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Autore: Smaugslayer    16/07/2014    2 recensioni
Sono passati due anni da quando Sherlock ha lasciato la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts tra urla di dolore.
Di lui, John Watson conserva solo tre libri e un ricordo che si sbiadisce ogni giorno che passa. Non ha più notizie del suo migliore amico da quando è stato rinchiuso all'Ospedale di San Mungo.
Finché non se lo ritrova davanti alla prima partita di Quidditch della stagione.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tutti gli studenti sono pregati di recarsi al più presto in Sala Grande. Ripeto: tutti gli studenti sono pregati di recarsi al più presto in Sala Grande.
 
Fu così che la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts venne vegliata quel 21 dicembre.
 
John Watson era arrotolato nelle sue coperte come un involtino e cadde dal letto prima di riuscire a districarsi dal suo bozzolo; incespicò nei suoi stessi piedi infilandosi i pantaloni della divisa e nella foga del momento dimenticò il cravattino.
 
Peter, uno dei suoi compagni di stanza, per poco non si schiantò a terra calandosi giù dal letto a castello come una scimmietta per fare più in fretta. Thomas, che occupava la cuccetta in basso, si era vestito alla velocità della luce ma ora non riusciva ad alzarsi le scarpe, con le dita intorpidite.
 
I pensieri di John andavano a Sherlock: lo avrebbero lasciato uscire dall’Infermeria? Ma poi, cosa diavolo stava succedendo?
 
Gli studenti si ammassavano in Sala Grande stropicciandosi gli occhi e abbottonando giacche e camicie. John raggiunse i cugini Weasley al tavolo di Grifondoro e si sedette tra loro. Clarisse si stava lamentando per la mancanza della colazione, “potrebbero anche darcela visto che ci hanno tirato giù dal letto tipo tre ore prima del solito”, mentre Charlie strizzava gli occhi con espressione inebetita, cercando di mantenere le immagini a fuoco.
 
John intravide Mary Morstan al tavolo di Corvonero e sentì una spiacevole morsa di ferro allo stomaco; solo il giorno prima l’aveva baciata
 
Charlie chiamò al tavolo gli altri membri della squadra di Quidditch. Abernathy beveva a canna da una bottiglia di Burrobirra (probabilmente per restare sveglio), e Rachel sembrava non essersi nemmeno alzata dal letto: indossava ancora i pantaloni del pigiama, e i suoi capelli ricci erano raccolti in una bandana a fiori.
 
“Sapete cos’è successo?” domandò Damon.
 
Gli altri scossero la testa, guardandosi intorno alla ricerca di indizi, ma nessuno dei professori era in sala.
 
“Ehi, Chris!” Damon chiamò un compagno di Grifondoro, un ragazzone dai capelli biondi, che si staccò da un gruppetto di Tassorosso per andare loro incontro. “Sai che è successo?”
 
“No, e neanche gli altri. Parlavo con Tom, prima –è il mio fratellastro, va a Serpeverde- ma nemmeno lui sa perché ci hanno chiamati.”
 
Finalmente la professoressa McGranitt, la vicepreside, salì sul podio davanti al tavolo dei professori e richiamò l’attenzione.
 
“Ragazzi… ragazzi, fate silenzio! Le lezioni di oggi sono sospese. Si è verificata una grave disgrazia questa notte, in Infermeria…”
 
Il cuore di John Watson cessò di battere. Era finita. Era finita. Sherlock se n’era andato. Era di nuovo solo. Mycroft l’aveva portato via.
 
“…uno dei nostri studenti è quasi morto.”
 
Quasi morto? Quasi morto? Piccole lucine gli esplodevano davanti agli occhi. Non riusciva più a respirare, non riusciva più a muoversi, sentiva gli arti paralizzati, presto sarebbe svenuto. Scariche elettriche gli percorrevano le dita e il volto e il petto, il petto
 
“Per favore, fate silenzio! Riceverete presto istruzioni, nel frattempo non lasciate la Sala! Solo gli amici di Richard Knight di Tassorosso mi seguano, per favore.”
 
