'. “Per favore, gli avevo promesso che non ve l'avrei detto. Fate anche solo una parola a riguardo e vi faccio a pezzi, chiaro?”. “Vestita in quel modo, ti credo”, sussurra quasi impaurita Nata. “Bene, quindi mute”. Arriviamo davanti al buttafuori che ci chiede di mostrare i biglietti, perciò li esibiamo e ci permette di entrare. Le mie iridi vengono sopraffatte da un turbinio di colori diversi che creano fantasiose combinazioni sul pavimento, sui muri, ovunque. “Ora capisco perché si chiama 'Kaleidoscope'”, dice Fran ridendo. Lei è sempre così quando si tratta di andare a delle feste, appena sente la musica assordante e vede le luci stroboscopiche entra in fermento diventando la più festaiola delle festaiole. Non posso dire lo stesso di me, con tutto questo rumore e questa gente rischierò lo shock anafilattico. Però sono con i miei amici e col mio ragazzo, per cui farò uno sforzo. “Saranno già ubriachi marci...”. “Camilla, se non la smetti giuro che ti taglio la lingua!”. La mia migliore amica la mette in guardia, sembra seria ma tutte noi scoppiamo a ridere. “Pensiamo di rimanere ferme ad ostruire il passaggio ancora per molto? Cerchiamoli”. Se non ci fossi io a smuoverle, potremmo stare qua anche tutta la sera. Ci addentriamo fra la folla al centro della pista, questa discoteca è piuttosto piccola rispetto al Damn Night. Notiamo Broad poco distante da noi mentre gira col braccio attorno al collo di una bionda vestita in modo provocante, senza volerlo tutte ci voltiamo verso Cami. “Cosa vi avevo detto? Guardatelo il deficiente!”. “Pensaci bene, Cami: è single da un bel po' di tempo, se le può permettere certe cose perché non è impegnato”. La rossa lancia un'occhiata fulminea a Nata che si zittisce. Finalmente ci vede e ci viene incontro senza la tipa, grazie al cielo. “Ragazze, siete incantevoli!”. Ci saluta con un abbraccio, eccezion fatta per la sua ex. Devo ammettere che quando l'ho stretto ho avvertito l'odore pizzicante dell'alcool, non hanno perso tempo evidentemente. Leon. Come starà messo? Avrà rimorchiato anche lui come il suo amico? Mi strofino le mani nervosa. “La festa è fantastica”. “Marco dov'è?”. Oh Fran, come ti capisco. “Non lo so, dev'essere nei dintorni del piano bar. Abbiamo fatto una gara di shortini con diversi tipi di vodka, vi giuro che stavamo collassando dal ridere”, ci racconta in preda alle lacrime per le risate. Gara di shortini? Perfetto, noi arriviamo un'ora dopo e questi già cominciano con i superalcolici. “Sembra...divertente?”. Nata non sembra molto convinta dall'espressione. Improvvisamente Broadway mi indica e scoppia a ridere, è così esilarante il mio abbigliamento? “Non sto ridendo di te, rido ancora per prima. Ma il tuo ragazzo cos'ha al posto del fegato? Titanio? Se n'è scolati undici e ne è uscito indenne, non so come faccia! Mi veniva da vomitare all'ottavo e ci ho rinunciato, mentre le altre due checche si sono fermati a cinque o sei”. Inarco un sopracciglio, non ci vedo niente di buono in ciò. “Interessante...”. Cami ha parlato al posto mio, brava! Ecco che arriva Maxi con una bottiglia di rum in mano, Broad si volta e si abbracciano. Se la stavano godendo senza di noi a quanto pare... “Il nostro festeggiato! Hai visto che è arrivata...ops, volevo dire: che sono arrivate”. Gli arriva una gomitata, chissà a chi si riferisce. “Wow, ma che dico? Doppio, triplo, quadruplo wow! Siete bellissime, ragazze!”. Lancia uno sguardo sommario a tutte, ma è su Nata che si sofferma in particolare. Il bello è che ce ne siamo accorti tutti, mentre loro continuano a fissarsi con un mezzo sorrisetto da ebeti. “Beh, che ne dite se nel frattempo andiamo a cercare gli altri due?”