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Autore: syontai    16/07/2014    7 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 45
Esmeralda

“Maxi! Maxi!”. Prima fu solo una voce lontana, poi si fece talmente tanto insistente che era impossibile non prestargli attenzione. Erano passati parecchi giorni dalla prima volta che si era deciso a usare l’elmo, e da allora approfittava dei turni di guardia la notte per continuare ad allenarsi. Il più delle volte ricercava quella ragazza, Violetta, e semplicemente le sedeva accanto mentre dormiva, ma più in là aveva imparato a tenere sotto controllo diverse zone anche contemporaneamente. Nonostante ciò, come gli aveva detto Dj, gli effetti si facevano sentire: non riusciva a tenere l’elmo in testa più di qualche minuto senza sentire una terribile fitta alla testa, e quell’emicrania tornava a scatti durante il giorno quando meno se l’aspettava. A volte crollava dal sonno, e ci volevano gli strattoni poco delicati di Emma per svegliarlo. Questa volta era stato Andres a svegliarlo. Quando aprì gli occhi si rese conto di essere disteso ai piedi di una grande quercia, e il suo amico era inginocchiato affianco con un’espressione preoccupata. Si mise in ginocchio facendo leva sulle braccia e si stiracchiò apertamente, emettendo un vigoroso sbadiglio.
“Mai stato meglio, perché?”. Andres non disse nulla, ma continuò a guardarlo torvo, e si sentì come se la sua testa fosse stata aperta, e i suoi pensieri venissero estratti con accuratezza in cerca di una spiegazione. Ma il leader si limitò a scrollare le spalle e a rimettersi in piedi.
“Stiamo per ripartire” disse senza smettere di togliergli gli occhi indagatori di dosso. Si erano fermati in quanto Francesca aveva avuto un mancamento. A causa di tutto quel periodo in un luogo chiuso in condizioni ben poco sane, capitava frequentemente che perdesse di colpo i sensi, e Federico ogni volta la prendeva al volo, e faceva fermare la comitiva per farla riposare, senza curarsi di tutte le lamentele di Emma, che ribadiva il fatto che stessero solo perdendo tempo.
“Ormai non possiamo lasciarla qui, in mezzo al Regno” rispondeva piccata Libi alla bionda, che in tutta risposta si voltava dall’altra parte e sbuffava. Dj ultimamente era sempre per conto suo, taciturno, e raramente si faceva coinvolgere in qualche conversazione come un tempo. La notte riviveva continuamente il suo scontro con Ana, e si rendeva sempre più conto di quanto fosse stato fortunato a cavarsela rimanendo illeso. I suoi poteri magici e il suo sangue freddo erano stati messi a dura prova, ma capiva anche che il dislivello tra lui e la maga fosse fin troppo elevato. Per quanto odiasse ammetterlo, aveva bisogno di studiare per sviluppare ancora di più le sua abilità e conoscenze.
Dopo alcune ore di viaggio arrivarono sulla sommità della collina da cui si estendeva quella che in tutto il Regno di Fiori era conosciuta come Foresta di Oberon. La fitta selva che si estendeva fino a perdersi al di là dell’orizzonte era l’unica via a loro disposizione per evitare i centri abitati e le strade controllate dalle guardie del Regno. Inoltre, una volta attraversata, avrebbe permesso loro di trovarsi in prossimità del Regno di Cuori, dove era custodita la famosa Spada. La particolarità della Foresta di Oberon consisteva in particolare nella cospicua presenza di laghi. Piccole, grandi, o addirittura sterminate distese d’acqua dolce costellavano il terreno, invadendo con macchie di un cristallino azzurro la fauna presente dalle mille tonalità di verde. Maxi osservò il paesaggio incantato: nonostante i numerosi viaggi il padre non l’aveva mai portato così lontano per ammirare quel posto magnifico, che tutti sapevano nascondere al suo interno parecchi pericoli, essendo ricco di creature magiche e la magia stessa aleggiava nell’aria. Si lasciò abbagliare dalla luce del sole, alto nel cielo, quindi si voltò verso i suoi compagni con un sorriso emozionato.
“Non vedo l’ora di entrare in quella foresta”. Dj scosse la testa: “Non vorresti davvero, se conoscessi tutte le storie che ci sono dietro. Si, all’apparenza sembra un Paradiso, tutto molto bello…ma devi stare attento. Creature magiche, anche pericolose si celano nei posti più impensati”. Si voltò dove prima si trovava Maxi e non lo vide. Per nulla placato da quelle parole, il ragazzo correva con sottobraccio l’elmo per raggiungere la foresta, seguito da tutti gli altri che però non avevano alcuna intenzione di correre dopo tutte le fatiche del viaggio. “Nessuno ascolta il mago?” urlò Dj, facendo una rincorsa in discesa per raggiungere Emma, che a mala pena gli rivolse uno sguardo di sufficienza, scrollando le spalle.
“Senti, Francesca…” cercò di parlare Federico, ma la ragazza, non appena si fu sentita chiamare, si ancorò al braccio di Libi e finse di stare intrattenendo una conversazione estremamente interessante. Libi per suo conto non sapeva come comportarsi, e si limitava ad annuire alla raffica di parole della regina, che doveva averla presa particolarmente in simpatia. D’altronde tra lei ed Emma, che non perdeva occasione per criticarla, era piuttosto naturale che Francesca preferisse la sua compagnia. Federico rimase indietro sconfortato, e venne affiancato da Andres.