Richard… Richard Knight? Di Tassorosso?
 
Sherlock era vivo?
 
Sherlock era vivo! Era vivo!
 
John corse dietro alla professoressa McGranitt, che stava accompagnando un manipolo di Tassorosso in lacrime per i corridoi verso l’Infermeria.
 
“Professoressa!...”
 
“Che succede, Watson?” La donna indicò ai ragazzi di precederla e si fermò ad aspettare John.
 
“Professoressa, mi dispiace per Richard… ma Sherlock Holmes, lui era ancora in Infermeria, dove…?”
 
“Il professor Vitious lo sta interrogando in merito a quanto è accaduto. Ora, se vuoi scusarmi…”
 
“Ma prof, Sherlock non può essere colpevole! Non potete seriamente credere…”
 
“Infatti non lo crediamo: vogliamo solo sapere cosa ha sentito. Stai tranquillo, Watson, il tuo amico starà bene. Sfortunatamente non si può dire lo stesso di Knight… puoi raggiungerlo, se vuoi, lo troverai nell’ufficio di Vitious.”
 
“Cosa è successo a Richard?”
 
“Una delle pozioni che Madama Chips gli ha dato gli ha causato un attacco epilettico, si crede. Ora è meglio che vada.”
 
“Sì… sì, d’accordo.”
 
John tornò indietro sui suoi passi e corse verso l’aula del professor Vitious. Incrociò Sherlock a metà strada.
 
Sherlock! Oh, dio, Sherlock, cosa è successo?”
 
L’amico era stanco, emaciato. I suoi ricci erano arruffati e sulla guancia aveva il segno delle lenzuola. Era ancora in pigiama, e teneva i vestiti stretti al petto in un fagotto.
 
“Vieni con me, non possiamo parlare qui…”
 
Lo condusse al secondo piano, in un’aula vuota contrassegnata dal numero 21, e si sedette su una pila di seggiole.
 
“Richard Knight di Tassorosso è stato ucciso. Be’ quasi” annunciò Sherlock.
 
“Non avevo dubbi, con te in giro non poteva che trattarsi di omicidio. Ma perché qualcuno avrebbe voluto ucciderlo?”
 
“Ieri notte, quando te ne sei andato, è venuta Madama Chips a portargli una pozione per dormire, e pochi minuti dopo lui è stato male. Qualche tempo fa ho eseguito uno studio approfondito sulle allergie da pozioni, e in alcun modo gli intrugli che Knight aveva preso prima del sonnifero avrebbero potuto rivoltarsi contro di lui fino a causargli un attacco epilettico tanto letale –letale almeno se io non avessi allertato Madama Chips in tempo. Qualcuno deve aver aggiunto un ingrediente, ma sbagliando destinatario. Sono sicuro che fosse diretto a me.”
 
“Magnussen?”
 
“Esattamente. Come avevo detto.”
 
“Dobbiamo dirlo a Silente!”
 
Sherlock sgranò gli occhi. “No, assolutamente no, dobbiamo agire da soli, io e te. Aspetta solo che mi vesta.”
 
Prima che John potesse distogliere lo sguardo, si era sfilato il pigiama e stava aprendo i bottoni della camicia. Con immensa disperazione, John si costrinse a guardare altrove.
 
Uscendo dall’aula –Sherlock si stava ancora aggiustando la cintura dei pantaloni- incapparono nella professoressa Hudson.
 
“Ohh!” esclamò lei, il volto che si apriva in un sorriso di trionfante beatitudine. “Chi abbiamo qui!”
 
“No! Professoressa, noi stavamo… noi non…”
 
“Oh, state tranquilli. Vivi e lascia vivere, questo è il mio motto. Ora scusatemi ma devo andare a parlare con il professor Vitious. Ah, l’amore!”
 
