Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Nicky Rising    17/07/2014    1 recensioni
Una storia vera. Di un amore che sembra una semplice attrazione adolescenziale, e che invece è un problema, per lei. Lei ha bisogno di lui.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il mio sguardo è tetro, per quanto stia provando a nascondere l’odio che provo per la ragazza mostrandomi sorridente, non riesco a fingere, e la paura che qualcuno possa accorgersi della mia gelosia inizia a prendere il sopravvento.
“Perché non sei salito?!”
“Solo le ragazze, hanno detto.. Noi vi raggiungiamo dopo..”
La ragazza si è appena allontanata dal finestrino sbuffando, probabilmente insoddisfatta della risposta che ha ottenuto. Lei non se lo merita uno come lui. Lui è forte, speciale, unico. Lei è uguale a cento altre.
Forse è vero che ognuno si innamora di chi crede di meritare. In questo modo, lui si sta mostrando molto umile.
Ripensai all’anno che avevo passato emozionandomi per ogni attenzione che mi aveva riservato, amando ogni gesto che indirizzava a me e a me soltanto. Erano rari, il che li rendeva ancora più speciali.  O forse mi ero illusa e continuavo a farlo, perché, alla fine, se l’amore non è corrisposto, è sempre e solo una domanda e mai una risposta.
I suoi occhi, infatti, ora sono solo per lei. Io rimango a poca distanza da quel breve dialogo avvenuto attraverso il vetro del finestrino dell’autobus a guardare, a fingermi disinteressata dal suo sguardo che sembra realmente innamorato. Di lei. Non di me. Mai di me.
Nel momento in cui lei si allontana dal finestrino, triste per non avere lui al suo fianco, io mi volto e mi appoggio al vetro dando la schiena all’esterno, fingendomi annoiata da tutti i posti a sedere occupati più che da quella ragazza che non smette di occupare il mio campo visivo. Chiudo gli occhi, ma in quello stesso istante, sento bussare sul vetro dietro alla mia schiena.
Mi volto, lentamente, e incontro il suo sguardo, lo stesso sguardo di cui mi ero innamorata, quello pulito, sempre sorridente, mi guarda per un po’, forse preoccupato, forse stufo della mia perpetua malinconia.
E penso a noi, a noi due, alla nostra storia che ora vedo riflessa nei suoi occhi, un po’ impacciati, un po’ indecisi, sottili per via del sorriso che non abbandona mai il suo viso.

Anche la prima volta che lo vidi aveva quel sorriso, semplice e sincero, indossava gli occhiali da sole, era sereno. Mi sentì cantare, rimase affascinato dalla mia voce, divenne il mio pianista, io, la sua cantante. Provammo insieme e iniziai a capire quanto mi piacesse aver finalmente trovato il ragazzo più simile a me che avessi mai visto. I suoi unici sogni erano composti da musica, i suoi unici pensieri erano dedicati a suonare, vivere, comporre, capire le melodie, le canzoni, la perfezione di un brano o la complessità di una perfetta sincronia di note. Diventammo amici. Amici veri. Di quelli che litigano per argomenti che sanno di poter affrontare solo fra loro, diventammo due ragazzi sognatori che lottavano per il proprio futuro, che iniziano a voler capire troppo per essere solo due stupidi adolescenti, che vogliono essere più di quello che sono, che condividono quello che pensano solo attraverso le canzoni, perché lui non è sensibile, lui non è espansivo, lui non fa vedere le sue emozioni, lui le ascolta come se fossero un brano e te le trasmette attraverso quello.
La differenza che c’era e che c’è tuttora tra me e lui, è che lui non è debole come me, lui  è positivo, lui è semplice, lui è un sorriso, ed è quella forza di cui ho bisogno io, che invece ho l’abitudine ad essere la vittima, la sognatrice insoddisfatta della sua vita, quella che non si fa bastare mai niente, nemmeno quell’amicizia.
Lui non ha mai amato i sentimentalismi, per lui l’amore e la musica non sono la stessa cosa, sono due cose distinte, da separare, nessuna delle due deve creare distrazioni all’altra. Ma per me non è così, per me si ama la musica e la musica fa amare, per me la musica è stata creata in primo luogo per esprimere amore, perché è un sentimento talmente profondo che è quasi impossibile riuscire a descriverlo a parole.
Dall’amore è nata la musica e grazie alla musica si ama.
Iniziai ad accorgermi, infatti, di come i miei desideri si erano ridotti solamente a due: il sogno della musica, e, come cita quella famosa canzone dei Queen, qualcuno da amare.
E in quel momento, lui, era la possibilità di avverare in un attimo solo, entrambi i miei sogni.
Lui era la risposta. Lui era tutto quello che cercavo.
Ma lui non cercava lo stesso in me, e non l’ha mai fatto.