“Chi voglio prendere in giro, non mi perdonerà mai!” cominciò a sfogarsi, guardando avanti a sé rabbioso. “E io che mi sono messo a fare questo viaggio rischioso solo per poterla proteggere! Me ne potevo restare al castello di Fiori, per i fatti miei, zitto e buono”. Andres lo guardò accigliato: sapeva bene che era solamente arrabbiato, e non pensava veramente ciò che stava dicendo. Sicuramente potendo tornare indietro sui suoi passi si sarebbe comportato esattamente allo stesso modo, ma non gli sembrava il caso di farglielo notare. Acosta aveva preso addirittura a sbracciarsi in un continuo sfogo di rabbia, di cui tutti furono comunque testimoni, anche Francesca, che abbassò lo sguardo, ma non osò voltarsi dietro. Sembrava che finalmente il conte si fosse sbollito quando un urlo di donna li fece quasi sobbalzare. Proveniva proprio dal limitare della foresta, talmente fitta che non si riusciva a vedere cose stesse succedendo. Senza perdere tempo iniziarono a correre, scostando felci gigantesche, e bassi rami biforcuti, per poi trovarsi in mezzo ad un vero e proprio labirinto di alberi dal fusto lungo e sottile, che univano le loro chiome formando una sorta di tetto verde. Appiattita contro uno di quei bianchi tronchi una donna tremava di fronte alla presenza di un’aquila dalle piume ramate, che le svolazzava intorno intonando un grido intimidatorio. Al fianco della donna, né troppo giovane né troppo anziana, un uomo biondo si era rannicchiato alla sua sinistra, tremando come una foglia. Andres estrasse la sua spada e si fece sotto, lanciandosi nel combattimento. L’aquila tentò di ferirlo a suon di artigliate, ma dovette ben presto cedere di fronte ai fendenti del giovane ragazzo, letali quanto precisi. Quando la lama per poco non gli trafisse l’ala, capì subito di essere incappata in una preda troppo tenace, e dopo aver lanciato un ultimo stridio si lanciò verso l’alto, scomparendo dopo poco. La donna era rimasta paralizzata, con gli occhi spalancati, e le gambe le cedettero di colpo, cadendo a terra su di esse. L’uomo invece subito si precipitò da Andres ringraziandolo per averli salvati da quella bestiaccia.
“Io e mia moglie siamo venuti qui in cerca di riparo dopo l’ultimo attacco al confine con il regno di Picche, pensando che fosse un posto sicuro” spiegò, presentandosi subito dopo con il nome di Matias. Libi si avvicinò alla donna e aiutò ad alzarsi.
“Mi chiamo Esmeralda” disse questa, mettendosi in piedi un po’ a fatica, troppo scossa dagli ultimi eventi. “E vi devo la vita” aggiunse, avvicinandosi ad Andres, e abbracciandolo di cuore.
“Sarà meglio raggiungere nuovamente il villaggio di Hariat…”. Matias prese con dolcezza la mano della moglie, e dopo aver rivolto un breve saluto ai giovani, fecero per andarsene, ma Andres li trattenne, correndogli praticamente dietro.
“Aspettate!”. I due si voltarono confusi. “Il villaggio di Hariat si trova poco a sud del confine, e lì imperversa la guerra, non vi conviene dirigervi lì. Dovreste venire con noi e appena troveremo un posto sicuro voi vi fermerete, mentre noi proseguiremo il nostro viaggio”.
Emma però si intromise nel discorso: “No, eh! Questa non è la settimana delle opere di bene! Abbiamo già aiutato la regina di Fiori, e quell’altro ragazzino, non possiamo caricarci anche una famigliola in difficoltà. Ti rendi conto che se ci metteremo ad aiutare tutti quelli che incontriamo non arriveremo mai a Cuori? Li abbiamo salvati, che adesso se la cavino da soli!”.
“Ha ragione la vostra amica, non vogliamo esservi di intralcio nel vostro viaggio”. Gli occhi di Esmeralda per un secondo si soffermarono sull’elmo che Maxi teneva sotto braccio, quindi tornarono a puntarsi su quelli del leader del variegato quanto particolare gruppetto. Andres gettò un’occhiata di rimprovero a Emma, che intuendo l’antifona sbuffò sonoramente, raggiungendo a grandi falcate gli altri compagni.
“Nessun problema per noi…in ogni caso continueremo il nostro viaggio, ma almeno avrete una scorta in grado di proteggervi” concluse, tendendo la mano al biondo. Matias la strinse con foga non finendo di ringraziarlo per la sua generosità e bontà d’animo. Il viaggio quindi riprese con due ospiti in più. Più si addentravano nella foreste, più la vegetazione si faceva fitta e impenetrabile. Sembrava persino che i rami degli alberi volessero dirgli di stare alla larga. Alcuni alberi addirittura non esistevano al di fuori di quella foresta, come ad esempio una quercia dalle foglie gialle brillanti. Al tramonto raggiunsero un piccolo lago nelle cui acque sembrava divampare un incendio a causa dei raggi rossastri del sole.
