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Autore: Ookami_Kirai    15/07/2014    1 recensioni
“Vi fu un tempo in cui tenebre e luce, per la prima volta, combatterono fianco a fianco.
Furono tempi dolorosi. Tempi vuoti. Tempi bui. Un' epoca in cui l'amore stesso riuscì a distruggere tutto."
Questa è la storia di Araag Bran, un ragazzo che sarà costretto a riscoprire storie di un passato misterioso. Assillato dagli incubi, da una presenza oscura nei suoi sogni, cercherà cosi di scoprire chi è veramente.
Non date per scontato che questo sia la classica storia fantasy, perchè le vicende che Araag dovrà affrontare andranno ben oltre la semplice ricerca della verità. Chi lo minaccia veramente? Quest'oscura presenza è parte solo del suo vissuto o coinvolgerà le intere Terre di Morwen?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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NOTA AUTRICE:
Buonasera popolo di Morwen (si, da oggi in poi chiamerò così chi sta leggendo questa storia!).
Innanzi tutto, vorrei farvi sapere che questo racconto è destinato, fortuna permettendo, a diventare un libro. Per tale ragione, mi auguro che voi possiate darmi il miglior aiuto possibile tramite recensioni e/o messaggi privati, perchè ne ho davvero bisogno. Amo scrivere tanto quanto amo leggere, ma purtroppo non mi ritengo una vera scrittrice, perciò ho bisogno di consigli, critiche costruttive, insulti se strettamente necessario, apprezzamenti, se vorrete farmene, e pareri che mi facciano capire realmente cosa sbaglio e cosa, invece, può volgere a mio vantaggio.

PS: Putroppo, causa tempo-non-troppo-libero, quest'opera verrà sicuramente aggiornata in maniera casuale/discontinua. Ci tengo a scriverla bene e non di getto, per tale ragione devo impegnarmi molto e non posso promettervi un aggiornamento con scadenza precisa. Spero che questo non vi blocchi nella lettura.

PPS: Le linee del testo rimarranno staccate per motivi Windowsiani a me ancora sconosciuti, scusate per il disagio ragazzi. Se qualcuno sa come risolvere la cosa è pregato di contattarmi. Davvero, mi dispiace.
Benissimo, dopo questo papiro, vi auguro una buona lettura. Spero vivamente che questa storia possa evolversi in qualcosa di grosso, non la prima volta su Fp, dopotutto.

 


L'urlo del fulmine - capitolo I

Fu una notte di molti, molti anni fa, quando la gente del villaggio si svegliò di soprassalto, sorpresa dalle imprecazioni del cielo.

Era buio, le nuvole oscuravano tutto, non vi erano stelle, non vi era luna e tutto si muoveva con insistenza. Le porte sbattevano, gli oggetti volavano in lungo e in largo, per poi schiantarsi al suolo con fragore. I bambini piangevano, le donne urlavano in preda al panico, poiché la tempesta li stava prendendo e la speranza li stava lasciando.

Tutto era frenetico, rombi e tuoni, vento e fuoco, luci accecanti, urla assordanti. In quella buia e spaventosa notte, l'angoscia stava prendendo il sopravvento.

Gli abitanti della cittadina non sapevano che fare in una situazione simile, non erano preparati, niente del genere era mai successo ai porti di Belfeth. Quello era sempre stato un paesino tranquillo, tutti vivano le loro vite senza aver timore che un qualsiasi male avrebbe potuto colpirli. Le giornate passavano serene, lente, per il duro lavoro nei campi o nei negozietti, ma mai, mai turbate da un problema. La gente, ospitale e cordiale, non aveva mai avuto sospetto nei confronti di uno straniero, né era mai scaturita una lite tra gli abitanti stessi. Eppure, quella notte, il violento canto del fulmine aveva risvegliato i loro animi nascosti, le loro paure, la loro bestialità. In preda al terrore, ognuno cercava di cavarsela come poteva, lasciando da parte chiunque altro, pur di non farsi catturare dalla violenza del cielo.

Solo le guardie cittadine, le poche rimaste con un minimo, ma puro, senso di giustizia cercavano di aiutare chi potevano a scappare verso le colline.

“Prendete coperte e cibo! Dirigetevi verso il maniero in cima al colle! L'acqua non potrà raggiungervi lassù, fate presto.”

“Baster, Dron, aiutate i bambini e gli anziani. Prendete carri e cavalli. Muovetevi!”- gridava il capo delle guardie.

Sir. Findo, vado a controllare le capanne del dirupo.”

“Vai Sten, cerca di sbrigarti, ma sii cauto! Non voglio che nessuno di voi muoia questa notte.

Sono stato chiaro?”
“Mi occuperò io delle donne, Signore. Le scorterò con quel carro laggiù.” - disse un'altra guardia, indicando una casa ai piedi del sentiero che dal mare portava al paese.

“Sì, sì, ben fatto. Fai attenzione Gerald!”

Tutto era in trambusto, la pioggia cadeva violenta, brutale, ma nonostante questo Gerald si allontanò, una mano sulla fronte per cercare di vedere un po' più lontano del suo naso a punta, nell'altra stringeva una corda. Corse più in fretta che poteva e raggiunse il carretto. La legò stretta e tirò, ma le ruote erano sommerse dal fango. Tirò così forte che ebbe l'impressione che il braccio gli si potesse staccare da un momento all'altro, ma nessuno poteva vederlo. Nonostante il carro fosse solo a pochi metri dal punto in cui si trovava prima, con quel vento e quella pioggia fitta che tagliava il viso con lo stesso dolore di mille aghi incandescenti, non c'era modo di vedere nulla.