. Fran esorta Broad con la mano cercando di non farsi vedere e lui, che in un primo momento aggrotta la fronte, dopo le fa 'okay' con una mano. “Sarà meglio che andiamo cercarli! Fran, Vilu...Camilla”. Esita prima di dire l'ultimo nome, Maxi si volta di scatto. “E noi?”. Lo liquido subito dicendo: “Voi aspettateci qui, intanto ballate, bevete un drink...insomma, fate qualcosa”. La nostra amica ci lancia uno sguardo allarmato, ma è troppo tardi perché noi ci siamo già infilati fra la gente facendo perdere le nostre tracce. “Vi accompagno velocemente, però, la mia bambolina mi aspetta sui divanetti e si premette una bella serata”, dice Broadway facendo una specie di balletto mentre Camilla rotea gli occhi sbuffando. Finalmente raggiungiamo il piano bar, ma troviamo solamente Marco intento a parlare con...Diego. Cosa ci fa qua? Ma soprattutto...Leon dove cazzo è? “Marco, Dieguito...guardate chi ho recuperato?”. Ci osservano e si estendono dei sorrisi sui loro volti, Diego mi guarda fin troppo insistentemente ma cerco di ignorarlo. “Siete...non c'è parole per descrivervi e tu, Fran, sei fantastica! Adoro la tua treccia e pure il tuo vestito, poi mi piace anche...”. “Sì, insomma, abbiamo capito che preferisci lei”, sbotta Diego facendoci ridere. E' la prima volta che trovo divertente qualcosa uscito dalla sua bocca. “E tu, Violetta, sei perfetta”. Mi mordo il labbro e arrossisco, perché sto avvampando? Me l'ha detto in una maniera strana, con una voce graffiante. “Leon?”, chiedo con voce quasi stridula. “Quando sono andato via era qua...”, mi risponde Broadway per poi aggiungere: “Ad ogni modo, io adesso vado. Anastasia mi aspetta, ci vediamo più tardi”. Ci fa l'occhiolino per poi andarsene, Cami sembra sollevata. “Era con Maxi prima”, mi dice Marco. Però adesso Maxi è con Nata, Broad con Anastasia e gli altri due davanti a noi. Lo stomaco inizia ad attorcigliarsi e farmi male, mi sta torturando da dentro ed impulsivamente poggio una mano sul ventre facendo una leggera pressione come se servisse a scacciare il dolore. Era da tanto che non provavo questa sensazione, avevo cominciato a non dubitare del suo amore per me. Inizio ad essere afflitta dai sospetti, infondo è l'insieme delle cose: come si è comportato alla studentesca l'ultima volta, il fatto che già a inizio serata sia carico di alcool, tutti l'hanno visto ma nessuno sa dove sia...mi strofino di nuovo le mani. “Beh, direi di lasciare soli i piccioncini”. Diego si alza dallo sgabello mettendosi fra me e Camilla. Mi distacco leggermente, non voglio averlo vicino. Il suo profumo di colonia è nauseante, ma al contempo piacevole. Ci allontaniamo da Fran e Marco senza una meta ben precisa, nel frattempo continuo a guardarmi attorno assiduamente alla ricerca di Leon invano. “Bene, adesso che facciamo? Siamo solo in tre...anzi in due, perché stai venendo con noi?”, domanda Cami irritata. “Sono tutte coppie, peggio di San Valentino cazzo! Broadway, poi, è single e se n'è trovata una in quattro e quattr'otto mentre io sono venuta qua solo per divertirmi e non pensare a nulla”. Sento lo sguardo di Diego puntato addosso, anche se fingo di non notarlo continuando a ruotare il capo cercandolo. Cercando lui. “Per fare le vostre cose da coppie avete tutto il tempo del mondo e vi mettete in testa di farlo proprio stasera, a quanto pare la vera festa è stata senza di noi”. Sospiro combattuta, dove sei? Ti prego, fatti vedere. “Oh, ma qualcuno di voi mi sta prestando attenzione?”