“Direi che per oggi potremmo anche fermarci qui” esclamò Libi, guardandosi intorno in cerca di un punto riparato. Maxi invece ammirava tutto intorno estasiato, non riuscendo ancora a credere che quel posto potesse nascondere pericoli. Era troppo perfetto. Anche lo specchio d’acqua dalla superficie irregolare si sposava perfettamente con l’ambiente circostante. Matias e Esmeralda si offrirono di andare a raccogliere la legna nei dintorni, e nessuno ebbe da obiettare.
Neppure la forte luce del tramonto scalfiva la fitta ombra della foresta. Esmeralda procedeva a passo deciso, senza preoccuparsi minimamente di raccogliere i sottili ramoscelli che incontrava lungo il suo cammino, a differenza di Matias, che aveva già accumulato un cospicuo fascio di legnetti secchi perfetti per ardere.
“Oh, un altro!” esclamò l’uomo allegramente, piegandosi per raccogliere un altro ramoscello. Esmeralda si voltò per guardarlo con disapprovazione. Uno stridulo suono attirò la sua attenzione. L’aquila che li aveva attaccati planò piano fino a depositarsi sulla spalla della donna, che gli accarezzò le piume dell’ala con cura. “Hai fatto un ottimo lavoro”. La voce le tremava, e Matias assunse un’espressione cupa. Sapeva bene quanto Esmeralda stesse soffrendo per quella situazione, e ogni giorno si era ripromesso di aiutarla a non pensarci. Un po’ come lei lo stava aiutando a recuperare ciò che gli era stato sottratto. Un silenzio malinconico li accompagnò a lungo, fino a quando qualcosa non brillò nella tasca di Matias. Estrasse un medaglione rifinito e con una pietra verde incastonata al centro. Dentro quell’oggetto prezioso un volto li scrutava e attendeva pazientemente novità.
“Avevate ragione. Stanno tentando di attraversare la foresta di Oberon”. Diego fece un ghigno al di là della superficie limpida e trasparente.
“E l’elmo? Hanno l’elmo?”. Questa volta fu Matias ad annuire. “Perfetto. Dovete recuperarlo il prima possibile, addirittura stanotte stessa se possibile. Gli aiuti arriveranno a breve, la posizione è quella del medaglione?”.
“Si. Ma a quel punto voi manterrete fede al patto, vero?” si assicurò Esmeralda, diventando pallida di colpo.
Diego scoppiò in una fredda risata. “Ovvio. Avrete ciò che desiderate...Sempre che io abbia l’elmo nelle mie mani”.
“Non erano questi i termini dell’accordo! Dovevamo solo condurvi dai ladri dell’elmo!” sibilò Esmeralda stringendo i pugni. “Beh, l’accordo è cambiato. Se non vedrò l’elmo…non avrete la vostra ricompensa. Molto semplice”. Erano caduti nel tranello, ed erano stati raggirati. L’avrebbe dovuto capire, lei, regina delle truffe, eppure la disperazione l’aveva resa cieca fino a quel momento: quel Dominguez li teneva in pugno. L’aquila emise un verso infastidito e alzò una zampa, mostrando gli artigli acuminati.
“Il tuo animale da compagnia può sbraitare quanto vuole, ma queste sono le mie ultime parole”. Il volto di Diego svanì in mezzo al verde della pietra, e i due si trovarono di nuovo nel silenzio dei loro pensieri e delle loro preoccupazioni.
“Non abbiamo scelta”. Fu Matias e parlare, raccogliendo il fascio che aveva appoggiato a terra per estrarre il medaglione. Esmeralda annuì sospirando, quindi diede un piccolo colpetto all’aquila, che la guardò triste. I loro occhi erano dello stesso colore, e si trasmettevano a vicenda il dolore. Quei ragazzi erano stati ingenui, ma non poteva non provare pietà per loro, nonostante fosse una truffatrice professionista. “Devi andare, ora” disse all’animale, che in tutta risposta affondò ancora di più gli artigli sulla sua spalla. Le accarezzò il becco acuminato. “Lo sai che non puoi rimanere…se avrò bisogno di te, farò un fischio”. L’aquila sembrò capire finalmente che era arrivato il momento di separarsi, e spiccò il volo, non senza aver prima guardato con rimprovero la sua padrona. Ma Esmeralda non era solo la sua padrona.
“Buonanotte, Ambar”.