Urlò, ma nessuno lo udì.

Nello stesso momento, altre urla echeggiavano nell'aria, altre urla impercettibili, quelle di una donna. Una giovane donna che si era staccata dal gruppo e stava cercando di attirare l'attenzione. Pestava i piedi, si agitava, ma nessuno riusciva a notarla in un momento simile. Così decise di correre verso le poche ombre che riusciva a scorgere in lontananza e trovò Sir. Findo.

“Findo, Findo! Una cosa, una cosa terribile!”

“Dimmi donna, che cosa succede?”

“C'è una..una na..” - cercava di parlare, ma il pianto le spezzava la voce.

Isneth parla, non ho tempo da perdere! Fai in fretta! Tu non dovresti nemmeno essere qui. Che cosa c'è? Che cosa hai visto?”

“Oh Findo, è terribile. C'è..c'è una nave...una all'orizzonte! Stavo prendendo il necessario per la notte quando un lampo mi ha permesso di...”

“Sì, sì, ho capito, ma .. ora non abbiamo tempo anche per questo. Lo capisci? Lo capisci Isneth? Come posso occuparmi anche di loro in questo momento?” - esclamò il capo delle guardie asciugandosi la fronte per la fatica.

“Noi dobbiamo aiutarli! Siamo forse meglio perché qui ci abitiamo da sempre? Non è così e lo sai meglio di me! Abbiamo sempre aiutato chi ci ha chiesto aiuto!”

“Ma.. Loro non ci hanno chiesto aiuto, Isneth!”

“Loro non ci hanno chiesto aiuto? Non starai cercando di scappare vero? Loro non hanno bisogno di parole per farlo. Come potrebbero? Senti, non m'interessa cosa farai tu. Aiuta pure tutti gli altri, ma io penserò a loro.”

“E che cosa credi di fare? Eh? Credi forse di poterti gettare in mare?”- gridò agitando una mano, per poi lasciarla cadere lungo il fianco. - “Corri alla torre di vedetta, accendi il fuoco, gli forniremo una luce.”

“Ma io..”

“Corri! O potrei ripensarci!”

Isneth fece per ringraziare Findo, ma lui la zittì, così lei tornò sui suoi passi e camminando più veloce che potè, nonostante quella strada le sembrò durare un secolo, arrivò alla torre di vedetta.

Nel frattempo, Findo riuscì a raggiungere la sponda. Trovò Gerald steso a terra. Le mani insanguinate, la faccia increspata da un'espressione di dolore. Lo aiutò a rialzarsi, lo portò in acqua e gli lavò le ferite.

“Gerald, dobbiamo raggiungere quella nave. Te la senti?”

“Nave? Quale nave?”

“Da qui non si riesce a scorgere, ma si trova ad est della scogliera, non è lontana.”

“Non credo che potremo....” - notando l'espressione di Findo, non potè far altro che ricredersi, poiché l'uomo lo stava guardando con fare rassegnato, ma, in quei suoi occhi, Gerald riuscì a scorgere un barlume di spensarza. Così, anch'egli si rassegnò all'idea e disse: “P-penso di potercela fare capo.”

“Sarà pericoloso, sicuro di stare bene?”

“Non sono al meglio delle mie forze, ma non riusciresti mai a farcela da solo. Verrò con te.”

“Sei un uomo leale, Gerald. Ti ringrazio. Forza, non c'è un minuto da perdere.”

Gerald s'incamminò verso una piccola imbarcazione posto sulla riva; questa volta, senza troppi sforzi, riuscì a spingerla in acqua, prese i remi e si allontanò di poco. Findo lo raggiunse e presero il largo. Le onde erano alte e aggressive, come non si erano mai viste.

Per pochi, ma interminabili metri, dovettero attraversare il minaccioso e oscuro Mare di Heleg, così chiamato per via delle profondità dei suoi abissi, un luogo in cui sinistri e feroci mostri marini rimanevano ad osservare, cauti, pronti ad attaccare qualsiasi nave cercasse di entrare nel territorio delle Terre di Morwen. Sempre in agguato e pronti a fare strage di intere ciurme, in un solo boccone, queste creature erano state scelte come minaccia per gli estranei, per gli Uomini-Tardi, gli sconosciuti, i Pazzi, coloro che solo agli albori della civiltà avevano messo piede in quel luogo e mai avrebbero potuto tornarci. Troppo stolti erano stati gli Uomini-Tardi, troppo avidi, rudi e pigri e, in un'era ancora più lontana di quella in cui gli Uomini di Morwen vivevano ora, erano stati esiliati, costretti ad attraversare quello stesso, immenso mare, che al tempo aveva ancora il nome di Relel, il Ponte Calmo, per non poter mai più fare ritorno, salvo finire in pasto a quelle agguerrite e fameliche bestie marine, tanto temibili e mostruose da non poter ancora essere descritte.

Gerald e Findo, ora si trovavano accanto alla nave, troppo spaventati per poter fare qualsiasi cosa.

Ormai era tardi, troppo tardi, il fuoco stava divampando, mentre i due, girovagando nei pressi della nave cercavano di trarre in salvo i pochi superstiti, l'odore di corpi bruciati e salsedine

s'innalzava verso il cielo oscuro. I due uomini lo sapevano, di speranza ne rimaneva ben poca, poiché conoscevano la poesia dell'urlo del fulmine:

L'empia voce richiama vento e paura. Tutto si spegne, tutto si oscura.” - disse Findo con voce spezzata, e Gerald, in lacrime rispose: “Quando del fulmine l'urlo si effonde nel cielo, la vita si spegne e la fiamma s'accende.

 

 
   
 
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