Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |      
Autore: Iuile    15/07/2014    4 recensioni
Lei si irrigidì, ma non se ne andò. Inaspettatamente, quella conversazione stava gradualmente riattizzando nel suo petto un fuoco che credeva da tempo spento. Annnabeth lo guardò, il grigio nell'azzurro, un cielo in tempesta che sconfina in una volta serena.
"Cosa ti fa credere che tu mi piaccia, Jason Grace?"
Jason sorrise a mo' di sfida.
"Dimostrami il contrario, Annabeth Chase".
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Jason Grace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era inverno. Di solito, al Campo Mezzosangue non nevicava mai, ma erano stati i semidei più giovani a chiedere, anzi a torturare Chirone perchè potessero giocare, così lui aveva acconsentito, e ora gli sconfinati prati erano ricoperti da un soffice manto bianco. Annabeth Chase però si troava ben lontana dagli schiamazzi di una cruenta battaglia di palle di neve, e scrutava il luogo dov'era cresciuta dall'alto, sotto il pino che una volta era la sua amica Talia Grace. Si era rintanata lì perchè aveva bisogno di pensare. Natale si avvicinava in fretta, e lei quell'anno non sarebbe andata da suo padre. San Francisco non era il posto migliore per togliersi dalla testa la persona il cui sorriso tormentava i suoi ricordi ormai da mesi. Jason Grace ormai era una parte ben attiva del suo cuore. All'inizio gli era risultato antipatico, chiuso, poco propenso a parlare e soprattutto stupido. Col tempo, i suoi occhi azzurri le facevano mancare un battito ogni volta che si incontravano con i suoi. Lei si ripeteva di stare sempre con un ragazzo stupendo, simpatico, un leader nato, un qualcosa per cui una ragazza qualunque ucciderebbe. Ma lei non era una ragazza normale. Percy risultava sempre più distante, disinteressato e indisposto. Litigavano ormai quasi ogni volta che si rivolgevano la parola, e l'ultima cosa che si erano detti era stata 'vorrei non averti mai conosciuto'. Il pensiero le faceva ancora male. Si rese conto di avere le guance bagnate, e si affrettò a passarci velocemente la mano, ma le lacrime continuavano ad uscire, quasi fossero un'accusa. Un'accusa che gridava 'è colpa tua se il tuo ragazzo ti odia, solo tua'. A quel punto singhiozzò e si abbandonò al dolore, rannicchiata sotto la corteccia del pino con le ginocchia tirate al petto. Lì, sotto le fitte fronde dei rami, la neve non riusciva ad arrivare, così mentre le gocce le bagnavano la stoffa dei jeans, lei poteva vedere il mondo imbianchirsi sotto i propri occhi, diventare freddo e distaccato certo, ma bellissimo. Passò alcuni minuti così prima di sentire che stava arrivando qualcuno. Non appena si girò rimase visibilmente sorpresa. Davanti a lei c'era Jason Grace, in una giacca blu come i suoi occhi. Sorrise, e ad Annabeth parve quasi di non ricordare come si faceva a respirare. L'aveva sempre trovato bello, ma ora, con la neve tra i capelli biondi simili a oro e quel sorriso innocente sembrava un angelo.

"Jason, che ci fai qui?"

Inciampò visibilmente sulle proprie parole, la voce resa ancora tremante dal precedente pianto. Jason assunse subito un'aria preoccupata.

"Non importa perchè io sia qui, importa perchè tu abbia pianto".
"Io non piango mai" Rispose asciugandosi le ultime lacrime, e riacquistando il controllo, per quanto le fosse possibile.
"Tutti piangiamo, ma farlo da soli non fa che aggiungere altro dolore".

Le si sedette accanto, ma guardava fisso davanti a sè.

"Volevi sapere perchè sono qui? Piper dice che non vuole farmi soffrire, ma che ha bisogno di una pausa. Probabilmente ha trovato un altro ma è così gentile da non dirmelo e darsi la colpa per i suoi sentimenti".

Annabeth provò un'ondata di compassione verso di lui, in parte perchè sapeva come si stava. Forse anche Percy aveva trovato un'altra. Pensare a questo le contorse irrimediabilmente lo stomaco. Presa da un istinto incontrollabile, mise la propria mano sopra quella di lui e la strinse. Le sue dita erano fredde, e tramite quel contatto potè percepire un moto di spontanea sorpresa nel ragazzo al suo fianco, che tuttavia non accennò a sottrarsi.

"Annabeth, sono quasi convinto di avere un'esperienza simile alla tua. O sbaglio?"

Annabeth si mise di fianco per guardarlo, e lui fece lo stesso.

"No, non sbagli".
"Mi dispiace".
"Ho il vago sentore che non sia così".
"Credevo che fosse la saggezza a contraddistinguere i figli di Atena" e ghignò sarcasticamente, abbassando gli occhi. Tuttavia così com'era arrivata, la traccia di ilarità se n'era presto andata. "Mi dispiace che tu abbia sofferto"
"E perchè mai ti dovrebbe dispiacere di me?"
"Perchè mi importa dei tuoi sentimenti, come credo a te importi dei miei".
"E questo cosa vorrebbe dire?"
"Che credo io ti piaccia".

Lei si irrigidì, ma non se ne andò. Inaspettatamente, quella conversazione stava gradualmente riattizzando nel suo petto un fuoco che credeva da tempo spento. Annnabeth lo guardò, il grigio nell'azzurro, un cielo in tempesta che sconfina in una volta serena.

"Cosa ti fa credere che tu mi piaccia, Jason Grace?"

Jason sorrise a mo' di sfida.

"Dimostrami il contrario, Annabeth Chase".

In circostanze normali, Annabeth avrebbe forse fatto in tempo a riprendere il controllo, a mollargli un ceffone per quella sfrontatezza. Ma di normale, in quell'ovattato idillio, non c'era nulla. Totalmente in balia del momento e del suo inconscio, nell'accezione più freudiana del termine, gli si avvicinò e gli si sedette sopra, circondandogli i fianchi con le gambe, avendo cura di far combaciare tutto ciò che avrebbe dovuto. Jason non smise di sorridere, ma il suo sorriso assunse una sfumatura maliziosa.

"Se volevi dimostrarmi che sbaglio, non è decisamente il mondo giusto".

Annabeth avvicinò ancora di più i loro corpi, mettendogli entrambe le mani sul petto. Poteva sentire il ritmo veloce del suo cuore sotto il petto, quasi volesse uscire. Jason aveva le guancie arrossate, i fiocchi di neve ancora tra i ciuffi spettinati. Era la cosa più bella che Annabeth avesse mai visto. Si avvicinò così tanto da lasciare si e no 3-4 cm tra le loro bocche, uno spazio dove i loro respiri sembravano fondersi.

"Come si dimostra una bugia?"
"Non si può".
"Allora pare che io non abbia via di scampo".

Con una sicurezza che non ricordava di avere lo baciò, e fu come ritornare a respirare senza che un macigno le pesasse sul cuore. Gli avvolse le braccia intorno al collo, e lui la strinse. Annabeth si sentiva parimenti fragile e forte nello tra le sue braccia. Si separarono delicatamente, e lei gli rivolse uno sguardo tenero. Lui le rispose sorridendo, e mentre andavano verso la 1, Annabeth affondò la faccia nell'incavo della sua spalla e notò che sapeva di vaniglia. E Brownies. Di un nuovo inizio.
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Iuile