 
Dopo cena, in cui tutti con grande sollievo si erano risparmiati la cucina di Emma, la quale aveva dovuto ammettere che Francesca fosse molto più abile di lei, Federico aveva deciso di esplorare un po’ i dintorni. Di sonno non ne aveva, ma al suo posto aleggiava tanta nostalgia e un senso di irrequietezza. Lui aveva bisogno del suo perdono, non poteva nemmeno pensare di chiudere occhio senza. Dopo aver girato lo specchio d’acqua nera e scintillante si era reso conto che vicino a dove si erano fermati loro c’era un piccolo corso d’acqua che alimentava il lago. Si decise a seguirne il corso per raggiungere la sorgente. Più avanzava più si addentrava nel folto della foresta, e di tanto in tanto si guardava indietro per essere sicuro di poter ritrovare la strada. Alcuni rami erano spezzati o piegati, segno che qualcuno prima di lui avesse fatto lo stesso percorso. Quando la vegetazione si fece più rada, per poco non rischiò di inciampare contro un sasso ricoperto di muschio che si era mimetizzato con l’ambiente. A pochi passi scorreva ancora il fiumiciattolo. Lì vicino era piegato con cura un vestito, che all’inizio Federico non riconobbe. Appoggiò il piede sul terreno molle, e sbirciò cautamente da alcune foglie di enormi felci. Gli si mozzò il respiro; la regina Francesca si stava bagnando ai piedi della sorgente, immersa fino alla vita, e nonostante l’avesse vista solo di schiena, sentì uno strano fuoco alle orecchie. Osservò quella pelle candida bagnata non solo dall’acqua della polla ma anche dalla luce della luna e deglutì profondamente. Ma quanto era impudente, non poteva certo rimanere a guardare! Per quanto volesse allontanarsi, gli occhi e il cuore sembravano volerlo ancorare lì, e si sentiva i piedi affondare sempre più, come se fosse incappato nelle sabbie mobili. Francesca nuotò con calma fino ad una roccia che sporgeva, lasciando che i capelli la seguissero sul pelo dell’acqua. Federico non riusciva a credere che nonostante tutto quel tempo chiusa in una prigione fosse rimasta così bella e affascinante, e per poco non fu tentato di chiamarla, ma lasciò perdere quel proposito, pensando al conseguente imbarazzo che ne sarebbe venuto per entrambi. Inoltre Francesca avrebbe avuto un motivo in più per avercela con lui, e non era il caso. Si voltò con lo sguardo basso, e fece un passo indietro, ma Francesca avvertì la sua presenza.
“C’è qualcuno?” chiese con voce impaurita, incrociando le braccia al seno per la vergogna. Non rispose. Francesca aguzzò lo sguardo e riconobbe la sua sagoma sebbene fosse di spalle e nascosta dal buio e dalle piante. “Federico?”. Il conte Acosta si voltò di nuovo, e incrociò lo sguardo terrorizzato della ragazza.
“Non volevo, davvero. Stavo andando via” si scusò subito, facendola annuire lentamente.
“E’ tanto che non avevo la possibilità di farmi un bagno” commentò secca Francesca, facendogli ancora una volta sentire il macigno della colpa. Non sapeva se lo facesse consapevolmente, forse si, ma sentiva di meritare quella punizione, nonostante le sue intenzioni fossero state sempre le migliori. Non poteva ottenere il suo perdono, ma l’avrebbe protetta sempre e comunque. A passo lento si avvicinò, immergendo le scarpe nell’acqua, quindi si sedette sulla roccia alla quale si era avvicinata a nuoto, e la squadrò con le mani che si tormentavano a vicenda.  
“Tornando indietro, forse avrei agito diversamente” le disse con voce tremante.
“Forse?”.
Acosta prese un respiro profondo. “Sapevo che me ne sarei pentito per tutta la vita…eppure l’ho fatto lo stesso, spinto dalla necessità. Non so…non so bene se sarei riuscito a ignorare il bisogno che aveva Picche di una spia all’interno del palazzo di Fiori”.
“Ero sicura mi avessi tradito, e non c’era giorno in cui non ripensavo al momento in cui mi hai consegnata a Natalia”. Federico si sporse di poco verso di lei, e la guardò attentamente, quindi sorrise mestamente.
“Nemmeno io lo dimenticherò mai. La delusione nei tuoi occhi è stata come una lama nel petto”. Non riusciva ancora a crederci. Finalmente lui e Francesca stavano parlando. Non litigando, solo parlando. Da una parte era talmente felice che avrebbe desiderato che la sua vita finisse lì, in quel preciso istante, dall’altra però affrontare le sue paure lo rendeva fragile e impaurito. Sapeva che Francesca aveva un cuore d’oro, e forse l’avrebbe davvero perdonato, ma lui si sarebbe mai liberato di quell’opprimente senso di colpa? Non ne era sicuro.
“Ho un’idea” esclamò poi la regina con un sorriso enigmatico. “Perché non entri in acqua anche te? E’ caldissima!”. Federico avvampò in un secondo, non riuscendo a comprendere come Francesca potesse ritenere quella proposta naturale e addirittura amichevole. Scosse la testa, evitando di guardarla negli occhi. “Ma cosa stai dicendo! Insomma, non posso…” borbottò, voltandosi dall’altra parte e incrociando le braccia al petto.
“Federico, ti conosco da quando siamo bambini! Non c’è alcun bisogno di vergognarsi” rise la ragazza; lo cominciò a schizzare giocosamente, e più rideva, più quella risata lo tentava a cedere dalle sue posizioni. Con un mezzo sorriso, si alzò in piedi, restando di spalle. Fece il giro della sorgente, osservando di sbieco gli zampilli d’acqua che sgorgavano dalla parete rocciosa.