. “C'è Federico...”, dico quasi sorpresa di ciò notandolo in lontananza. Aggrotto la fronte e mi volto di scatto verso di lei che invece mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite. “Oddio, mi rimangio tutto ciò che ho detto! Statemi vicini per tutta la sera, per favore”. Si aggrappa al braccio di Diego, ma subito si ricompone rendendosi di conto di quanto appena fatto. “Perché semplicemente non vai là e gli parli?”, le chiede. Effettivamente me lo domando anch'io, tutto questo temporeggiare aggrava solamente la situazione. “Dite che dovrei?”. “Perché no? Fingi di averlo incontrato per caso e butti un argomento qualsiasi tipo il meteo, la scuola...che ne so vedi te!”. Ammetto che non è male come consigliere, potrei chiedere a lui un gior...ma che cosa sto pensando? Mai e poi mai. Sul viso di Cami si estende un sorriso raggiante e pigolando dice: “Beh, se la mettete così...allora vado, auguratemi buona fortuna!”. Le sorrido ed incrocio le dita di entrambe le mani a mezz'aria, poi se ne va. No, no, no. Ora sono sola con Diego. “Tutti impegnati a flirtare stasera, mi pare che tu stia a secco”, esordisce. “Non ne sento la necessità ”. Quanto mi urta quando fa così! “Secondo me il tuo 'fidanzatino' la sente eccome”. Lo fisso dritto in faccia e riduco gli occhi a due fessure. “Non c'è niente che tu possa fare per farmi dubitare di lui”. “Non si direbbe da come stai tremando”. Sghignazza divertito. “Mi fido di lui”. “Ah, sul serio? Allora perché sta parlando là infondo con quella tipa?”. Non scherza. E' seduto su un pouf azzurro intento a chiacchierare con una ragazza dai capelli rossi accessi, probabilmente tinti, e dagli abiti succinti. Sento il suo respiro infrangersi sul dorso del collo, si avvicina all'orecchio e mi sussurra: “Guardalo, guardalo come si diverte. Sta ridendo, sta scherzando e non si sta preoccupando di te. E' lì senza di te. Non si è preso la briga di chiamarti, di vedere se sei arrivata, di cercarti. Questo lo chiami amore, Violetta? Il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Deglutisco a fatica, ha ragione. Purtroppo, ha ragione. Allo stesso tempo però voglio fidarmi, voglio credere che Leon sia sincero e che non mi abbia riempito di bugie fino adesso. Le donne sono sempre state il suo punto debole, gli piace conquistarle. Ho ancora impressa nella mente l'immagine di lui che balla in modo spinto con una sconosciuta al Damn Night, ricordo quando si baciava con Ludmilla alla ricreazione o quando andava in giro per la scuola con Lara avvolta a sé. No, non devo pensarci. Non sono una delle tante, lui ha detto di amarmi. In verità ha detto che 'crede' di amarmi, ma non m'importa perché nessuna era arrivata a tal punto con lui. Allora mi passa fra i ricordi lui che piange sopra l'edificio scusandosi per essere semplicemente sé stesso, che mi invita a casa sua sebbene non ci abbia mai portato nessuno in vita sua, che parla sempre di me a sua madre, che fa di tutto per esserci quando ne ho bisogno. No, non sono una delle tante. “Fanculo, Diego”, sibilo a denti stretti. Mi allontano a falcate per avvicinarmi a lui, al ragazzo che amo. Vedo che alza lo sguardo e mi nota, sul suo viso si estende un enorme sorriso. Appena lo raggiungo, si alza in piedi e mi abbraccia per poi baciarmi sulle labbra. “Sei bellissima, bimba! Mi lasci senza fiato come sempre”. “Anche tu sei meraviglioso”. Indossa un paio di pantaloni bianchi abbastanza stretti e una camicia total black rigorosamente con le maniche arrotolate fino ai gomiti e leggermente sbottonata scoprendo la parte superiore del petto. “Ti devo presentare