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Autore: shimichan    17/07/2014    2 recensioni
|Raccolta di flashfic e double drabble|
Perchè dietro il mistero, dietro i segreti, ogni personaggio cela un sogno.
1. Non sarà mai realtà [Shuichi e Akemi]
2. L'irriconoscenza dell'alfiere [Amuro e Elena]
3. I sogni non son desideri [Gin e Sherry]
4. Io sono qui [Conan e Ran]
5. Eviteranno i nostri sbagli [Elena e Atsushi]
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eviteranno i nostri sbagli
[Elena e Atsushi]
 
 
Quando la porta dello studio si spalanca, Akemi alza di scatto lo sguardo dal foglio per osservare suo padre ed il signore vestito di nero alle sue spalle. Parlano fitto fitto e lei non riesce a sentire, ma la mamma le ha detto che è un collega di lavoro e che deve fare la brava, perciò torna a dedicarsi al suo disegno, cercando di colorare dentro i bordi come le ha insegnato la maestra. Shiho, invece, lo squadra attentamente.
Solo due giorni prima Akemi le ha rivelato che se non la smetteva di fare i capricci veniva a prenderla l’uomo nero e, mentre lui s’inginocchia sul tappeto, si chiede se sia davvero così.
“Che bel disegno!” esclama, regalando un buffetto a sua sorella, che si sottrae solo per indicargli una macchia scura sul foglio. “Questo sei tu. Come ti chiami?”.
“Pisco”.
Akemi sorride con la sua solita dolcezza, ma i suoi occhi tradiscono una certa ilarità.
“Che nome buffo!” e riprende l’opera interrotta, stringendo le labbra e tirando fuori la punta della lingua per concentrarsi e iniziare a scrivere senza troppe imperfezioni.
“Già. E il tuo qual è, ojousan?”.
“Akemi. E lei è la mia sorellina, Shiho-chan!” risponde distratta dal pennarello con cui ripassa i contorni delle lettere. Pisco si volta, armato di un ghigno che vuole essere rassicurante.
“Così tu sei Shiho-chan. Papà mi ha detto che potresti aiutarmi. Vedi ho combinato un pasticcio…”. Nel parlare estrae dalla tasca una piccola confezione e ne rovescia a terra il contenuto. Sagome di legno di varie forme e misure.
“Questi – afferra un pezzo – formavano un cubo perfetto, ma io l’ho rotto e non riesco più a ricomporlo. Vuoi provarci tu, Shiho-chan?”.
Elena, che fino a quel momento ha assistito alla scena in silenzio, si lascia sfuggire un verso d’apprensione.
Sua figlia, a tre anni, è una bambina introversa e taciturna, di una curiosità indolente che la porta ad affezionarsi in fretta a qualsiasi cosa e a disinteressarsene altrettanto rapidamente.
Perciò, nell’istante in cui allunga la manina per raccogliere una figura, l’aria le s’incaglia tra i polmoni e il respiro le si ferma in gola.
Ancora non è chiaro se diverrà sospiro di sollievo o di disperazione.
Atsushi, accanto a lei, ha negli occhi la stessa angoscia, ma è la luce che gl’illumina ad essere diversa: sperano l’opposto.
“Shiho-chan, quel gioco è noioso!”.
Akemi fa una smorfia. Arriccia il naso e denega la testa, poi le porge un pennarello. Elena sorride alla sua primogenita, che a suo tempo aveva brillantemente fallito quel test, ma sa quanto inutile sia il suo invito. Shiho-chan ha una spiccata inclinazione per la competitività che la porta a voler primeggiare sempre, anche se non c’è alcun premio in palio. Ed è intelligente, molto più intelligente di qualsiasi altro suo coetaneo, motivo per cui fatica a simpatizzarsene qualcuno. Sua figlia è troppo simile a lei per accettare.
Infatti, in silenzio, raccoglie i pezzi, uno ad uno, e li incastra a formare il cubo originale.
“Ah, Shiho-chan! Ce l’hai fatta!” esclama con ingenua meraviglia sua sorella, donandole un affettuoso buffetto sulla guancia. Anche l’uomo pare soddisfatto.
Si complimenta, le accarezza il capo, ma qualcosa nella sua espressione la convince di aver commesso un errore. Così cerca rassicurazioni in sua madre.
Non la sta guardando. Fissa le proprie mani, strette a pugno sulle ginocchia.
Okaasan…”. È poco più di un sussurro.
A quel punto, semplicemente, Elena non può ignorarla, alza gli occhi e, nonostante senta quel successo, più che un traguardo, una condanna, le sorride orgogliosa.
In fondo è solo una bambina.
 