“Dove vai? Che fai, hai paura?” lo canzonò la regina. Quella notte sembrava che il passato avesse preso il sopravvento. Era come quando erano piccoli, come se tutto non fosse mai successo. Federico stesso si sentiva più leggero, nonostante il dolore non lo abbandonasse mai del tutto. Senza rispondere alle sue provocazioni si sfilò la maglia. Il sorriso di Francesca si spense, sostituito da una punta di imbarazzo, che eppure mai aveva sentito al fianco di Federico. Solo ora che effettivamente Acosta si stava spogliando, osservando solo la sua schiena nuda, si rese conto che non erano più due bambini. Quando erano piccoli a volte si erano ritrovati a fare il bagno insieme, nonostante la disapprovazione e lo stretto controllo di Luca, che pedinava Federico con lo sguardo come un mastino. Erano cambiate tante cose da allora. Federico era un ragazzo che si stava apprestando a diventare un uomo; il conte si voltò e si tolse il resto dei vestiti, guardandola intensamente. Aveva un fisico esile e asciutto, e Francesca cominciò a credere che l’acqua calda stesse diventando ancora più calda. Non voleva ammettere che in realtà era il suo corpo a fremere di fronte a quella vista, seguendo da lontano le linee del suo corpo. Senza che il contatto visivo tra i due si interrompesse il ragazzo cominciò ad avanzare lentamente, fino ad immergersi nell’acqua fino alle spalle.
Mentre la raggiungeva era sicuro che Francesca non smettesse di guardarlo, e il rossore sulle sue guancia lasciava intendere un apprezzamento sul suo corpo da cui non staccava gli occhi di dosso. Sembrava quasi dispiaciuta quando si era immerso nell’acqua scura in modo che rimanesse scoperta unicamente la testa. Con un sorriso rilassato si immerse del tutto, e riemerse col viso bagnato, con i capelli attaccati sulla fronte. 
“Hai ragione, è davvero calda” mormorò Federico, dando qualche bracciata, e raggiungendola. Improvvisamente per Francesca quella vicinanza era davvero troppa. Si pentì di avergli fatto quell’invito, e si guardò intorno nervosamente, cercando di non incrociare quegli occhi scuri, che aveva paura fossero in grado di scrutarle anche l’anima.
“Proprio come quando eravamo piccoli” rise Federico, un po’ nervoso per la situazione. Non c’era la stessa innocenza tipica dell’infanzia, erano cresciuti, e se ne stavano rendendo conto proprio in quel momento. Trovandosi faccia a faccia, le sfiorò la guancia con il dorso della mano, e notò con piacere che Francesca non si era ritratta al tocco. Il fortissimo amore che provava per lei prese il sopravvento, e chiuse gli occhi. Nessun rumore turbava la loro quiete, se non le pulsazioni frenetiche dei loro cuori. Avvertì il respiro caldo di Francesca, prima di incontrare le sue dolci labbra. Il bacio sembrava sprigionarsi da quella sorgente e diffondersi anche oltre, come se quel luogo non fosse sufficientemente adatto a contenerlo. Francesca era rimasta immobile, poggiando le mani tremanti sulle spalle del ragazzo, che le trasmetteva sicurezza. Alle sensazioni del presente si fusero le immagini del passato, e una tremenda confusione le annebbiò la mente. Stava baciando un traditore? Un amico? Nessuno dei due? Chi era per lei Federico? Oltre lo spesso strato di odio che aveva alimentato nei suoi confronti in cella, qualcosa di sconosciuto aveva preso a battere insistentemente, e non capiva se dovesse ignorarlo o lasciare che avesse il sopravvento. I loro corpi iniziarono a sfiorarsi e dovette ammettere che nonostante la paura le sembrava la cosa più naturale del mondo. Delle urla li fecero uscire da quel vortice che li stava sempre più risucchiando, facendoli staccare di colpo. Non appena le loro labbra si separarono Francesca avvertì il caldo trasformarsi rapidamente in gelo. Non poteva non essere grata di quell’interruzione, perché in questo modo avrebbe avuto modo di riflettere sull’accaduto. Che cosa provava lei per Federico?
“Viene dal lago!” esclamò Acosta, impallidendo. I due uscirono velocemente dall’acqua e si rivestirono più in fretta possibile; nonostante Federico si fosse voltato per lasciarle un po’ di intimità nel rivestirsi, aveva visto che di tanto si grattava il capo nervoso, senza riuscire ad evitare di guardare di sbieco. Corsero con i vestiti che aderivano alla pelle bagnata, senza preoccuparsene, fino a raggiungere il loro ritrovo, dove stava infuriando una vera e propria battaglia.
Tre uomini con un’armatura avevano attaccato i rivoluzionari, e adesso stavano fronteggiando Libi, Emma e Andres. Esmeralda era scomparsa, e invece lungo la riva due persone si rotolavano in un combattimento. Uno era certamente Maxi, mentre l’altro solo dopo riconobbe essere Matias.
Andres abbatté facilmente il suo nemico, quindi si voltò indietro verso Maxi pronto a dargli una mano, ma un’aquila gli impedì di soccorrere l’amico, svolazzandogli intorno e graffiandolo con i suoi artigli.