un persona: Vilu, lei è Mysteria”. La ragazza si alza per darmi la mano, ora vedo bene com'è vestita: ha una camicia a quadri rossa annodata appena sotto il seno in modo da lasciar scoperto l'addome, un paio di shorts dai bordi sfilacciati e degli stivaletti marroni. “Piacere, che nome strano”. Cazzo, potevo tenermelo per me! Entrambi scoppiano a ridere e mi sento in imbarazzo. “Non è il suo vero nome, bimba. E' un nome d'arte, lei fa la spogliarellista qua al Kaleidoscope”. “Ah”. Non sapevo che conoscesse delle spogliarelliste, anche se dovevo immaginarlo. “Come vi siete conosciuti?”, chiedo. “Conosco Leon da quando era ancora uno sbarbatello, tranquilla! E' come un fratellino minore per me”. “Quanti anni hai?”. “Ventidue, piccola, ma dì in giro che ne ho ventisei okay?”. Mi fa l'occhiolino ed aggrotto la fronte, perché mai dovrei mentire sulla sua età? “E' solo perché quando ha cominciato a lavorare era minorenne perciò ha mentito sulla sua età dicendo di avere quattro anni in più”, mi dice Leon capendo al volo che non avevo compreso il senso di quella frase. “Sono segreti professionali, assieme al mio nome reale ovviamente”. “Tu sai come si chiama?”, gli domando. “Sì, ci sono voluti anni prima che me lo dicesse però non posso dirtelo, mi spiace”. Mysteria mi dà una pacca sulla spalla e, ammiccando, mi dice: “Tientelo ben stretto, è un bravo ragazzo anche se vuole dimostrare il contrario”. “Certo, lo farò”. Si passa una mano fra la chioma rossa fuoco. “Ora vado, zuccherini, fra un po' comincia il mio orario di lavoro”. Ci saluta con la mano per poi mescolarsi con la folla. “Sei qua da molto?”. Mi sorride dolcemente. “Abbastanza per sentir parlare delle tue prodezze con gli shortini”. Si sbatte una mano sulla fronte ridendo. “Speravo che quelle tre boccacce restassero chiuse”. “Tu sembri apposto invece, Broad e Maxi sono partiti”. Scuote il capo. “Dopo la gara di shortini non ho più bevuto, non volevo mi vedessi ubriaco”. Fa una breve pausa. “Comunque sei stupenda, amore”. Attorciglio le braccia attorno al suo collo e guardandolo negli occhi chiedo: “Leon Vargas, sarebbe così galante da onorarmi di ballare assieme a lei?”. “Certo che sì, Violetta Castillo”. Ironia della sorte, parte proprio un lento. “Prima di infiammare l'atmosfera con le nostre Pussy Girls, volevo rallentare il ritmo per un secondo e lasciarvi scendere in pista col vostro partner o con la persona al vostro fianco. Ho visto che ci sono molte coppiette stasera e che dire di più? Distendetevi e ballate!”. Mi porge la mano con un inchino e, scoppiando a ridere, l'afferro. Mi trascina in mezzo alla pista accanto a tutte le altre coppie, con una mano mi cinge la vita e mi attira a sé e l'altra la tiene stretta alla mia. Iniziamo a ballare cullati dalla musica dolce che stona con l'ambiente da feste animalesche, secondo me c'è lo zampino di Mysteria. In un primo momento sono impacciata, non ho mai ballato un lento, dopo però acquisto un po' più di fiducia guidata dai suoi movimenti. “Siamo tornati al punto di partenza”, ammette sorridendo. “In che senso?”. “Nel senso che tutto cominciato con un ballo ed ora eccoci qua a ballare di nuovo”. Mi fa fare una piroetta per poi far ricombaciare subito i nostri corpi. Dove ha imparato a muoversi così bene? E' davvero bravo. Scorgo in lontananza Cami che balla o meglio, cerca di ballare con Federico tra mille risate. Non riesce a non sfuggirmi un sorriso, anche perché poco più distante ci sono pure Fran e Marco accoccolati. “Una cosa non capisco: non sono la più carina, a primo impatto non brillo di simpatia, tendo ad allontanare le persone...perché proprio me?”