Anime & Manga > Pandora Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Artemisia_Amore    16/07/2014    3 recensioni
La trama di questa storia si svolge su due piani temporali.
{I fili del presente si intrecciano continuamente con il passato dove è ambientata la maggior parte della narrazione.}
--
Break riapre gli occhi dopo una sanguinosa battaglia. Ha da tempo perso l’uso della vista, e il suo cuore stanco vortica inesorabilmente intorno a quel ricordo che lo ha a lungo perseguitato. Nel frattempo, Reim ripercorre i passi che lo hanno portato alla scoperta di un sentimento inconfessabile, mentre Sharon rivive il giorno in cui cessò per sempre di essere una bambina.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Reim Lunettes, Sharon Ransworth, Xerxes Break
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Clessidra
 
 
Se la distruzione di un intero mondo avesse un suono, di sicuro si tratterebbe di questo stesso silenzio che mi perfora le orecchie. Un silenzio impalpabile e placido, minaccioso, trionfante, beffardo. Ride di me, dall’alto della sua cristallina onniscienza. Ride del piccolo, misero mortale che sopravvisse, malgrado l’ombra nera del peccato cucita con il sangue e un ago grossolano alla sua schiena. Ebbene, un brindisi per te, codarda, effimera entità che tanto si è divertita a giocare col mio destino. Un brindisi per te, e che tu vada all’inferno.
 
Sollevo il bicchiere di claret e rivolgo un cenno amaro all’aria intorno a me. Poi bevo il vino tutto d’un fiato, e riempio di nuovo il bicchiere. Ho ripetuto questo gesto cinque volte. E per cinque volte ho assaporato il rosa scintillio fruttato che aveva un tempo colorato col suo tenue bagliore ogni mia cena nella sala grande della Tenuta. Non che mi fosse permesso bere, al tempo: il claret era destinato a Padron Roman e ai suoi aristocratici commensali, e nonostante venisse prodotto nelle terre che mi avevano dato i natali, su al Nord, dove le nuvole e la neve erano sorelle e si sorridevano e baciavano, scambiandosi di ruolo, confondendo il cielo con la terra, tuttavia non ne avevo mai bevuto neanche un sorso. Sorrido mestamente, facendo roteare il nettare color sangue nel suo limpido contenitore. Nonostante i cinque brindisi, nessuna estasi mi ha colto. Non ho il diritto di irretire i miei sensi, di dimenticare, di vagare per qualche ora – per una notte – nel dolce, oscuro oblio dell’alcool. Tutto ciò che riesco a percepire sul fondo del bicchiere è, invece, il suono di quelle fragorose risate quando Jener si esibiva nei suoi sciocchi spettacolini da buffone, e il sapore inebriante della selvaggina ancora intrisa del vago ricordo della vita. Bevo le trivialità dei cavalieri anziani che si scambiavano pacche sulla schiena e motti fin troppo audaci che facevano arrossire e allo stesso tempo gonfiare d’ammirazione ed emulazione noi giovani apprendisti. Bevo i suoi occhi. Gli occhi di Kenneth, brillanti di luce, brillanti di ogni significato il mondo potesse offrire.
 
L’animo umano è ridicolo. Sbuffo sprezzante contro il silenzio mentre mi ritrovo a considerare il mio patetico tentativo di riportare indietro il mio signore e la mia spensierata gioventù. Quando le finestre del cielo si sgretolarono, quando l’offerta fu pronunciata, quando il vincolo fu sancito, centosedici anime mi parvero un prezzo ragionevole. Un prezzo nauseante, che avrebbe ricoperto il mio nome e quello di mio padre e dei miei avi prima di me dello spregevole olezzo della vergogna. Un prezzo disgustoso, sì, ma ragionevole. Che cos’erano mai centosedici cadaveri e il sacrificio della mia vita, di fronte al lieve barlume di speranza di vederti respirare ancora? Che cos’era mai tutta questa farsa dell’esistenza intera di fronte al canto dolce di Florence nelle sue stanze di donna, alla nobile dignità degli occhi di Padron Roman, al tuo sorriso che gridava alla vita quale immenso, inestimabile, inenarrabile tesoro fosse svegliarsi ogni mattina?
 
Verso le ultime gocce di claret rimasto e mi sorprendo a fissare il minuscolo deposito che deve aver sonnecchiato per numerosi anni sul fondo della bottiglia. Galleggia sul vino terso, incurante del mio sguardo opaco. Mi fa venire in mente quel sogno. Il sogno che ha dato il via a questa mia folle, esasperata ricerca.
 