In lontananza Esmeralda stava arretrando con un’espressione sconvolta. Qualcosa gli diceva che lei e Matias c’entravano con quell’imboscata notturna. “Io la fermo” disse Federico. Francesca annuì, e lo vide correre nel tentativo di raggiungere Esmeralda. Lei rimase ferma a osservare la scena spaventata, quindi raccolse un bastone e si avvicinò lentamente alle spalle di un guerriero con un’enorme mazza ferrata che stava dando parecchio filo da torcere a Emma. Era grande almeno quattro volte la ragazza, un vero e proprio energumeno. Senza pensarci due volte gli diede una legnata in testa facendolo barcollare, e Emma lo finì. Ci fu uno sguardo d’intesa tra le due.
“Forse non sei così male…con le bastonate te la cavi bene” ironizzò la bionda per poi andare ad aiutare Libi. I nemici però continuavano ad arrivare, e la situazione stava degenerando.
Maxi continuava a sferrare calci in aria, mentre Matias tentava di strappargli l’elmo di mano. “Molla!”. L’uomo sembrava davvero determinato a soffiargli quel prezioso oggetto, ma Maxi non era da meno, e insieme rotolarono in acqua, sempre sulla riva. “Serve a me!” digrignò, sferrando un pugno all’uomo che barcollò per qualche secondo, senza però permettergli una via di fuga. In mezzo al combattimento a mani nude l’elmo gli scivolò di mano, finendo nel fondo basso. Matias diede un destro al ragazzo che fu colto di sprovvista e non fece in tempo a parare il colpo. Cercò afferrare l’elmo, ma questo sfuggì alle sue mani, scorrendo lungo il terreno a una velocità pazzesca.
“Ma che diavoleria è questa!”. La superficie del lago si incrinò e al centro si generò un potente vortice. Dj che aveva appena messo KO un nemico guardò la scena inorridito: il lago aveva preso in qualche modo vita. La magia che permeava quel luogo aveva permesso anche alla natura di mostrare la propria forza.
“Ignis felim invoco!”. Una gatto di fuoco volteggiò sopra la sua testa, per poi seguire il suo dito che puntava sul lago. Corse rapidamente, trasformandosi in una sorta di proiettile rosso e arancione, ma dall’acqua emersero dei tentacoli trasparenti che intrappolarono la creatura da lui evocata facendola divincolare invano. Ci voleva qualcosa di più potente per quell’entità, ma Dj si sentì con le mani legate: non era molto abile nelle magie del fuoco, e men che meno in quelle del ghiaccio. Andres cercava di scacciare l’aquila, ma era del tutto inutile: come un rapace famelico dopo un fendente nell’aria tornava all’attacco con sempre più furia, senza lasciargli un attimo di respiro.
“L’ELMO!” urlò Dj, cosicchè tutti potessero rendersi conto della gravità di ciò che era accaduto: il prezioso oggetto era entrato in possesso di quel lago incantato, che aveva intenzione di custodirlo come un tesoro nelle profondità dei suoi abissi. Maxi riemerse tossendo, mentre le acque si ritiravano pronte a scagliare contro di lui un poderoso cavallone. Matias giaceva a pochi passi da lui, privo di sensi, colpito con forza da un’onda gigantesca. Non restava che una cosa da fare. Si liberò della spada di neranio, fin troppo pesante per quelli che erano i suoi scopi, e nuotò fino al centro dello specchio d’acqua, cercando di resistere al vortice che risucchiava tutto. Uno scintillio proveniva dal fondo, e si immerse completamente dopo aver preso un profondo respiro. Gorghi trasparenti dalle forme di tentacoli minacciosi tentavano continuamente di fermarlo. L’elmo si trovava in profondità, ancorato al fondo, e protetto dal vortice al centro del lago. Uno dei tentacoli lo prese per la caviglia, facendolo sussultare proprio mentre era vicino all’oggetto. Tentò di divincolarsi, ma la stretta aumentava sempre di più, e la pressione esercitata dall’acqua rischiava seriamente di schiacciarlo.
“Celer congelatio”. Il tentacolo si congelò per poi essere distrutto in mille pezzi. Alle sue spalle Dj gli sorrideva eloquente dentro una bolla trasparente al sicuro da ogni attacco. Lo afferrò per una mano e lo trascinò all’interno del globo trasparente, dove si respirava tranquillamente.
“Non potevi usare subito un trucchetto del genere?” lo riprese Maxi tossendo e sputando acqua. Dj scrollò le spalle. “Avrei potuto, ma poi non ci sarebbe stato il divertimento nell’averti salvato la vita” scherzò con aria seria, per poi tornare a fissare l’elmo.
“Questo lago ha deciso di fare il cattivello, non mi sta tanto bene” disse il mago, arrotolandosi le maniche della tunica scura che indossava, mentre gli occhi brillavano di una luce misteriosa. Maxi non aveva mai visto attentamente un mago prima di un incantesimo, e l’aria stessa sembrava vibrare di fronte alle radiazioni della magia.
“Nella peggiore delle ipotesi verremo trasformati in pesci” lo avvisò, prima di chiudere gli occhi e stendere le mani di fronte a sé.
“Neptune, terrae aquarumque deus, aquas apere, et maris sollicitudinem dissolve”. Non appena ebbe finito di pronunciare quelle parole una luce azzurra illuminò le profondità, poi la massa d’acqua, come sotto qualche comando si ritrasse, creando due muri alti e imperiosi, all’interno del quale nuotavano pesci di ogni sorta. Il lago era completamente diviso in due da un corridoio e Maxi rimase a bocca aperta di fronte all’ennesimo miracolo compiuto dal mago.