. Si morde un labbro. “Eri una sfida, una sfida che a poco a poco è diventata sempre più coinvolgente prendendomi del tutto”. Appoggio la testa nell'incavo del suo collo. Vengo inebriata dal suo profumo di tabacco e vaniglia, è da un po' che non lo penso. Forse perché ormai quell'odore fa parte anche di me. “Quindi ti eri già preposto di conquistarmi?”. “In un certo senso”. “E quando, di preciso, lo hai capito?”. Tace per alcuni secondi, lasciando spazio solo alla musica lenta e armoniosa. “Quando ti ho parlato in fermata per la prima volta, eri così scontrosa ma allo stesso tempo...bella. Fare il cretino mi è sembrato l'unico modo per attaccar bottone, poi avevo pure il pretesto della ricerca per conoscerti meglio. Diciamo che in quel momento ho deciso che avrei voluto approfondire la tua conoscenza, scoprire chi veramente fossi”. Mi stacco per guardarlo dritto negli occhi. “E se si dovesse rivelare una scelta sbagliata?”. Scuote il capo vigorosamente. “Sono sicuro di non aver commesso un errore. Mi sento migliore, ora che ci sei te”. La canzone finisce, ma rimaniamo fermi e abbracciati a fissarci. “Sei la cosa migliore che mi sia successa in diciotto anni”. Avvicina il viso al mio baciandomi appassionatamente, la gente intorno ha già ripreso a scatenarsi e molti sono accalcati nei pressi dei cubi dove si esibiscono le spogliarelliste. Noi però non calcoliamo nessuno, siamo troppo presi da un momento solo nostro. Quando le nostre labbra si separano, gli lascio un leggero bacio sulla punta del naso sussurrandogli: “In questa vita di merda per fortuna ho incontrato te. Mi fai scappare da me stessa, allontanare dai miei fantasmi, mi fai sentire una persona”. Alza un angolo della bocca e mi bacia di nuovo. E' il miglior modo, infondo, di esprimere ciò che sentiamo in questo istante.

 

 

“Ragazzi, vi prego, sono le cinque passate! Adesso dormiamo”, si lamenta Francesca. La festa è andata a dir poco bene, dopo il lento io e Leon ci siamo messi da fare per recuperare tutti gli altri in modo da passare il resto della serata assieme. Sennò che festa sarebbe stata se fossimo stati tutti sparpagliati? “Fran, sei debole”, dice Broad con la voce impastata dall'alcool. Ho sempre adorato le conversazioni notturne perché sei disteso al buio e riconosci chi sta parlando solo dalla voce. “Non sono debole, ho solo sonno cazzo!”. Scoppiamo tutti a ridere, sento il petto di Leon vibrare sotto di me. Condividiamo lo stesso sacco a pelo. “Però oh, che serata”, afferma Marco. “E' la decima volta che lo dici da quando siamo arrivati”. “Sta zitto, Maxi”. C'è un momento di silenzio, finalmente. Ora possiamo addormentarci... momento che viene rotto puntualmente da qualcuno, per la precisione Cami. “Adesso abbiamo parlato per due ore di cosa abbiamo fatto e di quanto ci siamo divertiti, ma io mi domando ancora cosa ci facesse Diego al Kaleidoscope”. Bella domanda. Sento la testa di Leon alzarsi per guardare chissà dove, è buio pesto non so a quanto serva. “Chi gli ha detto di venire?”, chiede. “Nessuno che io sappia”, risponde Nata. “Qualcuno di voi, ragazzi?”. E' quasi divertente come stia prendendo seriamente la faccenda. “No”, dicono all'unisono. Riappoggia la testa e torna a respirare regolarmente aumentando la presa sulla mia vita. “E' venuto per Vilu di sicuro”. Questa è Fran, lei ovviamente sa la storia ed è convinta che gli piaccia ancora. Opzione che neanch'io escludo, mi stringe ancora di più. “Andasse a farsi un giro invece di perdersi dietro alle ragazze già impegnate”. Calca con forza l'ultima parola, mi piace saperlo geloso infondo. “Violetta, ma sei sveglia?”, domanda Broadway. “Sì che sono sveglia, vi stavo solamente ascoltando”. “Ah okay, perché è da tipo mezz'ora che non fiati”. “Se non blatera è perché è stanca”, sentenzia Leon. Per tutta riposta gli do un pizzicotto sulla pancia che lo fa gemere. “Che state combinando là in fondo?”