 
Elena entra nello studio di suo marito, si siede alla scrivania, medita su quel silenzio tanto ricercato un tempo ed ora così soffocante.
Medita sul fatto che Shiho non è mai stata chiassosa e da bambina obbediente non li ha mai disturbati mentre lavoravano, eppure senza di lei tutto sembra immensamente vuoto. Lei si sente immensamente vuota.
Perché vedersi strappare una figlia senza poter far nulla per impedirlo ti svuota.
La porta cigola.
Atsushi la fissa stranito, quasi sentisse il dovere di chiederle permesso.
Ha gli occhi stanchi, il viso scavato dalle delusioni, o dalle false illusioni, le labbra tirate dai rimorsi. Vorrebbe odiarlo, ma lo ama troppo.
“Akemi?” gli chiede.
“Ha smesso di piangere poco fa. È a letto ora”.
Annuisce, poi apre il primo cassetto, sulla sinistra, quello in cui tengono il registratore per documentare i progressi dei loro esperimenti. Ci sono poche cassette vergini da utilizzare, ma, per quanto ha in mente, spera siano sufficenti.
“Credi sia colpa mia, non è vero?”.
Sarebbe così facile mentire, dirgli di si solo per punire la sua cecità e fargli più male di quanto possa ancora sopportarne.
“Volevi il meglio per lei, per loro”.
Atsushi annuisce, ma non è sicuro che questo basti a perdonarsi. Vittima della propria ambizione, troppo tardi ha capito di essersi spinto oltre e di aver trascinato la sua famiglia in una voragine che ha solo una via d’uscita.
“Se smettessimo ora, se ci rifiutassimo…”.
“…ci ucciderebbero”.
Stringe i denti, si guarda attorno. Chissà se uno di quei tomi che coprono le pareti fino al soffitto contiene una risposta che non contempli la propria dipartita. Dovrebbe leggerli tutti, studiarne ogni paragrafo e comunque non avrebbe la certezza di giungere ad una soluzione.
Per quella ci vogliono le capacità di Elena. Lei sola possiede la chiave per completare il loro ultimo progetto, ne è sicuro, ma poi? Gira e rigira il risultato non cambierebbe: sono compromessi ormai.
Anche se l’organizzazione ottenesse ciò che vuole, li eliminerebbe.
“Cosa pensi di fare allora?”.
“Se hanno preso Shiho-chan, significa che non sanno come portare a termine i nostri studi. Quando sarà abbastanza grande la costringeranno a lavorare per loro. E così Akemi”.
L’analisi di sua moglie è lucida e inappuntabile, quasi non si trattasse del destino delle loro figlie, però la conosce, sa che sta escogitando qualcosa.
“Noi abbiamo commesso troppi errori, ma loro…”.
In quell’istante la voce le s’incrina e non riesce a concludere la frase, complici le lacrime che sente pizzicarle gli occhi.
Atsushi fruga nelle tasche, trova il pacchetto di sigarette, ne accende una.
Ad ogni boccata il compito da assolvere si fa più chiaro, nitido, finché, presa l’inevitabile decisione, raggiunge la scrivania e le stringe una mano.
Quando Elena solleva il capo, le sue paure s’infrangono contro il sorriso di suo marito, lo stesso sorriso che le aveva rivolto anni prima, sul volo diretto in Giappone, con la promessa che tutto sarebbe andato bene.
“Non devono ripercorrere i nostri passi, Elena. Trova il modo di farglielo capire, io intanto esco”.
“Dove vai?”.
Si stringe le spalle e amaramente risponde: “A sbagliare di nuovo”.
 







Angolo Autrice
 
Salve a tutti! Eheheh in ritardo come al solito…-.-
Questa flash (anche se somiglia più ad un one shot) mi ha messo in difficoltà, lo ammetto…perciò merita qualche appunto. Per prima cosa: nella mia personale idea Elena ha capito prima di suo marito quanto si sono inguaiati entrando nell’organizzazione, perciò, nella prima parte, guarda con paura l’esito del test (ispirato a quello che fanno fare a Shikamaru in Naruto); in sostanza credo che lei sapesse che se Shiho si fosse rivelata super intelligente, quei buon temponi degli uomini in nero non avrebbero esitato ad ingaggiarla, cosa che naturalmente la preoccupa, al contrario di Atsushi (che, sempre secondo la mia fantasia, ne era felice…ah, l’orgoglio paterno: c’è chi si accontenta di un disegno e chi vuole una figlia genio!). In secundis: ….della serie: e qui casca l’asino! Visto che il Gosho da un filino più risalto alla figura materna di Shiho, penso fosse lei la figura portante degli esperimenti. Qui ho immaginato le reazioni di entrambi quando la spediscono a studiare in America, con Elena che ha già in mente le famose cassette e Atsushi che, intuito come stiano le cose, va a commettere l’ultimo sbaglio…(magari discutere con il Boss o tentare di distruggere tutti i dati…fate voi…).
Spero sia abbastanza chiara la mia posizione…
Come sempre, grazie di seguirmi e a risentirci…quando? A questo punto meglio non fare promesse che non posso mantenere -.-“.
 
besos
 
  
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