Dj sbuffò, passandosi una mano sulla fronte sudata. Le energie lo stavano abbandonando: contrastare la volontà delle acque era stata una vera e propria impresa, e gli sarebbe stato impossibile  ricorrere alla magie per qualche ora. “Vai, prendi l’elmo!” biascicò, sorreggendosi a malapena, mentre la linfa vitale scorreva fuori di lui, mantenendo innalzata quella barriera che gli permetteva di raggiungere l’agognato oggetto. Maxi con un balzo saltò fuori dalla barriera, corse fino all’elmo, lo afferrò, e tornò dal compagno, che non appena lo vide nuovamente al suo fianco emise un sospiro di sollievo. Non avrebbe potuto reggere un minuto di più. Le acque si richiusero rimbombando e scrosciando e finirono sballottati a lungo, mentre le onde tentavano di penetrare le loro difese. Con molte difficoltà e i tentativi di Dj di ricorrere alle sue ultime forze, riuscirono a raggiungere la riva, mentre le superficie ribolliva, come scossa da fremiti di rabbia. Andres con l’aiuto di Emma e Libi era riuscito a tenere a bada l’uccellaccio, e tentava allo stesso tempo di difendersi dai nemici che spuntavano di tanto in tanto dal folto della foresta. Federico aveva rinunciato a inseguire Esmeralda, che si era volatilizzata nella notte, e perfino Matias era scomparso. Quando tutti videro che l’elmo era nuovamente al sicuro emisero un sospiro di sollievo, e misero fuori gioco l’ultimo soldato.
“Devono averci trovato a causa di quei due” esclamò Andres affannoso, senza riuscire a dare un calcio in aria ricco di rabbia. Aveva proprio ragione Emma: doveva smetterla di aiutare tutti, finiva solo per rendersi vulnerabile. Che colpa ne aveva se era così buono e inadatto per una missione tanto delicata come quella? I compagni si raggrupparono intorno a lui, decidendo sul da farsi. Non potevano certo rimanere lì, ma viaggiare di notte era una follia altrettanto buona.
“Cerchiamo un altro riparo…” ordinò il capo, facendo assentire tutti che prepararono le loro cose. Libi si mise in spalla il suo arco, quando notò un movimento sospetto provenire da un cespuglio vicino. Un arciere tese l’arco sbucando con un grido disumano.
“Lunga vita alla regina Natalia!” strillò, scoccando la sua freccia verso quella che riconobbe essere la regina di Fiori deposta, simbolo delle speranze di un popolo ormai in ginocchio. La freccia sibilò, e Libi fu altrettante rapida nello scoccare la sua in modo da colpire in pieno petto l’uomo, conducendolo rapidamente alla morte. Quando sentì un tonfo si sentì morire, e si maledì per non essere stata più veloce. Doveva avercela fatta quel maledetto. Si voltò di scatto e con sua enorme sorpresa vide una Francesca spaventata ma illesa. A terra giaceva Federico, proprio lungo la traiettoria del colpo, con la freccia conficcata su un fianco.
 
“Dobbiamo fare qualcosa!” ripeté per la quarta volta Francesca, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal volto morente di Federico, il cui corpo di tanto in tanto era mosso da spasmi.
“Non era una semplice freccia” sentenziò Dj, alzandosi dopo aver esaminato la salute del ragazzo. “E’ intrisa di un veleno potentissimo…sicuramente creato da qualche mago abile nell’uso delle pozioni”.
“Quindi? Non possiamo certo lasciarlo morire qui!” si intromise di nuovo Francesca, scattando in piedi e agitando le braccia in cerca di attenzione.
“Ma cosa possiamo fare in un bosco che neppure conosciamo? Se anche ci fosse una cura non la troveremmo mai”. Libi aveva ragione, e tutti rimasero in silenzio senza avere nulla su cui ribattere per restituire la speranza svanita. Ai piedi di un salice piangente, avevano depositato il morente Federico e si stavano consultando. Dj fin da subito, provato dal fortissimo uso di magia di quella notte, aveva detto che avrebbe avuto bisogno di almeno due o tre ore per ricorrere ai suoi poteri, per cercare di rallentare il corso del veleno, ma non era certo in grado di guarirlo.
Andres si allontanò dagli altri, seguito da Libi, pieno di dubbi e paure. Quando fu sicuro di essere solo con l’amica esplose in un turbine di frustrazione.
“Non posso pensare che Federico stia andando incontro alla morte e che io non possa fare nulla! Lui ha fatto tanto per noi!” sbottò dando un calcio per terra, con il volto contratto in una smorfia di dolore.
“Andres…l’ha fatto per proteggere la persona che ama. Non potevi immaginarlo, né potevi impedirlo”.
“Già, io non posso impedire mai nulla” rispose amareggiato, sedendosi per terra, e incrociando le gambe, con la testa tra le mani e lo sguardo fisso nel vuoto.
“Hai salvato Emma…non lo ricordi più?”.