. “Niente, Maxi, è solo che alla signorina non le si può dir niente”. Una fragorosa risata anima la stanza, Marco ci zittisce tutti. “Shh! Potete parlare, ma fate piano per favore. Al piano di sotto ho le mie sorelle che dormono”, bisbiglia. “Comunque grazie per avermi svegliato, mi stavo addormentando”. Camilla è proprio incontenibile, effettivamente però non posso darle torto perché anch'io desidero dormire. Sento la sua mano fra i miei capelli e mi sfugge un sorriso beato, me li accarezza e se li rigira fra i polpastrelli. “Appunto ragazzi, diamoci un taglio che è da due ore e mezza che parliamo. Domattina a colazione chiacchiereremo ancora, sarà divertente raccontare a chi era brillo le cose che non ricorda”, dice Fran ridacchiando. So già che non riuscirò a trattenermi quando diranno a Broad che si è messo a ballare attorno al palo assieme alle cubiste tra cui Mysteria o a Maxi che è salito sul piano bar cantando una canzone pietosa a Nata. Marco invece si è contenuto, mannaggia! Mi viene quasi il dubbio che lui e la mia migliore amica si siano messi assieme perché tutti i ragazzi impegnati stasera non hanno fatto baldoria, si sono divertiti ma senza eccessi. Sono sicura che se fosse stata una festa di soli uomini non avrebbero esitato a scolarsi metà bar. “Hai ragione, dormiamo dai!”, sussurra Nata con un filo di voce. La mansarda è un tripudio di 'buonanotte' mormorati al buio, poi cadiamo tutti in un religioso silenzio intervallato di tanto in tanto dal rumore di qualcuno che si rigira all'interno del proprio sacco a pelo. Leon continua ad accarezzarmi il capo e a cullarmi col suo respiro, mi sento così piccola rannicchiata nel suo petto. Il sonno si impossessa del mio corpo e lentamente chiudo le palpebre, inspiro ed espiro sempre più profondamente. Non so se sia un sogno o meno, ma credo di aver sentito la sua voce dirmi: “Sei bellissima quando dormi, amore mio”.

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE

Hey, hey, hey! Come state? Io bene, dai! A parte il fatto che muoio costantemente di fame perché sono a dieta, quindi ho accantonato per un po' il cibo spazzatura. Però i risultati si notano perché ho cominciato due settimane fa esatte e sono calata di due chili e qualcosa! *-* Anyway, non so perché vi sto parlando di diete. Cosa ne pensate del capitolo? E' il più lungo che abbia mai scritto, datemi una medaglia o un trofeo o una stecca di cioccolato (non pensarci, non pensarci...)! Qual è la parte che vi è piaciuta di più? Ma soprattutto...vi piacerebbe avere degli amici come quelli di Vilu? Pronti per il diciannovesimo capitolo? Okay la smetto con domande stile televendita:') Datemi il vostro parere con una recensione, è molto importante per me anche per vedere dove posso migliorare. Ah, mi scuso per il ritardo nella risposta alle ultime recensioni, ma ho visitato poco Efp in questi giorni. Ringrazio chi segue e recensisce la storia e chi la mette fra preferiti, fra le ricordate e fra le seguite!

Stay tuned for the next chapter,

Gre

P.S. Ho visto solo oggi che ci chi mi ha messa fra gli autori preferiti (esiste veramente 'sta funzione?), grazie mille! Siete dolcissimi :3

  
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