Se c’era una cosa che però non avrei mai voluto fare, era rivelargli quello che provavo per lui. La nostra amicizia era qualcosa di segreto e di magico, di puro e di innocente, la sola idea di distruggerla con delle idee fin troppo importanti che io iniziavo a provare per lui, mi faceva stare male.
I miei sogni, in quel momento, lui e io insieme, allora, erano l’ultima delle cose a cui dovevo pensare, non doveva importarmi, non era quello il punto. Io e lui eravamo nati per suonare insieme: con lui, riuscivo ad esprimere veramente me stessa, con lui mi sentivo a mio agio, con lui riuscivo ad immaginarmi di essere davvero davanti ad una platea di persone che ci guardavano meravigliati per la magia che riuscivamo a creare. Perché sì, quella era magia.
Ma dopo un anno, dopo un bellissimo anno passato a rincorrerci per riuscire a provare ancora, a suonare insieme, coinvolgendo entrambi in tutti i progetti che ci venissero in mente, qualcuno, qualcuno di cui non so il nome e di cui non mi importa, perché forse ha semplicemente il nome Destino, decise di dirglielo. Di dirgli che io ero innamorata di lui.
Quando venni a conoscenza del suo sapere, mi sentii svenire. Non diedi di stomaco per poco.
In un attimo, quell’anno andò in frantumi. Si polverizzò come fece la mia mente, che iniziò a viaggiare tra tutte le tristi ripercussioni che quel gesto poteva portare.
Il problema principale è che io stessa non avevo mai capito se quello che provavo per lui era realmente amore, come potevo pretendere che potesse farlo qualcun altro, potesse farlo lui?
Sapevo soltanto che volevo tenermelo vicino per sempre, che non volevo perderlo, perché con lui ero felice, ma in quel momento, pensai che tutto, stesse per finire.
“L’amore e la musica devono rimanere separati, o causeranno distrazioni, se un amore si rovina, si rovinerà anche tutto il resto.”
Hai fatto centro, amore mio, ora capisco di cosa stavi parlando. Ma dipende da noi. Io non volevo che tu sapessi, ma ora lo sai, ti prego non scomparire.
Pensieri come questo mi travolsero letteralmente, lasciandomi senza parole, indifesa, impotente.
Per tutto il giorno faticai a guardarlo in faccia, mi vergognavo, di me, di essere uguale a tutte le altre, di non essere più speciale per lui, perché avevo rovinato tutto, perché ora lui sapeva.
Lui era più importante dei miei stessi sentimenti, lui doveva rimanermi accanto per continuare a creare quella magia che solo con lui riuscivo a fare.
Io non mi meritavo uno come lui. Lui era meglio di me.

Anche se il nostro piano, quando finalmente riuscimmo a scambiarci due parole a riguardo, fu quello di ignorare la sua scoperta sui miei sentimenti, lui sembrò evitarmi per tutti i giorni seguenti, inventando scuse o spiegandomi quanto per lui fosse strano, difficile, quanto fosse rimasto stupito da quello che ora sapeva.
In pochi giorni mi resi conto che le mie paure stavano diventando reali.
Lui si allontanò da me, trovò lei, e decise che, per il momento, era lei quella giusta per lui.
Lei bellissima, lui soddisfatto, ma lontano da me.

E ora era lì, dopo giorni in cui non mi parlava, a guardarmi. A sorridermi, come da tempo non faceva.
La sua mano destra si appoggia al finestrino, con le dita spalancate. Mi guarda speranzoso.
Sorrido, debolmente, ho capito.
Faccio combaciare la mia mano con la sua. A separarci, solo il vetro dell’autobus.
E tutto il mondo scompare.
Non sento più le risate e le chiacchiere degli altri, non mi chiedo neanche se lei stia guardando, non riesco nemmeno a cercare i suoi occhi. I miei sono concentrati su quella visione perfetta, su quelle mani che dentro di me sembrano nate per stare insieme.
E sento la musica. Quella che abbiamo dentro noi due. Quella da cui siamo stati creati.
E lui è qui. E io sono qui.

Quando la sua mano si stacca lentamente dal vetro, non si volta nemmeno, e cammina via spedito. L’autobus parte.
E non lo rivedo più. E non lo cerco più.

Le ultime parole che gli dissi, quando tornammo a casa, furono:
“Ti prego, non scomparire”
E mi venne da piangere. Perché avevo davvero paura che succedesse.
Per la prima volta, vidi i suoi occhi smettere di sorridere, e lo fecero nel momento in cui incontrarono i miei, colmi di lacrime.
Impacciato, incapace di rapportarsi con delle emozioni messe così in evidenza davanti a lui, scosse la testa.
“Non potrei mai”.




Fine
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nicky Rising