“Non…”
 
John avrebbe desiderato lanciarsi all’inseguimento della donna per chiarire tutta la situazione, ma Sherlock lo bloccò per un braccio. “Non importa” disse. “Piuttosto, ascoltami: Magnussen si crede insospettabile. Non dovrà capire che stiamo indagando su di lui, quindi dovremo comportarci normalmente. Saremo tristi e preoccupati per Richard. Tu chiederai a Mary Morstan di uscire.”
 
“Non vuoi agire subito?”
 
“No, sarebbe inutile. Uno studente è sull’orlo della morte e noi dobbiamo muoverci, certo, ma con calma. Prima devo indagare per conto mio. Devo fare delle ricerche.”
 
“Ok, ti aiuto.”
 
“No, devo essere solo io. Tu non fare nulla. La quasi-morte di quel ragazzo è stato uno spiacevole incidente, questo ti hanno detto e a questo devi credere. Niente ma. Non voglio che ti succeda niente per colpa mia.” E questo bastò a chiudere a John la bocca.
 
Parlando si erano diretti in Sala Grande, dove tutti stavano facendo colazione, ma nessuno mangiava. John pensò di non aver mai percepito un’atmosfera così lugubre. Non appena varcarono la porta un ragazzo di Tassorosso con i capelli a spazzola li raggiunse.
 
“Ah, salve Graham” salutò Sherlock.
 
Il ragazzo storse il naso. “È Greg.”
 
“Ah, già.”
 
“Silente mi ha dato questo per John Watson.” Greg Lestrade, piuttosto perplesso, gli porse un pezzettino di pergamena ripiegata.
 
“Ehi Greg, va tutto bene? Insomma… eri suo amico?” si preoccupò il Grifondoro.
 
“In realtà non lo conoscevo neanche, però mi dispiace. Era un bravo giocatore di Quidditch, e ora… Anche se la situazione mi lascia perplesso, non pensavo potesse accadere.”
 
Sherlock gli lanciò una strana occhiata. “Già.”
 
“Anche voi la pensate come me?” Lestrade era sorpreso. “Mio padre lavora al San Mungo, e una cosa del genere non gli è mai capitata” spiegò.
 
“Tuo padre lavora al San Mungo?” domandò Sherlock.
 
John dispiegò il bigliettino di Silente con un vago senso di apprensione. C’era scritto:
 
Ricorda la tua promessa
 
Dunque Silente sapeva: quel giuramento era stato indotto per un motivo ben preciso. Non era da preservare solo l’incolumità morale di Sherlock, ma anche quella fisica. E soprattutto, Silente sapeva che Sherlock non avrebbe abboccato alla storiella della morte accidentale. E se lui aveva le mani legate da un qualche ricatto di Magnussen, stava a Sherlock prendere in mano la situazione, e a John assicurarsi che ne uscisse vivo e vegeto.
 
“Non farne parola con nessuno” stava dicendo il Corvonero. John aveva perso l’ultimo scambio di battute, concentrato com’era sul messaggio del Preside.
 
“Tranquillo. Non l’avrei detto nemmeno a te se non me l’avessi chiesto.”
 
“Che succede?” si intromise John.
 
“Niente” risposero in coro gli altri due.
 
“Suo padre fa parte della falsa equipe che ti curava?” domandò ancora John quando Greg fu tornato al suo tavolo.
 
“Già. Già, proprio così. Hai indovinato. Bravo.”
 
Prima che John avesse il tempo di insospettirsi Molly Hooper si catapultò verso di loro con uno strilletto. “Sherlock! Sherlock, tu eri lì, dev’essere stato orribile! Stai bene? Posso fare qualcosa per te? Vieni a sederti, devi mangiare qualcosa!”
 
John soffocò un risolino nel vedere l’occhiata di puro panico che Sherlock gli lanciava.
 
 
 
 
 
 
Smaug’s cave
Lo so. Lo so. Che si sono detti quei due la scorsa notte?
Volevo creare un po’ di suspence…
 
 
 
 
  
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