 
Estate. Sole. Brillante, troppo brillante.
Acqua che scintilla. Piccole onde. Non c’è vento.
Florence: “E’ una giornata deliziosa! La giornata perfetta per una gita in barca!”.
Emily, saltellando in preda alla gioia: “In barca! In barca! Kevin remerà!”
Kenneth, una spiga di grano in bocca. Sorride. I suoi occhi dicono: “Qui. Adesso. Viviamo”.
Barca che scivola sul fiume.
Profumo di iris.
Florence si adagia sulla prua. Una mano dipinge la nostra scia sull’acqua. L’altra stringe un ombrellino.
Emily cinguetta. Parla di biscotti.
Kenneth rema al mio fianco. Mi fissa. Mi sento osservato.
Kenneth: “Non ti senti schifosamente sporco, lurido assassino?”
La barca traballa. Una mano deturpata afferra un remo.
Mi sporgo. Dita. Volti mangiati dai pesci e dal tempo. A ogni cadavere manca l’occhio sinistro.
“Kevin Regnard…”, “Assassino…”
La barca traballa. Un’altra mano deturpata afferra la bambina.
Shelly-sama lascia volare via l’ombrellino.
“Dov’è Florence-sama?”, domando. Rispondono che è morta.
E’ morta di nuovo.
La barca traballa. La bambina sta per cadere in acqua.
Cerco di afferrarla.
Non portatemela via.
Non portate via…
Sharon.
 
Riapro lentamente il mio unico occhio. Da circa un anno, questo sogno mi perseguita quasi ogni notte. Non è sempre lo stesso. Non accade sempre nello stesso modo. A volte Kenneth e io stiamo cavalcando silenziosamente nel bosco, e i suoi occhi spalancati e muti non mi abbandonano mai. A volte Emily mi chiama nella camera della musica e strappa con forza le corde del liuto. Tutte meno una, e solleva lo sguardo sul mio viso, gli occhi, di nuovo, spalancati e muti. Poi parlano. Parlano entrambi, sia Kenneth che Emily, pronunciano sempre le stesse parole: “Florence è morta. E’ morta di nuovo”.
 
Poso il bicchiere sul pavimento e piego un ginocchio, offrendo un appoggio al mio gomito che presto sosterrà la mia fronte.
 
E’ morta di nuovo...
 
Florence morì quel giorno, quel maledetto, disgraziato giorno in cui accompagnai Emily alla capitale. Morì con la mia vita, col mio signore, col mio padrone. Morì in circostanze sospette, si disse, uccisa - come gli altri – da una banda di miseri banditi.
 
E morì di nuovo.
 
Nella nuova realtà che il mio folle, disgustoso peccato aveva plasmato a partire dal sangue e dalla carne di bambini, e donne, e anziani, e uomini innocenti, Florence venne assassinata. Fu l’unica a essere uccisa, l’unico bersaglio di un ignoto macellaio. Fu la ragione della follia di Emily e della conseguente estinzione dei Sinclair: a causa di quel singolo omicidio, la bambina sterminò i miei signori, offrendo il suo tributo a un Chain – o almeno, così riportano le cronache e le parole di Sheryl-sama.
 
Premo l’indice sulla tempia destra, tento invano di massaggiarla. Per un anno la mia mente ha spostato tasselli, ruotato il quadro e inserito nuovi dettagli nel mosaico. Per un anno intero ho inseguito senza successo quell’unica epifania donatami dai sogni: perché, nonostante il mio Contratto Illegale, nonostante le lancette siano state portate indietro, nonostante una nuova realtà sia stata creata per i Sinclair, Florence è morta due volte?
 
D’improvviso, il suono della chiave che fa scattare la serratura mi distrae da quei pensieri. Allontano la mano dal viso, sollevo lo sguardo verso Reim che entra nella propria stanza e che, trovandomi seduto sul pavimento in dolce compagnia del suo claret più datato e pregiato, mi rivolge uno sguardo interrogativo e allo stesso tempo, mi pare, irritato. Ah, sono contento che tu provi fastidio. Te lo sei meritato. Come ci si sente quando qualcuno ruba qualcosa che ti appartiene, Reim?
 
“Xerx… Che cosa ci fai qui? Dovresti essere a Vil---“.
 
“Dove l’hai portata?”.
 
“Cos---?”.
 
“Dove hai portato Sharon?”.
 
Indietreggi di un passo. Sembri intimorito. Ma non scappi. Ah, sei un servitore devoto, eh? Abbassi lo sguardo, ma non intendi cedere. Ti sistemi gli occhiali sul naso, prendi un respiro profondo, e assumi in un attimo quell’aria insopportabile, distaccata, professionale, che usi quando ti rivolgi ai membri della Pandora.
 
“Francamente, Xerx… Non… E’ più una faccenda… Di tua competenza…”
 




   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pandora Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Artemisia_Amore