“Non è quello che intendo dire, e lo sai bene”. Ci fu un attimo di silenzio, poi Libi si avvicinò e si inginocchio al suo fianco. Gli poggiò la mano sulla spalla, e sentì che tremava. Non tremava solo di rabbia, era certa che quel dolore che si portava dentro stesse esplodendo di nuovo.
“Sai che non è stata colpa tua”. Era tanto tempo che non toccavano quell’argomento, la morte di Serdna. Era come se fino ad ora avessero fatto un tacito accordo, quello di non parlarne, e lei l’avesse irrimediabilmente rotto. Ma dopo tutte le peripezie affrontate era una ferita ancora troppo vivida.
“Tuideldì” gli disse con un sorriso rincuorante. Andres la osservò intensamente, quindi scosse la testa: “Quel soprannome appartiene al passato, lo sai”.
“Non puoi agire per vendetta, non puoi cancellare quello che è successo…finirai per impazzire!”.
Andres si rialzò. Non la stava ascoltando, non voleva farlo. “Tu non puoi capire”.
Era sempre così. Lei non poteva capire. Era la sua amica fidata, eppure non lo poteva capire. “Ci sto provando da tanto, e forse è vero, non posso capirti!”.
Nell’aria aleggiava aria di sfida, e forse Andres avrebbe colto al volo quell’occasione per sfogare tutto ciò che sentiva dentro, ma delle voci attirarono la loro attenzione.
“Non posso crederci, abbiamo fallito!”. Era un uomo, e la sua voce era fin troppo familiare.
“Matias” digrignò Andres tra i denti. I due si appostarono dietro un albero, e non appena avvertirono il rumore di passi dei due, gli furono addosso, incastrandoli a terra. Libi puntava l’arco addosso ad Esmeralda, mentre l’aquila volava nei dintorni non sapendo in che modo salvare la padrona. Matias invece era sovrastato dal peso di Andres che l’aveva inchiodato, puntandogli un pugnale alla gola.
“Eccoli i traditori” li sbeffeggiò il leader, mentre Matias fissava la lama che aveva puntata addosso terrorizzato.
“Ehi, non volevamo, ci hanno costretto!” esclamò l’uomo, tentando di mettere le mani in avanti, con scarso successo.
“Stai zitto, idiota!” lo ammonì Esmeralda.
“Non possiamo rimetterci le penne solo perché il signor Dominguez vuole quell’elmo! Noi dovevamo solo portarceli e poi svignarcela, ma la situazione è degenerata”
“Per colpa vostra un nostro compagno sta morendo avvelenato, e noi non possiamo farci nulla” li interruppe Libi con disprezzo.
“Beh, qualcosa si potrebbe fare…mio padre è un taumaturgo, e io so come risolvere i problemi dovuti ai veleni magici. Ma in cambio voglio che ci risparmiate la vita” esclamò Matias, congiungendo le mani a mo’ di preghiera.
“Come facciamo a poterci fidare di nuovo?” chiese Andres, intenzionato a non commettere per la seconda volta lo stesso errore.
“Vi diremo il motivo per cui abbiamo cercato di ingannarvi, ma lasciateci in vita, per favore!”. In tutto quel tempo Esmeralda era rimasta in silenzio, dritta e fiera persino di fronte a una freccia puntata contro di lei. Quella donna aveva un sangue freddo ammirabile.
“Allora, che cosa possiamo fare per aiutare Federico?” domandò Libi.
“La risposta risiede in questo posto, siete davvero fortunati. Ciò di cui avete bisogno è il Mana”.
Andres e Libi si guardarono preoccupati: che cos’era il Mana? 







NOTA AUTORE: Mamma mia, un capitolo pieno di avvenimenti questo! In effetti un po' ci mancavano diciamolo (anche se dopo il capitolo Leonetta siamo tutti ancora in fase sclero -io almeno lo sono xD-). Comuuuunque, succedono un po' di cose, nuovi personaggi misteriosi che si rivelano dei traditori...e allo stesso tempo dicono di non aver avuto altra scelta...chissà come mai. E ovviamente, c'è un dettaglio che riguarda il motivo di Esmeralda che è già chiaro dal nome dell'aquila. Ma sto dicendo anche troppo xD Ecco che cosa ci faceva Diego con il medaglione, lo usava per entrare in contatto con i due truffatori ù.ù 
Il recupero dell'elmo è andato fallito, Dj ha ancora una volta messo in atto le sue capacità (amore mio <3 *lo abbraccia*), e Fede e Fran sono sulla via della pace finalmente. Addirittura Fede approfitta di quel momento così particolare per baciarla *^* AIGH4UGH4UTGHU Poi si sacrifica anche per lei ricevendo la freccia avvelenata, e adesso anche lui, come in passato Emma se la rischia sul filo del rasoio. Matias, in cambio della salvezza, rivela che per curare qualcuno dal veleno magico serve un certo Mana...e ci lasci così in sospeso! (o meglio, io lo faccio xD).
Riuscirà la compagnia a salvare Fede? Che storia nascondono Matias e Esmeralda, al servizio di Quadri? Quante domande, che troveranno tutte risposta nel prossimo capitolo! :3 Grazie a tutti per seguire questa storia, e alla prossima! :3 Buona lettura :D
syontai :D 
  
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